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DI DON ROMERO
Se tu conoscessi…! Le sorprese di Dio: stupirci per lasciarsi amare
Capitolo I
DIO HA FATTO UN SOGNO
Un giorno disse: “Aggiungi un posto a tavola!”
Identità e destino dell’uomo
“Dio è Amore” (1Gv 4,8), comunione di Tre Persone così trasparenti e unite da fare una cosa sola.
Un giorno decise: “Aggiungi un posto a tavola..!” e si creò l’uomo perché fosse uno di Casa Trinità.
“Ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Ogni uomo è predestinato, progettato “figlio di Dio” perché un giorno ne divenga erede. Da qui la sua identità e il suo destino.
Si tratta di scoprire chi siamo. Il bisogno di totalità, infinità ed eternità è la spia della nostra “qualità” divina, irrinunciabile, che abbiamo da accogliere e .. attuare.
E un giorno « il Prototipo » divenne visibile in una vicenda umana: è lì, in Gesù di Nazaret, che scopriamo il senso e il film in anteprima della nostra esistenza, se la si vuole portare a piena riuscita.
Che idea hai di Dio? Non è indifferente averne una o un’altra. Solo da qui si ha anche l’idea giusta di uomo. Avendolo pensato padrone, gli uomini vi si sono ribellati. Sentendosi padroni di sé, ne sono indifferenti. Pensandolo latitante si scoraggiano e disperano.
Ma qual è il vero volto di Dio? Dove lo si scopre? Evidentemente là dove si è rivelato. Nella storia, cioè nella Bibbia. “Piacque a Dio – recita il Concilio – rivelare Se stesso e il disegno mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo nello Spirito santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina” (DV 2). E’ l’unica strada seria, perché vera, per conoscere Dio.
1 ABBA’, un Dio che è nostro padre
La prima sorpresa è di scoprire un Dio tutto per noi, che gradualmente si espone nella nostra storia, rivelando il suo volto e il suo sogno, che è quello di comunicarsi e contagiarci della sua stessa divinità.
“Dio misericordioso, pietoso..”
Un giorno Dio cominciò a rivelare il suo nome: “Io sono” (Es 3,14), “Io sono quel che farò vedere di essere”. La mia essenza non si può conoscere, ma la mia attività sì; dal mio agire capirete chi sono. “Ho visto la miseria del mio popolo, conosco le sue sofferenze, e sono sceso a liberarlo” (Es 3,7-8). Da sempre i fatti dell’esodo sono il fondamento della religione ebraica: Dio è il liberatore, il salvatore del suo popolo.
Perché mai tanto interesse? Semplicemente perché aveva scelto Abramo, perché aveva promesso e deciso di fare di Israele “il suo primogenito”. “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Os 11,1-4).
Ma spesso Israele – come ogni uomo – è un figlio ribelle. A Dio allora non rimane altra scelta che quella di perdonare. E’ il suo biglietto da visita presentato a Mosè: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che perdona la colpa e la trasgressione…” (Es 34,6ss). “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, perché sono Dio e non uomo” (Os 11,8-9).
Padre di Gesù Cristo
Un giorno però appare un uomo che chiama Dio col nome di Abbà (Mc 14,36), papà, come un bimbo chiama il suo babbo. Abbà è sempre usato per esprimere la paternità fisica. Gesù lo usa al Getsemani e nell’ultima sua parola in croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46).
Nel Nuovo Testamento cioè questa paternità di Dio prende un accento di novità assoluta: Dio è primariamente il Padre di Gesù Cristo. Padre in senso vero, dall’eternità a Lui consustanziale e, nel tempo, anche in senso fisico, per la generazione verginale in Maria ad opera dello Spirito santo. Gesù ha quindi un rapporto unico col Padre: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). “Chi vede me vede il Padre” (Gv 14,9); perché “io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
Egli vive tutta una vita che vistosamente sa esprimere questa piena sintonia. Se nella Trinità questo è un fatto “ontologico”, cioè “il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1), nella storia – quando “il Verbo si fece carne” (Gv 1,14) – tale sintonia è tradotta in una libera e coraggiosa scelta di obbedienza. La croce è la “gloria”, cioè l’espressione della sintonia piena di un uomo con Dio, come figlio assolutamente docile.
Il mistero dell’incarnazione prima e della redenzione poi (cioè della piena sintonia voluta e provata) esprimono il massimo della unione tra umanità e divinità, quello sposalizio che nella persona di Gesù diviene unione sostanziale (ipostatica) e al tempo stesso libera e umanamente “conquistata”. In Gesù Cristo si saldano il dono di Dio e l’accoglienza corrisposta dell’uomo.
E’ il vertice della storia umana: un uomo è unito profondamente a Dio, perché Dio ha voluto unirsi profondamente alla natura umana.
Ovviamente Gesù non come caso unico, ma come primogenito. “Dio s’è fatto uno di noi per fare ognuno di noi uno di lui” (sant’Ireneo). Qui si apre il più grande capitolo esaltante della nostra vicenda umana: l’inaspettato destino divino della nostra povera umanità.
“Lo Spirito del Figlio suo”
Scrive san Paolo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo, che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio” (Gal 4,4-7). Quel medesimo Spirito cioè che in Maria ha generato l’umanità di Gesù, che ha guidato Gesù ad essere fedele al Padre fino alla croce, che l’ha risuscitato dai morti per farlo sedere glorioso alla destra di Dio, ora è dato ad ognuno di noi perché realizzi la nostra stessa divinizzazione. Ciò che Gesù è per natura noi lo diventiamo per grazia, per dono gratuito, in forza di quel suo Spirito che ci viene dato.
Anche per noi Dio è Abbà, padre nel senso vero, perché ci rende realmente partecipi della sua vita divina. Lo Spirito ci unisce a Cristo in una unità che realizza, anche per noi, un vero sposalizio tra umanità e divinità. E’ san Paolo a rievocarlo presentando la Chiesa come la sposa di Cristo (Ef 5), parlando esplicitamente di “una carne sola” che si viene a formare con Lui.
2 CRISTO, radice dell’uomo, dove scoprire identità, senso e destino
Noi ci diciamo cristiani perché facciamo riferimento a Cristo. Ma quale riferimento?
Quando si è bambini si parla del Gesù bambino e del presepio. Da adolescenti, Gesù è l’amico. Da adulti Gesù è .. la consolazione! Tutto qui? Solo sentimento?
Ben più profondo è il nostro legame con Lui, – ontologico, si dice – cioè strutturale e decisivo circa l’identità, il senso e il destino della nostra vita. San Paolo, nella Lettera ai Colossesi dice che Cristo è la RADICE dell’uomo e ne determina con precisione il rapporto: in Lui, per mezzo di Lui, in vista di Lui. Tutto sussiste in Lui. Come dalla radice deriva la pianta e ne determina la qualità, così Cristo determina la nostra più profonda identità e ne segna il destino e la direzione.
Bisogna risalire alla sorgente della nostra vita, là dove è stata pensata e creata, per capirne l’intima struttura; si tratta di vedere le cose dall’altra parte, quella di Dio, che tutte le cose ha create.
Solo così si può trovare la risposta alla domanda esistenziale fondamentale dell’uomo che cerca la verità di se stesso: Chi sono io? Da dove vengo? Dove vado? Che senso e che direzione deve avere la mia vita perché giunga a riuscita e non finisca in fallimento?
Un giorno, in Casa Trinità
Un grande mistero di gratuità sta all’origine della nostra esistenza: Dio nell’istante in cui pensa all’uomo, lo pensa subito come figlio proprio. Prima che nel ventre della madre, la fonte della nostra vita è nel cuore di Dio Padre! Ma andiamo con ordine.
Gesù ci ha parlato di Dio come di una famiglia di Tre Persone, che si vogliono così bene da essere una cosa sola. Di un Padre che genera dall’eternità un Figlio cui dona tutto se stesso e dal Quale trova piena corrispondenza e amore. Tale legame d’amore che li unisce è così intenso e vivo da essere una Persona, lo Spirito santo. Questi Tre rappresentano la vitalità dell’Unico Essere infinito, eterno e increato: tre Persone nell’unica natura divina.
In questo senso – come comunione interpersonale – san Giovanni ha detto che “Dio è amore” (1Gv 4,8). Vi è là l’esperienza più profonda, sincera, trasparente dell’amore come dono, e quindi l’esperienza di una totale e sublime felicità. Non sono forse anche per noi gran felicità quei piccoli assaggi d’amore che sperimentiamo nella vita? Piccole pallide gocce di quella felicità di cui gode Dio da sempre!
Ora un amore vero non può chiudersi in sé, ma deve essere espansivo per sua natura, e arricchire altri della propria ricchezza e gioia. Così, in sostanza, è capitato per Dio.
Una decisione sorprendente
Le cose sono andate così. Il Padre, che aveva questo Figlio tanto caro, l’Unigenito, un giorno decise di allargare famiglia – “Aggiungi un posto a tavola..!” – e di avere un UOMO come suo figlio proprio: quel Figlio Unigenito assunse nel tempo la natura umana e divenne anche uomo. E’ stato questo il primo sogno di Dio, il suo primo progetto sull’uomo: il Figlio stesso di Dio che è uomo, un uomo che è il Figlio proprio di Dio. E’ Gesù Cristo. “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1,15-17).
Gesù di Nazaret, appunto il Figlio di Dio resosi uomo, rappresenta il primo Adamo, il primo uomo pensato e voluto da Dio: una unione sostanziale di umano e di divino, un impasto inscindibile, come il PROTOTIPO sul quale e in vista del quale tutto è stato creato.
Scopriamo così la nostra radice profonda e la nostra più autentica identità come è uscita dalla mano creatrice di Dio.
Compredestinati
Perché appunto in quella prima sorprendente decisione di Dio vi è implicita la seconda, quella di volere e creare non un prototipo soltanto, ma una lunga serie di altri fratelli, fatti sullo stampo del primo. Come prolungamento ed espansione dell’Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, vengono creati tutti gli uomini, risultando quindi anche loro figli propri di Dio: “Ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Da UNIGENITO è divenuto PRIMOGENITO tra molti fratelli.
E’ una “compredestinazione”, cioè pensati come Lui, con Lui, “figli nel Figlio”, amati quindi dal Padre come è amato l’Unigenito e chiamati ad inserirci in un modo pieno nel circolo d’amore della Trinità. Un sogno così espresso da Gesù: “Che tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17,21). Una cosa sola entro il giro d’amore e di felicità di Casa Trinità, per godere di tutto l’effluvio di vita divina e di tenerezza che procede dal Padre verso il Figlio; per partecipare e godere dell’abbandono fiducioso, esaltante e luminoso del Figlio nei confronti del Padre; per essere goccia viva del grande fiume d’amore che intercorre tra i Due, perché posseduti dallo Spirito santo che ci anima interiormente.
Il sogno di Dio sta proprio nell’averci compartecipi di Casa sua, di fare di tutti gli uomini una sola famiglia che è la sua, quella Trinitaria, di averci tutti suoi figli ed eredi: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1Gv 3,1).
In connessione con Lui
“In lui” siamo stati creati, precisa la lettera ai Colossesi. Non solo a sua immagine, ma in connessione con lui, come parte di lui. Più precisamente Paolo parla di un “Cristo totale” (“Christus totus”) che è oggetto della predestinazione da parte di Dio Padre, e che deve realizzarsi nel tempo – fino alla “pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose” (Ef 1,23) – appunto attraverso l’aggiunta – libera – di tutti gli uomini creati (e redenti). Vi è fin dalla creazione – cioè nel progetto stesso di Dio sull’uomo – come una mutua immanenza tra Gesù e ogni uomo come parte di un unico organismo vivente.
“Per mezzo di lui”, dice ancora Paolo. Cristo è causa anche “efficiente”, perché la nostra creazione in qualche modo è passata nelle mani di questo uomo-Dio, di Cristo, un autore libero che ha lasciato certamente qualcosa della sua genialità, o meglio della sua umanità così sublime..!
“In vista di lui”: cioè Cristo è causa finale, quale modello finale cui l’opera è indirizzata come a progetto da realizzare fino al suo compimento.
Questa comunione profonda, creaturale, non si romperà neppure col peccato dell’uomo; anzi sarà inverata e approfondita perché il Figlio di Dio non si dissocerà dai fratelli divenuti colpevoli, ma resterà il capo sano di un corpo malato così da divenire per l’umanità sorgente di riscatto e di vita nuova.
Impastati di divino
Dio ci ha fatti “a sua immagine e somiglianza”, cioè ci ha impresso qualcosa di sé, ha impastato l’uomo con qualcosa di DIVINO. Come avviene d’un papà e d’una mamma, che trasmettono qualcosa di proprio al loro figlio. Qualcosa di divino che non possiamo più rinnegare, perché è strutturato in noi.
Siamo realmente gente di famiglia: Gesù ci insegnerà a usare per Dio non più i nomi della paura, ma quelli del figlio confidente: Abbà, papà. Alla condizione creaturale, cioè di dipendenza – come la ipotizzano tutti gli uomini e le religioni naturali nel rapporto uomo-Dio – subentra la condizione filiale, con un rapporto d’amore e di fiducia. “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà” (Rm 8,15).
Con un bisogno d’assoluto! Il nostro cuore è strutturato per il tutto e l’infinito. A volte uno arriva a capire che tutto il mondo non gli basta. « Solo Dio basta…! », andava ripetendo santa Teresa d’Avila. Oltre che speciale dono di Dio, è semplicemente questione di coerenza: .. divenire quello che si è! Non si spiega altrimenti in noi quel bisogno di totalità, infinità, eternità che nessuna delusione umana riesce a tacitare. Non è un pio desiderio « essere come Dio » (Gen 3,5), ma l’espressione della verità oggettiva di noi stessi!
Contiamo molto
Questo significa che nessuno viene al mondo per caso. Ognuno è il risultato di un atto d’amore personale di Dio; ha un perché, un progetto specifico, un destino e un ruolo suo proprio, unico e irripetibile, perché Dio non fa le cose in serie. Le cose non sono a mucchio, non è allo sbando la storia, non è alla deriva l’uomo tra i flutti violenti dei prepotenti: tutto è “ricapitolato” e organizzato in Cristo. “Ci ha amati fin da prima della creazione del mondo e ci ha scelti” (Ef 1,4).
Davanti a Dio “contiamo” moltissimo, ci dice Gesù (cf. Mt 6). Con la sua provvidenza guida i nostri passi: “Tutto concorre al bene per quelli che amano Dio” (Rm 8,28). Usa nei nostri confronti una tenerezza più ampia di quella di una madre (cf. Is 49), tanto che l’atteggiamento giusto da tenere è suggerito dal Sal 130: “Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, è l’anima mia”. Questa immagine deve diventare esperienza, perché ci sostenga nella prova. Un bambino accetterà anche la medicina amara dalla sua mamma quando avrà sperimentato che sempre e comunque ella vuole il suo bene!
E se figli, eredi
E’ domanda troppo importante quella sul nostro futuro: Che cosa c’è dopo la morte? C’è un aldilà sicuro e garantito? E in che consiste? La nostra paura proviene da questo futuro ignoto.
Noi siamo abituati a vedere solo il breve tratto della nostra esistenza terrena, e la troviamo assurda e angosciante. Solo la scoperta che quel tratto è un piccolo segmento d’una linea più lunga, ci può dilatare il cuore a prospettive diverse.
Se Dio ci ha fatti suoi figli è perché ci chiama a divenire, in un modo pieno e perenne, partecipi della sua stessa vita in Casa Trinità. “E se figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm 8,17).
Il sogno divino è che tutti gli uomini “siano una cosa sola” col Padre, col Figlio, nello Spirito santo, cioè attraverso il legame dello Spirito santo, lo stesso che all’interno della Trinità lega il Padre e il Figlio. “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me; e l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io il loro” (Gv 17,20-25).
Là, in Casa Trinità, c’è posto per tutti. Gesù, nostro fratello maggiore, è andato avanti a prepararcelo. Perciò diceva: “Nella mia casa ci sono molti posti.., io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,2-3). Fino ad esprimersi con quell’immagine che è la più commovente di tutto il vangelo: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli: in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37). Fantastico, vero? Saremo a cena da Dio e lui sarà così contento di averci tra i suoi commensali da mettersi il tovagliolo al braccio e passare a servirci!!
Simili a Lui
Il nostro destino è ormai quello di diventare niente di meno che come Dio: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2). Dentro ognuno di noi c’è un bisogno di felicità e di possesso che è grande quanto Dio: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (sant’Agostino). Vera riuscita dell’uomo è raggiungere quel traguardo.
A noi è richiesto naturalmente l’impegno di accogliere tale dono: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Sant’Ireneo con espressione sintetica dice: “Gloria Dei vivens homo”, la gloria di Dio è l’uomo vivente. La passione di Dio, che è quella di un Padre, è che l’uomo viva, cresca, si sviluppi in pieno: è lui che ci ha creati, che ci ha fatti suoi figli partecipandoci la sua vita. Non vengono da lui la morte e il male. Questi arrivano quando l’uomo si rifiuta a Dio.
Prosegue sant’Ireneo: “Vita autem hominis visio Dei”, ma la vera vita dell’uomo è il possesso di Dio! Il destino, la riuscita, il bisogno vero dell’uomo è divenire come Dio stesso, “simile a lui”. Il paradiso è l’unico luogo che può rendere felice l’uomo. O l’uomo diviene erede di Dio, o è meno che uomo, perché l’unico uomo creato che conosciamo è appunto figlio di Dio!
La necessità di Dio
Qui si fonda la « necessità » di Dio: il non poter più fare a meno di Lui. In sostanza, l’indispensabilità di essere « religiosi »! Non è concepibile un uomo « ateo »; come non è pensabile un uomo senza un legame con sua madre!
Chi si ritiene non « credente », non riconoscendo l’origine e il destino di sé in Dio, è fuori verità, fuori dal reale e – a parte la colpevolezza personale – un alienato e un fallito! « In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, perché di Lui stirpe noi siamo » (At 17,28). Fuori di questo habitat naturale, l’uomo non ha senso né riuscita!
Il senso della vita
Un giorno capitò che proprio quel « Prototipo », sul quale siamo stati stampati, venisse tra noi in carne ed ossa a vivere una vicenda umana concreta, per presentare come in anteprima il film del nostro vivere da uomini che vogliono realizzare quell’unico progetto e destino per il quale siamo stati concepiti. Si tratta in sostanza di vivere da figli di Dio per poterne divenire eredi. E’ tutta la vicenda umana di quel Gesù di Nazaret vissuto in Palestina per 36 anni.
Figlio di Dio dall’eternità, divenendo anche uomo ha tradotto nelle forme umane, nelle pieghe della vicenda di ogni giorno, esattamente quell’atteggiamento di fondo che è la sua fedele e totale figliazione divina. Ha come fatto assorbire alla libertà dell’uomo Gesù quella docilità che era del Figlio di Dio da sempre: la volontà umana si è adeguata completamente alla volontà divina. Non certo senza la fatica e la sofferenza, fino al dramma del Getsemani.
Proprio questa totale sintonizzazione della natura umana alla divina ha ottenuto la grande fortuna di portare la natura umana – libertà e corpo – entro la realtà divina: un uomo, in carne ed ossa, ora siede alla destra del Padre come da sempre questo Figlio di Dio sedeva.
Gesù è venuto esattamente a mostrare – non in un libro, ma con la vicenda di una esistenza concreta – quale sia la strada per noi da seguire per realizzare l’unico nostro progetto, e quindi l’unico senso della vita: crescere da figli obbedienti di Dio per divenire suoi eredi. Non ha altro scopo la vita: non il fare, non il lasciare traccia o memoria di sé. Quando Dio si accorge che uno ha detto questo sì filiale, dice: Basta! Ho quello che mi aspettavo da te, entra nel gaudio del tuo Signore!
Fratelli tra di noi
Le opere che facciamo – che dobbiamo fare – sono solo una verifica di questo nostro vivere da figli, a immagine del Dio – che è Amore – sul quale siamo stati stampati. Se il mestiere di Dio è quello di amare, e amare gratuitamente, il segno del nostro crescere un poco in divinità si traduce nel crescere un poco in carità. Per questo la legge che regola la nostra vita cristiana è l’amore al prossimo.
Dio ci ha costituiti strutturalmente non come isole, ma come famiglia simile alla sua, e quindi come fratelli tra di noi.
La verità dell’uomo
Se Gesù è l’uomo riuscito, lì scopriamo la verità piena di noi stessi. “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova luce il mistero dell’uomo. Egli è l’immagine (riuscita) di Dio, egli è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato” (GS 22). Seguire lui significa divenire veramente uomini!
3 UN PROGETTO in cinque tappe: Rm 8,28-30
San Paolo si sentiva molto stupito e fortunato di essere stato fatto annunciatore del “mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi, ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della gloria” (Ef 1,26-27). Si tratta di un progetto sull’uomo, che Dio ha pensato da lontano e che attua – attraverso Cristo – in diverse fasi lungo l’arco completo della nostra vita.
Nella Lettera ai Romani, san Paolo fissa questo disegno in cinque momenti, marcati da cinque verbi speciali.
“Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che da sempre ha conosciuto li ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati” (Rm 8,28-30).
Conosciuti e predestinati
Il tratto di vita che precede la nostra apparizione nel mondo sta nel cuore e nella mente di Dio: è propriamente la fase di progettazione. Due verbi la qualificano: conosciuti e predestinati.
Conosciuti significa che ogni uomo è voluto, amato, sognato come risultato di una premura e di un progetto personalizzato. L’immagine primordiale biblica è quella del vasaio, che non fa mai vasi in serie, ma ognuno è un capolavoro nuovo e originale. Oggi diciamo che Dio chiama ciascuno per nome. “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato” (Ger 1,5); “fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome” (Is 49,1).
Quando Dio pensò all’uomo, pensò subito a un progetto preciso, pensandolo in Cristo. Si decise che l’Unigenito, che era nel seno del Padre, assumesse la natura umana divenendo anche uomo. Fu il primo uomo progettato da Dio, come il prototipo, un Dio che è anche uomo, un uomo-Dio! E’ Gesù Cristo. “Egli è prima di tutte le cose” (Col 1,17).
Su quello ‘stampo’ sono stati creati tutti gli uomini: da Unigenito il Figlio proprio di Dio divenne “primogenito di molti fratelli”. L’uomo è così creato, ‘stampato’, strutturato, “predestinato” figlio proprio di Dio come il Primogenito. Cioè uomo-Dio come lui. “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12).
Chiamati
Quando uno viene al mondo, Dio gli propone il suo Dono, gli fa conoscere la sua proposta, lo chiama a realizzare quel progetto. E poiché si tratta di un rapporto libero e d’amore, nasce qui una lunga storia d’amore tra Dio e ogni sua creatura. Egli la pungola in forme infinite ad aprirglisi in piena libertà; storia d’amore rappresentata come in sintesi paradigmatica nella singolare avventura d’amore intercorsa tra Dio e il suo popolo nella Bibbia.
Una vicenda, quella di Israele, ricca d’interventi di Dio e di risposte non proprio sempre positive.
Anche la chiamata rivolta ad ognuno di noi trova stranamente un rifiuto. Gesù ne parlò con amarezza, svelando la meschinità delle nostre scuse, anzi delle nostre prepotenze, a partire dalla parabola del figlio prodigo, a quella degli invitati al banchetto di nozze del figlio del re (cf. Mt 22,1-14), a quella dei vignaiuoli omicidi (cf. Mt 21,33-44). L’uomo dice di no a Dio e tenta di realizzare di sé un progetto alternativo.
Questo è il peccato di Adamo e nostro. Quell’essere stati fatti a immagine somigliante a Dio, anzi a Cristo, finisce per diventare immagine sfocata, non più somigliante, e l’uomo perde i tratti più specifici della sua identità, divenendo uomo destinato alla morte e nemico di Dio.
Giustificati
Ecco allora l’ulteriore scelta di Dio. Il Figlio di Dio si fa uomo per essere il primo uomo capace di dire di sì a Dio e aiutare tutti gli uomini a dire il loro sì, riconciliando così tutta l’umanità al suo Creatore e Padre.
La vicenda umana di Gesù la si può riassumere in una duplice azione: mostrare con tutto se stesso la bontà e la misericordia del Padre perché gli uomini ne abbiano più fiducia e amore; e poi vivere tutta una vita come un sì pieno e totale al Padre, fino all’atto supremo del sì della croce, per essere d’esempio e in un certo modo per rappresentarci nell’atto di riconciliazione con Dio.
Dio ha come voluto caricare su di lui il peccato di tutti noi. Ha così espiato a nome nostro e per noi, riconciliandoci con Dio, rendendoci giusti davanti a Lui. Ci ha giustificati col sangue della sua croce, riaprendoci ad un nuovo e più intimo rapporto con Dio.
Glorificati
“E se figli, siamo anche eredi, eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm 8,17). Siamo chiamati a divenire niente di meno che come Dio, “simili a Lui perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2).
Vi saremo con la pienezza della nostra realtà di uomini, in anima e corpo, sul modello di quello che è già avvenuto per Gesù, risuscitato col suo corpo. “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore vivrà, e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno” (Gv 11,25). Il sogno dell’uomo era l’immortalità; il dono di Dio è la risurrezione della carne per una vita perenne “da dio”.
La preghiera
Dio è padre, anzi papà, Abbà, ma ha anche il cuore e le viscere di una madre. Così dicono Isaia e Geremia. Ha voluto tradurre questa sua maternità attraverso il cuore fisico una madre, la sua Madre Maria, dataci come nostra madre.
ALLA VERGINE MADRE
Mi rivolgo a te, come figlio a Madre, o Vergine Maria, Cui tutti ricorrono per un aiuto.
La vita – lo so – ha le sue verità! Mi ero illuso di possedere, fare, godere …, di non aver bisogno di niente e di nessuno; neanche di Dio! Ed eccomi qua, nel dolore, nella delusione, nel bisogno.
Mi rivolgo a Te, che aiuti proprio là dove non arriva nessuno, dove non esiste merito, dove semplicemente c’è da amare. Poiché Tu sei il cuore umano di Dio intessuto della tenerezza di donna, di sposa e di madre, limpida e generosa come intatta sorgente.
Tu conosci quanto profondamente penetri nella carne e nella vita la sofferenza che mi tocca; fino a cedere, fino a ribellarmi contro Dio e contro tutti. Anche Tu hai provato – ai piedi della croce – il bruciore di una tragedia.
Stendimi la mano, dammi il Tuo aiuto: per poter come Te stare in piedi nella prova, e saper sempre guardare più in là, al Dio che conosce ed è vivo nei secoli dei secoli. Amen.