MEDITAZIONI SU SAN PAOLO APOSTOLO: 1 CONVERSIONE, 2 DOVE LO PORTA IL SIGNORE
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MEDITAZIONI SU:
PAOLO APOSTOLO 1° – CONVERSIONE
(ho trovato una serie di meditazioni in forma breve su San Paolo, sono 19, spero di ricordarmi di metterle tutte, magari non di seguito per poter inserire altri testi, metto le prime due – dal Santuario San Giuseppe, non capisco la provincia, ma non è lontano da Fano)
In relazione all’episodio di Damasco, è necessario correggere alcune idee false o, per lo meno, non precise ed esaurienti. L’episodio si trova in Atti, 9 – 22 – 26.
• Non è una conversione morale. Non sta semplicemente nel fatto che un peccatore cambia modo e stile di vita. Paolo, nel nostro caso, è perfettamente osservante della legge, non può rimproverarsi nulla.
• Non è un cambiamento di bandiera. Egli non passa solamente dallo zelo per la legge a quello per Cristo, dal servizio della sinagoga a quello della Chiesa.
• Paolo, quando cita l’episodio, non usa la parola “conversione”, come ora la intendiamo noi (= traduzione del termine “penitenza”, cioè del cambiamento di mentalità, di una retromarcia).
• Egli sa bene che ha pure tale senso e non lo scarta totalmente. Però non esprime tutto. Bisogna arrivare a comprendere che c’è qualcosa di molto più profondo.
Paolo considera l’evento di Damasco come un “mistero”, nel senso d’intervento e opera diretta di Dio. In un passo afferma che è stato “afferrato” da Cristo, come lo sono stati Abramo, Mosè e altri, sino al nostro don Alberione.
• “Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre, e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare a me suo Figlio, perché lo annunziassi in mezzo ai pagani…” (Gl 1, 15-16).
• Tutto è in un quadro di Provvidenza. Dalle parole sottolineate si evidenzia che è una scelta ed una chiamata, per una missione.
• “Non ho veduto Gesù, Signore nostro?” (I Cor 1, 9).”Ultimo fra tutti apparve anche a me” (I Cor 15, 8).”Tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore… per il quale tutto è spazzatura” (Fil 3, 4- 9).
• Per spazzatura intende la circoncisione, lo zelo, l’irreprensibilità. Se è irreprensibile, allora, che cosa è cambiato?
In lui è avvenuta una rivalutazione completa di tutto il mondo. Quello che prima considerava importante, ora gli appare zero e non desta più interesse per lui. Quello che prima sarebbe stato irrinunciabile, ora è divenuto “spazzatura”.
• “Rendo grazie a Gesù che mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero: io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento” (I Tim 1, 12-13). Allora, è irreprensibile o bestemmiatore? “Però mi è stata usata misericordia…” (cf I Tm 1, 13-16).
Come si vede l’evento di Damasco è molto più complesso di un semplice episodio di conversione morale, o di semplice cambio di mentalità.
Paolo è convertito, in altre parole è “afferrato” per una missione
Delle tre descrizioni, la più ricca e distesa è quella in Atti 26.
Alla domanda che si potrebbe porre: “Dove eri e com’eri, quando la Parola ti ha raggiunto?”, lui stesso risponde (Fil 3, 3-6).
“Circonciso”, quindi non maledetto o abbandonato da Dio come i pagani
“Stirpe di Israele”, appartenente al popolo eletto, alla luce delle nazioni
“Tribù di Beniamino”, conosce antenati e il legame che lo riporta a Giacobbe
“Ebreo da ebrei”, padre, madre, nonni, tutti di questa gloriosa generazione
“Fariseo, quanto alla legge”, ebreo perfetto, della stretta osservanza
“Persecutore della Chiesa, quanto a zelo”, quindi fedelissimo al massimo
“Irreprensibile, quanto alla giustizia che deriva dalla legge”, uomo giusto come Giuseppe, Gioacchino e Anna, Zaccaria ed Elisabetta (= la massima lode che si può fare dal punto di vista biblico)
Dunque, Paolo è colto in una situazione nella quale possiede tradizioni, impegno personale, zelo e giustizia. Un insieme di grandi beni, di cui fa l’elenco con profonda commozione.
Inoltre, vive la sua realtà come un “tesoro geloso” da non poter consegnare a nessuno. Ecco perché perseguita i cristiani, perché vanno alla radice di quel tesoro.
Come si spiega l’autoaccusa di “bestemmiatore, persecutore, violento”
Non bestemmiatore nel senso comune, ma nel senso che si è messo contro il Figlio per difendere il proprio tesoro. Ora, sempre più si considera peccatore, in quanto si accorge che il suo atteggiamento verso Dio era profondamente sbagliato.
Non considerava Dio come tale, autore e origine di ogni bene; ma al centro di tutto c’era il “suo” possesso, la “sua” verità, i “tesori” che gli erano stati affidati.
Era un atteggiamento apparentemente “irreprensibile”, ma che interiormente era di una possessività esasperata.
Egli viveva, non il vangelo della “Grazia”, ma la legge dell’autogiustificazione, che gli faceva dimenticare d’essere un pover’uomo, graziato da Dio, non perché valesse qualcosa, ma perché amato da Dio.
Paolo aveva il peccato che Gesù rimprovera ai farisei. Il peccato che fa essere “ciechi”. Ecco perché Gesù dice: “I peccatori, i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli”. Questi descritti, sono i peccati di coloro che si rendono conto di sbagliare e si umiliano.
Il peccato di Paolo era un altro, del quale non si rendeva conto, anzi, se ne vantava.
PAOLO APOSTOLO 2°
(DOVE LO PORTA IL SIGNORE)
Poniamo a Paolo un’altra domanda relativa alla sua “conversione”.
“Verso quale direzione ti ha portato il Signore?”.
Distacco dalle sue sicurezze per una nuova missione
Verso un distacco da quello che prima gli era sembrato sommamente importante: “Quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo” (Fil 3, 7-8).
• Verso la percezione che, quanto prima valeva, ora è zero, non in sé, ma di fronte a Cristo.
• Verso una visione completamente nuova delle cose. Non ad un cambiamento morale immediato, ma ad un’illuminazione, perciò parla di “rivelazione”.
• Il “perché mi perseguiti” di colpo gli fa capire e dire: “Ho sbagliato tutto. Io, che mi gloriavo della giustizia, sono diventato giustiziere degli innocenti!”.
Verso una missione: “Colui che mi scelse sin dal seno materno, si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani” (Gal 1, 16).
• Nello stesso momento in cui Gesù gli fa capire di aver sbagliato tutto, dice pure di affidargli tutto, e di mandarlo.
• Il Dio del Vangelo, mentre gli fa capire che tutto è sbagliato, dimostra la sua misericordia e gli dà fiducia chiamandolo al suo servizio.
Com’è avvenuto questo passaggio
• Per pura iniziativa e dono di Dio. Non c’è stata da parte sua sforzo, meditazione, esercizi spirituali, lunghe preghiere, digiuni. Tutto gli è stato donato, perché fosse “segno” della misericordia di Dio, per tutti i popoli.
• Tutto gli è stato dato nella conoscenza di Gesù Cristo: “Si compiacque di rivelarmi suo Figlio”. È la nostra eredità, soprattutto in quanto paolini.
Che cosa succede a Paolo nei dieci anni dopo
Incontra il disagio a Damasco, l’incomprensione a Gerusalemme, momenti di solitudine e di sconforto (Atti 9, 19-31; Gal 1, 15. 2, 1).
Era considerato uno di disturbo, anche se lo ammiravano per lo zelo.Il periodo di solitudine e amarezza si chiude con una seconda visione della gloria di Dio: “Verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo…” (II Cor 12, 1-5)
Di chi la colpa delle sue amarezze? Un po’ degli altri e un po’ sua.
• Dei giudeo/cristiani che non lo hanno capito, non lo hanno saputo valorizzare, nel timore che il suo modo di agire producesse più danno che vantaggio.
• Degli avversari che gli si sono scagliati contro perché intuivano che era un uomo chiave.
• Di se stesso. Tornato alla vita quotidiana, si butta nella nuova missione con lo stesso zelo (= come se cambiasse bandiera). Ritorna ad appassionarsi dell’opera, come se fosse il suo “nuovo tesoro”.
Allora il Signore permette un periodo di durissima prova, di purificazione, perché impari che la conversione non gli ha fatto cambiare oggetto d’attività, ma ha formato in lui un nuovo modo di essere, un altro modo di vedere le cose, che deve essere macerato lentamente prima di integrarsi nella sua personalità.
Le idee sono chiare, le parole anche. Però, il modo istintivo di agire, torna ad essere quello di prima.
Come ha vissuto i dieci anni
Si premette che non è stato il primo a vivere quest’esperienza. È toccato anche a Mosè, ad Elia e ad altri profeti, anche dei nostri tempi.
La prima reazione è stata d’indignazione, di rivalsa e anche di risentimento.
• Perché perdere le forze e la vita per gente che tratta male?
• Perché Cristo mi ha chiamato con tante belle parole per poi ridurmi a lavorare nella mia bottega di Tarso?
• C’è veramente un disegno di Dio nella mia vita, oppure sono sogni del passato?
• Che cosa volevano dire quelle parole: “Ti sono apparso per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai viste e di quelle per cui ti apparirò ancora. Per questo ti libererò dal popolo dei pagani?” (At 26, 16-17).
Paolo è passato, come ogni santo, attraverso il travaglio interiore. Però, dopo l’indignazione e il risentimento, come succede con la grazia di Dio quando la prova è macerata dentro, emerge la riflessione e trova sempre la risposta nella Parola di Dio: “Felice l’uomo che è corretto da Dio, egli fa la piaga e la fascia”.
Paolo trasforma la riflessione in “illuminazione” che rientra in quella rivelazione avuta sulla via di Damasco, come appare nelle sue lettere.
• Una riflessione escatologica: “Fratelli, il tempo si è fatto ormai breve…passa la scena di questo mondo” (I Cor 7, 29-31). Ridimensiona il suo zelo; si accorge che si era legato a progetti immediati, mentre il regno di Dio è al di là e al di sopra di tutto; tutte le cose, anche buone, passano; solo il Signore rimane.
• Un’illuminazione. L’opera appartiene a Dio; è Dio che pone tempi e condizioni. Deve ancora staccarsi dalla possessività: “Siamo ministri…chi è Paolo? (I Cor 3, 5). Non dirà più “il mio campo, il mio edificio”, ma “voi siete il campo…”. Così Paolo diventa strumento sempre più adatto nelle mani di Dio.
È a questo punto che giunge da Tarso la notizia che è arrivato Barnaba. Lo invita ad andare in Antiochia, dove c’è una comunità giovane che l’attende.
È il secondo momento dell’attività apostolica. Riprende, in forma nuova, ciò che dieci anni prima aveva iniziato con tanto zelo, ma mettendoci dentro non poco di sé.
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