La vocazione o il mistero di Dio che chiama (tema paolino)
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La vocazione o il mistero di Dio che chiama (tema paolino)
La nostra vita cristiana è situata nel mistero di Dio che ci chiama; noi siamo chiamati da Dio alla santità, a seguirlo. Ed é liberamente che Dio chiama chi vuole, anche questo fa parte del mistero insondabile della volontà divina, lo Spirito soffia dove vuole. Nell’Epistola ai Romani (8, 28-30), San Paolo scrive: “Sappiamo poi che tutto coopera al bene per chi ama Dio, cioé per quelli che secondo il suo piano sono chiamati. Perché quelli che Egli ha preconosciuti li ha anche predestinati a esser conformi all’immagine del Suo Figlio, si da esser lui primogenito fra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, questi ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche predestinati”. La vocazione di tutti i cristiani dipende dal mistero della predestinazione, é dunque vano voler cercare una spiegazione. É inutile porsi la domanda: “Perché io?”. Ci si può dare la risposta: “Dio lo vuole”. É tutto. Certo, é più facile ricevere la chiamata di Dio in una famiglia cattolica, ma le conversioni e la maggior parte delle vocazioni ci ricordano che la scelta di Dio é sovrana. In questo estratto dell’epistola ai Romani, San Paolo mette bene in evidenza la gradualità nella chiamata di Dio: la predestinazione, la chiamata, la giustificazione e la gloria. L’appello di Dio un fine: la gloria, noi siamo chiamati da Dio a partecipare alla Sua gloria, a entrare nella gioia del nostro Maestro (Mt 25, 21), a ricevere in eredità il Regno che vi é stato preparato fin dalla fondazione del mondo (Mt 25, 34).
Accanto a questa chiamata alla gloria di cui parla San Paolo, è la chiamata di Gesù ai suoi discepoli: “Venite dietro a me ed io vi faró diventare pescatori di uomini” (Mt 4, 19). Questo appello non ha per fine la gloria della persona chiamata, ma una missione: essere pescatori di uomini. Il Giovedí Santo, Gesù dice ai suoi discepoli: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho destinati ad andare a portare frutto, e il vostro frutto permanga; cosicché qualunque cosa domanderete al Padre mio in mio nome ve lo darà” (Gv 15, 16). Gesù ha dunque chiamato gli Apostoli per un ministero particolare d’intercessione, li ha costituiti sacerdoti per intercedere in Suo nome presso il Padre, hanno ricevuto il potere di offrire il Sacrificio per i vivi e per i morti. Infine, San Paolo cita spesso questa chiamata particolare di Dio all’inizio delle sue epistole: “Paolo, [fatto] apostolo non dagli uomini né per mezzo d’uomo, ma da Gesù Cristo e da Dio Padre che lo risuscitó da morte” (Galati 1, 1). Nell’epistola ai Romani, egli precisa “riservato per annunciare il Vangelo di Dio” (Rom 1, 1). Si nota dunque che c’é una differenza tra queste due vocazioni: l’una che si situa sulla linea del sacramento del Battesimo, e l’altra che si compie nel sacramento dell’Ordine.
La vocazione cristiana ha per oggetto Gesù Cristo conosciuto e amato, e San Paolo usa molteplici espressioni per definirla. Ai Corinti (1° Cor. 1, 2), egli si rivolge dicendo: “A voi santificati in Cristo Gesù, chiamati santi con tutti coloro che invocano in ogni luogo il nome del Signor nostro Gesù Cristo”. Questa santità é “conoscere quale sia la ricchezza della gloria di questo mistero fra i Gentili, che é Cristo, in voi speranza di gloria” (Col. 1, 27), o ancora essere “resi capaci di comprendere con tutti i santi, quel sia la larghezza e la lunghezza e l’altezza e la profondità, e intendere quest’amore di Cristo che sorpassa ogni scienza, affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio” (Ef. “, 18-19). Invece, la vocazione sacerdotale é una realtà di un altro ordine, é un ministero, gli Apostoli sono stati chiamati per predicare, per pregare in nome di Gesù Cristo, per annunciare il Vangelo. Nell’epistola agli ebrei (Eb. 5, 1-4), l’Apostolo descrive in modo magnifico la vocazione sacerdotale: “Ogni sommo sacerdote, proveniente dagli uomini, é costituito a vantaggio degli uomini per i loro rapporti con Dio, allo scopo di offrire oblazioni e sacrifici per i peccati: egli puó essere indulgente verso gli ignoranti e i traviati, poiché anch’egli é soggetto a debolezza, e per questo deve, come per il popolo, cosí per se stesso offrire sacrifici in espiazione dei peccati. E non v’é alcuno che assuma da sé la dignità, ma vi é chiamato da Dio, com’é il caso di Aronne”. Il sacerdote é dunque innanzitutto un pontefice, un mediatore tra Dio e gli uomini, fa arrivare la preghiera degli uomini a Dio, offre i sacrifici – il prete é l’uomo della Messa – sa compatire le debolezze degli altri, é il ministro della misericordia. La sua mediazione é dunque nei due sensi: la preghiera che sale, i benefici divini che scendono: i sacramenti, la predicazione a quelli che sono nell’ignoranza. Infine, nessuno si arroghi quest’onore di essere pontefice se non é stato chiamato da Dio. Nell’antica alleanza, per essere sacerdoti era necessario appartenere alla tribù di Levi e niente più; nella nuova alleanza, Gesù fa comprendere questa chiamata nel più intimo dell’anima e lo esplicita per mezzo della voce del Vescovo il giorno dell’ordinazione.
Questo appello é diverso dalla vocazione alla fede del battesimo, poiché é una chiamata ad essere apostoli, mediatori tra Dio e gli uomini. I battezzati sono chiamati ad essere uniti a Cristo nella santità e nella gloria, mentre il sacerdote é chiamato ad essere unito al Cristo santificante e glorificante. Il sacerdote riceve un ministero da Dio e dalla Chiesa: quello di santificare le anime, di offrire il Sacrificio. Senza dubbi, c’é anche una chiamata interiore nella vocazione sacerdotale. Bisogna volere e potere. Ma non é questa che la caratterizza, é la chiamata del Vescovo il giorno dell’ordinazione che fa la vocazione, che gli conferisce la sua missione gerarchica: “Va e predica”. La vocazione sacerdotale si puó cosí riassumere: volere, potere e essere chiamati dal Vescovo.
R.do Don Roch Perrel

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