PAOLO APOSTOLO – (LA PASSIONE)

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PAOLO APOSTOLO 5°

(messi 1,2,3,4,)

(LA PASSIONE)

Le pagine della passione nel vangelo, in proporzione al resto, sono molte. Così avviene per Paolo, da Atti 21 a 28.
Riflettiamo sulla similitudine e diversità delle due passioni (cf Lc 22, 47-49 e At 21.28).
In comune hanno un arresto ingiusto, un agguato fatto alle spalle e suscitato ad arte dai nemici. Per ambedue l’arresto avviene mentre si spendono per il popolo. Per Gesù, nella notte di preghiera; per Paolo, al momento dell’offerta.
Come Gesù, ancor più Paolo passa davanti ai tribunali con i suoi vari discorsi di difesa, a differenza di Gesù che parla poco.

Sofferenze morali.
Gesù soffre la solitudine estrema, tutti lo abbandonano, apparentemente anche il Padre: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
Paolo così si esprime: “Cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha abbandonato, avendo preferito il secolo presente, ed è partito per Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me.
Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Guardatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito, tutti mi hanno abbandonato” (II Tm 4, 9-16)
Ci si domanda se Paolo abbia provato anche l’abbandono di Dio, le tenebre interiori, la desolazione, la notte dello spirito. È molto probabile.

Paolo in catene
L’attività di Paolo, dai giri per il mondo, ora è ristretta nella piccola stanza della prigione, probabilmente legato in catene. Quali tentazioni può aver provato?
• La mia vita sta per finire. I nemici sono più forti di me, sono finalmente riusciti a rendere nulla la mia attività.
• Il successo sperato a Roma si è risolto in un fallimento, forse la Chiesa non avrà nessun futuro. Dio mi ha abbandonato.
• Forse ho sbagliato metodo e mi sono esposto troppo. Dovevo fare come altri, essere più prudente.
• I successi mi hanno dato alla testa e Dio stesso non è più contento di me.
Supporre che sia stato sottoposto a tentazioni del genere non è senza fondamento. L’unica cosa che Paolo riesce a fare è di evitare il senso della vendetta e della rivalsa.
Nel testo degli Atti vive la stessa situazione di sofferenza. Nessuno lo difende. Anche gli ebrei, che potrebbero testimoniare a suo favore, se ne vanno discutendo fra loro.
Eppure, in questa situazione, vive un vero momento di grazia.
Lo cogliamo in un altro brano: “Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili. Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno. A lui la gloria nei secoli dei secoli” (II Tm 4, 17-18).
In esso Paolo intuisce e coglie in pieno il fine della Chiesa. Un uomo abbandonato e sotto processo ma che vede il Regno di Dio. Tanto che continua ad annunziarlo “con franchezza e senza impedimento”.
C’insegna l’importanza di saper contemplare, nelle circostanze più mediocri e apparentemente negative, lo svolgersi del disegno di Dio, il progetto della Chiesa che cresce.
Infatti, la Chiesa cresce sempre, quando è in pace e quando è oltraggiata.
“La Chiesa era in pace per tutte le regioni della Giudea, della Galilea e della Samaria. Essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo” (At 9, 31)
Ed ancora: “Chiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù.
Essi se ne andarono lieti di essere oltraggiati per amore del nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annuncio che Gesù è il Cristo” (At 5, 40-42).
La pace e la crescita è subito dopo l’inizio della predicazione di Paolo.
La pace, però, non è immagine esaustiva del fine della Chiesa.
Infatti, il secondo testo, ancor prima in ordine di tempo, ci mostra la perseveranza nel portare l’annuncio e la gioia per essere vilipesa.
Noi, normalmente, ad una Chiesa perseguitata, diciamo che deve esercitarsi nella pazienza, nella perseveranza, in un certo tipo di rassegnazione, nell’aspettare tempi migliori. Invece lo stile della Chiesa perseguitata per Paolo è gioia.
Nel testo c’è un contrasto di parole, “lieti di essere oltraggiati”, cioè di avere avuto l’onore di essere disonorati per il Nome di Gesù. Questo è possibile solo per dono dello Spirito Santo.
Infatti, il “rallegratevi” (Mt 5, 11-12) è compito solo dello Spirito Santo che può trasformare le parole in atteggiamento concreto di vita.
Sul tema della gioia, possiamo citare anche: “Dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli” (At 16, 23-25).

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