EPIFANIA DEL SIGNORE – IS 6, 1-6; EF 3, 2-3.5-6; MT 2, 1-12

http://www.parrocchiadimaranello.com/omelie/06gennaio2012.pdf06.01.2012

EPIFANIA DEL SIGNORE – IS 6, 1-6; EF 3, 2-3.5-6; MT 2, 1-12

Il Vangelo odierno è un racconto soffuso di fascino orientale. Attrae come nessun’altra pagina l’immaginazione dei bambini. Ha tutto il sapore di una fiaba, eppure ci pone interrogativi profondi. Il primo riguarda le origini misteriose dei Magi. Perché il Bambino ha voluto i Magi? Non bastavano i pastori di Giuda, poveri e semplici, ignari come le loro pecore? Con essi Maria, sua madre, avrebbe potuto scambiare parole semplici e umili. I Magi sono figure molto diverse dai pastori: li immaginiamo così ricchi da non chinarsi a raccogliere una perla e così sapienti che nessun libro, neanche il più difficile potrebbe far inarcare il loro sopracciglio. I Magi, ricchi e sapienti, parlano una lingua straniera che la madre del Bambino non può comprendere. Li raffiguriamo vestiti di abiti sontuosi che fanno stonare il semplice abito della Vergine. Forse il loro seguito la spaventerà, quando entreranno vestiti di seta nella sua povera casa. Perché allora il Bambino ha scomodato persone così diverse da Lui e dalla sua famiglia? Perché ha punto i loro cuori con una intollerabile inquietudine, tanto da scomodarli e spingerli ad intraprendere un lungo viaggio? Se li ha voluti accanto alla sua mangiatoia è perché neppure il ricco è odioso al piccolo Bambino. Certo, Gesù stesso dirà che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli. Eppure, al Figlio di Dio ripugna solo la ricchezza di chi non sa alzarsi di notte, aprire i suoi forzieri per portare doni ad un bambino sconosciuto. Per questi ricchi c’è posto accanto alla mangiatoia. Il loro viaggio testimonia quanto siano capaci di relativizzare quello che possiedono, ma soprattutto di farne dono a Colui che riconoscono Re e Signore. Sono ricchi che hanno il senso del mistero e della trascendenza; che non si sono seduti, né vogliono fermarsi. E se sono in ricerca, è perché i beni che possiedono non bastano a riempire la vita. Sono uomini con il volto proteso verso il cielo, pronti a piegare il ginocchio davanti a chi merita la loro riverenza. Per questi ricchi, allora, c’è posto accanto alla mangiatoia. Neppure è vero che colui che è sapiente sia molesto al Bambino. Certo, Gesù dirà che dei semplici è il regno dei cieli. Ma al Bambino ripugna soltanto la presunta sapienza di chi crede stolto inseguire una stella capricciosa, di chi ha cancellato la parola «adorare». I Magi, dunque, questi santi d’oro così cari al senso religioso dei bambini, per un miracolo rarissimo della grazia, si sono santificati nella ricchezza e nella sapienza. Le loro guance, per quanto profumate di mirra e di nardo erano degne di premere le guance innocenti del Bambino e le loro mani degne di accarezzarlo senza doversi sfilare un anello. Oggi questi santi d’oro ci invitano a riflettere sul nostro stile di vita e a camminare verso una ricchezza diversa, davvero nobile, né sfacciata, né presuntuosa. La vera ricchezza non si chiude, semplicemente perché non basta a se stessa. Non si erge a idolo, né diventa un Moloch a cui sacrificare valori ben più alti. Soprattutto, non può essere il criterio ultimo delle nostre scelte e del nostro impegno. La ricchezza dei Magi si apre al dono, alla condivisione con il povero e l’affamato. Sono loro, i bisognosi, a ricevere l’onore di quel ricco cosciente che quanto possiede è un dono di Dio. Il Bambino di Betlemme, per questi nobili sapienti, è quell’altro di cui mai possiamo dimenticare la dignità, anche se non raggiungerà gli standard di vita suggeriti dalla cultura odierna; il Bambino è l’uomo che non riduco al suo reddito, ma di cui rispetto la dignità e il mistero. Nell’atteggiamento con cui i Magi visitano il bambinello di Betlemme, c’è veramente qualcosa di regale. In questa ricchezza c’è vera sapienza. I Magi sono un ammirevole connubio di ricchezza e sapienza, dove è solo la seconda a garantire un corretto uso della prima. Ed è sempre la sapienza a garantire un proliferare delle proprie sostanze che è benedetto da Dio, perché sarà un proliferare solidale con chi non ha ricevuto altrettanto dalla vita. C’è dunque una vera sapienza non riducibile alla propria filosofia di vita o alle convinzioni che ci hanno trasmesso le nostre famiglie. La vera sapienza si misura con la concretezza della gestione delle proprie risorse. Non è mai una sapienza disincarnata, che si limita a pronunciare giudizi e non ama sporcarsi le mani nel dono e nell’elemosina. Gesù Cristo, stella che brilla per offrirsi a chi naviga senza chiare mete, non disdegna né l’una né l’altra. Ma, ancora una volta, Lui è il riferimento, Colui che traccia una rotta che non può essere definita dal mondo in cui viviamo. Esso è il luogo del nostro lento ma costante attraversamento, non della nostra perenne dimora. Come i Magi, scendiamo dalle nostre cavalcature soltanto davanti a Colui che dona la gioia più profonda e sincera.

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