Maturità umano-cristiana nei frutti dello Spirito Santo (per la festa della Conversione di San Paolo Apostolo)
http://www.spiritosanto.org/mensile/316/page1.htm
Maturità umano-cristiana nei frutti dello Spirito Santo
Testo tratto da una conferenza
di Mons. Giuseppe Molinari
Testo non rivisto dall’Autore
Chi è il cristiano maturo? Non è una domanda inutile. E neppure semplice.
Oggi, purtroppo, c’è una diffusa tendenza a ridurre il problema della maturità alla formazione della propria coscienza in base a dei cosiddetti principi cristiani. A denunciare questo pericolo è soprattutto quel grande teologo che è Hans Urs von Baltasar. Egli scrive: «La coscienza, in quanto fa parte della natura umana, è sì, il fondamento della nostra azione morale naturale, ma in quanto siamo cristiani la nostra coscienza deve avere continuamente uno spiraglio aperto per lo Spirito di Cristo che agisce in noi e su di noi in modo potente, libero ed indipendente. Lo Spirito – è sempre von Baltasar che lo rivendica vigorosamente e giustamente – non si può travasare in bottiglie come princìpi che si possono trovare una volta per sempre: soltanto la fresca vivezza di un ascolto continuo ha la possibilità di recepirlo, addirittura di comprenderlo: ciò suppone una estrema docilità, un incarnato istinto soprannaturale di obbedienza, quindi il contrario di ciò che, nella nostra massiccia grossolanità, noi immaginiamo come « maturità ». Quanto più siamo obbedienti al libero Spirito di Cristo, tanto più possiamo crederci liberi e maturi. Tutto il resto è perfida illusione».
Però, seguendo alcune indicazioni del Nuovo Testamento forse possiamo tracciare le linee portanti di una maturità cristiana intesa nel senso descritto da von Baltasar.
Quando parliamo di situazione di una persona adulta e quindi matura, inevitabilmente ci viene in mente, per contrasto, la situazione del bambino. Anche S. Paolo si serve di questa immagine: «Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma diventato uomo, ciò che ero da bambino l’ho abbandonato» (1Cor 1,13). Qui S. Paolo si riferisce allo stato presente dell’uomo cristiano che un giorno, nella perfezione della visione di Dio, diventerà adulto proprio mediante la carità: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente…» (1Cor 13,12).
La Lettera agli Ebrei applica anch’essa il termine bambino ad un cristiano che ancora non è né adulto né – quindi – maturo nella sua fede: «Su questo argomento abbiamo molte cose da dire, difficili da spiegare perché siete diventati lenti (letteralmente: pigri) a capire… siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido. Ora chi si nutre ancora di latte è ignaro della dottrina della giustizia, perché è ancora un bambino. Il nutrimento solido invece è per gli uomini adulti (letteralmente: perfetti)…» (Eb 5,11ss).
Sempre S. Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, usa la stessa terminologia spiegandosi ancora più chiaramente: «Io fratelli, ancora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati di Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali…» (1Cor 3,1). Sappiamo che, per S. Paolo, l’uomo carnale è l’uomo ancora dominato dal peccato, quindi l’uomo chiuso in se stesso, nel suo egoismo, nella sua visione puramente terrena ed umana della vita. È – in una parola – l’uomo che ancora non è stato liberato da Cristo e ancora non è stato invaso dalla luce e dalla Potenza dello Spirito Santo che trasforma.
Basta rileggere un altro testo di S. Paolo (la Lettera ai Romani), che spiega bene chi è l’uomo carnale: «Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace» (Rm 8,5-8).
Facciamo un esame di coscienza e riflettiamo all’esempio dei santi. Per esempio: S. Francesco. Ecco un uomo che si lascia invadere e guidare dallo Spirito. Perciò vediamo come cambia la sua visione dell’uomo, della vita. Come cambia la sua scala di valori (ad esempio: la preghiera, l’amore verso il prossimo, la povertà, ecc.).
Ancora nella stessa Lettera ai Romani, S. Paolo afferma: «Così dunque, fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne, poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete» (Rm 8,12-13).
Sempre nella Lettera ai Romani, S. Paolo descrive, in modo drammatico, la condizione dell’uomo carnale che, schiavo ormai del peccato, vive in uno stato di dolorosa confusione, e non riesce a capire ciò che compie. E S. Paolo, esprimendo l’angoscia di quest’uomo, confessa: «Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vive un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Rm 7,21-24).
Anche nella Lettera ai Galati S. Paolo torna a descrivere questa drammatica lotta tra l’uomo spirituale e l’uomo carnale. E qui la premessa fondamentale è che la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito. Da questo disordinato stato di cose nascono non solo i cosiddetti peccati della carne (discordie, inimicizie, contese, impudicizie, orge, ubriachezze, ecc.) ma anche quelli essenzialmente intellettuali (idolatria, magia, controversie, ira, divisioni). Le stesse opere, insomma, che rendevano i cristiani di Corinto «bambini in Cristo Gesù» (1Cor 3,3).
Carne è dunque l’uomo, così come egli ha costruito se stesso in contrasto con l’uomo creato secondo Dio a sua immagine e somiglianza, e rinnovato in Cristo.
Carne è l’uomo separato da Cristo e dal suo Spirito. Ebbene, quest’uomo così descritto da S. Paolo, per ammissione dello stesso Apostolo, è immaturo, è l’uomo « bambino in Cristo », l’uomo in cui lo Spirito di Dio non ha ancora potuto dispiegare tutte le potenzialità della sua potente opera liberatrice e santificatrice. A tutto questo si oppone l’uomo maturo, il cristiano, il « perfetto », l’uomo « spirituale »; cioè l’uomo dominato, posseduto dallo Spirito del Signore in tutte le componenti del suo essere.
C’è dunque un chiaro e stretto rapporto (come tra causa ed effetto) tra l’essere cristiani adulti e lo Spirito di Dio.
Nella Lettera ai Romani, capitolo VIII, ci viene presentato da S. Paolo un quadro estremamente significativo di questo rapporto tra essere cristiani adulti e lo Spirito Santo. Qualche versetto di questo capitolo VIII l’abbiamo già citato. In sintesi S. Paolo afferma che senza la presenza e l’azione dello Spirito Santo non si ha un cristiano autenticamente adulto, perché senza lo Spirito non c’è vera assimilazione a Cristo, vero uomo nuovo della nuova creazione. E S. Paolo conclude: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà Padre! Lo Spirito stesso attesta al nostro Spirito che siamo figli di Dio» (Rm 8,15-16). Gridare: «Abbà, Padre» significa avere la stessa intima, personale esperienza di Cristo.
Abbiamo visto, quindi, che l’uomo spirituale, il cristiano adulto, maturo, è l’uomo guidato, condotto, posseduto dallo Spirito in tutte le sue componenti. Ma vogliamo approfondire ancora il significato di tutto ciò.
E allora, interrogando sempre la Parola di Dio ci viene detto che la piena maturità cristiana, la perfezione, si ha nell’amore. S. Paolo chiama l’amore « vincolo di perfezione » (Col 3,14). Basta poi rileggere l’inno alla Carità, per convincersene chiaramente.
L’Apostolo Giovanni dedica tutta la sua prima lettera chiamata appunto « la lettera dell’amore » a questo fondamentale, meraviglioso tema. Questo amore non è un amore qualunque; questo amore è Dio stesso: «Dio è amore: chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16). L’infinita perfezione di Dio sta nell’essere amore; così la perfezione dell’uomo è partecipare e vivere di questo amore: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio» (1Gv 4,7). E questo amore ci è donato dallo Spirito Santo: come ci ricorda S. Paolo: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,5). S. Giovanni: «Da questo si conosce che noi rimaniamo in Lui ed Egli in noi: Egli ci ha fatto dono del suo Spirito» (1Gv 4,13).
L’amore è il primo dei frutti dello Spirito che non manca mai in nessun elenco del Nuovo Testamento e che occupa sempre una posizione chiave. In Efesini 4,30-32 il comando dell’Apostolo di fare scomparire ogni mancanza contro la carità (asprezza, sdegno, ira, clamore, maldicenza) e l’esortazione ad un esercizio positivo degli atteggiamenti della carità (benevolenza, misericordia, perdono) sono collegati direttamente alla raccomandazione: «Non rattristate lo Spirito Santo di Dio».
E S. Agostino dice, in un modo stupendo: «Interroga il tuo cuore e se trovi la carità verso il fratello, stai tranquillo. Infatti non ci può essere l’amore senza lo Spirito Santo». E aggiunge S. Agostino che lo Spirito Santo «è la forza dell’amore, il movimento verso l’alto che si oppone alla forza di gravità che tende verso il basso, per condurre ogni cosa al suo pieno compimento che è in Dio» (Confessioni XIII, 7,8).
Ora l’esercizio di questo amore, che ha due poli – Dio e i fratelli – nasce dalla comprensione, dalla conoscenza dell’amore che Dio, il Padre, ci ha manifestato donandoci suo figlio Gesù Cristo come «vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). Appare qui un dato molto importante, decisivo, se si vuole anche sconvolgente, per capire in che misura l’amore diventa maturità per il cristiano.
Intanto c’è da notare che senza l’effusione dello Spirito non c’è amore, non c’è comprensione del dono di amore che il Padre ci fa con l’offerta di Cristo, «vittima di espiazione per i nostri peccati». L’amore cristiano, l’amore « vincolo di perfezione » è proprio questo: l’amore crocifisso. Solo un amore crocifisso può farsi autenticamente dono e divenire sorgente di vita. Per amare autenticamente occorre capire, contemplare, entrare nell’ottica di questo amore crocifisso che il Padre ci ha donato in Cristo. La maturità cristiana è tutta giocata sul mistero della croce.
Ci sarebbe da fermarsi a lungo su questo tema. Ci basti sottolineare che è ancora e sempre lo Spirito Santo che ha un ruolo fondamentale e decisivo nell’introdurci nella comprensione del Mistero Pasquale, di questo Amore crocifisso.
Opera dello Spirito Santo: www.spiritosanto.org

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