IL PECCATO ORIGINALE SECONDO SAN PAOLO: La giustizia di Dio e la Legge

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IL PECCATO ORIGINALE SECONDO SAN PAOLO
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INDICE GENERALE:

Introduzione
La Creazione decaduta
La giustizia di Dio e la Legge
Il destino dell’uomo e l’antropologia
Il destino dell’uomo
L’antropologia di san Paolo
Osservazioni sintetiche
Conclusioni
Note

ho già postato i primi due, oggi il terzo, poi…
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La giustizia di Dio e la Legge

Secondo quant’è stato detto, per san Paolo la creazione decaduta ha una natura non duplice. Ne consegue che non esiste alcun sistema morale di leggi inerenti ad un universo normale e naturale. Perciò quello che l’uomo accetta come giusto e buono, partendo dalle sue osservazioni sulle relazioni umane nella società e nella natura, non può essere confuso con la giustizia di Dio. La giustizia di Dio è stata rivelata unicamente e pienamente solo in Cristo (44). Nessun uomo ha il diritto di sostituire la propria concezione della giustizia a quella divina (45).
La giustizia di Dio, com’è rivelata in Cristo, non opera secondo un’obiettiva regola di condotta (46) ma, piuttosto, secondo le relazioni personali di fede e d’amore (47). « La legge non è fatta per il giusto ma per gli ingiusti e i disobbedienti, per gli empi e i peccatori… » (48). La legge non è un male ma un beneficio (49) pure spirituale (50). Tuttavia non è abbastanza perché possiede una natura temporanea e pedagogica (51). Essa dev’essere adempiuta in Cristo (52) e superata con un amore personale secondo l’immagine dell’amore di Dio rivelato in Cristo stesso (53). La fede e l’amore in Cristo devono essere personali. Per questa ragione la fede senza l’amore è vuota. « Se avessi tutta la fede, sì da trasportare le montagne, e poi mancassi d’amore non sarei nulla » (54). Similmente gli atti di fede privi d’amore non sono d’alcun profitto. « Se pure disperdessi, a favore dei poveri, quanto possiedo e dessi il mio corpo per essere arso, ma non avessi l’amore, non ne avrei alcun giovamento » (55).
Non esiste possibilità di vita, seguendo delle regole oggettive. Se, seguendo la legge, vi fosse stata qualche possibilità non ci sarebbe stato bisogno della redenzione in Cristo. « La rettitudine sarebbe stata data nella legge » (56) « Se fosse stata data una legge che avesse il potere di vivificare » (57). allora non sarebbe stata data ad Abramo la promessa della salvezza ma direttamente la salvezza stessa (58). La vita non esiste dove sussiste la legge. La vita è, piuttosto, l’essenza di Dio « l’unico che possiede l’immortalità » (59). Perciò solo Dio può dare vita e lo fa liberamente secondo la propria volontà (60), alla sua maniera e al tempo che sceglie come più opportuno (61).
D’altra parte, è un grave errore attribuire alla giustizia di Dio la responsabilità della morte e della corruzione. In nessun luogo Paolo attribuisce a Dio l’inizio di questi eventi. Al contrario, la natura è stata sottoposta alla vanità e alla corruzione dal Diavolo (62) che, attraverso il peccato e la morte del primo uomo, si è inserito parassitariamente nella creazione della quale faceva già parte anche se, ancora, non ne era il tiranno. Per Paolo la trasgressione del primo uomo ha aperto la via all’ingresso della morte nel mondo (63); tuttavia questa nemica (64) non è certamente il frutto perfetto di Dio. Né può la morte di Adamo, o quella di ciascun uomo, essere considerata la conseguenza d’una decisione punitiva da parte di Dio (65). San Paolo non suggerisce mai una simile idea!

Per giungere ai presupposti basilari del pensiero biblico è necessario abbandonare ogni schema giuridico di giustizia umana con il quale si attribuisce la punizione o la ricompensa secondo le oggettive regole della moralità. Avvicinandosi al problema del peccato originale con uno schema così ingenuo si dovrà credere che ogni lettore attribuisca ad una penalità comune un’offesa comune ragion per cui tutti condividono la colpa di Adamo (66). Questo, però, significa ignorare la vera natura della giustizia divina e negare il potere reale del Diavolo.
Le relazioni che esistono tra Dio, l’uomo e il Diavolo non seguono leggi e regolamenti ma si accordano alla libertà personale. Il fatto che esistano leggi che proibiscono l’uccisione non determina l’impossibilità che tale evento non possa accadere una volta e neppure centinaia di migliaia di volte. Se l’uomo può trascurare l’osservanza di regole e disposizioni di buona condotta, sicuramente non ci si può attendere dal Diavolo l’osservanza di tali regole, visto che quest’ultimo può aiutare l’uomo a prescinderne. La versione paolina del Demonio non coincide certo con quella di chi rispetta semplicemente delle leggi naturali ed esegue la volontà di Dio per sottrarsi alla punizione delle anime in inferno. Ben al contrario, il Demonio combatte Dio attivamente attraverso metodi in cui impiega la maggior falsità possibile cercando di distruggere le opere di Dio con tutta l’astuzia e il potere in suo possesso (67). Così la salvezza per l’uomo e la creazione non può venire da un semplice atto di perdono su qualche giuridica imputazione di peccato, né può provenire dal pagamento di qualche soddisfazione al Diavolo (Origene) o a Dio (Roma). La salvezza può provenire solo dalla distruzione del Demonio e del suo potere (68).
Secondo san Paolo, è Dio stesso che ha distrutto « i principati e le potenze » inchiodando gli scritti dei decreti che erano contro di noi sulla croce di Cristo (69) « poiché è stato Dio che in Cristo ha riconciliato a se gli uomini non imputando loro le mancanze commesse » (70). Benché fossimo peccatori, Dio non s’è rivolto contro di noi, ma ha proclamato la sua giustizia a coloro che credono in Cristo (71). La giustizia di Dio non è accordata a quegli uomini che producono opere dalla legge (72). Per san Paolo la giustizia e l’amore di Dio non sono separati dall’inosservanza di qualche dottrina giuridica d’espiazione. La giustizia di Dio e l’amore di Dio, come sono stati rivelati in Cristo, sono la stessa cosa. Così, nella lettera ai Romani (3, 21-26) l’espressione « amore di Dio » potrebbe essere molto facilmente sostituita da « giustizia di Dio ».
E’ interessante notare che ogni volta in cui san Paolo parla della collera di Dio si riferisce sempre a quella che è rivelata a coloro che sono divenuti disperatamente schiavi, per loro propria scelta, alla carne e al Diavolo (73). Benché la creazione sia tenuta prigioniera nella corruzione, coloro che vivono senza la legge, adorando e vivendo erroneamente, sono senza scusa poiché « le invisibili perfezioni di Lui [Dio] fin dalla creazione del mondo, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili, quali la sua eterna potenza e la sua divinità » (74); « perciò Dio li abbandonò nelle concupiscenze dei loro cuori lasciando ch’essi disonorassero sconciamente i loro corpi a vicenda… » (75). E ancora: « Dio li abbandonò a sentimenti reprobi » (76). Tutto ciò non significa che Dio ha fatto divenire questi uomini quel che essi sono, quanto piuttosto che li ha abbandonati nello smarrimento totale della corruzione e del potere del Diavolo. Bisogna interpretare così anche altri simili passi (77).
L’abbandono di Dio di un popolo già indurito nel proprio cuore contro le opere divine non è ristretto ai gentili ma riguarda pure i giudei (78). « Poiché, davanti a Dio, non sono giusti coloro che sentono parlare della legge ma saranno salvati solo quelli che la praticheranno » (79). « Coloro che hanno peccato nella legge saranno giudicati dalla legge » (80). I gentili, comunque, pur non essendo sotto la legge mosaica non sono scusati dalla responsabilità del peccato personale poiché essi « non avendo la legge sono legge a se stessi; essi mostrano l’opera della legge scritta nei loro cuori e ciò lo attesta pure la loro coscienza e i loro pensieri per cui vicendevolmente ora s’accusano, ora si difendono » (81). All’ultimo giudizio tutti gli uomini, sotto la legge o meno, udenti o meno, saranno giudicati da Cristo secondo il vangelo predicato da Paolo (82) e non secondo un sistema di leggi naturali. Pure attraverso le invisibili realtà divine — « le invisibili perfezioni di Lui [Dio] fin dalla creazione del mondo, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili, quali la sua eterna potenza e la sua divinità » — non esiste alcuna cosa simile ad un corpo di leggi morali inerenti nell’universo. I gentili che « non hanno la legge » ma che « fanno per natura le cose contenute nella legge » non rispettano un sistema naturale di leggi universali. Essi, piuttosto, « mostrano l’opera della legge scritta nei loro cuori e ciò lo attesta pure la loro coscienza ». Anche qui si può vedere la concezione paolina delle relazioni personali tra Dio e l’uomo. « Dio stesso le ha manifestate in loro » (83) ed è Dio che sta ancora parlando all’uomo decaduto al di fuori della legge, attraverso la sua coscienza e nel suo cuore il quale, per Paolo, è il centro dei pensieri umani (84) e, nei membri del corpo di Cristo (85), il luogo in cui abita lo stesso Cristo e lo Spirito Santo (86).

Publié dans : TEMI, TEOLOGIA, teologia - antropologia |le 13 décembre, 2011 |Pas de Commentaires »

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