Omelia I Domenica di Avvento (Anno C): Sconvolti dalla storia? Niente affatto!
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Sconvolti dalla storia? Niente affatto!
don Alberto Brignoli
I Domenica di Avvento (Anno C)
Vangelo: Lc 21,25-28.34-36
Ogni volta che inizia il tempo di Avvento, ci imbattiamo in una Liturgia della Parola – quella della prima Domenica, appunto – che oltre ad apparirci di non facile comprensione, sembra pure dare pochi margini alla dimensione della speranza che vorremmo sempre albergasse nei nostri cuori, soprattutto in determinati periodi storici o dell’anno nei quali (come in quello attuale) facciamo parecchia fatica a sentirci completamente « a nostro agio ». Insomma, già la situazione socio-economica non è affatto brillante; già il mondo è pieno di conflitti che definire tanto assurdi quanto efferati pare una ovvietà di fronte alla quale nemmeno più ci si scandalizza; già gli sconvolgimenti climatologici che flagellano il nostro « Bel Paese » dal clima mite e temperato in queste ultime settimane si fanno sempre più frequenti e drammatici…ci manca pure di ascoltare un Vangelo come quello di oggi che parla di « angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare », di « potenze dei cieli che saranno sconvolte », e di « un laccio che si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia della terra »! Bell’esordio, per l’evangelista Luca che ci accompagnerà lungo tutto l’anno liturgico oggi inaugurato!
Ma forse è proprio in Luca e nella sua comunità, e nel determinato periodo storico che essa si trovava a vivere, che possiamo trovare una prima chiave d’interpretazione di questo testo, con la quale poi possiamo cercare di aprire le varie porte di questo « corridoio » spazio-temporale che ci introduce alla venuta del Signore nel Natale. Appare ormai accettato da tutti gli studiosi che la redazione finale del vangelo di Luca sia successiva al 70 d.C., anno nel corso del quale se non l’evangelista, certamente vari membri di origine giudaica della sua comunità hanno assistito alla distruzione di Gerusalemme da parte dell’esercito di Roma. Prova ne è pure la dovizia di particolari con cui proprio all’interno del capitolo 21 si descrivono (attribuendoli certamente ad una profezia di Gesù) i fatti che abbiamo letto. Fu un evento storico sconvolgente, per i fedeli di religione ebraica, soprattutto a causa della distruzione del Tempio di Salomone, luogo privilegiato della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Dopo questi fatti, la religione ebraica subisce un tremendo colpo che mette a dura prova non solo la persistenza di un simbolo (come potrebbe essere per noi la distruzione di una chiesa sotto gli effetti di un terremoto, di un incendio o di un attentato) ma addirittura l’essenza stessa di una fede, che s’identificava con il tempio, con il suo altare, e con i sacrifici che lì vi si compivano. Gesù stesso, pio ebreo, usa per il suo proprio corpo la comparazione del « tempio » come luogo della presenza salvifica di Dio in mezzo al suo popolo eletto. Per molti ebrei in quei giorni risuonarono con tutta la loro drammaticità le parole del Salmo 41: « Le lacrime sono mio pane giorno e notte mentre molti mi dicono sempre: Dov’è il tuo Dio? ». « Sì, dov’è Dio? », ci chiediamo noi stessi quando assistiamo a fatti della nostra e dell’altrui esistenza che ci sconvolgono al punto da pensare di essere veramente rimasti soli e senza meta in questo mondo…
Eppure, il Vangelo è buona notizia. Eppure, il Vangelo di Luca inizia i suoi dialoghi diretti con le parole dell’angelo a Zaccaria: « Non temere », e fa iniziare il discorso finale di Gesù risorto apparso agli Undici riuniti a porte chiuse con le parole: « Perché siete turbati? ». Così, questo brano parla di sconvolgimenti atmosferici e cosmici per dire che tutta la creazione è destinata a tornare ai tempi iniziali, quando regnava il caos ed era atteso il cosmos di Dio Padre; il quale, proprio perché Padre, è ora da attendere e da sperare presente nella nostra vita e nelle vicende dell’umanità non con timore ma con fiduciosa speranza. Ecco perché Luca prima fa un « lancio d’agenzia » con notizie sconvolgenti su ciò che accade in ogni epoca storica e poi ci dà dei suggerimenti e ci esorta a « vegliare », a « non appesantire in nostri cuori in dissipazioni, ubriachezze, affanni della vita », ovvero in cose di poco conto, e a « risollevare il capo perché la vostra liberazione è vicina ».
In fondo, il brano di vangelo di oggi non vuole affatto spaventare nessuno, ma vuole solo ricordare la cruda e drammatica realtà di ogni epoca storica, e spesso pure della nostra stessa quotidianità, con le quali l’umanità, ognuno di noi, è costantemente chiamato a fare i conti. Quanto accade e quanto vediamo accadere, è sempre accaduto, e accadrà ancora, magari anche in forme che ai nostri occhi appariranno sempre più sconvolgenti. Nonostante tutto, però, abbiamo sempre l’opportunità di rialzare il capo, perché la nostra salvezza è vicina. Vicina non nel senso di « prossima ad arrivare », ma nel senso di attigua, di « già presente » al nostro fianco, come una vicina di casa buona e fidata, come un’amicizia di cui, appunto, ci si può fidare e su cui possiamo confidare in ogni momento.
Di certo, occorre saper cogliere l’opportunità della salvezza con accortezza e scaltrezza, senza farsi sconvolgere neppure da cose che noi riteniamo catastrofiche per la nostra vita di fede. Luca, da buon greco pagano convertito al cristianesimo, discepolo di quel Paolo fariseo che abbraccia la nuova fede a prescindere da quanto aveva in precedenza professato, non solo non vede nella distruzione del tempio il crollo di una credenza, ma addirittura vi legge l’opportunità di un’apertura universale alla salvezza da parte di tutti i popoli, anche e soprattutto di quelli che nel tempio non si riconoscevano per nulla.
Perché la grazia di Dio è più grande del tempio, e perché la sua salvezza arriva ai confini della terra nonostante, e a volte attraverso, le più sconvolgenti vicende della storia, come Luca stesso testimonia negli Atti degli Apostoli menzionando le persecuzioni che la prima Chiesa era costretta in continuazione a subire.
Sconvolti, allora, dalle potenze dei cieli, dal fragore del mare e dei flutti, dai segni nel sole, nella luna e nelle stelle? Niente affatto! Sconvolti, forse, lo siamo più dalle aberranti espressioni della mente umana, che non dagli sconvolgimenti cosmici: eppure, anche di fronte a ciò, la nostra speranza è riposta in una salvezza vicina a noi, ben collocata al nostro fianco, compagna di cammino di ogni giorno.
Perché così è Dio. Perché così ci si rivelerà: come il Dio-con-noi della notte di Betlemme.
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