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QUARTA SETTIMANA BIBLICA 2008 – LETTERA AGLI EFESINI

http://www.parrocchiasantamariadellagnena.it/settimanabiblica/setblibica2008/IVsetbiblica.pdf

(è un PDF ho dovuto stringere il testo il più possibilile)

QUARTA SETTIMANA BIBLICA 2008 – LETTERA AGLI EFESINI

PREGHIERA A SAN PAOLO APOSTOLO

Lungo la via di Damasco la luce di Cristo ti folgorò
e svelò la conoscenza piena
del suo Mistero di amore e di salvezza,
la sua missione nella Chiesa e nel mondo.
Col cuore riconoscente, con la fortezza e l’entusiasmo sempre giovane affrontasti viaggi e
pericoli
per predicare Cristo crocifisso,
scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani.
Sopportasti ogni pena e tradimenti,
mai fosti separato dall’ amore di Cristo.
Né tribolazione, né angoscia, né persecuzione, né fame, né nudità, né pericolo, né spada
poterono allontanarti dalla fedeltà
alla vocazione e alla missione. Portasti la Parola di Dio ai pagani,
rivelasti ad essi l’amore infinito di Dio,
che si rivelava in Cristo mediante la redenzione nel suo sangue.
Invocasti per i cristiani unità e concordia, avendo un solo Dio Padre di tutti, al di sopra di
tutti ed è presente in tutti.
Il tuo sangue è stato sparso in libagione, giungendo il momento di sciogliere le vele.
Hai combattuto la buona battaglia,
hai terminato la corsa, hai conservato la fede.
Hai atteso la corona di giustizia che il Signore ti ha donato. Ti segue ancora ora, come nei
tempi antichi,
una schiera numerosa di martiri e di santi,
nella sequela di Cristo che continua ancora
nella fedeltà e nell’ amore presso il trono di Dio
a cantare all’ Agnello senza macchia
l’inno di lode e di ringraziamento per l’eternità. Amen.

 + Bruno Schettino
 Arcivescovo di CapuaQuarta Settimana Biblica 2008

INTRODUZIONE

Nell’era messianica – la nostra era – “tutti” sono discepoli di Dio Padre (Gv 6, 45), non di semplici e poveri uomini come noi (Mt 15, l4ss; lTs 2,13). E il Padre celeste ci istruisce mediante il Figlio fatto uomo nel mistero dell’Incarnazione (Gv l, l4ss; Mt 11, 27ss; 17, 5) e lo Spirito Santo effuso nel mistero della Pentecoste (Gv 16,l3ss; At 2). “Il Maestro è qui e ti chiama”, dice a ciascuno di noi l’autore principale delle Scritture, lo Spirito Santo (Gv 11, 28; cf. Mt 11, 28ss). Ci troviamo alla scuola della Parola, del Cristo biblico, del Salvatore e Maestro unico (Mt 1, 21; 23, 8ss). Abbandoniamoci a1la sua presenza e alla sua azione trasformante! E’ dovere e interesse. Nessuna paura del Cristo biblico, somma e fonte vivente di tutti i beni e le virtù (Col 2, 3.9: 3, 11). Lui solo è luce per vedere e forza per agire bene, divinamente! (Gv 8, 12; 15, 5). Lui solo è necessario e sufficiente a tutti e a tutto. Lui solo non delude mai e sorprende sempre col suo amore e con la sua onnipotenza. Lui solo è la soluzione di tutti i problemi, perché ci libera da ogni male e ci colma di ogni bene ed è capace di soddisfare ogni nostro bisogno e desiderio di bene a tutti i livelli (Lc 22, 35; Gv 6, 68; Fil 4, 13). Ne segue che il senso, la qualità della nostra vita dipende dal rapporto con la Parola, col Cristo biblico. Finché non si realizza il giusto rapporto con lui, si vive male, inutilmente, a proprio     danno: la vita è sbagliata, sprecata, dannata (Dt 28, l5ss; Lc 6, 46ss; 11, 23). Il rapporto giusto si realizza ascoltando e accogliendo “la Parola con cuore buono e perfetto” (Lc 8, 15). Il segreto,  quindi, di un rapporto autentico e fruttuoso con la Parola salvifica e normativa di Dio non è la  cultura, l’intelligenza o altro del genere, ma unicamente l’onestà, la semplicità, il si della fede (Mt 11, 25; Gv 1, 47ss; 7, 40ss). Santo Agostino (sec. v) ci ricorda che la Parola di Dio, letta e vissuta nella Chiesa, è la  norma suprema della fede e della morale, e ci ammonisce che, “se non crederemo ad essa, non potremo essere né cristiani né salvi” (C. Faustum 23, 9; 26, 7). Se il nostro destino temporale ed eterno si gioca sulla Parola, se tutto nasce e cresce da questa Parola, tutti devono tacere davanti ad essa, tutto va posposto ad essa. Vivere secondo le ideologie più o meno perverse e disastrose, anziché secondo la Parola salvifica e normativa di Dio, è ateismo, idolatria, satanismo! (Mt16, 23; Gv 8, 44; 2Cor 4, 3s; Imitazione di Cristo 3, 2s). Va pure sottolineato con forza che “la Parola è per la vita” (Giovanni Paolo Il) e che essa ci salva e qualifica a misura che viene messa in pratica (Mt 5, 19; 7, 24s). La Parola va quindi imparata attraverso l’esercizio pratico, calandola nella vita concreta, trasformandola in azione. Essa è potenza salvifica e realizzante, è capace di liberare e promuovere tutti e tutto, non automaticamente ma nella misura della nostra fede, del nostro sì incondizionato ai suoi servizi e alle sue esigenze (Rm 1, 16; Mt 9, 28ss). Attenzione a due vizi perversi, diabolici, e tanto diffusi! 1) Il vizio di ascoltare la Parola salvifica e normativa di Dio per nessuno oppure per tutti fuorché per sé stessi (per la predica anziché per la pratica); 2) Il vizio di ascoltare la Parola di Dio con tagli e riserve di ogni tipo, per cui si ascolta solo ciò che piace e non scomoda (Dt 4, 2; Ap 22, 18s). La risposta migliore alla Parola, quella che il Signore stesso aspetta da tutti, è la risposta della Madonna, “madre amatissima” ed “eccellentissimo modello” della Chiesa “nella fede” (LG 53): “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga a me secondo la tua Parola!” (Lc 1, 38; cf. v. 45; 11, 28). Facciamola nostra sempre più e meglio! Diamola ad ogni Parola divina che ascoltiamo o leggiamo nella Liturgia e fuori! Solo così la Parola s’incarna in noi, diventa nostra salvezza e vita, e non è ricevuta invano, a nostra “rovina” eterna (Mt 7, 27). Quarta Settimana Biblica 2008In questo corso biblico ci viene ridonata la lettera di San Paolo agli Efesini. Essa – come il resto della Bibbia o libro di Dio – è stata scritta “per nostra istruzione” (Rm 15, 4; cf. Mc 13, 37), e
aspetta la nostra lettura-studio, la nostra incarnazione. Ha tanto da dirci e da darci, carica com’è di luce e di forza divina (Salmo 119, 96; Sap 7, 11 ss). Accogliamola nei migliore dei modi! E’ il Signore stesso col suo Spirito di verità che ci parla e ci istruisce mediante l’apostolo Paolo (Ef 3, 2s; Gai 4, 14; 2Pt 1, 21). Ricordiamo le belle frasi di San Giovanni Crisostomo (sec. IV): “Quando dico Paolo, dico Cristo”; “il cuore di Paolo è il cuore di Cristo”. Di questa lettera paolina faremo una lettura testuale (non tematica). La leggeremo, quindi,
tutta fermandoci su ciò che ci sarà dato di capire meglio (Mt l3, l6s) e cercando di far passare tutto nella nostra vita, meta ultima della Parola salvifica e normativa di Dio. Ogni lezione si articolerà in tre tempi: 1) lettura del testo sacro (il momento più importante…); 2) commento dottrinale (cioè dogmatico, morale, spirituale); 3) attualizzazione (cioè applicazione pratica della Parola alla vita…). Va da sé che, più arriviamo preparati alla lezione, più essa ci darà e trasformerà… Due consigli pratici: 1) viviamo in un clima di grazia e di preghiera; 2) leggiamo in anticipo la parte della Lettera agli Efesini che viene commentata in ogni lezione. La mi parte di guida. Consiste in un modesto servizio offerto a voi tutti. Questo servizio un preciso dovere del mio sacerdozio ministeriale: il sacerdote – lo sappiamo – ministro specifico della Parola salvifica e normativa di Dio (PO) 4; cf. Mc 16, l5ss; Lc 10, 16; l Cor 9, 16; 2Tm 4, lss).

STRUMENTI DI LAVORO.
Sono quattro: La Bibbia di Gerusalemme (BJ), EDB 2004, pp. 2291s.2389-400; Bonora A., Lettera di Paolo agli Efesini, Elle Di Ci 1981; Cipriani S., Lettera agli Efesini, 0.R. 1986 (dispensa); Zerwick M., Lettera agli Efesini, Città Nuova 1982.
Generalità.
Per autore (San Paolo), destinatari (cristiani dell’Asia Minore = Turchia), tempo, luogo, genere letterario e sguardo panoramico di Ef (cf. BJ 2291s; Zerwick 7-9). Per la divisione globale di Ef cf. Bonora 7s; per la divisione dettagliata seguiamo la BJ. Sulla perenne attualità di Ef cf. Bonora 8s: Ef ci aiuta a capire e realizzare sempre meglio la nostra vita di Chiesa (cf. LG)…
Indirizzo (Ef 1,l s).
La lettera ha un mittente, che è San Paolo apostolo, e dei destinatari, che oggi siamo tutti e
ciascuno: io, tu, lui/lei (cf. Zerwìck 21-23).
Proposito personale (ognuno lo formuli secondo il proprio bisogno spirituale). Quarta Settimana Biblica 2008

PRIMA PARTE
IL MISTERO DELLA SALVEZZA E DELLA CHIESA
(EF. 1, 3- 3, 22)

1. Il piano divino della salvezza (Ef. 1, 3-14).
Ef. 1, 3-14 è uno squarcio poetico, un salmo di lode in cui l’apostolo Paolo ci rivela il progetto di Dio Padre, cioè l’origine e la meta del nostro destino di salvezza e di gloria. Così Paolo, quale “ministro (sacerdote) di Cristo” (1Cor 4, 1), anzitutto prega, loda Dio… L’Apostolo intona un inno ispirato che ha per oggetto Dio Padre. Lo loda per tutte le benedizioni, cioè i favori o benefici che ci ha fatto, nella Storia della salvezza, mediante “il suo Figlio diletto” Gesù Cristo (v. 6) e “lo Spirito Santo” (v.13). Notiamo subito lo schema trinitario di
questo inno di lode e, soprattutto, l’iniziativa di Dio Padre nella progettazione del piano di salvezza. È lui, il Padre di Gesù e nostro, “la fonte da cui scaturisce tutta l’iniziativa di salvarci…” (Bonora 14s; cf. Zerwick 27-30; Cipriani 10s). Dio Padre viene “benedetto”, cioè lodato e ringraziato, per i tanti favori o benefici racchiusi nel suo progetto di salvezza per noi. In particolare: 1) perché “ci ha scelti prima della creazione del mondo”, dall’eternità, e predestinati “a essere suoi figli adottivi nel suo Figlio diletto” e unico! (vv. 4-6; Rm 8, 29; 1Gv3, 1s). È la grazia suprema, la “degnazione” da parte di Dio e il più grande onore per noi, commenta S. Cipriano (De orat. 11). Gli fa ecco S. Leone Magno: “La grazia per cui Dio chiama figlio l’uomo e l’uomo
chiama padre Dio supera tutte le altre” (Tract. 26, 4). Da precisare il significato dell’espressione “figli adottivi”: figlio naturale di Dio Padre è soltanto Gesù Cristo, “l’unigenito” (Gv. 3, 16); noi siamo suoi figli per adozione, per grazia e partecipazione, ma in senso fortissimo, “realmente” (Gv. 3, 1) in quanto “figli nel Figlio” (Zerwick 32, Bonora 16). 2) perché ci ha graziati, perdonati, nel suo Figlio diletto fatto morire per nostra “redenzione” o “remissione dei peccati” (vv. 6s). Noi eravamo non solo delle semplice creature ingrate e ribelli a Dio e vendutesi all’antidio (Satana), pessimo padrone e carnefici spietato. Il Padre ci ha redenti /riscattati, rifatti suoi, a un prezzo altissimo: “il sangue” versato, il sacrificio cruento del suo Figlio diletto, dell’Unigenito! (v. 7; Rm 8, 32; cf. Cipriani 11s; Zerwick 35s). 3) perché ha capitolato, cioè ripreso a un livello superiore e riunito sotto un unico capo, “in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (v. 20). Di qui i titoli prestigiosi di “cuore del mondo”, di “re dell’ universo che la pietà e la buona teologia danno al Cristo. È il cristocentrismo non solo antropologico ma cosmico, tanto caro alla scuola francescana. Cristo è
veramente “un essere immenso” (S. Gregorio Nisseno, sec. IV) e onnicomprensivo, centro unificante e trasfigurante dell’universo creato (cf. Bonora 18s; Zerwick 37s; Cipriani 12, C.C.C. 1042s. 1046s). 4) perché “in Cristo” tutti gli uomini, giudei e pagani, sono stati fatti “eredi” dei beni divini, che si riassumono nel dono dello “Spirito Santo” (v. 13; Lc 24, 49), dono ancora parziale (caparra) fino alla parusia o ritorno glorioso del Signore Gesù: il tutto per grazia di Dio e per il si della nostra fede al “Vangelo della salvezza” (v. 13). Questa “salvezza” divino messianica è dunque universale, perché estesa a tutta l’umanità, e in fieri (in cammino) fino alla parusia (vv.11-14) “All’inizio della via della salvezza sta la predicazione del Vangelo, che porta con se una forza salvifica; per questo è chiamato il Vangelo della vostra salvezza (v.13). Mediante la fede suscitata dal Vangelo si accede al battesimo, in cui si riceve lo Spirito Santo, segno della nostra appartenenza a Dio. La cosa più straordinaria è proprio il dono dello Spirito Santo: egli è la caparra, l’anticipo e la garanzia della piena e perfetta liberazione che ci attende…” (Bonora 21s; cf. Zerwick 39-44; Quarta Settimana Biblica 2008 Cipriani 12s). Noi cristiani, “credenti in Cristo Gesù” (v.1), non siamo più “figli del maligno”, siamo già “figli del regno (di Dio)” (Mt 13, 38), ma in via di liberazione e formazione progressiva… Attualizzazione. Caliamo la Parola, il messaggio di Ef 1, 3-14, nella vita personale e comunitaria:
1) Noi non veniamo dal caso (impersonale e cieco), come pensa l’ateismo, ma dalla sapienza e bontà infinita di Dio Padre, il quale da sempre ci ha pensati e voluti non come semplici creature, ma come figli e figlie nel suo Figlio diletto e unico! Di più non poteva amarci e donarci. Siamo alla radice e al vertice della nostra incomparabile grandezza (cf. Bonora 15s; J. Galot, Il cuore del Padre, V. e P. 1959, 27-33).
2) “Non ci si pensa quanto sangue costa!” la nostra salvezza, vogliamo da Dio Padre e attuata  mediante il sangue versato, il sacrificio cruento del Figlio fatto uomo (v. 7). Noi vogliamo pensarci: ne vale la pena. “Se guarderai Gesù crocefisso, finirai per riamarlo” (una mistica; cf. Eb 12, 1s).
3) Il piano salvifico di Dio abbraccia tutti e tutto, tutti gli uomini e tutte le creature. Perciò non può escludere nessuna persona e nessuna cosa… Proposito personale. Quarta Settimana Biblica 2008
2. Trionfo e supremazia del Cristo (Ef 1, 15-23).
In questo brano San Paolo anzitutto ringrazia Dio Padre e intercede per i destinatari, poi passa a illustrare il primato universale del Cristo sull’intera creazione e sulla Chiesa suo “corpo” mistico e sociale.
1) Uomo di preghiera, San Paolo è unito spiritualmente ai suoi destinatari, ringrazia Dio e intercede per loro, e dice di farlo continuamente (1, 16). Ringrazia Dio Padre per la loro “fede nel Signore Gesù Cristo” e per il loro “amore… verso tutti i santi” e chiede per loro “una più profonda conoscenza” di Dio Padre e la capacità di capire e vivere sempre meglio i benefici da lui ricevuti (1,15-19). Questa “conoscenza” in crescendo è tanto importante per apprezzare e gustare Dio stesso e i suoi doni (cf. Gv 1, 26; 4, 10; 14, 9). “Ignoti nulla cupido – Non si appetisce ciò che non si conosce”, dice la sana psicologia. Santo Agostino ammonisce che tante persone “non conoscono le cose necessarie perché imparano cose superflue”, più o meno inutili. Pensiamo ai tifosi dello sport: quanto spreco di tempo e di mezzi per niente… (cf. Bonora 26-29; Zerwick 45-51; Cipriani 15).
2) I benefici della salvezza ci sono venuti da Dio Padre – a monte non c’è sempre lui – attraverso il Mistero pasquale di Cristo, cioè morte-risurrezione-ascensione-sessione “alla destra” del Padre “nei cieli” (1,20) ossia nella “perpetua” e “suprema beatitudine”, come spiega Santo Agostino (De agone Chr. 26, 28; De fide et symb. 14; cf. Zerwick 51). 3) Il Cristo morto e risorto è stato costituito da Dio Padre sovrano dell’universo creato. È lui che domina su tutto e su tutti: sugli angeli sui demòni, sull’intera creazione (1, 21s). È riaffermato
qui il primato assoluto di Cristo ed è bollata la pretesa di andare a Dio senza di lui. (cf. Mt 28, 18; Gv 3, 35; 14, 6; Zerwick 52). 4) Il Risorto è stato costituito dal Padre anche e soprattutto “capo della Chiesa”, che a propria
volta è “il suo corpo”, la sua “pienezza” (1, 22s; cf. LG 7; Cipriani 16; Bonora 30-32; Zerwick 53-56).
Attualizzazione.
1) Da San Paolo impariamo a lodare e ringraziare Dio Padre, fonte prima di ogni bene, e a intercedere per i fratelli sempre bisognosi di luce e di forza divina. La grazia reclama la gratitudine (Lc 17, 17s; 1, 46s: l’esempio della Madonna; 10, 21s: l’esempio di Gesù Dio-Uomo). 2) Rispettiamo il primato assoluto di Cristo! È realmente lui “al primo posto, l’unico re” nella nostra stima e nelle nostre scelte? Attenzione agli idioti! (cf. Am 2, 4s; 1Gv 5, 21; Zerwick 51 e 56). Del resto, se non ci basta lui che è tutto (Col 3,11), chi, che cosa potrà mai bastarci? Imitiamo i Santi! (cf. San Francesco, Santa Teresa, ecc.). Proposito personale. Quarta Settimana Biblica 2008
3) Gratuità della salvezza nel Cristo (Ef 2,1-10)
San Paolo descrive la condizione immorale di tutta l’umanità prima di Cristo e passa, quindi, a illustrare l’opera salvifica, del tutto gratuita, compiuta da Dio Padre « in Cristo Gesù » e accolta dagli uomini unicamente « mediante la fede ». l) L’umanità prima di Cristo era peccatrice e infelice perché ribelle e morta a Dio; per giunta era schiava del « principe » di questo mondo; e questa condizione immorale e miserabile era comune a
tutti gli uomini, sia pagani che giudei (2, 1-3) . E’ bollato così il mito ateistico dell’uomo innocente per nascita, come pure il moralismo stoico e la pretesa « giustizia (santità) » farisaica (cf. Cipriani 18s; Zerwick 57-61; Bonora 32-35). 2) Dio Padre, « ricco di misericordia” e « per il suo grande amore », ha avuto pietà di questa manità peccatrice e infelice, morta al bene e schiava di Satana (fonte prima del male e dell’infelicità); e ha voluto farla rivivere in e con Cristo risorto e asceso al cielo (2, 4-7). E’ rifiutato qui il mito di una divinità gelosa della propria felicità e giustiziera spietata dell’uomo ribelle: un mito sempre attuale e causa delle innumerevoli bestemmie che si dicono o scrivono contro Dio (cf. Cipriani 19; Zerwick 62s; Bonora 35-37). 3) Quest’opera di rinascita, di ricreazione, è stata puro « dono di Dio », è il capolavoro della sua onnipotenza e misericordia verso di’ noi, in quanto ci rende umanità rinnovata, sana libera, morale, capace di fare « opere buone » (2, 7-10). La salvezza messianica viene dall’alto, da quel « grande amore » divino che « non ha un perché ed è il perché di tutto ». L’uomo morto spiritualmente per il peccato (2, 1. 5) non può fare il bene né per sé per gli altri. Di qui il bisogno assoluto dell’intervento ricreatore di Dio (2, 10). La salvezza noi possiamo solo accettarla, non produrla. E l’accettiamo « mediante la fede », che è « l’atto supremo della nostra libertà » (V. Ravanelli). E’ bollato
così sia il mito laicista dell’autoredenzione umana (« Santi sì, ma senza Dio! »), sia il mito luterano della giustizia imputata, puramente nominale (cf. Cipriani 20; Zerwick 63-67; Bonora 37-39). La
salvezza di Dio! (Salmo 3, 9)… Attualizzazione.
l) Col battesimo siamo usciti dal paganesimo, da una esistenza negativa, immorale, infelice, infernale. Tornarci col peccato, come spesso succede, è involuzione assurda, autolesionismo incomprensibile… Nessuno peccatore è intelligente e saggio (Origene).
2) Col battesimo siamo stati innestati in Cristo risuscitato e assunto in cielo. Lui è – dev’essere – ormai il nostro ambiente vitale-liturgico-operativo, pena la vanificazione del capolavoro di Dio – la salvezza messianica – nella nostra vita.. .
3) Come San Paolo, dobbiamo avere vivo « il senso della grazia »…
Proposito personale. Quarta Settimana Biblica 2008
4) Riconciliazione dei giudei e dei pagani fra loro e con Dio ( Ef 2, 11-22) In questo brano, San Paolo presenta l’umanità divisa in due gruppi contrapposti , pagani e giudei ( 2, 11s), quindi la loro riconciliazione ad opera di Cristo (2, 13-18) e la nascita di un’unica città-famiglia-tempio di Dio (2, 19-23).
1) Prima della venuta di Cristo l’umanità era divisa in due famiglie dal punto di vista morale, i pagani e gli ebrei, in polemica tra loro (2, 11s; cf. Cipriani 20; Bonora 41s; Zerwick 68-71).
2) Cristo – e lui solo – è stato il pacificatore dell’umanità divisa e contrapposta, a prezzo del proprio sacrificio sulla croce; ha fatto pace e unità fra tutti gli uomini (pace orizzontale) e fra gli uomini e Dio Padre (pace verticale) col dono dello Spirito Santo (2, 13-18). San Paolo precisa che Gesù stesso “è la nostra pace” nei due rapporti. La (vera) pace non è quindi una cosa ma una persona: Cristo Gesù! O lui o l’odio e la guerra eterna! Si ha tanta pace quanta comunione con lui (cf. Cipriani 20s; Bonora 42-47; Zerwick 71-76; C. L., in LA 1993, 227-272).
3) Dall’opera pacificatrice del Cristo è nata una nuova umanità, un’unica città-famiglia-tempio di Dio Padre, il cui “fondamento” sono “gli apostoli e profeti” e la “pietra angolare lo stesso Cristo Gesù”, che ne è pure la fonte alimentatrice, il segreto della vitalità e fecondità spirituale (2, 19-22; cf. Cipriani 21-23; Bonora 47-50; Zerwick 76-80; L.G. 4.6.7; C.C.C. 756).
Attualizzazione.
1) “Senza Cristo”, e quindi “senza Dio”, l’umanità è “senza speranza” (2, 12). Ma purtroppo la disperazione non è scomparsa del mondo, ed è presente anche nel mondo cristiano. Questo sta a dire che il Cristo non è sempre accolto e vissuto nonostante il battesimo…(cf. Zerwick 71). Facciamo nostra la fede di Santo Agostino: “Senza di lui dispererei…” (Confessioni 10, 43) 2) Senza Cristo e Dio l’umanità è divisa e turbolenta. Purtroppo la divisione e la sua causa (l’odio satanico) sono presente anche nel mondo cristiano. Segno che non sempre se vive il battesimo, questo innesto nel Cristo centro unificante e fonte di comunione verticale e orizzontale.
Se non ci facciamo raggi convergenti sul Cristo, non avremo mai “un cuore solo e un’anima sola” (At. 4, 32). 3) Se non si poggia “sul fondamento degli apostoli e dei profeti” e sulla “pietra angolare (Cristo)” (2, 20), non si è “città-famiglia-tempio” di Dio (2, 19-22). Perciò bando a certi slogan correnti: “Cristo sì, la Chiesa no!”. “Dio sì, Cristo no!”…
Proposito personale. Quarta Settimana Biblica 2008
5) Paolo ministro operante del mistero di Cristo – Ef 3, 1-21.
Dopo aver esposto il progetto del Padre realizzato in Cristo, San Paolo ci parla del proprio apostolato (3, 1-13) e prega di nuovo (3, 14-21). 1) L’apostolato paolino è un ministero, un servizio di grazia, una mediazione benefica. L’apostolo da Dio riceve, agli uomini dà. Ha ricevuto da Dio la rivelazione di quanto esposto finora, cioè il piano salvifico di Dio Padre, che si identifica col “mistero di Cristo” salvatore universale, anche dei “gentili” o pagani (3, 1-7). Noi proveniamo dal paganesimo, dobbiamo quindi a Paolo la conoscenza del mistero di Cristo: diciamogli di cuore il nostro grazie! (cf. Cipriani 25s; Bonora 53-56; Zerwick 81-84; Nostra Aetate n. 4). 2) Più precisamente, il contenuto della “rivelazione” donata a Paolo per tutti sono “le imperscrutabili ricchezze di Cristo”. Paolo se ne considera “l’infimo”, il più piccolo dei ministri, e ci precisa che tutta la Chiesa evangelizza (3, 8-13). Lui è insieme pienamente cosciente della sua autorità apostolica e profondamente umile e aperto alla collaborazione di tutti nella Chiesa (cf. Cipriani, 26s; Bonora 56-59; Zerwick 85-92).
3) Come i profeti e gli altri apostoli (At 1, 14; 6, 4), come Gesù stesso (Mc 1, 35), San Paolo è un grande orante: la preghiera fa parte della sua missione apostolica, ed è parte principale. Intercede per i credenti e ringrazia Dio Padre. Chiede per tutti la forza corroborante dello Spirito Santo, l’inabitazione del Cristo nel cuori, l’esperienza del suo amore trascendente per tutti e per ciascuno, il possesso-godimento di tutti i beni che Dio Padre ha elargiti mediante il Figlio e lo Spirito. E lo ringrazia per quanto ha fatto, fa e farà con la “potenza” infinita, sempre ricca di sorprese (3, 14-21; cf. Cipriani 27-29; Bonora 59-64; Zerwick 93-102). Attualizzazione.
Impariamo da San Paolo, segno vivo ed eco fedele di Cristo, a fare apostolato e pregare!
1) Siamo tutti apostoli anche se con ruoli differenti. Ma come lo siamo? Il vero apostolato è un servizio da compiere con umiltà e fedeltà nonostante le “tribolazioni” che comporta (3, 1.8.10.13; cf. AA!).
2) Senza preghiera non si dà vero apostolato. Perciò l’apostolo (sacerdote, religioso o laico) che non prega trascura un elemento essenziale, quello che lo alimenta personalmente che lo qualifica come canale tra Dio che salva e gli uomini da salvare. Più si prega, meglio è per noi e per gli altri. Guai a chi dimentica il primato della preghiera! (Mc 1, 35; 1Tm 2, 1ss). “Adesso diciamo i Vespri e recitiamo il Santo Rosario, poi penseremo al resto”, disse il Beato Giovanni XXIII al segretario tutto sconvolto dopo la sua elezione a papa.
Proposito personale. Quarta Settimana Biblica 2008

PARTE SECONDA – MORALE
PARENESI – EF 4-6
Le idee fanno la vita: da idee sbagliate e immorali si ha vita sbagliata e immorale; da idee giuste e morale vita giusta e morale. San Paolo, maestro ispirato, sa che la verità, il domma, è per la vita, per l’azione, ed opera in conseguenza. Dopo aver esposto la dottrina si passa alla pratica: cala il ministero di Cristo nella vita a tutti i livelli ( cf Cipriani 32; Bonora 67; Zerwick 103).1) Appello all’unità e vita nuova nel Cristo – Ef 4, 1-32. In Ef 4 San Paolo afferma con forza l’unità della Chiesa e la difende dai particolari dai pericoli che la minacciano (4, 1-16); passa quindi ad inculcare la fedeltà alla genuina vita cristiana (4, 17-32). Qui pure l’Apostolo è l’eco fedele del Maestro (Gv 17, 20ss) nel sostenere quella “unità” che – dire dei Padri – fa la forza, fa la gioia, fa la bellezza, fa la fecondità, fa il successo in tutte le cose (cf. LG 9).
1) I presupposti dell’unità ecclesiale sono le virtù: umiltà, mansuetudine e dolcezza, sopportazione vicendevole per amore (4, 1-3). Se il vizio distrugge, la virtù conserva ed edifica (cf. Cipriani 32s; Bonora 68s; Zerwick 104-6).
2) I motivi dell’unità ecclesiale sono sette: un solo Spirito (Santo), un solo Signore, un solo Dio Padre, un solo corpo, un solo battesimo, una sola fede, una sola speranza (4, 4-6). Si noti il motivo o fondamento trinitario: la Chiesa è “un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, precisa il Vaticano II citando San Cipriano (LG 4). “Un solo corpo” (4,4) con un solo capo e sposo (cf. 5, 23ss): un capo con più corpi sarebbe mostruoso e uno sposo con più spose sarebbe un’aberrazione (Mt 19, 8s) (cf. Cipriani 33, Bonora, 69ss; Zerwick 106-8). 3) Tutti i carismi o doni concessi dal Risorto ai singoli sono a servizio dell’edificazione dell’unica Chiesa, corpo mistico e sociale di Cristo (4, 7-16). “Il carisma è un dono per donarsi “ (un teologo), cioè una capacità di servizio per il bene comune (4, 12; cf. 1Cor 12,7). San Paolo bolla qui ogni tendenza centrifuga, ogni forma di individualismo e settarismo. Il principio stoico “membra sumus corporis magni” vale soprattutto per la vita cristiana (cf. Cipriani 33-35; Bonora 70-74; Zerwick 109-18). L’amore è dare = darsi (Gv 3,16; 15, 13). 4) La vita nuova nel Cristo è possibile e doverosa: la grazia divina la rende possibile; la richiesta che ce ne fa la Parola rende doverosa; e va difesa dalla tentazione ricorrente di tornare alla vita
pagana, alla condotta viziosa, impura e avida (4, 17-19; cf. Cipriani 38s, Bonora 75-79; Zerwick 119-22).
5) Bisogna vivere cristianamente, cioè secondo “l’uomo nuovo” giusto e santo, da vera immagine di Dio. Vive cristianamente chi “ha imparato” e assimila con ritmo continuo e crescente “Cristo” stesso, il suo modo di pensare-parlare-agire (4, 20-24; cf. Gal 2,19s). Insomma, è vero cristiano colui nel quale si sente e si vede Cristo: si sente nei pensieri e nelle parole, si vede nelle azioni. È bollata qui la riduzione del Cristianesimo a pura dottrina, cioè la fede senza le opere di luterana memoria (cf. Gc 2, 14ss; GS 43). Veramente, “il Cristianesimo non è un dottrina, ma una persona” (un rabbino) (cf. Cipriani 39; Bonora 78s; Zerwick 122-28).
6) Più correttamente ancora, sul piano morale, bisogna praticare in particolare la sincerità e la carità. Bando alla “menzogna” e alla “malignità”, robaccia diabolica! Il loro contrario, la verità e amore sono la vita stessa di Cristo, di Dio in noi (4, 25-32; cf. Cipriani 39s; Bonora 79-81; Zerwick 129-134). Quarta Settimana Biblica 2008
Attualizzazione.Caliamo la Parola nel cuore, nella vita, nell’azione! Ci è donata per questo, non per altro (Sal
119, 4; Mt 7, 24s).
1) Da San Paolo impariamo la passione per l’unità ecclesiale! (4,3). Una Chiesa divisa è una Chiesa infedele e debole. E guai a chi suscita liti e divisioni! “Se gli operatori di pace sono figli di Dio (Mt 5, 9), i fauori della divisione sono figli del diavolo”, suona un detto patristico. 2) “Una sola fede” (4, 5). È quindi illegittimo il pluralismo dogmatico, la pretesa di avere più simboli di fede. La verità è una sola; d’altra parte è infinita, mentre l’errore è sempre un vicolo cieco.
3) La gerarchia o magistero della Chiesa non è una invenzione umana, ma una istituzione divina (4,11
ed è stato sempre contestato dai veri credenti, i Santi (cf. Bonora 105s).
4) Bisogna camminare sul binario “verità-carità” (4, 15; cf. 2Gv 3). Sono necessarie tutte e due: la verità senza la carità è fredda, sterile; la carità senza la verità è cieca, non sa dove va…
5) Niente furti, niente parole cattive! Abbiamo le mani per lavorare e la bocca per edificare il prossimo (4, 28s).
6) Sull’esempio di Dio Padre dobbiamo essere benevoli e misericordiosi perdonando sempre, tutto e tutti (4, 32).
7) Non si vive e non si cresce senza Cristo. La comunione con lui è il segreto di ogni vitalità e fecondità spirituale (4, 16; cf. Fil 4, 13; Gv 15, 5).
Proposito personale. Quarta Settimana Biblica 2008
3. Morale domestica e sociale, combattimento spirituale, conclusione: Ef 6, 1-24.
Nell’ultimo capitolo di Ef San Paolo continua la catechesi sulla morale domestica (6, 1-4) e aggiunge quella sulla morale sociale (6, 5-9); esorta poi al combattimento spirituale (6, 10-20) e conclude la lettera dando notizie personali e il saluto finale (6, 21-24). 1) “Doveri dei figli e dei genitori: i loro rapporti di obbedienza e di comando devono ispirarsi unicamente agli insegnamenti del Signore (6, 1-4)” (Cipriani 47). Tutto in un contesto di amore. I genitori amino i figli educandoli cristianamente, secondo l’esempio e la parola del Signore Gesù. I
figli riamino i genitori ubbidendo loro e onorandoli (6, 1s). Da precisare che nella Bibbia “onorare” non è solo rispettare e ossequiare, ma anche aiutare, sostenere, prendersi cura (cf. Sir. 3, 7-16; Mc 7, 10-13). San Paolo condanna così ogni movimento antifamigliare, come pure il discolismo dei figli e l’autoritarismo dei genitori (cf. Bonora 94-96; Zerwick 158-161).
2) Doveri dei servi/operai e dei padroni/datori di lavoro: più o meno come tra figli e genitori.
Per giunta l’Apostolo eleva il rapporto“servo-padrone” a rapporto “servo-Cristo Signore”! (6, 5-9).
Dopo l’incarnazione del Verbo i rapporti interumani sono diventati umano-divini (cf. Mt 25, 40;
Gal 4, 14; Bonora 96-98; Zerwick 162-164).
Notiamo poi l’accento sui doveri. San Paolo insiste sui doveri, non sui diritti. Come Gesù, sa
bene che il diritto romano, salva il mondo. E anche per lui, come per Gesù (Mt. 22, 40), ogni dovere
si riduce all’amore. La sua, dunque, è una etica dell’amore (cf. 1Cor 13, 2s; 16, 14).
3) Il combattimento spirituale (6, 10-20). La vita umana è una milizia. Per San Paolo, i nemici
non sono gli uomini, ma il diavolo e gli altri spiriti del male (6, 10-12; cf. Cipriani 50s; Bonora
100s; Zerwick 165s); e le armi per vincerli ci vengono da Dio. Sono le virtù, la Parola di Dio e la
preghiera continua (6, 13-20). Senza queste armi il cristianesimo è indifeso e facile vittima del
nemico: è la situazione miserabile e indegna di tanti cristiani irresponsabili… (cf. Cipriani 51s;
Bonora 101s; Zerwick 166-170). L’apostolo, come prega (1, 3ss; 3, 14ss), così inculca la preghiera
agli altri. La vuole continua, perseverante, fatta “per tutti”, fedeli e pastori (6, 18-20; cf. Cipriani
51s; Bonora 102s; Zerwick 170-172). Ricordiamo il detto famoso: “Chi prega, certamente si salva;
chi non prega, certamente si danna” (Santo Alfonso, cit. in C.C.C. 2744).

4) CONCLUSIONE (6, 21-24)
a) San Paolo, uomo tutto cuore, stabilisce un clima di famiglia, di comunione e di confidenza con i suoi destinatari (6, 21s). La Chiesa è veramente famiglia, comunione d’amore (cf. Bonora 103s; Zerwick 172s).
b) L’Apostolo conclude la lettera augurando i beni messianici (pace, carità, fede, grazia) “ai fratelli”, a “tutti quelli che (ri)amano il Signore nostro Gesù Cristo con amore incorruttibile (6, 23s). Bellissima definizione dei cristiani! Si è veri cristiani a misura che si ama (1Cor 13, 2), che si è innamorati di Cristo, lo sposo tutto amore e premure della Chiesa (5, 25ss). Riamarlo è il nostro dovere (1Cor 16, 22) e la nostra gloria. “Si diventa ciò che si ama” (Santo Agostino).
Attualizzazione.
1) La vita cristiana è milizia, lotta contro il diavolo e i suoi vizi. Perciò la concezione edonistica, carnevalesca della vita – sempre molto diffusa – è falsa e disastrosa (6, 10-20; cf. Lc 16, 19ss; Sap 2). Il Signore, giudice imparziale, ricompenserà “ciascuno… secondo quello che avrà fatto di bene” (6, 8s), quindi secondo il bene fatto personalmente, non esigito dagli altri… 2) Bisogna evitare ogni freddezza e diffidenza nei rapporti tra clero e laicato, tra pastori e fedeli (6, 21s). Viviamo da veri “fratelli” (6, 23), da “santi” ossia da persone santificate/divinizzate in Cristo (6, 18)!
3) Il segreto di tutto, la fonte di ogni bene è amare il Signore Gesù “con amore incorruttibile” (6, 24). Coltiviamo quest’amore! Più Lo riamiamo, più valiamo e possiamo (6, 10; Quarta Settimana Biblica 2008
cf. Fil 4, 13), più diventiamo in lui figli devoti di Dio Padre e fratelli buoni di tutti. L’amore di Cristo, l’abbraccio conformante a lui sia tutto il nostro ideale! Non c’e di meglio in questo mondo. Riassumiamo il contenuto dottrinale di Ef. Dio Padre ha tutto ricapitolato in Cristo, cioè in lui ha ripreso a un livello superiore, ha rinnovato e perfezionato la coppia (uomo/donna), la famiglia, la società, l’intera creazione celeste/terrestre), mediante l’azione dello Spirito Santo (cf. Zerwick 8s). Solo in Cristo, centro unificante di tutto, c’è l’uomo nuovo, la società nuova, il mondo nuovo. Lui, nessun’altro, è il destino di salvezza e di gloria dell’universo creato. Ben accolta e assimilata, la Lettera agli Efesini ci aiuta a realizzarci in verità e pienezza: ci umanizza e divinizza, ci cristifica ed e ecclesializza, ci fa uomo nuovo e società nuova! È quanto il nostro cuore desidera più ardentemente (cf. GS 21s).
Proposito personale. 
 “Ti,j h`ma/j cwri,sei avpo. th/j avga,phj tou/ Cristou/”

« Quis nos separabit a caritate Christi »
Romans 8:35-39 “35 Chi ci separerà dall’ amore di Cristo? La tribolazione, l’ angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, i pericoli, la spada? 36 Secondo quanto sta scritto: per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, fummo reputati come pecore da macello. 37 Ma in tutte queste cose noi stravinciamo in grazia di colui che ci amò. 38Sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né potestà, né presente né futuro, 39né altezze né profondità, né qualunque altra cosa creata potrà separarci dall’ amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù nostro Signore.”

Publié dans:Lettera agli Efesini |on 8 avril, 2013 |Pas de commentaires »

Rise and Shine (a news article to read the details of the icon)

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Publié dans:immagini sacre |on 6 avril, 2013 |Pas de commentaires »

VANGELO DI GIOVANNI: C. 20,19-31: INVIATI DI FEDE E DI PACE

http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Meditazioni/08-09/14-Inviati-di-fede-pace.html

(ho fatto un ricerca su Google sotto la voce : « credere senza vedere », uno dei risultati!)

VANGELO DI GIOVANNI: C. 20,19-31: INVIATI DI FEDE E DI PACE

Un incontro che si fa missione (20,19-23)
La sera del primo giorno della settimana, mentre le porte dove si trovavano i discepoli erano state chiuse per paura dei dirigenti giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me io mando voi”. Detto questo, soffiò su di loro e disse: “Ricevete Spirito Santo. Coloro a cui rimetterete i peccati saranno perdonati; coloro a cui non perdonerete non saranno perdonati”.
La voce di quanto è capitato quella mattina si è rapidamente diffusa tra i discepoli e li ha riuniti, anche se per paura dei Giudei hanno sbarrato bene le porte. Questo non impedisce a Gesù di rendersi presente in mezzo a loro e di donare loro il suo saluto: “Pace a voi!”. Gesù è ormai “Colui che viene” e lo sarà sino alla fine del mondo. Egli si rende presente dove ci sono due o tre riuniti nel suo nome.
“Si rese presente”. Non si descrive nessun passaggio attraverso le porte e nessun movimento dalla porta al centro della sala. Solo si afferma che rese visibile la sua presenza e “mostrò loro le mani e il costato”. Colui che soffrì la passione e li amò sino alla fine, ora è di nuovo con loro. Ha mantenuto la sua parola: “Vi rivedrò e il vostro cuore gioirà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (16,22).
Ed eccoci al secondo momento della scena. Gesù ripete il suo saluto: “La pace sia con voi”, ma poi aggiunge: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi”.
   E perciò per i discepoli è ora possibile la missione: “Io vi ho scelto perché andiate a portiate frutto e il vostro frutto sia duraturo” (15,16). Sono mandati come lui è stato mandato. Quindi su di loro pesa lo stesso comandamento del Padre a cui Gesù si è attenuto: “Dare la vita”. Amare come egli ha saputo amare sino alla fine. Però per essere capaci debbono essere ricreati da Spirito Santo e Gesù glielo dà; segno che è già risalito al Padre: “È bene per voi che io me ne vada altrimenti non verrà a voi lo Spirito”. Sono inviati nel mondo per riunire i figli di Dio dispersi (11,52), per fare un solo gregge sotto un solo Pastore (10,16).
         Per questo ricevono il potere di rimettere il peccato. È un potere destinato a discernere chi davvero si allontana da un mondo di peccato per aderire a Gesù, da chi non vuole aderire. La verità consolante è che nel mondo esiste il perdono dei peccati (vedi Lc 24,47) e che questo potere è stato dato agli uomini (Mt 9,7).
BEATO CHI CREDE SENZA AVER VISTO (20,24-29)
Tommaso, uno dei dodici chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore”. Ma egli disse: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e la mia mano nel suo fianco, non credo”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”. Gli disse Gesù: “Perché mi hai veduto tu hai creduto; beati quelli che credono pur senza avere visto”.
Otto giorni dopo alla presenza di Tommaso, la comunità proclama la sua fede in Gesù risorto e dice a Tommaso: “Abbiamo visto il Signore”. Ma lui non condivise la fede della comunità. Voleva un’esperienza diretta e forse non aveva torto: era anche lui uno dei Dodici. Si dimostra incredulo di fronte a un fatto che esige una fede  radicale. E Gesù, come otto giorni prima, si rese visibilmente presente in mezzo a loro.
Era già lì. Non aveva bisogno di passare da nessuna parte per entrare. Egli è già presente quando i suoi sono tutti riuniti nel suo nome e dona la pace. Gli altri non avevano più bisogno di vederlo. Tommaso sì. Gesù si è reso visibile per lui e vuole convincerlo che non è un fantasma. Le sue parole suonano a sfida: “Guarda…, toccami”, ma sono piene di bontà: “e non continuare a essere incredulo, ma credente”. Come a Maria bastò sentirsi chiamare per nome (20,16), a Tommaso bastarono queste ultime parole per dire tutta la sua fede: “Signore mio, e Dio mio”.
È una fede che si ripete nei secoli. È l’espressione della fede personale e comunitaria. Essa nasce dai fatti concreti; è ben radicata negli eventi storici. L’insistenza di Giovanni sulle ferite di Gesù; sui segni della sua passione, dice che la fede nella divinità di Gesù nasce dall’esperienza di ciò che hanno visto, udito e toccato; dall’avere costatato che Gesù li ha davvero amati sino alla fine. Tutto ciò li ha portati a credere nella parola di Gesù: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora di nuovo torno al Padre e lascio il mondo” (16,28): “Io e il Padre siamo uno” (10,30). La Risurrezione ha sancito per essi la verità di tutte le sue parole ed essi hanno creduto che Egli fin dal principio era presso Dio, era Dio” (1,1). Così, il Vangelo finisce con lo stesso atto di fede con cui era iniziato.

Chiusura (20,30-31)
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo abbiate la vita nel suo nome.
Importante è la parola segno, tante volte resa con “segni miracolosi o meravigliosi”. Traduzioni possibili purché si insista sulla parola “segno” che serve sempre a rivelarmi qualcosa d’altro; in concreto nel Vangelo di Giovanni, l’identità di Gesù. L’autore ci tiene a sottolineare che ha raccontato solo alcuni segni non tutti, e che lo ha fatto per fondare solidamente la nostra fede in Gesù, il Cristo e il Figlio di Dio.
Con queste parole si chiude il Vangelo di Giovanni poiché il capitolo 21 di per sé non è suo.

Preghiamo
Signore, quanta gioia e quanta speranza hai diffuso nel mondo con la tua Risurrezione. Donaci di diffondere nel mondo questa gioia e questa speranza. Fa’ che tutti capiscano che la vita non è un camminare verso il nulla, ma verso un incontro con Te e il Padre nello Spirito; verso una gioia infinita. Che la nostra parola convinca tutti a non pensare alla morte, ma alla gioia di incontrarsi con Te.

 Mario Galizzi SDB

François-Joseph Navez – The Incredulity of Saint Thomas

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Publié dans:immagini sacre |on 5 avril, 2013 |Pas de commentaires »

DIMANCHE 7 AVRIL : COMMENTAIRES DE MARIE NOËLLE THABUT – SECONDA LETTURA – Apocalisse 1, 9…19

http://www.eglise.catholique.fr/foi-et-vie-chretienne/commentaires-de-marie-noelle-thabut.html

(è una traduzione Google dal francese, l’autrice del commento  interpreta le letture, per me, in modo magistrale, la traduzione non è perfetta naturalmente, ma si capisce)

DIMANCHE 7 AVRIL : COMMENTAIRES DE MARIE NOËLLE THABUT

SECONDA LETTURA  – Apocalisse 1, 9…19

Per sei domeniche consecutive, leggeremo la seconda lettura di brani dell’Apocalisse di San Giovanni è una possibilità che possiamo fare un po ‘di conoscenza con uno dei testi più accattivanti del libro del Nuovo Testamento difficile A prima vista, ci vuole impegno ma ci sarà presto ricompensata. Oggi, quindi, il primo contatto. L ‘ »Apocalisse » parola deriva dal greco significa « rivelazione », « svelando » il significato di « togliere il velo » è per Jean a rivelarci il mistero della storia del mondo, mistero nascosto dai nostri occhi . Perché che ci rivela ciò che i nostri occhi non possono vedere spontaneamente, il libro prende la forma di visioni, ad esempio, il verbo « vedere » è usato cinque volte nel singolo passaggio di oggi!
 La parola « apocalisse » purtroppo non è stato così fortunato: è quasi diventato uno spaventapasseri, che è la peggiore sciocchezza! Perché, a suo modo, l’Apocalisse, come tutti gli altri libri della Bibbia, Buona Novella. In tutta la Bibbia, nell’Antico Testamento è la rivelazione del mistero della « volontà di Dio » (come indicato nella Lettera agli Efesini), il progetto di amore di Dio per l’umanità. Le Apocalissi sono un particolare genere letterario, ma come tutti gli altri libri della Bibbia, non hanno altro messaggio che l’amore di Dio e la vittoria finale di amore su tutte le forme di male. Se non siamo convinti di questo, aprendo le Apocalissi, in particolare quella di Giovanni, meglio non aprire! Possiamo leggerli attraverso!
 Qual è una delle difficoltà di questo genere, è fantastico e visioni spesso difficili da decifrare, almeno per noi. C’è tutto: non è stato difficile per i destinatari, è difficile per noi che non sono più nella loro situazione. Perché parlare in forma di visioni? Perché non parlare chiaramente? Sarebbe molto più facile … non esattamente, l’Apocalisse di San Giovanni, come tutti i libri dello stesso genere (ci sono stati diversi apocalissi scritte da diversi autori tra il II secolo aC. aC e il II secolo dC.), è scritto in tempo persecuzione, abbiamo letto qui: « Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella persecuzione … Sono stato sull’isola di Patmos a causa della parola di Dio e la testimonianza di Gesù. « A Patmos, Giovanni non fa turismo, fu esiliato.
 Perché siamo in mezzo alle persecuzioni, un Apocalisse è scritta sotto il mantello che scorre verso il morale delle truppe e il tema principale è la vittoria di coloro che sono attualmente oppressi. Discorso, in fondo, è: a quanto pare si sono sconfitti, si crash, vi perseguiteranno, si elimina, e vi perseguiteranno sono fiorenti, ma non perdetevi d’animo, Cristo ha vinto il mondo: sguardo, riesce a conquistare . Egli ha vinto la morte. Le forze del male non può fare nulla contro di te, sono già sconfitti. Il vero re è Cristo, questo, Giovanni dice nella prima frase: « Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella persecuzione, regno, e la resistenza con Gesù. ‘
 Ovviamente, un tale discorso non può essere troppo esplicito, in quanto il pericolo è bello vedere lo afferrò per il persecutore, in modo da raccontare storie di un altro tempo e visioni fantasmagoriche, tutto ciò che serve a scoraggiare la lettura per chi non lo sapesse. Ad esempio, san Giovanni dice tutto il male possibile di Babilonia, che lui chiama « la grande prostituta ». Per coloro che possono leggere tra le righe, è naturalmente Roma. Ogni Apocalisse è un messaggio: le forze del male si scatena, non prevarranno!
 Questo è ciò che spiega la contraddizione triste che siamo spesso l ‘ »Apocalisse » parola perché ci sono in realtà una descrizione del male scatenato, ma c’è molto di più per l’annuncio della vittoria di Dio e coloro che sarà fedele.
 Torno l’Apocalisse di San Giovanni: dal momento che è parte del Nuovo Testamento, il suo personaggio principale è, ovviamente, Gesù Cristo è al centro di tutte le visioni.
 Nel leggere questa Domenica, la vittoria di Cristo è presentato in una grande visione: si tratta di una Domenica, troppo, questo è il giorno in cui si celebra la Resurrezione di Cristo. John rivivere la stampa come una nuova Pentecoste: una voce potente, come di tromba, il soffio dello Spirito … prima … in mezzo ai sette candelabri d’oro, un essere di luce appare a lui, un « figlio dell’uomo » nel vocabolario del Nuovo Testamento, il figlio dell’uomo è un’espressione per dire che il Messia per Jean questo non è un ombra di dubbio, questo è il Cristo. Poi, improvvisamente messo ogni uomo alla presenza di Dio, Giovanni cadde ai suoi piedi e sente « Non temere » … e sente le parole di vittoria: « Io sono » (il nome di Dio) … « Io sono il Primo e l’Ultimo … Io sono vivo … la morte vittoriosa … Tengo le chiavi della morte e sopra gli inferi. ‘
 E come sempre, questo tipo di visione è una vocazione, una missione al servizio dei suoi fratelli: « Scrivi quello che avete visto … « Presenza di incoraggerà i vostri fratelli in passato, il presente e il futuro appartiene a me: sentiamo echeggiare qui la promessa di Cristo: » Chi crede in me, anche se muore, vivrà « (Gv 11, 25).
 ———————–
 Nota
1 – Gli studiosi concordano sul fatto che l’Apocalisse di Giovanni è stato scritto durante il regno dell’imperatore Domiziano (81-96). Ma l’imperatore non era impegnato in una persecuzione sistematica dei cristiani. Il clima di insicurezza in cui la comunità vive di Giovanni può provenire da una parte delle esigenze del culto imperiale promossa da Domiziano e in secondo luogo l’opposizione degli ebrei è rimasto refrattario al cristianesimo. Questo è ciò che appare dalle lettere alle sette chiese.

 Complementi
 Nell’Antico Testamento, il messaggio del libro di Daniele era una sorta di scrittura apocalittica circa 165 aC per incoraggiare i suoi fratelli perseguitati dal re greco Antioco Epifane, Daniel non ha attaccato direttamente il problema: ha raccontato le gesta eroiche svolte da fedeli ebrei sotto Nabucodonosor persecuzione quattrocento anni prima, era che una lezione di storia, a quanto pare, ma chi poteva leggere tra le righe, il messaggio era chiaro.
 Lo stile del testo di esempio « apocalittico » nella storia recente: il tempo della dominazione russa della Cecoslovacchia, una giovane attrice ceca ha scritto e suonato molte volte nel suo paese un pezzo su Giovanna d’Arco: francamente l’ Giovanna d’Arco contrafforte gli inglesi di Francia nel XV secolo non era la preoccupazione principale di cechi e se lo script è caduto nelle mani della potenza occupante, non era troppo compromettente, ma che sapeva leggere tra le righe, il messaggio era chiaro: che la ragazza di diciannove anni è stato in grado, con l’aiuto di Dio, possiamo anche.

7 APRILE 2013 : 2A DOMENICA DI PASQUA C / OMELIA DI APPROFONDIMENTO

 http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/03-annoC/annoC/12-13/04-Pasqua/Omelie/02-Domenica-di-Pasqua-2013_C-DG.html

 7 APRILE 2013 : 2A DOMENICA DI PASQUA C / OMELIA DI APPROFONDIMENTO

I DONI DEL RISORTO
Don la Pasqua di Gesù comincia la storia della Chiesa. E’ la storia dei primi cristiani, ma anche della Chiesa di tutti, fino a noi cristiani di oggi.
In questa lunga e tormentata storia Gesù continua ad essere vivo e presente, operante mediante il suo Spirito. E’ la storia della signoria di Gesù tra i suoi discepoli che vivono nel mondo.
Gesù, dunque, non ha abbandonato e non abbandona mai la sua Chiesa. Forse i mass-media ci fanno percepire il lato più esteriore della Chiesa, cioè la « politica ecclesiastica ». Ma le letture di questa Domenica ci introducono più profondamente nel mistero della vita ecclesiale con una riflessione sui doni che Gesù risorto distribuisce alla sua famiglia, il popolo di Dio nato dal suo costato trafitto e animato dal suo Spirito.
La storia della Chiesa è una storia di santi e di peccatori, di donne e uomini generosi ed eroici, ma anche di donne e uomini meschini; tuttavia, è soprattutto la storia delle meraviglie che l’amore di Dio compie tra noi.
E ora ecco i doni che ci elenca il Vangelo odierno.

IL DONO DELLA MISSIONE
Il primo dono di Gesù è la missione: « Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi ».
All’inizio sta la missione di Gesù, ricevuta dal Padre. Si tratta dell’eterna predestinazione di Gesù: da sempre Dio ha pensato a Gesù, e ha sempre progettato di mandarlo per noi, poiché Egli ci ha creati in vista del suo Figlio.
Che Dio mandi suo Figlio non è un fatto occasionato né, tanto meno, causato dalla condizione di peccato dell’uomo.
Nel suo liberissimo disegno, da sempre e prima di ogni cosa, Dio ha pensato e deciso di mandare il suo Figlio per comunicare il suo amore e la sua vita.
Che poi di fatto e concretamente l’Incarnazione sia avvenuta in un mondo segnato dal peccato e a favore di uomini peccatori, ciò manifesta quanto grande sia la volontà di comunione di Dio; volontà che si spinge fino a condividere una situazione umana dolorosa e mortale.
E’ dunque dalla divina volontà di mandare il Figlio che nasce il progetto divino di Chiesa, ossia di farci diventare suoi figli. E l’invio del Figlio è un gesto di Dio, gratuito, incondizionato, assoluto, non legato alla storia umana.
Ma la missione che Gesù ha ricevuto continua, in certo modo, in noi. Infatti Gesù « manda » la sua Chiesa. Ciò vuol dire che Dio ha voluto affidare la missione del suo Figlio nelle mani della Chiesa. Dio ha voluto correre questa avventura!
Dunque la Chiesa non nasce, come qualsiasi società, dalla volontà degli uomini di mettersi insieme per un certo scopo. La Chiesa ha origine dalla divina missione del Padre.
Come ha detto il Concilio nella Costituzione Lumen Gentium: « E’ dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che la Chiesa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine ». La Chiesa perciò ha un’origine trinitaria.

IL DONO DELLO SPIRITO
Gesù disse ai suoi discepoli, alitando su di loro: « Ricevete lo Spirito Santo ». Il dono di Gesù risorto alla sua Chiesa è lo Spirito Santo.
Donando il « suo » Spirito, il Signore Gesù ci ha donato la sua vita, la sua forza , la sua gioia. Mediante lo Spirito, Gesù continua ad essere operante nella sua Chiesa.
Lo Spirito Santo non ha il compito di inaugurare e creare qualcosa di « nuovo », bensì di portare in noi e di interiorizzare in noi la rivelazione di Gesù.
Gesù stesso ha detto: « Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto » (Gv. 14,26).
Lo Spirito Santo rende la Chiesa capace di vivere e morire come è vissuto ed è morto Gesù. Egli è la forza che ci conforma a Gesù: senza lo Spirito, Gesù resterebbe per noi un maestro inimitabile e incomprensibile.

IL DONO DELLA FEDE
Lo Spirito Santo suscita in noi la fede e, quindi, ci fa figli di Dio.
Senza lo Spirito di Gesù non saremmo capaci di fare la professione della fede cristiana e dire: « Gesù è il Signore » (Rom. 10,9).
E Paolo aggiunge: « Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio » (Rom. 9,14).
Lo Spirito Santo ci fa credenti, ci fa figli di Dio, viene in aiuto alla nostra debolezza (Rom. 8,26), ci fa gridare a Dio: « Abbà, Padre » (Rom. 8,15).
E’ lo Spirito di Gesù che fa dire a Tommaso: « Signore mio e Dio mio! ». E’ lo Spirito Santo che ci fa credere nel Signore risorto.
Credere nella risurrezione è ciò che distingue i veri cristiani da quelli che si dichiarano tali solo per tradizione o per abitudine o lo sono soltanto di nome.

IL DONO DELLA RICONCILIAZIONE
Dice Gesù:  » A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi ».
« Rimettere » e « non rimettere » sono termini equivalenti al binomio do Matteo di « legare » e « sciogliere » (Cfr. Mt. 16,19).
Gesù trasmette alla Chiesa il suo potere di perdonare i peccati. La Chiesa deve annunciare la volontà di perdono che Dio ha manifestato e comunicato nella persona di Gesù.
Chi accoglie questo annuncio e crede in Gesù, riceve il perdono: che non l’accoglie, non sarà perdonato.
La comunità ecclesiale prolunga e attualizza l’offerta del perdono e di vita che il Padre fa all’umanità in Gesù Cristo. Innanzi alla testimonianza e al messaggio proclamato dalla Chiesa, gli uomini devono pronunciarsi per o contro Gesù.

IL DONO DELLA GUARIGIONE
Dalla prima lettura (At. 5, 12-16) risulta un quadro ideale della primitiva comunità di coloro che « credevano nel Signore ».
E’ una comunità dove avvengono « molti miracoli e prodigi », dove « malati e persone tormentate da spiriti immondi venivano guariti ».
La Chiesa è la comunità di Gesù, dove è possibile trovare guarigione. L’obiezione che forse viene spontanea suona così: ma questi miracoli e prodigi avvenivano alle origini della Chiesa, non adesso.
Eppure la Chiesa di oggi è pur sempre la Chiesa di Gesù, nella quale Gesù è sempre attivo e operante. Se sapessimo scorgere i prodigi che Dio continua a compiere nella sua Chiesa, come saremmo più entusiasti nella nostra vita!
Nel ritornello del Salmo responsoriale oggi diciamo: « Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore »; non solo quelle del passato, ma anche quelle di oggi.
Se noi fossimo davvero « più Chiesa », se vivessimo di più e sul serio come Gesù, allora sperimenteremmo più profondamente e più ampiamente il potere risanante di Gesù.
Non il singolo, ma la Chiesa stessa ci fa da guida nel discernere quali sono le grandi e meravigliose opere di Dio nel nostro tempo. Se seguiamo veramente Gesù, tutto il nostro vivere di cristiani e di religiosi, è testimonianza di un continuo miracolo della sua bontà.

IL DONO DELLA GIOIA
Ma Gesù ci fa soprattutto il dono della gioia. Nella seconda lettura di oggi, Giovanni sente una voce: « Non temere. Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gl’inferi.
Gesù risorto libera la sua Chiesa dalla paura della morte e del fallimento; la riempie della certezza della sua vittoria e della sua gioia di vivere per sempre.
E nessuno può liberarci dalla morte, se non Dio solo. Credere nella risurrezione di Gesù libera dalla morte e, di conseguenza, da ogni paura. La Chiesa del risorto è una Chiesa piena di gioia di vivere.
Cari Fratelli e Sorelle, e noi siamo davvero pieni della gioia di vivere?

MADRE TERESA DI CALCUTTA HA DETTO:
« I Religiosi debbono gustare la gioia di stare 24 ore su 24 con Gesù ».
Sono parole di una donna che ha consumato la sua vita per gli altri, per i più poveri del mondo.
La gioia è preghiera, la gioia è fortezza, la gioia è amore, la gioia è una rete d’amore, con la quale noi possiamo arrivare alle anime.
Dio ama chi dona con gioia. La miglior via per dimostrare la nostra gratitudine a Dio e alla gente è accettare tutte le cose con gioia.
Un cuore contento è il risultato normale di un cuore che brucia d’amore. Non lasciamo entrare in noi nulla di triste che possa farci dimenticare la gioia di Gesù Risorto.
Tutti aneliamo al cielo dove abita Dio, ma noi abbiamo in nostro potere di stare in cielo con Gesù anche adesso, di essere felici con Lui in questo preciso momento.
Ma l’essere felici con Lui adesso significa: amare come ama Lui, dare come dà Lui, servire come serve Lui, salvare come salva Lui, stare 24 ore su 24 con Lui, raggiungere Lui nel suo doloroso travestimento.
Domandiamo alla Madonna di poter stare le 24 ore del giorno con Gesù, ma anche con Lei, e la nostra vita sarà, già fin d’ora, un piccolo Cielo.                

D. SEVERINO GALLO sdb,

Salvador Dali _ Die heilige Bibel (1964-1967) | 20 DALI 991 ET COGNOVERUNT EUM IN FRACTIONE PANIS.

Salvador Dali _ Die heilige Bibel (1964-1967) | 20 DALI 991 ET COGNOVERUNT EUM IN FRACTIONE PANIS. dans immagini sacre 20%20DALI%20991%20ET%20COGNOVERUNT%20EUM%20IN%20FRACTIONE%20PANIS.JPG

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Publié dans:immagini sacre |on 4 avril, 2013 |Pas de commentaires »
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