Archive pour janvier, 2013

Mat-02,01-The magis, -Adoration

Mat-02,01-The magis, -Adoration dans immagini sacre 15%20DIPRE%20L%20ADORATION%20DES%20MAGES

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Solennità dell’Epifania – Omelia Dionigi Card. Tettamanzi 2000

http://www.diocesi.genova.it/vescovo/tettamanzi/om000106.htm

Solennità dell’Epifania

S.Messa. Omalia

Genova – Cattedrale. 6 gennaio 2000

La luce dell’Epifania sul « pellegrinaggio » del Giubileo

+ Dionigi Card. Tettamanzi
Arcivescovo

L’Epifania che oggi celebriamo trae il suo significato dal Natale, ossia dall’evento centrale della storia che è il farsi uomo – come noi e per noi – del Figlio eterno di Dio e quindi il suo rivelarsi al mondo come luce e vita e salvezza degli uomini. Sì, l’Epifania prende significato dal Natale, ma nello stesso tempo del Natale sottolinea in modo particolare alcuni aspetti in rapporto alla « rivelazione » di Cristo.
Su due di questi aspetti vogliamo fermare la nostra meditazione. Si tratta di aspetti che, mentre ci introducono in una conoscenza più profonda dell’Epifania, ci mostrano l’intimo legame che esiste tra questa festa e la celebrazione del Grande Giubileo del 2000 da pochi giorni iniziato.
Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra
Il primo aspetto della festa dell’Epifania è quello dell’universalità della salvezza. Gesù è salvatore non solo del popolo ebraico, ma di tutti i popoli della terra. In una sua appassionata omelia il Card.Gianbattista Montini così diceva: « Dopo il Natale, la Chiesa si domanda: per chi è venuto Cristo? E risponde: per tutti gli uomini. Non era ebreo il Signore? e non era il popolo ebraico un popolo chiuso, nella sua razza e nella sua religione? nella sua storia e nei suoi privilegi? Sì; ma questo è appunto l’aspetto meraviglioso dell’Incarnazione: essa ha carattere universale; riguarda non soltanto il popolo eletto dell’Antico Testamento, ma riguarda tutti i popoli; riguarda tutti i tempi e tutti i luoghi, interessa tutta la storia, e interessa tutta la terra. Non ha confini. E’ destinata a tutta l’umanità, anzi crea il concetto nuovo e svela il vero destino dell’umanità. Non mai prima di Cristo s’era pronunciata una simile concezione del mondo, e finora l’esperienza ci direbbe che fuori di lui una tale concezione non nasce, e che senza di lui non regge. E’ questo un risultato umano d’un mistero divino: la rivelazione, la manifestazione di Dio nell’economia storica della religione autentica, giunge al suo vertice, trascende ogni limite etnico, storico e geografico, e irradia la sua luce su tutto il panorama e informa sia la vita individuale, sia la vita sociale. Cristo è il centro. Cristo è il Re, Cristo è il sole dell’umanità » (L’Epifania e l’universalità della fede, 6 gennaio 1963).
Che la salvezza divina sia per l’intera umanità viene espresso con incantevole semplicità nel brano dei Magi scritto dall’evangelista Matteo. I Magi vengono per adorare « il re dei Giudei che è nato » (Matteo 2, 2), partendo « da lontano »: da lontano, non solo in senso geografico, perché la loro patria è l’Oriente, forse il territorio del fiume Eufrate; ma anche e soprattutto in senso religioso, se li confrontiamo con gli ebrei: sono, infatti, dei pagani che non rientrano in quell’eredità di salvezza che Dio aveva promesso ad Abramo e alla sua discendenza. Ma gli evangelisti non hanno dubbi: se Luca è attento ai pastori come rappresentanti del popolo eletto e riferisce le loro parole: « Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere » (Luca 2, 15), Matteo punta la sua attenzione sui Magi, come rappresentanti dei pagani, e sulle parole pronunciate al loro arrivo a Gerusalemme: « Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo » (Matteo 2, 2).
Così la Chiesa, fin dal IV e V secolo ha voluto ravvisare nel racconto dell’adorazione dei Magi « l’inizio e quasi il paradigma della convergenza degli uomini, delle nazioni pagane specialmente, verso Cristo » (Card. Montini, l.c.). Ascoltiamo sant’Agostino: « I Magi, primizie delle genti, vennero per vedere e per adorare Cristo, e meritarono non solo di conseguire la propria salvezza, ma di rappresentare anche la salute di tutti i popoli » (Discorso 203, 3). Ascoltiamo dopo di lui san Leone Magno: « Subito il Signore volle essere conosciuto da tutti, lui che per tutti si è degnato di nascere » ( Discorso sull’Epifania, I). Ascoltiamo la liturgia della Chiesa: « Dio onnipotente ed eterno, splendore delle anime di coloro che hanno la fede, tu hai consacrato questa solennità con le primizie dell’elezione delle Nazioni: riempi il mondo della tua gloria e fai apparire i raggi della tua luce ai popoli che ti sono sommessi » (Sacramentario Gregoriano). Ma prima ancora è l’apostolo Paolo, nella lettera che abbiamo oggi ascoltato, a ricordarci il « mistero della grazia di Dio », ossia il disegno dell’amore del Signore: esso è rimasto, per gli uomini delle precedenti generazioni, avvolto nel più inviolabile silenzio; ma ora, finalmente, è fatto conoscere e viene proclamato al mondo. E il mistero è « che i gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità (del popolo eletto), a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo » (Efesini 3, 6). Così davanti a Cristo, unico salvatore del mondo, sta l’intera Chiesa, anzi l’intera umanità, rappresentate dai pastori e dai Magi, dal popolo ebraico e da tutti gli altri popoli della terra: i pagani. Ecco l’universalità della salvezza che il Natale e l’Epifania presentano nei termini della chiamata, dell’attrazione di tutti i popoli a Cristo. In tal senso si fa quanto mai eloquente il canto liturgico responsoriale: « Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra ». In realtà, più affascinante e decisivo è l’altro cammino: l’andata di Cristo verso tutti i popoli. Sì, l’andata di Cristo: con la sua presenza personale che tutto previene e sostiene, e con la « mediazione » della Chiesa, ossia con la sua attività missionaria. Per questo l’Epifania può giustamente considerarsi « la prima festa missionaria e quasi l’inaugurazione non già del viaggio che porta gli infedeli a Cristo, ma di quello che porta i missionari di Cristo agli infedeli » (Card. Montini, l.c.). La celebrazione dell’Epifania accende così nel nostro cuore un duplice importante sentimento. Il primo è quello d’una fiducia senza limiti nel guardare la storia dell’umanità, in particolare la sua storia religiosa: su di essa si stende, misericordiosa ed efficace, la volontà di salvezza da parte di Dio, Creatore e Padre di tutti, una volontà di salvezza che trova la sua suprema prova nella morte di Gesù in croce. E poi il sentimento di una passione missionaria, che ci deve vedere impegnati – nei pensieri, negli affetti e nelle opere – a portare il nostro contributo perchè giunga a compimento la profezia ricordata: « Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra ». In questo modo l’Epifania ci fa cogliere un aspetto del Giubileo: la sua apertura a tutti. Esso è un anno di grazia e di misericordia non per alcuni soltanto, ma per tutti. Il Papa, inserendosi con ammirevole fervore nell’universalismo messianico testimoniato dalla festa d’oggi, ha ripetutamente invitato non solo i cattolici ma anche quanti appartengono alle altre confessioni cristiane ad accogliere la grazia giubilare; così come ha allargato ancor più il suo invito, scrivendo ad esempio: « In occasione di questa grande festa, sono cordialmente invitati a gioire della nostra gioia anche i seguaci di altre religioni, come pure quanti sono lontani dalla fede in Dio. Come fratelli dell’unica famiglia umana, varchiamo insieme la soglia di un nuovo millennio che richiederà l’impegno e la responsabilità di tutti » (Incarnationis mysterium, 6). E’ ancora il Santo Padre a mostrare nel Giubileo un’occasione provvidenziale per la crescita nei credenti di una più viva coscienza missionaria, ricordando che « l’ingresso nel nuovo millennio incoraggia la comunità cristiana ad allargare il proprio sguardo di fede su orizzonti nuovi nell’annuncio del Regno di Dio. E’ doveroso – aggiunge il Papa – , in questa speciale circostanza, ritornare con rinsaldata fedeltà all’insegnamento del Concilio Vaticano II, che ha gettato nuova luce sull’impegno missionario della Chiesa dinanzi alle odierne esigenze dell’evangelizzazione » ( Ibid., 2).
Il pellegrinaggio della fede
Su di un altro aspetto dell’Epifania vogliamo meditare, ancora una volta in corrispondenza con il Giubileo. Dei Magi abbiamo considerato la loro provenienza geografica e religiosa, e cioè il loro essere rappresentanti dei popoli pagani, anch’essi chiamati come già il popolo eletto all’incontro con Cristo Salvatore. Ma un’altra e non meno interessante considerazione possiamo sviluppare in rapporto all’esperienza spirituale dei Magi, al loro cammino di fede: potremmo dire al loro pellegrinaggio insieme esteriore ed interiore, sulle strade da Oriente a Betlemme e sul sentiero che percorre l’intimo del cuore. Un pellegrinaggio, quello dei Magi, che si configura come un meraviglioso paradigma, capace di sprigionare luce, fascino e forza al nostro pellegrinaggio giubilare. Si sa, infatti, che il Giubileo da sempre è stato contrassegnato in modo immediato e particolarmente significativo dall’esperienza spirituale e religiosa del pellegrinaggio, come ha scritto il Papa: « L’istituto del Giubileo nella sua storia si è arricchito di segni che attestano la fede ed aiutano la devozione del popolo cristiano. Tra questi bisogna ricordare, anzitutto, il pellegrinaggio » (Incarnationis mysterium, 7). Del pellegrinaggio diciamo subito la meta: per i Magi è stata l’adorazione del Signore. Quando giungono a Gerusalemme, alla corte del re Erode, alla presenza dei capi del popolo ebreo, i Magi dicono: « Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo » (Matteo 2, 2). Siamo venuti per adorare il Signore: sono parole importantissime, queste, perché costituiscono come la prima confessione di fede – al di fuori del mondo ebraico – nel Messia, nella novità della salvezza apportata da un bambino nato a Betlemme, Gesù Cristo. E così è anche del pellegrinaggio del Giubileo, che deve risolversi in una confessione di fede in Gesù Salvatore, in un riconoscimento convinto e gioioso di Dio che in Cristo si fa uomo per la salvezza dell’umanità: una confessione e un riconoscimento che mettono il credente in ginocchio, in adorazione. E’ un’adorazione che, certamente, pone le sue radici nella mente e nel cuore: nella mente che riconosce la verità e nel cuore che la ama e ne gioisce; ma che fiorisce poi nel gesto personale dell’offerta dei doni, di doni che sono il piccolo ma necessario segno del dono di se stessi. Si tratta comunque e sempre di un gesto ispirato e sostenuto dalla fede, anzi che in profondità si configura come « confessione di fede », come amano rilevare i Padri della Chiesa quando commentano il gesto dei Magi: « Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra » (Matteo 2, 11). « Nell’offerta dei doni stessi – scrive san Cromazio, vescovo di Aquileia – essi confessano che Cristo è Dio, è re, è vero uomo. Tale il senso dei doni: l’oro indica il potere del regno; l’incenso l’onore dovuto a Dio; nella mirra si deve vedere l’attestazione della sepoltura di Cristo » (Commento al Vangelo di Matteo, 5, 1). Nello stesso tempo, oltre il significato di fede, questo gesto ha il significato morale di dono di se stessi, di consegna della propria vita. Non si può, infatti, riconoscere che quel bambino è Dio e prostrarsi in adorazione davanti a lui, e poi non impostare la propria vita secondo le esigenze morali e spirituali che derivano da quell’incontro. E così è del pellegrinaggio del Giubileo: esso chiede i nostri doni: la confessio fidei e insieme la conversio vitae, la confessione della nostra fede in Cristo e la conversione della nostra vita come sequela di Gesù e del suo Vangelo. Considerata la meta del pellegrinaggio, ne consideriamo ora il punto di partenza. Per i Magi è stata la visione della stella: « Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo » (Matteo 2, 2). Si tratta di una stella guardata non tanto con gli occhi della carne, e dunque come una delle tante stelle che brillano nel cielo, quanto con gli occhi del cuore, ossia come segno della volontà di Dio, quasi una sua voce luminosa che li chiamava e li attirava. Sì, il pellegrinaggio di ogni uomo ha inizio dalla chiamata di Dio, scaturisce dalla sua grazia: grazia è il nostro stesso essere di creature umane, grazia è ancor più la fede che ci fa figli di Dio. Ma la grazia non costringe la persona. E’ un’offerta, un’offerta di estrema serietà perché decide del valore supremo e del destino finale della nostra esistenza: per questo è un’offerta che sfida la nostra libertà, ponendola di fronte alla scelta. I Magi consapevolmente e liberamente si sono messi a seguire la stella, a rispondere alla chiamata del Signore. La nostra stessa vita, quale pellegrinaggio fondamentale e radicale, e il Giubileo che si esprime nelle diverse forme di pellegrinaggio sono il frutto di un dono: sì, Dio ci chiama! ed insieme il frutto di un impegno, quello di rispondere al Signore. Così il pellegrinaggio si qualifica come qualcosa di tipicamente religioso e spirituale, come incontro e dialogo tra Dio e l’uomo. La meta e il punto di partenza sono gli estremi del pellegrinaggio: questo poi ha tutto un suo svolgimento nel tempo secondo diverse tappe. Così è stato per i Magi e così è anche per noi. Per loro il cammino verso Cristo Salvatore ha messo a dura prova la loro libera scelta: non solo con il distacco dalla loro patria e dal loro ambiente di vita, ma anche lungo la via, in specie con le difficoltà incontrate a Gerusalemme con Erode e con i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo. Ma i Magi hanno potuto sempre contare sull’aiuto e sulla guida del Signore, anzi sulla gioia ch’egli sa riservare a quanti lo seguono, come annota l’evangelista: « Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia » (Matteo 2, 9-10). Anche noi nel cammino della fede possiamo incontrare stanchezze, dubbi, incomprensioni, difficoltà, ostacoli diversi, irrisione ed emarginazione: non è facile credere e rimanere fedeli alla propria fede, soprattutto in certe situazioni! Ma è possibile ed è bello, purché non vengano mai meno la fiducia e l’abbandono in Dio, che ci segue passo passo con amore fedele e onnipotente. Sia questo cammino di fede il contenuto più autentico di ogni nostro pellegrinaggio durante il Giubileo del 2000. Lo ripetiamo ancora una volta: il vero pellegrinaggio deve avvenire dentro il nostro cuore, con un’adesione a Gesù Cristo Salvatore più ricca di convinzione e di amore e più generosa nel dono di noi stessi, nella partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa e nel servizio disinteressato e operoso a quanti il Signore pone sul nostro cammino quotidiano. Così l’Epifania entra nella vita e la rinnova. La sua stella continua a illuminarci e a guidarci.

Epifania del Signore

Epifania del Signore dans immagini sacre epiphany

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Publié dans:immagini sacre |on 4 janvier, 2013 |Pas de commentaires »

Domenica 6 gennaio 2013: Marie Noëlle commenti Thabut – seconda lettura: Efesini 3, 2 … 6

http://www.eglise.catholique.fr/foi-et-vie-chretienne/commentaires-de-marie-noelle-thabut.html

(traduzione Google dal francese, le traduzioni non sono mai perfette, ma è il commento migliore che ho trovato!)

Domenica 6 gennaio 2013: Marie Noëlle commenti Thabut

SECONDA LETTURA – Efesini 3, 2 … 6

Questo brano è tratto dalla lettera agli Efesini, nel capitolo 3, ed è nel primo capitolo della stessa lettera che Paolo ha usato la sua famosa frase « il beneplacito di Dio » qui, siamo abbastanza nella stessa Online, mi ricorda alcune parole del capitolo [1]: « Dio ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, benevolenza che aveva arrestato afore di per sé a portare a compimento il loro tempo, soddisfare le intero universo sotto la testa di Cristo, il quale è nei cieli e tutto ciò che è sulla terra. « 
 Nel testo di oggi, troviamo il « mistero ». Parola Il « mistero » di San Paolo, questo non è un segreto che Dio avrebbe tenuto gelosamente, tuttavia, è la sua intimità in cui egli ci tenga. Paolo dice qui: « Per rivelazione, Dio ha fatto conoscere il mistero di Cristo » questo mistero è quello di dire la sua benevolenza, Dio si rivela a poco a poco, nel corso della storia biblica, scoprire tutta la lunga, lenta, paziente insegnamento che Dio ha distribuito a portare il suo popolo eletto nel mistero, abbiamo l’esperienza che non si può, d’un tratto, insegnare ad un bambino viene insegnato con pazienza giorno per giorno e, a seconda delle circostanze, non avanzare un bambino lezioni teoriche sulla vita, la morte, il matrimonio, la famiglia … né le stagioni o fiori … il bambino scopre la famiglia vivendo i giorni buoni e cattivi di una vera famiglia, scopre i fiori uno ad uno, attraversa le stagioni con noi … quando la famiglia celebra un matrimonio o una nascita, quando passa attraverso un lutto quando il bambino vive con noi questi eventi e, a poco a poco, lo accompagnano nella sua scoperta della vita.
 Dio ha fatto la stessa pedagogia di accompagnamento con il suo popolo e si sta gradualmente rivelato a lui, per il St. Paul, è chiaro che questa rivelazione ha raggiunto una pietra miliare con Cristo: la storia dell’umanità è diviso nettamente in due periodi: prima di Cristo e da Cristo. « E ‘mystère1 Dio non aveva fatto conoscere agli uomini delle passate generazioni come al presente è rivelata dallo Spirito ai suoi santi apostoli e profeti suoi. » In quanto tale, possiamo rallegrarci del fatto che i nostri calendari occidentali conto alla rovescia l’anno in due periodi, il BC anni e anni AD
 Questo mistero qui, Paolo chiama semplicemente « il mistero di Cristo », ma sappiamo cosa vuol dire con questo: che Cristo è il centro del mondo e della storia, tutto l’universo sarà un giorno lo ha incontrato, come membri sono leader, e in effetti nella frase « tutto il mondo insieme sotto la testa di Cristo una, » la parola greca che traduciamo « testa » significa testa.
 E ‘infatti « tutto il mondo » e qui Paolo afferma: « In Gesù Cristo, i pagani sono diventati coeredi, dello stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa » si potrebbe dire in modo diverso: la Legacy è Gesù Cristo … Promessa è Gesù Cristo … Il corpo è Gesù Cristo … La volontà di Dio, è che Gesù Cristo è il centro del mondo, l’intero universo è detenuto da lui. Nel Padre nostro, quando diciamo « fatta la tua volontà », questo è ciò che il piano di Dio, come si parla, ea poco a poco, a forza di ripetere questa frase, desideriamo impregnare il giorno in cui finalmente questo progetto sarà pienamente realizzato.
 Quindi il piano di Dio per tutta l’umanità, non solo gli ebrei: questo si chiama universalismo del piano di Dio. Questa dimensione universale del disegno di Dio è stato oggetto di una crescente consapevolezza da parte degli uomini della Bibbia, ma alla fine della storia biblica, era una consolidata fiducia nel popolo di Israele, perché risalire ad Abramo la promessa di benedizione per tutto il genere umano: « In te saranno benedette tutte le famiglie della terra » (Genesi 12: 3). E il passo di Isaia si legge la prima lettura della festa dell’Epifania è proprio in questa linea. Naturalmente, se un profeta come Isaia ha ritenuto opportuno sottolineare, è che abbiamo la tendenza a dimenticare.
 Allo stesso modo, al tempo di Cristo, così Paolo dice: « In Gesù Cristo, i pagani sono diventati coeredi, dello stesso corpo e partecipi della promessa » è che questo non va a stessa. E qui abbiamo un piccolo tratto di immaginazione per fare: non siamo tutti nella stessa situazione come Paolo contemporaneo per noi nel ventunesimo secolo, è evidente: molti noi non sono di origine ebraica e sono normali a condividere la salvezza portata dal Messia per un po ‘, anche dopo duemila anni di cristianesimo, potremmo essere inclini a dimenticare che Israele è il popolo scelto perché, come dice san Paolo altrove, « Dio non può rinnegare se stesso. » Oggi, abbiamo la tendenza a credere che siamo gli unici testimoni di Dio in tutto il mondo.
 Ma, al tempo di Cristo, è stato il contrario: è il popolo ebraico, il primo ha ricevuto la rivelazione del Messia. Gesù è nato in il popolo ebraico era la logica del piano di Dio e l’elezione di Israele, gli ebrei erano il popolo eletto, sono stati scelti da Dio per essere apostoli, testimoni e lo strumento la salvezza di tutti gli uomini, e sappiamo che gli ebrei divenuti cristiani sono a volte difficili da tollerare l’ammissione di ex pagani nelle loro comunità. San Paolo ha da dire, « Stai attento … pagani, ora può anche essere apostoli e testimoni della salvezza « … In effetti, ho notato che Matteo nel vangelo della visita dei Magi, che è anche letto per l’Epifania, abbiamo detto esattamente la stessa cosa.
 Le ultime parole di questo suono testo come un appello: « In Gesù Cristo, i pagani sono diventati coeredi, dello stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa, per la predicazione del Vangelo » Capisco Dio si aspetta che la nostra collaborazione per il bene piacere: i Magi videro una stella, per la quale essi vengono avviati e per molti dei nostri contemporanei, non ci saranno le stelle nel cielo, ma si assisterà la Buona Novella.
 *****
 Nota
 1 – Attenzione al versetto 5 dell’originale parola mistero testo greco non è incluso, si tratta di una questione di traduzione (in greco, c’è solo il recupero del pronome).

Epifania del Signore (06/01/2013): Si prostrarono e adorarono il Bambino, il Figlio di Dio

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Si prostrarono e adorarono il Bambino, il Figlio di Dio

don Roberto Rossi 

Epifania del Signore (06/01/2013)

Vangelo: Mt 2,1-12  

Celebriamo la Festa dell’Epifania, festa particolare della nostra fede e della fede del mondo, in questo Anno della Fede.
Sappiamo che Epifania vuol dire manifestazione di Gesù a tutte le genti, rappresentate oggi dai Magi, che giunsero a Betlemme dall’Oriente per rendere omaggio al Re dei Giudei, la cui nascita essi avevano conosciuto dall’apparire di una nuova stella nel cielo (cfr Mt 2,1-12). In effetti, prima dell’arrivo dei Magi, la conoscenza di questo avvenimento era andata poco al di là della cerchia familiare: oltre che a Maria e a Giuseppe, e probabilmente ad altri parenti, esso era noto ai pastori di Betlemme, i quali, udito il gioioso annuncio, erano accorsi a vedere il bambino mentre ancora giaceva nella mangiatoia. La venuta del Messia, l’atteso delle genti predetto dai Profeti, rimaneva così inizialmente nel nascondimento. Finché, appunto, giunsero a Gerusalemme quei misteriosi personaggi, i Magi, a domandare notizie del « Re dei Giudei », nato da poco. Ovviamente, trattandosi di un re, si recarono al palazzo reale, dove risiedeva Erode.
Ma questi non sapeva nulla di tale nascita e, molto preoccupato, convocò subito i sacerdoti e gli scribi, i quali, sulla base della celebre profezia di Michea (cfr 5,1), affermarono che il Messia doveva nascere a Betlemme. E infatti, ripartiti in quella direzione, i Magi videro di nuovo la stella, che li guidò fino al luogo dove si trovava Gesù. Entrati, si prostrarono e lo adorarono, offrendo doni simbolici: oro, incenso e mirra. Ecco l’epifania, la manifestazione: la venuta e l’adorazione dei Magi è il primo segno della singolare identità del Figlio di Dio che è anche figlio della Vergine Maria. Da allora cominciò a propagarsi la domanda che accompagnerà tutta la vita di Cristo, e che in vari modi attraversa i secoli: chi è questo Gesù?
Questa è la domanda che la Chiesa vuole suscitare nel cuore di tutti gli uomini: chi è Gesù? Questa è l’ansia spirituale che spinge la missione della Chiesa: far conoscere Gesù, il suo Vangelo, perché ogni uomo possa scoprire sul suo volto umano il volto di Dio, e venire illuminato dal suo mistero d’amore. L’Epifania preannuncia l’apertura universale della Chiesa, la sua chiamata ad evangelizzare tutte le genti. Ma l’Epifania ci dice anche in che modo la Chiesa realizza questa missione: riflettendo la luce di Cristo e annunciando la sua Parola. I cristiani sono chiamati ad imitare il servizio che fece la stella per i Magi. Dobbiamo risplendere come figli della luce, per attirare tutti alla bellezza del Regno di Dio. E a quanti cercano la verità, dobbiamo offrire la Parola di Dio, che conduce a riconoscere in Gesù « il vero Dio e la vita eterna » (1Gv 5,20).
Una stella ha guidato i Magi fino a Betlemme perché là scoprissero « il re dei Giudei che è nato » e lo adorassero.
Matteo aggiunge nel suo Vangelo: « Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono ».
Il viaggio dall’Oriente, la ricerca, la stella apparsa ai Magi, la vista del Salvatore e la sua adorazione costituiscono le tappe che i popoli e gli individui dovevano percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. La luce e il suo richiamo non sono cose passate, poiché ad esse si richiama la storia della fede di ognuno di noi.
Perché potessero provare la gioia del vedere Cristo, dell’adorarlo e dell’offrirgli i loro doni, i Magi sono passati per situazioni in cui hanno dovuto sempre chiedere, sempre seguire il segno inviato loro da Dio.
La fermezza, la costanza, soprattutto nella fede, è impossibile senza sacrifici, ma è proprio da qui che nasce la gioia indicibile della contemplazione di Dio che si rivela a noi, così come la gioia di dare o di darsi a Dio. « Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia ».
Noi possiamo vedere la stella nella dottrina e nei sacramenti della Chiesa, nei segni dei tempi, nelle parole sagge e nei buoni consigli che, insieme, costituiscono la risposta alle nostre domande sulla salvezza e sul Salvatore.
Rallegriamoci, anche noi, per il fatto che Dio, vegliando sempre, nella sua misericordia, su chi cammina guidato da una stella ci rivela in tanti modi la vera luce, il Cristo, il Re Salvatore.
Ancora una volta, sentiamo in noi una profonda riconoscenza per Maria, la Madre di Gesù. Ella è l’immagine perfetta della Chiesa, che dona al mondo la luce di Cristo: è la Stella dell’evangelizzazione. « Respice Stellam », « Guarda la stella », ci dice san Bernardo: guarda la Stella, tu che vai in cerca della verità e della pace; volgi lo sguardo a Maria, e Lei ti mostrerà Gesù, luce per ogni uomo e per tutti i popoli.

I Re Magi vengono citati anche da Marco Polo, nel Milione, che nel 1270 circa dice di averne visto la tomba in Persia.

I Re Magi vengono citati anche da Marco Polo, nel Milione, che nel 1270 circa dice di averne visto la tomba in Persia. dans immagini sacre 38

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Publié dans:immagini sacre |on 3 janvier, 2013 |Pas de commentaires »

Epifania del Signore “Il sangue benedetto dei martiri ci insegna che la vita ci è data per essere donata”. L’omelia del Patriarca Angelo Scola

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Epifania del Signore “Il sangue benedetto dei martiri ci insegna che la vita ci è data per essere donata”. L’omelia del Patriarca Angelo Scola

Solennità dell’Epifania del Signore1. Epifania significa manifestazione. Il bambino davanti al quale i Magi si prostrano adoranti ci apre al Mistero di Dio. L’Onnipotente, il Signore dell’universo, Colui che «dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra» (Salmo responsoriale), l’Eterno, il Santo, cioè l’Altro per eccellenza, si svuota della sua divinità per identificarsi in questo bambino: il suo abbassamento arriverà fino al farsi nostro cibo e nostra bevanda – il sacrificio eucaristico, che ogni giorno ripropone il sacrificio della croce/risurrezione di Gesù Cristo. Ecco perché proprio poco fa è stata annunciata la data della Pasqua, il mistero centrale della nostra fede.2. Il mistero – scrive Paolo ai cristiani di Efeso – «non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (Ef 3,5). Qual è lo scopo di questa predilezione che riguarda anche noi e la cui natura sarà tra poco illuminata dal Santo Battesimo che conferiremo alla piccola Giustina? Rendere presente a tutti (non c’è più contrapposizione, divisione tra i lontani e i vicini) quello che si è reso presente a noi: «Ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te» (Is 60,2). Annunciare che tutti gli uomini sono chiamati, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa (Ef 3,6). Lo scopo di ogni vocazione cristiana è la missione. Secondo una bella tradizione, come ci è stato ricordato all’inizio, noi ci uniamo in questa solenne Eucaristica in modo del tutto speciale ai nostri missionari sacerdoti, religiosi, religiose e laici sparsi per il mondo.3. Dei Magi non sappiamo con certezza il nome, non conosciamo bene neppure il numero, non ci è noto il paese di origine. Sappiamo soltanto dove vanno: vanno in cerca del Re dell’universo per adorarlo. Un drappello di uomini – dotti, ricchi e stranieri – assetati d’infinito. Al loro comparire essi meravigliano, fino all’irritazione, l’umanità che attraversano. Camminano tra uomini bloccati su se stessi, che hanno soffocato la loro attesa nella smania di conservare il loro potere (Erode) o il loro sapere – anche su Dio – (i capi dei sacerdoti e gli scribi), e sono considerati dei folli, come ha genialmente colto Eliot nella sua poesia Il viaggio dei Magi: «Preferimmo alla fine viaggiare di notte, dormendo a tratti, con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo che questo era tutto follia». Invece la loro è la posizione più ragionevole.4. «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11). Noi, uomini post-moderni, non sappiamo più che cos’è la preghiera di adorazione. Ci è più familiare (quando c’è) la preghiera di supplica e più raramente quella di ringraziamento. Perché prostrarsi e adorare vuol dire riconoscere Colui che è più grande e sottomettersi a Lui, accettando di appartenerGli. Questo impegna tutta la nostra libertà anche quando fa cambiare direzione alla nostra vita: «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12). La nostra tentazione è invece la «superbia della vita» (1Gv 2,16). Ingombrati quotidianamente dall’autoaffermazione del nostro io, lasciamo Dio nella dimenticanza e nell’oblìo.5. Erode sente lo stesso fatto per cui si erano messi in moto i Magi come una minaccia contro di sé e trama per eliminarlo. Da qui, come sappiamo, avrà origine una tragica spirale di violenza. «Una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non garantisce il pieno rispetto dell’altro» ha scritto il Papa nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2011 (3).Come non ricordare in questo momento i tanti cristiani chiamati a dare la loro vita per Cristo mentre sono in preghiera nelle Chiese o stretti nelle loro case con i loro cari?All’offertorio la Cappella Marciana eseguirà il canto Spirito Santo Amore di Pierluigi da Palestrina, le cui parole sono state scritte dal protopatriarca San Lorenzo Giustiniani. È un canto che collega la stella dell’Epifania allo Spirito Santo definito «stella permanente». In questo canto si invoca lo Spirito-stella dicendo: «Accendi l’anima mia/ Sì ch’io veda la via/ Che voglia e possa uscir/ Dal tetro orrore/».Il sangue dei martiri produca per noi ed in noi, ad opera dello Spirito Santo, fratelli e sorelle, questo riscatto. Tanto più che il sangue benedetto dei martiri dei nostri giorni non ridonda solo sui cristiani, ma su tutta la famiglia umana perché ci insegna la grande legge dell’esistenza: la vita ci è data, nessuno può autogenerarsi, e ci è data per essere donata. Nel riconoscimento di questa verità l’uomo incontra la possibilità di relazioni buone con Dio, con il prossimo, con se stesso. Sono il fondamento di ogni società veramente civile e, nello stesso tempo, di un ordine mondiale che supera ogni logica di violenza e di terrore contro ogni rischio di scontro di civiltà. I martiri danno la vita per Cristo, guidati non solo da una stella, come i Magi, ma dallo Spirito di Gesù morto/risorto per noi. Per tutti gli uomini credenti o non credenti essi indicano la via della libertà religiosa e della pace.6. «Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a percepire Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre» (Ireneo, Adversus haereses, III,20,2-3)… La Vergine Santissima ed i Santi Magi ci aiutino a penetrare in profondità queste parole del grande Ireneo. Il misterioso scambio che abbassa Dio per innalzare l’uomo ci insegni «a vedere e ad amare gli avvenimenti, il mondo e tutto ciò che ci circonda, con gli occhi stessi di Dio» (Benedetto XVI, Udienza generale del 22 dicembre 2010).

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