SALMO 23 – IL SIGNORE È IL MIO PASTORE

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SALMO 23 – IL SIGNORE È IL MIO PASTORE

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.

Questo salmo è forse il più famoso e amato fra tutti, ed è stato composto da Davide, « il soave cantore di Israele ».
Il salmo lo abbiamo cantato tantissime volte nella liturgia delle Messe domenicali o feriali, ed esprime la gioia serena, fiduciosa di un’anima che ha trovato la pace della mente e del cuore nella sua unione contemplativa con Dio, eppure forse non lo conosciamo.
Nei molti anni in cui Davide si era preso cura delle pecore, aveva imparato che questi animali indifesi richiedevano un’attenzione particolare, continua, in una terra dove le belve selvatiche vagavano liberamente e pecore e agnelli erano facile preda anche di animali di modeste dimensioni (non scordiamo che stiamo parlando di un periodo di migliaia di anni fa): così egli ha applicato questa conoscenza al nostro rapporto con Dio.
Ecco perché il salmo 23 è chiamato il « salmo del pastore », perché parla di un pastore, anzi del Signore sorto a immagine del pastore, e ne sviluppa il simbolo.
Non solo, dal v.5 in avanti è delineata un’altra immagine, quella dell’ospite che invita a cena: « Davanti a me tu prepari una mensa… ».
Quindi due sono i simboli: il pastore e colui che ci invita a cena trattandoci regalmente e facendoci stare con sé.Tanto da esprimere ottimamente la tensione spirituale, psicologica, umana e teologica del testo, riassumendo tutto con un’espressione di grande fiducia: « Tu sei con me ».
Cerchiamo ora di capire che cosa in pratica significa.
Dopo il titolo, vediamo di sottolineare i personaggi, i soggetti che agiscono nel testo. Sono due: il Signore e l’individuo, cioè colui che parla.
* Le azioni attribuite al Signore sono nove: egli è il mio pastore; mi fa riposare; mi conduce; mi rinfranca; mi guida; è con me; mi dà sicurezza; prepara una mensa; cosparge di olio. Nove designazioni che indicano la cura, la premura, l’attenzione, espresse con metafore, con parabole, con simboli: esse definiscono il Signore come colui che si prende cura di ognuno.
* Di fronte a questo soggetto principale, c’é l’individuo che afferma di non mancare di nulla, di non temere alcun male, afferma che il calice trabocca; che sente la felicità e la grazia come compagne di vita, che vuole abitare nella casa del Signore. Come possiamo osservare si tratta di un dialogo affettuoso, fiducioso, familiare tra il Signore e l’individuo: che cosa è lui, che cosa fa per ognuno, che cosa gli diciamo. E’ una preghiera semplicissima, che non chiede, in pratica nulla, non ringrazia, non loda, ma proprio per questo è ricchissima.
Rileggiamo ora le strofe dal punto di vista delle immagini, come se l’individuo fossimo noi stessi. Abbiamo già parlato delle due fondamentali: il pastore e l’ospite, cioè l’immagine del pascolo e l’immagine della convivialità, dell’ospitalità a mensa.
* L’immagine del pastore, molto usata nella Bibbia fino al discorso di Gesù sul buon pastore, in Giovanni 10, viene specificata: « su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce ». E’ la sosta del gregge su pascoli verdi e presso acque tranquille. Chi è stato in pellegrinaggio in Palestina, sa come è difficile trovare un pascolo verde; quindi quando un pastore riesce a scoprirlo, egli è davvero la gioia del gregge; chi ha provato la sete del deserto (siete mai stati nel deserto del Negev?), può comprendere che cosa significa incontrare qualcuno capace di indicare dove c’é una sorgente d’acqua (oggi noi cercheremmo un bar), magari nascosta sotto le pietre.
Quindi il pastore del salmo sa fare sostare il gregge nei luoghi giusti. Inoltre sa far viaggiare: c’é infatti l’immagine del gregge in sosta su pascoli erbosi e c’é quella del gregge in movimento, guidato per sentieri giusti, per piste che portano a buon fine (similmente come le guide turistiche che portano a visitare il deserto). In questo viaggio si può anche « camminare in una valle oscura » (pensiamo per un istante al deserto di Giuda e alle sue valli pietrose, incassate, dirupate, molto pericolose se di notte ci si perde e se inciampando, si cade in qualche baratro!), il pastore del salmo sa guidare pure in una valle oscura, di notte.
Le immagini si moltiplicano: quella del bastone e del vincastro. Probabilmente per bastone si intende una mazza corta e adatta a difendere il gregge; il vincastro invece, è quello che oggi è il pastorale del Vescovo, un bastone lungo e ricurvo, su cui il pastore si appoggia, che serve per appendervi il sacco o per tastare il terreno, per tenere lontani i cani randagi. Una metafora molto pittoresca, che evoca tutto quanto il pastore fa per amore del suo gregge, per condurlo; ed è ciò che il Signore fa per ognuno.
*Seguono le immagini conviviali: « davanti a me tu prepari una mensa ». Figuriamoci di trovarci sotto una tenda (chi ha fatto campeggio se ne può rendere conto), su una stuoia stesa per terra, e su un tavolo basso vassoi con cibi succulenti, che si prendono con le mani, si mette un poco di focaccia in una salsa e vi si intingono bocconcini di carne; figuriamoci di godere ore e ore in questa cena in comune, fraterna e allegra. Non solo, prima che la cena abbia inizio, l’ospite che ha invitato cosparge di profumo, « cosparge di olio il capo », proprio come ha fatto Maria di Betania quando Gesù entra nella sua casa. Sulla mensa c’é anche una coppa, un calice traboccante di vino spumeggiante, che dà brio e vivacità.
Le immagini conviviali sfociano nell’immagine della casa del Signore: « abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni »; la tenda ospitale diventa, a un certo punto, il tempio, la casa di Dio (dove c’é accoglienza e amicizia, c’ é Dio), dove si è veramente a casa.
Ma potremmo soffermarci anche su altre metafore.
Per esempio, che cosa significa « acque tranquille »? Evidentemente non soltanto pozze di acqua da cui si beve in pace e senza pericoli; in realtà, è evocato un cammino di pace, un cammino spirituale verso la pace interiore, dove ci si ristora alla fine di un viaggio pericoloso, irto di difficoltà (il mondo e l’efficienza materialistica).
E ancora, cosa significa « valle oscura, tenebrosa »? Non si tratta soltanto di un abisso dove non giunge la luce, dove la notte è fonda; nella psicologia della persona umana, è piuttosto la paura del buio,della morte, quella paura che affiora nella coscienza e che non si placa, a meno che non venga una voce dall’alto a portare parole di conforto.
Passando alla meditazione, riformuliamo la domanda iniziale pensando a noi: qual è il messaggio del salmista per me, per te, per noi tutti? Che cosa dice questa poesia religiosa oggi?
Cerchiamo ancora una volta le parole chiave del messaggio, che a mio avviso sono quattro:

- non manco di nulla;
- tu sei con me;
- mi dai sicurezza col tuo bastone e il tuo vincastro;
- abiterò nella casa del Signore.

Ecco il messaggio di fiducia: Signore, io non manco di nulla perché tu sei con me, mi dai sicurezza e abito nella tua casa. Cari fratelli e sorelle, per potere dire sul serio queste parole, è necessario chiederci su chi cadono, e la risposta al quesito per me è ovvia: cadono oggi su cuori sofferenti, sulle nostre ansietà, sulle nostre paure, sulle nostre insicurezze, sulle nostre miserie e debolezze umane che ci rendono schiavi di noi stessi.

Amen, alleluia,amen.

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