14 APRILE 2013 – 3A DOMENICA DI PASQUA: QUANTO E’ STRAORDINARIA LA VITA ORDINARIA
14 APRILE 2013 - 3A DOMENICA DI PASQUA – C / OMELIA DI APPROFONDIMENTO
QUANTO E’ STRAORDINARIA LA VITA ORDINARIA
Il Vangelo di Giovanni sembrava terminato con il brano che abbiamo letto domenica scorsa. Quello che abbiamo letto poco fa, dicono gli studiosi, è un’aggiunta. Una bellissima aggiunta.
Risponde ad una nostra legittima curiosità: « Che cosa fecero i discepoli di Gesù, dopo la grande settimana santa? »
È la domanda che rivolgiamo a noi stessi: « La Pasqua è passata. Che cosa dobbiamo fare adesso? »
I discepoli sono ritornati alla loro vita abituale in Galilea, dedicandosi al loro lavoro quotidiano, la pesca. Simon Pietro invita altri sei discepoli a uscire in mare per pescare. È una piccola comunità di sette discepoli.
La festa è così bella, ma poi le luci si spengono e si deve ricominciare. Tutto ridiventa grigio. La vita di tutti i giorni, il lavoro monotono, ripetitivo, faticoso, spesso deludente.
A volte è così difficile trovare un senso a tutto questo. Eppure…
Un sarto aveva passato la vita a cucire e rammendare, tagliare, imbastire, provare e riprovare vestiti per clienti esigenti.
In tarda età, sul letto di morte, il sarto stupiva i parenti e gli amici che lo circondavano per la sua incredibile serenità.
Quando sentì avvicinarsi l’ultima ora, il sarto chiese che gli fosse portato il suo ago preferito. Era l’ago che lo serviva da tutta la vita era un ago normale, ma l’uso l’aveva reso lucente e scintillante come fosse forgiato di metallo prezioso.
Il sarto lo alzò e con voce ferma proclamò: « Questa è la mia chiave del Paradiso! »
Il Vangelo ci spiega che c’è un prima e un dopo la Risurrezione di Gesù. Prima, ci sono la paura, l’incomprensione, il tradimento, il dolore. Dopo, tutto cambia: nella prima lettura abbiamo visto il cambiamento di Pietro: non è più il Simone che trema davanti ad una serva, ma è il Pietro che non ha più paura di niente e che nessuno riesce a fermare.
Ma non ci sono i grandi momenti, c’è la vita quotidiana.
Anche quella cambia.
I discepoli pescano per tutta la notte, ma non riescono a prendere niente. Il loro lavoro è inutile. Così, quando spunta il grigiore dell’alba ritornano a casa delusi e rassegnati. Quella mattina tutto è grigio e sconfortante.
Proprio quello che spesso succede anche a noi.
Tutto è stato vano. In questa situazione di delusione e di rassegnazione, Giovanni dice:
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: « Figlioli, non avete nulla da mangiare? ». Gli risposero: « No ». Allora egli disse loro: « Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete ».
Provenendo dalla riva il Risorto entra nella loro vita, nel grigiore di quella mattina. E instaura un rapporto con loro; si rivolge a loro con amore come se fossero figli suoi e chiede che cosa hanno da mostrargli, che cosa hanno da mangiare, di che cosa si nutrono e che cosa gli possono offrire.
Gesù ci domanda se abbiamo abbastanza per nutrirci nella nostra vita quotidiana.
E ci dà un consiglio affinché la nostra vita abbia successo ed egli ci possa donare ciò di cui abbiamo bisogno per vivere.
Dobbiamo rifare ciò che facevamo anche prima della Pasqua.
Ma ora dovremmo farlo in modo consapevole. Ciò viene significato col riferimento al lato destro della barca. Non dobbiamo continuare a fare senza riflettere ciò che è sempre stato fatto. Dobbiamo mostrare attenzione e consapevolezza in ciò che facciamo.
Allora tutto cambierà, allora scopriremo in ogni cosa la presenza di Dio. E non dobbiamo svolgere il lavoro a nostro nome, ma per ordine di Gesù. In tutto ciò che facciamo dobbiamo renderci coscienti del fatto che siamo al servizio di Dio e non al nostro servizio.
È il significato bellissimo della preghiera del mattino, che troppi ormai trascurano. Ci aiuta sempre dire al mattino, già quando ci alziamo: « Mi alzo in tuo nome, inizio la giornata al tuo servizio ».
Sappiamo bene che tutto quello che faremo, ogni azione della nostra giornata ora ha un senso infinito e neanche un secondo andrà sprecato.
I discepoli pescano davvero così tanto pesce che le reti quasi si spezzano. Sono 153 pesci. Anche questo è un numero simbolico. Evagrio Pontico, un padre della Chiesa, lo interpreta in un modo un po’ originale. Egli ritiene che 100 sia il quadrato, 28 il triangolo e 25 la sfera. Il numero 153 significherebbe allora che tutti i contrasti diventano uno.
Se viviamo la quotidianità seguendo in modo consapevole l’indicazione di Gesù, riponendo la nostra fede nella presenza del Risorto, possiamo riconciliarci con i contrasti che spesso ci lacerano, i conflitti tra preghiera e lavoro, tra lavoro e famiglia, le esigenze e i sentimenti in lotta dentro di noi. Improvvisamente tutto diventa uno. Tutto ha un senso. Ciò che ha angoli e spigoli si arrotonda. Ciò che normalmente rimane sconnesso, si unisce e si collega.
C’è una presenza risanante ora nella nostra vita.
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: « È il Signore! ». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Questa frase, « E il Signore! », è una strada importante per incontrare il Risorto nel cuore della nostra vita quotidiana.
Dopo la Pasqua dovrebbe essere naturale pensare in ogni luogo: « E il Signore! ».
Il Signore è con noi quando siamo in ufficio. È il Signore quando prepariamo i pasti in cucina. Ed è il Signore quando attraversiamo la città.
Se richiamiamo alla mente questa frase in tutte le situazioni quotidiane, tutto assume un volto nuovo.
Allora sappiamo che la risurrezione avverrà nel cuore della mia vita di ogni giorno e che la risurrezione è possibile anche nei lavori più banali. Improvvisamente il grigiore del mattino si illumina. E nasce un rapporto personale con Gesù Cristo, il Risorto. Da questo momento tutto ciò che compiamo è visto sotto una luce diversa. Lo faccio davanti agli occhi colmi di amore di Dio e in comunione con il Risorto. E così si trasforma l’atmosfera. Non veniamo lasciati soli. Il Risorto stesso ci sta a fianco e riempie la nostra vita quotidiana con il calore del suo amore e con la luce della sua risurrezione.
Quando i discepoli trasportano a terra con fatica la rete con i pesci, Gesù ha già pesce e pane che vengono cotti su un fuoco di brace.
Gesù disse loro: « Venite a mangiare ». E nessuno dei discepoli osava domandargli: « Chi sei? », perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.
E una strana atmosfera. Il Risorto è improvvisamente in mezzo a loro. Ma non osano domandargli nulla. Sanno che è lui. E improvvisamente la grigia mattina si illumina e nasce una comunione intima e delicata tra loro e il Risorto. Consumano il pasto assieme, cosi come hanno fatto tante volte durante la loro vita insieme con Gesù. « Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce ».
Giovanni descrive questo pasto come pasto eucaristico. In ogni eucaristia il Risorto entra nella nostra vita. Provenendo dall’altra sponda, dal cielo, egli giunge nella nostra grigia quotidianità. In ogni eucaristia Cristo ci rende più forti per i doveri quotidiani con la sua carne e il suo sangue. Ma in ogni eucaristia risplende anche il Paradiso e Cristo ci dona l’alimento immortale del suo corpo e del suo sangue divino. Nel mezzo della mattina, grigia ed estranea, si può scoprire la casa, essere in intimità con colui che adesso è in cielo accanto al Padre e tuttavia anche tra di noi come colui che immerge la nostra quotidianità nella luce divina dell’amore.
Tuttavia, il pasto con il pane e i pesci non si riferisce solo all’eucaristia, ma anche a ogni incontro con il Risorto nella nostra vita di ogni giorno. Se in tutte le situazioni quotidiane ricordiamo la frase « E il Signore! », se abbiamo fede nel fatto che il Risorto ci voglia incontrare proprio nella desolazione del grigiore del mattino, allora la nebbia mattutina si solleva e il Risorto ci porge il pane e il pesce. Ci dà forza a sufficienza per affrontare con successo la giornata. E ci dà anche l’alimento dell’immortalità, l’alimento che rimanda al di là di questa vita.
Dopo una vita semplice e serena, una donna morì e si trovò subito a far parte di una lunga e ordinatissima processione di persone che avanzavano lentamente verso il Giudice Supremo. Man mano che si avvicinava alla mèta, udiva sempre più distintamente le parole del Signore.
Udì così che il Signore diceva ad uno: « Tu mi hai soccorso quando ero ferito sull’autostrada e mi hai portato all’ospedale, entra nel mio Paradiso ». Poi ad un altro: « Tu hai fatto un prestito senza interessi ad una vedova, vieni a ricevere il premio eterno ». E ancora: « Tu hai fatto gratuitamente operazioni chirurgiche molto difficili, aiutandomi a ridare la speranza a molti, entra nel mio Regno ». E così via.
La povera donna venne presa dallo sgomento perché, per quanto si sforzasse, non ricordava di aver fatto in vita sua niente di eccezionale. Cercò di lasciare la fila per avere il tempo di pensare, ma non le fu assolutamente possibile: un angelo sorridente ma deciso non le permise di abbandonare la lunga coda.
Col cuore che le batteva forte, e tanto timore, arrivò davanti al Signore. Subito si sentì avvolta dal suo sorriso.
« Tu hai stirato tutte le mie camicie… Entra nella mia felicità ».
A volte è così difficile immaginare quanto sia straordinario l’ordinario.
Lo capisce anche Pietro, nel suo « esame di maturità », che abbiamo ascoltato al termine del brano di Vangelo: Gesù gli spiega con semplicità che non ha garanzie umane, né oro né argento, con un tesoro in vasi fragili, andrà lontano solo con la forza che gli viene dall’amore per Gesù.
Bruno FERRERO sdb |

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