L’IGNORANZA DEI DISCEPOLI. APRIRE GLI OCCHI – CARLO MARIA MARTINI
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L’IGNORANZA DEI DISCEPOLI. APRIRE GLI OCCHI
mercoledì 9 gennaio 2013
DEL CARD. CARLO MARIA MARTINI, S.J.
La meditazione che intendo proporre vuole aiutarci nell’approfondimento del senso della penitenza. Chiediamo, quindi, al Signore la grazia di purificarci interiormente.
Come appare nel Vangelo di Marco, questa esperienza di purificazione?
Utilizziamo uno dei passi fondamentali in cui Marco, al capitolo quarto, vuol fare comprendere il mistero del Regno: «A voi è dato il mistero del Regno; a quelli di fuori tutto avviene in parabole» (4,11-12).
Lo scopo di tutta la catechesi marciana è di far passare da una situazione al di fuori, in cui il mistero del Regno appare da angolature sociologiche o fenomenologiche, ma non è colto nella sua sostanza, alla situazione al di dentro.
Entrare nel mistero del Regno
Nel Nuovo Testamento ricorre spesso l’espressione al di fuori per indicare chi non partecipa alla conoscenza interiore del mistero del Regno, cioè della fede, come per esempio i pagani.
Per esempio, nella prima lettera ai Corinti, parlando dei giudizi che devono aversi all’interno della comunità, Paolo dice: «… tocca forse a me giudicare quelli di fuori? . . .» (1 Cor 5, 12-13); e ancora, nella lettera ai Colossesi: «Camminate nella sapienza per riguardo a quelli di fuori» (Col 4, 5) cioè, a quelli che non partecipano al dono del Vangelo e stanno a vedere, e vi guardano giudicandovi da un punto di vista esteriore. Nella prima lettera ai Tessalonicesi, poi, troviamo: «… affinché camminiate in maniera degna, per riguardo a quelli di fuori» (1 Ts 4, 12).
L’espressione è, quindi, abbastanza nota nel Nuovo Testamento e designa la categoria di coloro che non hanno ancora capito il mistero del Regno. Oggi essa comprende non solo i non battezzati ma, di fatto, tutti coloro per i quali i misteri del Regno di Dio e della Chiesa sono ancora qualcosa di esteriore a cui non si partecipa dall’interno, con cui non ci si identifica, al punto che tutto appare enigmatico. Si vede la Chiesa fare certe cose, compiere certe azioni sacre o agire in determinati modi, ma tutto sembra come una grande parata di cui non si capisce il significato.
Bisogna allora entrare con coraggio all’interno di questo mistero per identificarci con esso. Ecco la via catecumenale: da un di fuori in cui i segni appaiono enigmatici, verso un interno in cui essi si identificano con la realtà. Questa via è appunto descritta al capitolo quarto in cui si cita un passo dell’Antico Testamento:
«Affinché, vedendo, non vedano,
ascoltando non odano,
per paura che si convertano
e venga loro perdonato»
(4,12: citaz. di Is 6,9- 10).
Si è discusso a lungo su questo versetto per indicare se è mai possibile che ci sia, da parte di Dio, una volontà di non farsi capire. In realtà si tratta di un modo espressivo per dire cosa succede a chi chiude gli occhi, ed è un versetto molto istruttivo se lo rovesciamo cogliendone l’aspetto positivo. Cioè se ci chiediamo: qual è la via del catecumeno? È la via di colui che vuole aprire gli occhi così da vedere. Molti guardano le cose della Chiesa, ma non le vedono, non ne capiscono il senso. Molti, oggi in posizione di critica verso la Chiesa, sono spesso nell’atteggiamento del guardare e non vedere, dell’ascoltare e non intendere. Bisogna, invece, passare dal guardare al capire, dall’ascoltare al comprendere, in modo da convertirsi ed avere il perdono. Ecco la via positiva che le parole del v. 12 esprimono.
Aprire gli occhi
E si comprende meglio questo, quando si medita il ripetuto invito, nel Vangelo di Marco, ad aprire gli occhi, ad ascoltare e a comprendere. Possiamo, così, dedicare questa meditazione all’ignoranza del discepolo.
San Marco suppone che il punto di partenza della via catecumenale — e per gli stessi Dodici della loro intimità con Gesù — sia una riconosciuta situazione di ignoranza: di un non sapere e non capire, di un non vederci chiaro. Questa attitudine di ignoranza viene più volte ricordata da Gesù ai suoi discepoli, perché si convincano che non hanno ancora veramente visto né capito. Egli ribadisce che è necessario uscire da una tale situazione di sufficienza e mettersi invece in un atteggiamento di riconosciuta ed umile ignoranza, disposta ed attenta all’ascolto.
[...]
Nel capitolo quarto, oltre al già citato v. 12, abbiamo il v. 23 con l’invito: «Se qualcuno ha orecchi per intendere ascolti». Al v. 24, «Guardate bene ciò che udite» e al v. 40: «Perché tanta paura? non avete ancora fede?», cioè, non intuite ancora? Vedremo, poi, quanto il capitolo quarto sia fondamentale, perché segna un passo avanti nella conoscenza di Gesù.
Nel capitolo sesto ritorna lo stesso rimprovero: «Non avevano capito riguardo ai pani, essendo il loro cuore indurito» (6,52). Altro brano di insistenza sull’ignoranza del discepolo e al capitolo ottavo:
«Perché state discutendo che non avete pane?
Ancora non capite, non intendete
(in greco letteralmente: non avete mente)?
Avete il cuore indurito?
Avendo occhi non vedete,
avendo orecchi non udite?
E non vi ricordate . . .» (8,17).
Ci sono presentati cinque rimproveri successivi che passano in rassegna tutti i sensi dell’uomo per fare intendere agli interlocutori che non hanno capito assolutamente niente.
E finalmente al capitolo nono troviamo l’ultimo brano riguardante l’incomprensione: «Ma questi non capivano la parola e avevano paura di interrogarlo» (9,32).
Ecco dunque il punto di partenza per il cammino catecumenale. Tale stadio, anzi, accompagna per qualche tempo questo itinerario ed è caratterizzato dalla situazione di essere in qualche modo con l’animo ancora al di fuori dal centro del messaggio; di intuire confusamente qualcosa, ma di non avere ancora capito il mistero. «A voi è dato il mistero…» (4,lls), ma questo mistero non viene inteso, non viene capito fino in fondo finché non si è percorso tutto il cammino che è segnato dal Vangelo di Marco. Dal capitolo quarto al capitolo nono si sottolinea che si è ancora molto indietro in questa strada.
È un atteggiamento che dovremmo suscitare in noi ogni volta che ci mettiamo di fronte al mistero di Dio. Dovremmo poter dire: «quanto poco conosciamo del mistero di Dio». Perché è soltanto con questo atteggiamento che possiamo metterci in attentissimo ed umile ascolto, pronti a percepire ciò che Dio vuole comunicarci.
Accettiamo la nostra ignoranza
Il primo punto allora è il seguente: il Vangelo di Marco suppone, per un serio cammino catecumenale e per una vera sequela dei Dodici nei riguardi di Gesù, che si parta dalla costatazione dello stato di una certa ignoranza e incomprensione teorica e pratica del mistero di Dio.
Il secondo di questa meditazione vuole rispondere alla domanda: in che cosa consiste concretamente questa ignoranza? Dove si esplica negli apostoli, nei discepoli?
Occorre leggere tutto il Vangelo di Marco e vedere dove e come tale ignoranza affiora. Tra i vari passi che si potrebbero proporre ne ho scelti alcuni, tenendo presente che il Vangelo di Marco viene letto in una situazione di istruzione catecumenale. Ogni episodio di Marco, in fondo, ha lo scopo, soprattutto nella prima parte, di stigmatizzare l’ignoranza del discepolo e fargli capire cosa non va in lui affinché se ne avveda e cerchi di correggersi. Tutta li prima parte, quindi, ha uno scopo penitenziale.
(Estratto da L’itinerario spirituale dei dodici, C.M. Martini, Ed. AdP, 2012)
L’itinerario spirituale dei dodici
Si tratta di una delle prime (1974) esperienze di Esercizi spirituali, alla luce della Parola di Dio, proposti ami gruppo di vescovi dell’Emilia dall’allora “semplicemente” padre Carlo Maria Martini.
A differenza degli altri il riferimento è meno costante al testo degli Esercizi ignaziani e più rivolto ad approfondire le esigenze della vera sequela di nostro Signore Gesù, secondo un itinerario dell’apostolo,del discepolo e del catecumeno, ben illustrato dal Vangelo di Marco. Mai più stampato dal 1978.ma spesso citato, anche dallo stesso ca,d. Martini.questo corso viene finalmente riproposto in una nuova edizione, raccomandata dall’autore stesso, dopo il successo della recente e analoga rivisitazione degli Esercizi sul Vangelo di Giovanni.

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