Archive pour décembre, 2011

BETLEMME NELLA SACRA SCRITTURA

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BETLEMME NELLA SACRA SCRITTURA

Betlemme, la ‘casa del pane’, Bèt-Lahm nell’antica lingua siro-caldaica, viene talvolta chiamata nella Bibbia anche Betlemme di Giuda, per evitare confusioni con l’omonima località nel territorio della tribù di Zabulon, che fu patria di uno dei Giudici di Israele, Ibsan (l’odierna Beth-Lehem che si trova 12 km ad Ovest di Nazaret). Identificata con l’antica Efrata, è a volte chiamata, sempre per lo stesso motivo, Betlemme-Efrata. Luca usa l’espressione ‘città di David’.
Betlemme ha radici profonde nel passato: ne parla già il Libro della Genesi, quando riferisce la morte di Rachele. Anche se il Genesi è stato redatto, nella sua forma definitiva, probabilmente nel periodo post-esilico (V sec. a.C.), le tradizioni che in esso vengono tramandate risalgono a tempi ben remoti, ai tempi dei Patriarchi (XVII-XVI sec. a.C.).
« Rachele … ebbe un parto difficile … Or avvenne che, mentre la sua anima si partiva pose (al figlio) nome Benoni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Rachele dunque morì e fu sepolta sulla strada di Efrata, cioè Betlemme » (Gen 35, 16. 19).
A Betlemme nacquero Elimelec e Noemi sua moglie. Dopo il soggiorno nella terra di Moab, a Betlemme ritornò Noemi, vedova, con la nuora moabita Rut, a sua volta vedova; a Betlemme la dolce e remissiva Rut conobbe l’agiato Booz. Bella, ricca di significato è la benedizione con la quale gli anziani ed il popolo santificano, le nozze di Rut e Booz:
« La donna che entra nella tua casa il Signore la faccia essere simile a Rachele e a Lia che edificarono la casa di Israele e faccia che tu diventi potente in
Efrata e ti acquisti un nome in Betlemme. Sia la tua casa come la casa di Fares che Tamar generò a Giuda, per la discendenza che il Signore ti darà da questa giovane » (Rut 4, 11-12).
Benedizione bella, benedizione profetica: dal figlio di Booz e Rut, Obed, nacque Iesse; da Iesse nacque David, progenitore dell’Emmanuele, del Messia.
Da Rama a Betlemme, su ordine dell’Altissimo, si recò Samuele per sacrificare ["La mia venuta è pacifica; vengo per sacrificare al Signore" (1 Sam 16, 5)] e per ungere re di Israele il giovane David, il prestante pastore, al posto di Saul che era incorso nell’ira divina ["Il Signore si era pentito di averlo fatto re su Israele" (1 Sam 15, 35)]. David, tuttavia, fu riconosciuto re dalla tribù di Giuda, e quindi da tutto Israele, soltanto molti anni dopo, e cioè alla morte di Isboset, figlio minore di Saul.
A Betlemme nacquero anche i tre nipoti di David: Ioab, l’eroico soldato e generale; Abisai, l’amico caro al cuore del re; Asrael, il valoroso che morì combattendo. Indubbiamente Betlemme era madre di eroi: vide nascere anche Elcana, l’uccisore di Gob, il gigante filisteo fratello di Golia.
Roboamo (2 Cron 11, 6) fortificò Betlemme, che venne a far parte di un sistema di città armate contro le invasioni degli Egizi, sempre convinti di avere dei diritti sul territorio palestinese.

In Michea troviamo Betlemme nel contesto di una grande profezia:

« E tu, Betlemme Efrata
pur essendo piccola tra i capoluoghi di Giuda
da te mi nascerà colui
che deve regnare su Israele… Egli starà ritto
e pascerà con la potenza del Signore
con la maestà del nome del Signore, suo Dio… E lui sarà la nostra pace » (Mi 5, 1-3).

Questa profezia si intreccia con quelle di Isaia:

« Ecco la giovane (la vergine, almah) concepisce e partorisce un figlio che chiamerà Emmanuele » (Is 7, 14); « Un rampollo spunterà dal tronco di lesse un virgulto germoglierà dalle sue radici » (Is 11,1); « Avverrà in quel giorno che la radice di lesse si ergerà a segnale per i popoli, ad essa si rivolgeranno ansiose le genti, e gloriosa sarà la sua sede » (Is 11, 10).

Alla pienezza dei tempi, dal seme di David e da Betlemme, la borgata di dove era David, venne il Cristo. Con brevi parole, Matteo ["Nato Gesù in Betlemme di Giuda... (2, 1)] e Luca ["Or avvenne che, mentre essi erano là, si compirono i giorni in cui essa doveva partorire e partorì il suo figlio..." (2, 6-7)], ci narrano la nascita del Bambino.
Betlemme esce dalla Bibbia ed entra nella storia con un episodio drammatico: la strage degli Innocenti. Erode, che aveva ordinato ai Magi di riferirgli dove si trovasse il re dei Giudei, vedendosi da essi deluso, « si adirò grandemente e mandò a uccidere tutti i fanciulli che erano in Betlemme e in tutto il suo territorio, dai due anni in giù » (Mt 2, 16).

Publié dans:TERRA SANTA (LA) |on 27 décembre, 2011 |Pas de commentaires »

Santo Stefano Protomartire

Santo Stefano Protomartire dans immagini sacre stephen-707907

http://godzdogz.op.org/2008/12/26-december-st-stephen-protomartyr.html

Publié dans:immagini sacre |on 26 décembre, 2011 |Pas de commentaires »

SALMO 30 e commento (oggi)

http://proposta.dehoniani.it/txt/salmi26_50.html

SALMO 30

30 (29) Ringraziamento
dopo un pericolo mortale
1 Salmo. Canto per la festa della dedicazione del tempio. Di Davide.
2 Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
3 Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
4 Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.
5 Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
6 perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.
7 Nella mia prosperità ho detto:
«Nulla mi farà vacillare!».
8 Nella tua bontà, o Signore,
mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato.
9 A te grido, Signore,
chiedo aiuto al mio Dio.
10 Quale vantaggio dalla mia morte,
dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere
e proclamare la tua fedeltà?
11 Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.
12 Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
13 perché io possa cantare senza posa.
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.

« Il movimento del salmo è questo: la vita umana conosce alternanze estreme di sofferenza e di gioia. Esse, lungi dall’essere segno di un destino capriccioso e incontrollato, si inseriscono nel quadro di un disegno concertato, coerente e positivo. Tuttavia quel che la vita comporta di negativo rivela il proprio valore e il proprio senso soltanto dopo che la crisi è stata superata » (R. Lack).
Il salmo 30 è un canto di ringraziamento personale che si leva a Dio, dopo che all’orizzonte dell’orante è sparito l’incubo drammatico della morte. Rivivere dopo essere giunti alla frontiera dello Sheol è un miracolo non confrontabile con le altre grazie: è un evento formidabile, creativo, che può essere assunto a motivo universale di lode. L’essere profondo dell’uomo si apre totalmente a Dio in una lode che non può più essere trattenuta e che non si spegnerà mai.
Lo spirito, il cuore, l’essere intero dell’uomo si associa al canto perenne che si leva nel tempio, unendosi all’antifona finale che spesso punteggia la liturgia. « Jahweh, mio Dio, ti loderò per sempre ». Scrive Alonso Schökel: « Le parole finali del salmo significano realmente ciò che dicono: « per sempre ». Il salmo è ora totalmente aperto. Non chiudiamolo di nuovo entro limiti angusti.

Commento dei padri della chiesa

v. 2 « È il Cristo che canta » (Origene).

« Questo salmo è la storia della caduta e della redenzione » (Girolamo).

vv. 4-5. « Dio non vuole la morte degli uomini, ma la vita: « Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva (Ez 33,11) » (Eusebio).

v. 6 « La sera è simbolo della caduta e della cacciata di Adamo. Povera stirpe umana, resterai a lungo nel pianto!… Il Signore, sepolto la sera, esce dal sepolcro al mattino: allora si alza per i fedeli la luce, che si era nascosta per i peccatori » (Agostino).

« Adamo si nascose nel paradiso di sera. La sera è figura di questa vita di lacrime nella quale gemiamo tutti, da Adamo in poi, ed anche figura della morte del Cristo. Il mattino è la risurrezione del Cristo, la risurrezione delle anime e il mattino eterno della consumazione dei secoli » (Girolamo).

« I discepoli tristi per la morte del Cristo, sono stati riempiti di gioia quando hanno visto il Signore risorto, così come è scritto: « Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia » (Baldovino di Ford).

v. 7 « Nella mia prosperità ho detto: « Nulla mi farà vacillare! ». Non hai fatto nient’altro, non mi hai assalito, travolto, mi hai soltanto lasciato, a causa della mia superbia. Mi hai lasciato vuoto, io opera delle tue mani: sono caduto nel peccato e nelle mani del nemico » (Eusebio).

« È sufficiente che tu distolga il tuo volto, perché io cada. Poiché non posso stare in piedi senza il tuo aiuto, fa’ che compiendo la tua volontà la mia anima sia ornata da te di bellezza ». È quanto sperava Adamo prima della sua caduta » (Atanasio).

v. 10 « Quale vantaggio nel mio sangue? » Può forse procurare qualcosa di buono agli uomini? Ma ci sarà un altro sangue che porterà agli uomini un immenso beneficio, quando il tuo Agnello verrà per espiare il peccato del mondo: il suo sangue riscatterà dal male quanti otterranno la salvezza per mezzo di lui; scenderà anche tra coloro che sono nel soggiorno dei morti: allora la polvere degli uomini ti confesserà e annuncerà la tua verità » (Eusebio).

v. 12 « Mi hai tolto l’abito di lutto e mi hai dato la veste nuziale, mi hai ammesso al banchetto delle nozze, mi hai trasformato di gloria in gloria » (Basilio).

« Quando il Cristo dice: Ormai non berrò più del frutto della vite… (Mt 26,29) è come se dicesse: Fino ad ora ho bevuto le tristezze della condizione umana; ma ora è giunta la fine della tristezza, ormai non berrò più questa coppa amara, ma il vino della gioia nel regno del Padre mio, allorché cambierà il mio lutto in gioia. E voi che berrete il mio calice, sarete tristi con me, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia » (Baldovino di Ford).

v. 13 « La mia condizione umiliata geme davanti a te; la mia gloria ti canterà » (Agostino).

Commento Atti 7,59-8,1 – prima lettura di oggi

http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax?mostra_id=4696

Commento Atti 7,59-8,1

Eremo San Biagio

Brano biblico: At 7,59-8,1

Dalla Parola del giorno
« E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò forte: «Signore, non imputare loro questo peccato» Detto questo morì. Saulo era tra quelli che approvavano la sua uccisione. »

Come vivere questa Parola?
Nel vangelo odierno Gesù dice: « Il pane di Dio è colui che scende dal cielo e che dà la vita al mondo » (Gv 8,34). È interessante vedere come davvero questo Pane che è Cristo Signore, nutrendo di sé i suoi, nutrendoli della vita che Egli stesso ha acquistato morendo in croce per loro, li assimila a sé. Ciò avviene a tal punto che, come succede per Stefano, non solo la vita del seguace di Gesù è i n qualche modo il suo prolungamento quaggiù, ma la stessa morte è conforme a quella del Signore. Nei suoi atteggiamenti interiori Stefano infatti rivela, morendo, quanto gl’insegnamenti di Gesù siano diventati vita: la vita stessa di Gesù in lui. Lo sappiamo: la relazionalità di Gesù è scandita da due dimensioni: quella verticale verso il Padre che è la sua piena fiducia col totale abbandono in Lui, quella orizzontale verso gli uomini che è un amore così totalitario da giungere non solo al perdono dei suoi crocifissori ma a scusarli presso Dio: «Non sanno quello che fanno». Osserviamo bene: in Stefano avviene la stessa cosa. E come non cogliere che proprio dalla piena consegna di sé al Padre viene al martire la forza estrema di pregare perché ai suoi crocifissori la sua morte non sia tenuta in conto di peccato? E c’è di più: quel Saulo che ora approva la sua uccisione diverrà poi grande testimone di Gesù e del Vangelo. Non sarà stato ciò frutto anche del martirio di Stefano?

Oggi, nella mia pausa contemplativa, chiederò a Gesù di « nutrirmi » di sé nel senso di conformare la mia interiorità ai due atteggiamenti di fondo della sua: la piena fiducia-abbandono nel Padre e un largo generoso amore verso i fratelli che includa la capacità di donare la vita.

Signore Gesù, dammi sempre il tuo Pane di vita perché io sia nutrito di Te. Come coloro che sono tuoi veri testimoni, io sappia fidarmi pienamente di Dio e con la sua forza amare anche quelli che mi contrastano.

La voce di un adolescente santo
« Mi sento un desiderio e un bisogno di farmi santo. Ora che ho capito che ciò si può realizzare anche stando allegri, io voglio assolutamente e ho assolutamente bisogno di farmi santo. Dio mi vuole santo e io debbo farmi tale. Voglio farmi santo e sarò infelice finché non saro´santo »
S.Domenico Savio

Omelia per Santo Stefano Protomartire

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/11815.html

Omelia per Santo Stefano Protomartire

(26-12-2007)

Messa Meditazione

Primizia di persecuzione

Ogni anno ci sorprendiamo che alla dolcezza del giorno di Natale segua il colore rosso sangue del primo Martire, Stefano, accostando così la primizia della nuova nascita con la primizia del martirio. La liturgia della Chiesa è realista e dà spazio a tutte le umane espressioni, senza lasciarci indulgere a forme di sentimentalismo. La vicenda di gioia e di dolore espressa nella vita di Gesù continua nella storia della Chiesa e dei suoi testimoni; dopo averla letta nel Vangelo, la vediamo riflessa nei suoi discepoli e seguaci.
Santo Stefano è il primo notevole rappresentante di un cristianesimo vissuto. Primizia del fuoco della Pentecoste, egli rappresenta la novità del cristianesimo che si propone in un ambiente. « Pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo ». Possiamo ben pensare all’azione di carità, della quale gli apostoli avevano incaricato i sette diaconi, e all’energia e chiarezza della parola. I suoi oppositori ‘non riuscivano a resistere alla sua sapienza ispirata’; la sua parola, che annuncia un fatto presente, non può essere sconfessata; quindi non resta che abolirla. In che modo? I suoi oppositori evitano di ascoltarla turandosi le orecchie. E subito la eliminano con la violenza. Nel martirio, Stefano è ancora immagine di Gesù: si affida a Lui come Gesù si consegna al Padre, e perdona i suoi uccisori.
Il destino di Gesù si riflette in quello dei discepoli e dell’intera Chiesa. Se il cristianesimo fosse soltanto parola, discorso, ragionamento, si potrebbe continuare a dialettizzare con esso in mille discussioni, dibattiti, discorsi su giornali e libri. Se il cristianesimo fosse soltanto una dottrina morale, si potrebbe contraddirlo con un’altra forma di comportamento. Ma se il cristianesimo è un fatto, cioè Cristo presente, allora l’unico modo reale di contraddirlo, è di eliminarlo. Per questo Gesù è stato crocifisso e ucciso, e per questo il cristianesimo viene perseguitato in coloro che seguono il Signore. La persecuzione dei cristiani viene attuata in modo palese e cruento in molti paesi dell’Asia e dell’Africa. Nei paesi occidentali si tenta di ridurre la fede cristiana all’ambito della coscienza e la si contrasta con tante forme di irrisione. La serena fortezza di Santo Stefano e di tanti martiri nel corso della storia della Chiesa, è garanzia che la fede cristiana può rinascere in ogni tempo e in ogni luogo proprio dal sangue dei martiri.

Conservaci la fede e donaci l’energia della testimonianza, o Signore, perché la fede cristiana non si riduca a un’idea o a un sentimento, ma si esprima come fatto visibile nella nostra esistenza.

E’ facile la tentazione di arretrare di fronte a forme di opposizione alla presenza cristiana, espresse con parole o con fatti. Chiedo al Signore la nobile e precisa energia di Stefano nel continuare a testimoniare la fede.

Commento a cura di don Angelo Busetto

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 26 décembre, 2011 |Pas de commentaires »

26 dicembre: Santo Stefano protomartire

http://www.summagallicana.it/lessico/s/Stefano%20santo%20protomartire.htm

Santo Stefano protomartire

Stefano (? – 36 ca. d.C.), in greco Stéphanos = corona, santo e primo martire cristiano (protomartire, in greco protomártys = primo testimone) secondo il Nuovo Testamento (Atti degli Apostoli 6-8). Primo dei sette diaconi ellenisti della Chiesa antica (in greco diákomos = servitore), la primitiva comunità di Gerusalemme, fu accusato di blasfemia dal sinedrio (il supremo tribunale nazionale degli Ebrei istituito, pare, ai tempi dei Maccabei) e condannato a morte per lapidazione. Saulo di Tarso, il futuro San Paolo, non solo approvò l’esecuzione ma sostenne le confessioni dei principali testimoni contro Stefano. In base alla parte del discorso di Stefano riportata negli Atti, alcuni studiosi ritengono che egli abbia preceduto Paolo nell’affermare l’universalità della nuova religione cristiana e il suo ruolo di successione all’ebraismo. Il suo culto si diffuse nella Chiesa orientale sin dalla fine del sec. IV. Festa il 26 dicembre.

STEFANO
Stefano (… – Gerusalemme, 36) è stato il primo dei sette diaconi scelti dagli apostoli perché li aiutassero nel ministero della fede. Era ebreo di nascita. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa, è il protomartire cristiano, cioè il primo ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo. Il racconto del suo martirio ci viene dagli Atti degli Apostoli dove appare evidente sia la sua chiamata al servizio dei discepoli che il suo martirio, avvenuto per lapidazione, alla presenza di Paolo di Tarso (Saulo) prima della conversione.
È possibile fissare con una certa sicurezza la data della sua morte per la modalità con cui avvenne: il fatto che non sia stato ucciso mediante crocifissione (ovvero con il metodo usato dagli occupanti romani), bensì tramite lapidazione, significa che la morte di Stefano è avvenuta durante il periodo di vuoto amministrativo seguito alla deposizione di Ponzio Pilato (36), il quale si era irrimediabilmente inimicato la popolazione per l’eccesso di violenza usata per sedare la cosiddetta rivolta del monte Garizim. In quel periodo a comandare in Palestina era quindi il Sinedrio, che eseguiva le condanne a morte tramite lapidazione, secondo la tradizione locale. In particolare, nella Bibbia è scritto che Stefano si inimicò alcuni liberti, così detti probabilmente perché discendenti di quegli Ebrei che Pompeo aveva schiavizzato (69 aC) e che poi avevano ottenuto la libertà.
Secondo una tradizione dai contenuti leggendari, nel 415 un sacerdote di nome Luciano ritenne di aver trovato il corpo di Stefano vicino a Gerusalemme dopo aver avuto in sogno l’indicazione del luogo della sepoltura. La tradizione si diffuse ben presto nel mondo latino e greco e si ebbe una vasta proliferazione di reliquie erroneamente attribuite a Stefano, ma che ne diffusero in maniera straordinaria il culto. In particolare, una parte di queste reliquie venne portata a Minorca, nelle Baleari, e nell’occasione i cristiani dell’isola, forse per desiderio di vendicare la morte del martire, diedero vita a una feroce persecuzione contro gli Ebrei ivi residenti.
Le storie avventurose del ritrovamento del corpo (« invenzione »), della sua prima traslazione a Costantinopoli e della seconda traslazione a Roma, sono lungamente raccontate nella Legenda Aurea (cap. CXII, L’invenzione di Santo Stefano Protomartire) la raccolta medievale di Iacopo da Varazze detta anche Legenda sanctorum. Il frate domenicano Iacopo, beato, scrittore sacro e storico (Varazze tra il 1228 e il 1230 – Genova 1298), arcivescovo di Genova dal 1292, compose numerose raccolte di sermoni e un Liber Marialis (1295). La sua opera maggiore, scritta in gioventù, è la Legenda sanctorum (forse 1255 o 1266), più nota col titolo che ebbe nel volgarizzamento trecentesco di Legenda aurea, una raccolta di vite di Gesù Cristo e dei santi, secondo l’ordine liturgico, narrate e commentate con ingenua e favolosa drammaticità. Di grande interesse è anche il Chronicon Ianuense, una storia di Genova dalle origini al 1295.
Per il fatto di essere stato il primo dei martiri cristiani, la sua festa liturgica si celebra il 26 dicembre, cioè immediatamente dopo il Natale che celebra la nascita di Cristo. Il colore della veste indossata dal sacerdote durante la Messa in questo giorno è il rosso, come in tutte le occasioni in cui si ricorda un martire.

Atti degli Apostoli

Atti degli Apostoli 6 [1] In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. [2] Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: « Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. [3] Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. [4] Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola ». [5] Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. [6] Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. [7] Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede. [8] Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo. [9] Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei « liberti » comprendente anche i Cirenèi, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell’Asia, a disputare con Stefano, [10] ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. [11] Perciò sobillarono alcuni che dissero: « Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio ». [12] E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. [13] Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: « Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. [14] Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè ». [15] E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.
Atti degli Apostoli 7 [1] Gli disse allora il sommo sacerdote: « Queste cose stanno proprio così? ». [2] Ed egli rispose: « Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in Carran, [3] e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va nella terra che io ti indicherò. [4] Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte del padre, Dio lo fece emigrare in questo paese dove voi ora abitate, [5] ma non gli diede alcuna proprietà in esso, neppure quanto l’orma di un piede, ma gli promise di darlo in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui, sebbene non avesse ancora figli. [6] Poi Dio parlò così: La discendenza di Abramo sarà pellegrina in terra straniera, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. [7] Ma del popolo di cui saranno schiavi io farò giustizia, disse Dio: dopo potranno uscire e mi adoreranno in questo luogo. [8] E gli diede l’alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. [9] Ma i patriarchi, gelosi di Giuseppe, lo vendettero schiavo in Egitto. Dio però era con lui [10] e lo liberò da tutte le sue afflizioni e gli diede grazia e saggezza davanti al faraone re d’Egitto, il quale lo nominò amministratore dell’Egitto e di tutta la sua casa. [11] Venne una carestia su tutto l’Egitto e in Cànaan e una grande miseria, e i nostri padri non trovavano da mangiare. [12] Avendo udito Giacobbe che in Egitto c’era del grano, vi inviò i nostri padri una prima volta; [13] la seconda volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e fu nota al faraone la sua origine. [14] Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, settantacinque persone in tutto. [15] E Giacobbe si recò in Egitto, e qui egli morì come anche i nostri padri; [16] essi furono poi trasportati in Sichem e posti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato e pagato in denaro dai figli di Emor, a Sichem. [17] Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, [18] finché salì al trono d’Egitto un altro re, che non conosceva Giuseppe. [19] Questi, adoperando l’astuzia contro la nostra gente, perseguitò i nostri padri fino a costringerli a esporre i loro figli, perché non sopravvivessero. [20] In quel tempo nacque Mosè e piacque a Dio; egli fu allevato per tre mesi nella casa paterna, poi, [21] essendo stato esposto, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come figlio. [22] Così Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere. [23] Quando stava per compiere i quarant’anni, gli venne l’idea di far visita ai suoi fratelli, i figli di Israele, [24] e vedendone uno trattato ingiustamente, ne prese le difese e vendicò l’oppresso, uccidendo l’Egiziano. [25] Egli pensava che i suoi connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero. [26] Il giorno dopo si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e si adoperò per metterli d’accordo, dicendo: Siete fratelli; perché vi insultate l’un l’altro? [27] Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice sopra di noi? [28] Vuoi forse uccidermi, come hai ucciso ieri l’Egiziano? [29] Fuggì via Mosè a queste parole, e andò ad abitare nella terra di Madian, dove ebbe due figli. [30] Passati quarant’anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. [31] Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per veder meglio, si udì la voce del Signore: [32] Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Esterrefatto, Mosè non osava guardare. [33] Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa. [34] Ho visto l’afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto. [35] Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice?, proprio lui Dio aveva mandato per esser capo e liberatore, parlando per mezzo dell’angelo che gli era apparso nel roveto. [36] Egli li fece uscire, compiendo miracoli e prodigi nella terra d’Egitto, nel Mare Rosso, e nel deserto per quarant’anni. [37] Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me. [38] Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. [39] Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero e si volsero in cuor loro verso l’Egitto, [40] dicendo ad Aronne: Fa per noi una divinità che ci vada innanzi, perché a questo Mosè che ci condusse fuori dall’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto. [41] E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono sacrifici all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani. [42] Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell’esercito del cielo, come è scritto nel libro dei Profeti: [43] Mi avete forse offerto vittime e sacrifici per quarant’anni nel deserto, o casa d’Israele? Avete preso con voi la tenda di Mòloch, e la stella del dio Refàn, simulacri che vi siete fabbricati per adorarli! Perciò vi deporterò al di là di Babilonia. [44] I nostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come aveva ordinato colui che disse a Mosè di costruirla secondo il modello che aveva visto. [45] E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè se la portarono con sé nella conquista dei popoli che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. [46] Questi trovò grazia innanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe; [47] Salomone poi gli edificò una casa. [48] Ma l’Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il Profeta: [49] Il cielo è il mio trono e la terra sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? [50] Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose? [51] O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. [52] Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; [53] voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l’avete osservata ». [54] All’udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. [55] Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra [56] e disse: « Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio ». [57] Proruppero allora in grida altissime turandosi le orecchie; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, [58] lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. [59] E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: « Signore Gesù, accogli il mio spirito ». [60] Poi piegò le ginocchia e gridò forte: « Signore, non imputar loro questo peccato ». Detto questo, morì.
Atti degli Apostoli 8 [1] Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samaria. [2] Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. [3] Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione. [4] Quelli però che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio

Chirstmas angels

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Publié dans:immagini sacre |on 25 décembre, 2011 |Pas de commentaires »
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