Parole di vita nella morte (liberati dalla schiavitù del’Egitto, presentazione mia del tema)

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Parole di vita nella morte
(liberati dalla schiavitù del’Egitto)

tratto da un libro del pastore Roberto Bracco
(Pastore della comunità L’Assemblea cristiana evangelica di Roma)

Il popolo d’Israele, dopo aver compiuto il proprio pellegrinaggio nel deserto e dopo aver esperimentato l’amore e la potenza di Dio, giunse alle soglie del paese promesso. Canaan era là, soltanto a pochi passi, e Canaan voleva dire riposo, gioia, abbondanza; ma il popolo dubitò della fedeltà di Dio e rimase fuori della terra che stillava latte e miele e che produceva frutti che non si erano mai veduti in altri paesi.
L’incredulità edificò un muro di separazione fra il popolo e le promesse di Dio, e quelle preziosissime benedizioni, che erano soltanto a breve distanza, furono perdute di vista e furono perdute per sempre. Eppure Iddio aveva liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto per condurlo in Canaan; Iddio aveva accompagnato il suo popolo nel deserto per introdurlo in Canaan, Iddio aveva cibato Israele, aveva guidato Israele, aveva ristorato Israele per condurlo al compimento della sua promessa. Tutto l’amore di Dio e tutta la fedeltà di Dio furono resi inutili dall’incredulità del popolo. Questo episodio è una figura ed una lezione per me e per te: Iddio vuole che crediamo alle sue promesse e, soprattutto, vuole che desideriamo il compimento di esse. Quando Iddio parla di « promesse » si riferisce a tutte le promesse che ci ha fatte nella sua parola, ma in maniera particolare alle promesse relative a quella « terra di gloria e benedizione » che Egli ha preparata per noi al termine del nostro pellegrinaggio terrestre.
Anche noi siamo stati liberati dalla schiavitù di Egitto ed anche verso noi Iddio ha profuso i tesori della sua fedeltà, del suo amore e della sua potenza. Non dobbiamo mai dimenticare che Iddio ha compiuto quest’opera non tanto per renderci felici in questa vita, quanto per condurci nelle stanze della gloria. Veramente la salvezza che ci è stata donata da Dio ci rende felici « eternamente » e quindi non dovremmo neanche parlare della nostra vita in questa terra e della nostra vita nel cielo, perché per i credenti non esistono due vite, anzi una vita sola che si muove già nell’infinito e nell’eterno; ma poiché l’anima nostra è ancora imprigionata nell’involucro della carne dobbiamo necessariamente distinguere fra la vita che viviamo nella polvere e la vita che vivremo liberi, sereni, nelle sfere celesti.
Iddio ci ha adottato a sé affinché possiamo abitare con Lui ed essere i suoi figlioli nell’eternità. Nelle stanze della sua gloria, davanti al trono bianco c’è un posto per noi perché il nostro nome è scritto nel cielo assieme al nome di ogni figliolo di Dio, di ogni membro della sua grande famiglia che è uscita dalla « volontà e dall’amore di Dio ».
Queste promesse devono vivere nel nostro cuore e devono suscitare in noi entusiasmo e fede; mentre i nostri passi si muovono sulla sabbia infuocata di questo mondo, i nostri occhi si devono posare pieni di speranza sull’orizzonte dorato che sta davanti a noi e che ci parla di quella terra priva di cordoglio, di lacrime, di gemiti, di peccato.
Il cammino che si abbrevia non ci deve spaventare e i confini che si avvicinano non ci devono sgomentare; dopo il pellegrinaggio c’è il riposo e dopo le prove ci attende il refrigerio. L’anima può trovare perfetta felicità soltanto in Dio e lì, oltre quei confini, noi possiamo incontrare Iddio pienamente, perché pienamente liberati dalle difficoltà del cammino e totalmente sciolti dai legami della nostra carne
Vorrei invitarti, fratello amato, a posare, per un istante solo, lo sguardo della fede sopra il paese di Canaan. Guarda il paese perché è davanti a te: mira le strade d’oro e contempla il brillare dei suoi palazzi! Non è un luogo che ti promette felicità perfetta?
Nel paese che ci attende vibra una primavera eterna; tutto è tepore e tutto è canto, l’aria stessa è melodia ed il lieve sussurrar della brezza muove le onde di una musica celeste. Mira, mira i mille zampilli argentini delle sue fonti e guarda verso il dolce ondeggiare dei suoi ruscelli; non è acqua, ma sono i diamanti che sfavillano al calore e alla luce di un astro che non acceca, ma illumina; non brucia, ma riscalda.
Prova, fratello, mentre miri per fede, a respirare profondamente, perché forse la brezza porta fino a te gli effluvi di Canan. Non ti accorgi che l’aria del « paese » che ti sta davanti è impregnata dal profumo delle resine e dei balsami dei boschi di Dio?
Respira, si, respira perché puoi avvertire il profumo dei cedri, dell’incenso, della mirra, della cassia, ma puoi soprattutto avvertire quanto sia dolce, leggera, l’aria di quel luogo che non è contaminato dai miasmi di una civiltà corrotta e non è turbato dalla presenza degli spiriti del male. Tutto è puro, incontaminato; tutto, tutto è soave e benefico.
Puoi scorgere, oltre quelle mura preziose, gli spettacoli offensivi che turbano, in questo deserto, quotidianamente gli occhi tuoi e la tua coscienza? Puoi forse udire accenti che oltraggiano il vero ed il bene?
No, fratello, tutto quello che puoi vedere è poesia, tutto quello che puoi udire è gloria. Ma guarda, ti esorto, alla fonte del bene; non vedi per fede il Luminare del paese?
Sì, è Dio che illumina, che riscalda, che vivifica. Egli è lì ad attendere te, ad attendere me; e lì, con tutta la sua gloria, con tutto il suo amore, con tutta la sua potenza. Non desideri incontrarLo? Non desideri congiungerti con Lui per l’eternità?
Forse sei giunto con la tua malattia o la tua vecchiaia al termine del pellegrinaggio; stai compiendo l’ultima durissima tappa, la sabbia è infuocata e il terreno è aspro; ti sembra di camminare nella valle dell’ombra della morte e le potenze del male cercano di popolare di fantasmi e di spaventi le tenebre che ti circondano. Odi mille voci e tutte ti ricordano le sofferenze, la malattia e tutte ti parlano dello spavento della morte e del freddo e del buio del sepolcro; neanche una delle voci che giungono al tuo orecchio t’invita a guardare avanti, a guardare in alto… e tu soffri!
La tua mente pensa alla fine e si turba; ti sembra di non aver forza di lasciare questo mondo e, peggio ancora, ti sembra che le promesse divine non sono reali per te. Il tentatore cerca di seminare disperazione ed incredulità per amareggiarti l’ultima tappa del pellegrinaggio e, se possibile, per farti perdere per sempre le benedizioni gloriose ed eterne del paese di Dio.
Ti sembra di essere come ogni altro ammalato, come ogni altro vecchio e istintivamente cerchi di lottare, di aggrapparti per stringere almeno altri pochi giorni di vita, sia pure nella debolezza della senilità o nella sofferenza della malattia. Fratello, risvegliati, tu sei un figliolo di Dio, non hai motivo di temere il sepolcro e non hai ragione di rammaricarti della fine della tua vita quaggiù.
Ricordati che se guardi avanti e guardi con fede esultante, fra poco « sarai assente dal corpo, ma presente con il Signore ». I tuoi occhi si chiuderanno ad uno spettacolo di sofferenze, di debolezze, di peccato e si riapriranno ad uno spettacolo di gaudio, di potenza, di santità. Forse vedrai per l’ultima volta coloro che hai amato per i vincoli del sangue e subito dopo vedrai finalmente quel Salvatore benedetto che ti ha amato e ti ama di un amore che vive sopra tutti i vincoli contingenti e fallaci.
Ricordati: soltanto fra poche ore, forse fra pochi istanti abbandonerai un fardello che ormai è divenuto pesante di debolezze e di dolori, dopo essere stato pesante di passioni e di peccati, e potrai librarti leggero, eppur potente, nelle sfere del vero e del bene, ove non avvertirai più le limitazioni e i dolori dell’involucro della tua carne.
Giovane di una giovinezza imperitura e forte di una forza divina tu starai con Cristo, oltre il confine. Allora vedrai quanto è stato entrare nelle promesse di Dio e quanto è stato dolce quel trapasso tanto paventato dagli uomini.
La morte, l’inferno, la malattia non susciteranno più emozioni disordinate nel tuo cuore perché saprai di averle lasciate fuori dalle mura preziose della città e ti accorgerai anche che nessun rimpianto cercherà di condurre la tua mente ai luoghi che ti sembrava duro abbandonare, perché ti sentirai completamente felice, completamente appagato in Dio.
Potrai udire « cose ineffabili » e lì, in mezzo alle miriadi degli angeli osannanti, anche tu potrai aggiungere la tua voce per cantare l’inno della gloria. I frutti di quel paese saranno i tuoi, la tua mano potrà coglierli e i fiori di quella terra potranno intrecciare le tue ghirlande, e tu gusterai sapori deliziosi e respirerai profumi soavi. No, non è una bella fiaba tanto fantastica quanto irreale ed irrealizzabile, è la più solida delle realtà perché è fondata sull’immutabile parola di Dio.
Perché dunque dovresti temere di varcare quella soglia che si chiama la morte? Ricordati che è vero per te e per me quello che era vero per l’apostolo Paolo, cioè che il « morire è guadagno ». Anche noi abbiamo vivere con il « desiderio » di partire da questo corpo per andare con Cristo. « Con Cristo »! Pensa seriamente, profondamente a questa realtà: « andare con Cristo »!
Puoi bramare un incontro più desiderabile? Cristo, il tuo Salvatore; Colui che è morto per te, che è risorto per te, che è asceso per te; Colui che ha dato diritto a te e a me di chiamarci figlioli di Dio, ti accoglierà. Potrai gettarti fra le sue braccia, vederlo da vicino, udire la sua parola dolcissima; potrai sederti, come Maria ai suoi piedi, e rimanere come discepolo riverente, in adorazione ed ascolto.
O morte, quanto sei desiderabile! Ancella dei servitori di Dio, apri anche davanti a me i drappeggi che nascondono la gloria; introducimi nelle stanze eterne del mio Signore! Non dovrebbe essere questo il nostro anelito? In questo anelito non c’è la disperazione del suicida o il ragionamento cupo del fatalista; non c’è lo sprezzo dell’audace o la rassegnazione del vinto; no, c’è la consapevolezza gioiosa della fede, c’è il palpito dell’amore, c’è il calore della speranza.
È l’anelito di colui che ha trovato vita in Dio, ha vissuto con Dio, e vuol vivere assieme a Dio. Egli brama che le catene si rompano, i lacci si spezzino e libero, finalmente libero, possa elevarsi nelle sfere serene della luce, della gloria, della vita per tutta l’eternità.

Ripetiamo per questi: « Beati i morti che muoiono nel Signore »!

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