4 Settembre: San Mosè, Profeta
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San Mosè, Profeta
ricorrenza il giorno 4 settembre…
del calendario liturgico veneziano
Santo titolare della chiesa di: SAN MOISE’
Su questa grande figura di profeta e di legislatore del popolo ebraico, si potrebbero scrivere interi volumi riguardanti la sua storia personale e quella degli ebrei; come pure per la sua opera di guida non solo spirituale, di condottiero, del suo popolo.
Egli è prima di tutto l’autore e il legislatore del ‘Pentateuco’, nome greco dei primi cinque libri della Bibbia, denominati globalmente dagli ebrei “la Legge”, perché costituiscono la fase storica, religiosa e giuridica del popolo della salvezza. Quasi tutta l’opera è dedicata al personaggio e all’opera di Mosè, per mezzo del quale Dio fondò il suo popolo; i “libri di Mosè” sono: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, essi vanno dalla creazione del mondo alla morte di Mosè.
Egli visse 120 anni, nel XIV-XIII secolo a. C. e gli ultimi 40 anni della sua vita li dedicò interamente al servizio di Iahweh e di Israele; fu la più elevata figura del Vecchio Testamento e uno dei più grandi geni religiosi di tutti i secoli. Dio lo preparò a tale compito nei primi 80 anni di vita; egli nacque infatti durante il periodo più tormentato della persecuzione egiziana contro gli israeliti, sotto il faraone Thutmose III, quando « ogni neonato ebreo, doveva essere gettato nel Nilo », Mosè terzogenito dopo Maria ed Aronne, appartenente alla tribù di Levi, all’età di tre mesi fu posto in un cesto di papiro, e abbandonato fra i giunchi della sponda del fiume. La figlia del faraone però, scesa al fiume, notò il bambino ed intenerita lo raccolse; si fece allora avanti la sorella Maria e chiese se avesse bisogno di una nutrice per allattarlo, proponendo Iochabed, la madre. La principessa, ignara di tutto, accettò e il bambino venne ridato alla madre naturale che lo allattò alla corte alla figlia del Faraone la quale trattandolo come un figlio gli impose il nome di Mosé. Il ragazzo ebreo ricevé un’educazione praticamente perfetta, più unica che rara, profondità di conoscenza che solo la corte egiziana a quell’epoca poteva garantire, spaziando dalla letteratura egiziana, alla legislazione babilonese alle leggi e costumi degli Ittiti.
Giunto all’età di quarant’anni, Mosè vide la grande desolazione in cui vivevano i suoi fratelli ebrei, arrivando per questo ad uccidere un egiziano che stava percuotendo selvaggiamente uno schiavo israelita; purtroppo per lui, un ebreo collaboratore degli egiziani, svelò l’accaduto agli sgherri e il Faraone condannò Mosè, che dovette fuggire nel deserto del Sinai. Qui incontrò una tribù di nomadi, il cui capo, Ietro gli dette in moglie la figlia Sefòra, accogliendolo fra di loro; nel silenzio di quei grandi spazi, alla guida del gregge di pecore di Ietro, Mosè ebbe l’opportunità di meditare, senza le distrazioni delle magnificenze della corte egiziana, avvertendo la sua pochezza davanti al creato.
Nel deserto Dio si rivela a Mosè, ai piedi del Monte Sinai, dove un rovo è in fiamme senza accennare a consumarsi e Mosè, accostandosi, sente chiamare il suo nome e la voce gli dice di togliersi i sandali perché quel luogo è sacro. Il Dio dei patriarchi gli ordina di andare dal Faraone per liberare il suo popolo oppresso e condurlo in Canaan, formandone una Nazione e per essere creduto sia dagli egiziani, che dagli ebrei, Iahweh gli dà il potere di compiere miracoli, consegnandogli un bastone con cui operarli.
Mosè torna in Egitto insieme al fratello Aronne e si reca dal successore del Faraone Thutmose III, il figlio Amenophis II (1450-1423 a. C.) e chiede la liberazione del popolo ebraico in schiavitù assieme al permesso di allontanarsi nel deserto. All’ostinato rifiuto manifestato dal Faraone, seguono le celebri “dieci piaghe” che colpiscono l’Egitto per ordine di Mosè; le prime nove sono legate a fenomeni naturali ma che accadono in forma straordinaria, come l’invasione di ondate di insetti dannosi, l’invasione di rane, ecc. l’ultima invece è la più terribile e prevede la morte dei primogeniti che avviene in una notte, compreso il giovanissimo figlio del Faraone.
Dopo questo episodio è il Faraone a sollecitare gli ebrei ad andarsene ed inizia così l’esodo nella direzione del Mar Rosso, dove avviene il grande miracolo dell’attraversamento del mare, che si apre davanti agli ebrei, permettendo loro di fuggire dalla cavalleria egiziana, lanciata al loro inseguimento dal Faraone che si era pentito di averli lasciati liberi; il mare però si richiuderà sui cavalieri egiziani annegandoli tutti.
Dopo tre mesi gli ebrei arrivano alle falde del Monte Sinai, dove Mosè sale sulla vetta per riceve le Tavole dell’Alleanza, l’avvenimento forse più importante e decisivo della storia d’Israele; esse infatti costituiscono la prova dell’alleanza fra Iahweh e la nazione d’Israele. Mosè vi appare in una grandezza sovrumana, in intima familiarità con Dio; quando Aronne e i suoi lo rivedono scendere dal monte con il Decalogo, il suo volto irraggia l’eterna luce, riflesso dello splendore divino e hanno addirittura timore di avvicinarlo. Tuttavia mentre Mosè si trovava sul monte, il suo popolo in ’attesa del ritorno aveva ceduto agli idoli, costruendo un vitello d’oro e abbandonandosi a festini e altre immoralità. Dio rivela a Mosè che dopo un così grande tradimento è intenzionato a distruggere gli ebrei e costituirlo capostipite di una nuova stirpe; Mosè però intercede per loro e ottiene il perdono dalla sua infinita misericordia.
Un anno dopo però, gli ebrei, già dimentichi del perdono ricevuto, minacciano Mosè di lapidarlo, perché gli esploratori ritornati dalla terra di Canaan, avevano parlato di enormi difficoltà di vita, rimproverandolo apertamente di averli guidati a morire nel deserto. Ancora una volta Dio vuole punire questo popolo ingrato e Mosè nuovamente intercede, ma questa volta Dio, pur placato, stabilirà che la generazione dell’esodo non entrerà mai nella Terra promessa, tutti loro morranno nel deserto, dove vagheranno inutilmente per ben trentotto anni.
E’ con questo popolo così recalcitrante e indocile che Mosè convive, cercando con pazienza di portarlo al monoteismo, così che trascorsi quarant’anni egli riprende nuovamente la migrazione nel deserto, anche se la nuova generazione non pare essere meno ostile della precedente, e in un momento in cui l’acqua viene a mancare, anch’essa si ribella per le privazioni di quel cammino senza fine.
Mosè ed Aronne, prostrati, invocano l’aiuto di Dio che si manifesta ordinando ai due di percuotere con il bastone una roccia. Mosè, radunato il popolo per rincuorarlo, percuote per due volte la roccia ed ecco che l’acqua sgorga in abbondanza. Il fatto però di percuotere non una ma due volte la roccia è per Dio sinonimo di dubbio da parte di Mosè ed Aronne, per cui i due pagano la mancanza di fede dimostrata vedendosi sollevati dal compito di guidare il popolo eletto nella terra promessa.
Infatti, dopo aver completato la conquista della regione Transgiordana e di aver ripartito il territorio alle varie tribù, Mosè trasmette la sua autorità a Giosuè, sale faticosamente sul monte Nebo e contemplando da lontano l’agognata ‘terra promessa’, con tale visione egli muore.
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