Inseguendo l’Agnello (Il silenzio: categoria essenziale della vita del cristiano)
dal sito:
http://www.pasomv.it/index_file/Page5432.htm
Avvento 2005 (anno B come nel 2011, domenica prossima)
Inseguendo l’Agnello
Il silenzio: categoria essenziale della vita del cristiano
Se possiamo trovare un aggettivo che caratterizza il tempo di Natale questo è certamente il silenzio.
Il silenzio è come il grembo del Natale, perché è nel silenzio il Verbo di Dio ha raggiunto e fecondato la terra e oggi nasce e cresce nei cuori, come è nato e cresciuto nel grembo di Maria.
Per il mondo di oggi, in cui tutti noi viviamo, il silenzio ha connotazioni negative ed è sinonimo di vuoto, solitudine, depressione, assenza di presenza di sé e degli altri. Perciò la maggior parte di coloro che conosciamo rifugge il silenzio. L’uomo di oggi riempie le ore della propria giornata di rumori, di incontri con cose e persone pur di evitare di rimanere da solo con se stesso e con la propria assenza di significato. La perdita del valore del silenzio è certamente provocata dalla perdita di interiorità. Anche le nostre comunità cristiane spesso si presentano cariche di suoni e di parole, di immagini e di messaggi superficiali che distraggono il cuore e la vita dall’Unico Essenziale.
Ma cos’è in realtà il silenzio? Il silenzio non è soltanto esclusione di parole e non si deve considerare unicamente nel suo elemento negativo, come stato di oblio, di vuoto, di nulla. Ha invece un carattere positivo: è la categoria indispensabile per l’ascolto di Dio e per poter accogliere la sua comunicazione, è l’atmosfera vitale della preghiera e del culto divino.
Nel 1500 Laspergio, un padre certosino, così scriveva: “Conserva il Silenzio, cerca sempre luoghi e tempi favorevoli per dimorare solo; evita la familiarità degli uomini. Dimora con assiduità nel tuo santuario interiore. Non darti a nessuna cosa con eccesso, al di fuori del semplice uso e necessità richiesti nelle cose presenti, delle quali bisogna occuparsi, ma senza attaccarvi il cuore.
Rimetti subito in Dio ogni avvenimento, triste o allegro, dimora senza molteplicità, affinché anche Dio dimori in tua presenza. Rigetta da te ogni ostacolo. Non desiderare di piacere troppo a qualcuno, tranne a Dio solo; scegli con Maria, la sorella di Lazzaro, la parte migliore; non vagabondare di qua e di là, riempiendoti di chiacchiere inopportune e parlando senza necessità. Infatti, in un ora sola tu puoi uscire a tal punto da te stesso che non potrai rientrarvi che a gran pena e in molti anni, forse mai più”.
Possiamo riflettere sul silenzio seguendo diverse tematiche.
Il Silenzio di Dio
La vita di Dio è avvolta di silenzio. L’eterna generazione del Figlio, l’eterno spirare dello Spirito Santo, quale reciproco amore tra il Padre e il Figlio, si realizzano nel silenzio, come pure la comunicazione essenziale di Dio nelle divine missioni. Nel silenzio Dio pronuncia se stesso nell’Incarnazione. Lo dice il libro della Sapienza al capitolo 18: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando come spada affilata il tuo ordine inesorabile”. (Sap 18,14s)
E san Giovanni della Croce completa scrivendo“L’Eterno Padre disse una sola parola, cioè il Figlio suo, e questa parola la dice sempre in eterno silenzio” (S. Giovanni della Croce, Massime 21).
Il Silenzio della Creazione
Nella natura inanimata, il silenzio si riflette nel sempre uguale processo di ordine e di sviluppo organico. Così gli spettacoli più grandiosi della natura si svolgono in profondo silenzio.
La storia umana dimostra che l’influsso del silenzio, cercato e subito, ha dato origine a capolavori del pensiero e dell’arte. La natura spirituale pura, gli angeli, comunicano tra loro in silenzio, a differenza degli spiriti maligni, le cui apparizioni sono sempre accompagnate da rumori. Nella visione beatifica, la natura glorificata si perde nella contemplazione silenziosa di Dio.
I Fondamenti del Silenzio
Nella Sacra Scrittura
La necessità e il valore spirituale del silenzio trovano nella Scrittura una ricca testimonianza. Numerosi passi dell’Antico Testamento raccomandano il retto uso della Parola:
“Placano l’odio le labbra sincere, chi diffonde la calunnia è uno stolto. Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è prudente. Argento pregiato è la lingua del giusto
il cuore degli empi vale ben poco. Le labbra del giusto nutriscono molti, gli stolti muoiono in miseria. La bocca del giusto esprieme la sapienza, la lingua perversa sarà tagliata.
Le labbra del giusto stillano benevolenza, la bocca degli empi perversità” (Pr 10, 18-21.31-32).
(cf Pr 12,18-19.22; 15,1-7; Sir 19,7-12; 20, 1-7.18ss)
Altri brani invitano a evitare l’incostanza della parola (Sir 5,9-15) e i peccati della lingua (Sir 23,7-15; 28,13-26). Si conosce il gesto simbolico di coprirsi la bocca con la mano (Gb 21,5; Pr 30,32: Sir 5,21), si lega il silenzio con la fortezza (Is 30,15) e con la giustizia (Is 32, 7). Oltre al silenzio ascetico, l’Antico Testamento parla del silenzio reverenziale nei rapporti dell’uomo con Dio (Lam 3,26; Os 2,16; Zc 2,17), silenzio che tuttavia è contrassegnato più dal timore servile che dall’amore filiale. Nella tradizione profetica, il silenzio prepara inoltre l’intervento sfolgorante di Dio (Ap 8,1).
Nel Nuovo Testamento il testo più significativo del silenzio ascetico è quello della lettera di San Giacomo: “Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo, poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. E’ dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev’essere così fratelli miei.”(Gc 3, 1-10)
Anche Gesù condanna le parole cattive che, provenienti dal cuore, escono dalla bocca (Mt 15,19; cf MT 5,22), e mette in guardia da parole senza fondamento che formeranno materia nel giudizio (Mt 12,36). Con il suo tacere dinanzi a Pilato, Gesù eleva il silenzio a virtù eroica. Ribadisce con il suo insegnamento (Mt 6,6) e con l’esempio, l’importanza del silenzio. Egli si ritira in luoghi silenziosi per passare la notte in orazione (Lc 6,12; Cf 22,39). Il Nuovo Testamento presenta pure quali modelli del silenzio Maria (Lc 2,19.51), Giuseppe (Mt 1,20), Giovanni il Battista.
Nelle opere dei padri della Chiesa.
I Padri della Chiesa sottolineano il valore mistico del silenzio: “Per la conoscenza di Dio occorre il silenzio del ragionamento umano“ (Clemente di Alessandria). Gregorio di Nazianzo sostiene che il silenzio è fonte di progresso in Dio, e chiama la lode di Dio figlia di silenzio.
Gregorio di Nissa scrive che solo la lode silenziosa di Dio è adeguata di fronte al suo essere infinito. Basilio sottolinea il valore purificativo e il vantaggio della solitudine silenziosa per l’incontro con Dio. Ambrogio confronta colui che parla molto con un vaso perforato incapace di conservare i segreti del Re. Agostino è incantato dalla gioia dell’ascoltare silenziosamente.
Nella tradizione monastica
I monaci erano soliti ritirarsi nel deserto per ascoltare Dio. Nella vita cenobitica il silenzio è precetto di perfezione, moralmente indispensabile. San Benedetto considera il silenzio un mezzo indispensabile per giungere alla piena identificazione con Cristo e ad essere perfetti figli di adozione del Padre. Nella sua regola il silenzio costituisce l’elemento base dell’ascesi spirtuale.
Nell’’agiografia dei santi
La necessità del silenzio è a fondamento del rapporto dell’anima con Dio. Attraverso la fedele pratica del silenzio è possibile giungere alla perfezione.
Esempi luminosi di una attrattiva particolare per il silenzio sono Santa Caterina Labouré, Santa Bernardette, Santa Teresa del Gesù Bambino. In una sua lettera del 1894, indirizzata alla sorella Leonia, religiosa Dorotea, scrive: “Non posso, cara sorellina, dirti tutto quel che vorrei. Il mio cuore non può tradurre i suoi sentimenti intimi con il mio freddo linguaggio della terra… Ma un giorno nel cielo, nella nostra bella patria io ti guarderò e nel mio sguardo vedrai tutto quel che vorrei dirti, poiché il silenzio è la lingua dei beati abitanti del cielo!”.
I Gradi del Silenzio
Prima di elencare i vari gradi del silenzio è necessario precisare ciò che non è silenzio.
Vi sono, infatti, situazioni di vita in cui le condizioni presenti impongono il silenzio, casi di malattia, di prigionia, di vecchia. In tal caso il silenzio è subito o imposto dall’esterno.
Altre manifestazioni non vanno fraintese con il silenzio: sono forme di mutismo come il silenzio di risentimento, di rancore, di odio, di durezza di cuore, di egoismo, che è causa di mancanza di carità e spesso di peccato. Il silenzio per vigliaccheria, per paura di farsi dei nemici o di compromettersi, segno di poca fermezza di carattere; il silenzio di consentimento al peccato altrui, spesso motivato da guadagno, avarizia, onori è indice di scarsa maturità umana. Tali mutismi possono anche insinuarsi sotto forme nascoste nella pratica religiosa del silenzio, dando origine a sospetti e critiche, ostacolando l’esercizio della carità e creando isolamenti pericolosi.
Invece, il silenzio che interessa la vita dello spirito, è uno stato d’animo abituale, liberamente scelto, testimoniato nel comportamento esteriore e interiore, mezzo necessario per raggiungere al più presto la perfezione.
Il silenzio si presenta quindi su due piani: il silenzio esterno, di parola e di azione, e interno, delle potenze e delle aspirazioni più intime dell’anima.
Il silenzio esterno
Il silenzio esterno è come la premessa ambientale del silenzio interiore; è necessario per giungere al dominio e alla quiete della persona nei suoi movimenti esterni per nutrire il raccoglimento e la solitudine, tuttavia non sempre è possibile e del resto insufficiente in se stesso per il pieno sviluppo della vita spirituale.
Le forme di silenzio esterno sono:
Silenzio della parola. Parlare poco con le creature e molto con Dio. La parola esteriorizza pensieri e sentimenti, svuotando l’anima da ciò che possiede di intimo e di più personale. Molte parole la rendono superficiale e indeboliscono le sue capacità di perfezionarsi. Evitare parole inutili, sorvegliare il tono della voce e servirsi della parola con prudenza. Ottimo mezzo di autocontrollo è l’esame quotidiano: interrogarsi su quante volte si è parlato, per quanto tempo, per quale motivo, con quale intenzione.
Silenzio nel lavoro, nei movimenti. Occorre evitare un’attività troppo rumorosa (movimenti agitati, fracasso) e più ancora un attivismo esagerato, poiché turbano la pace dell’anima. Nel frastuono l’anima perde la sensibilità del contatto con Dio, diventando incapace di ascoltare la sua voce.
Il silenzio interiore per acquistare il pieno possesso delle facoltà interiori.
Silenzio dell’immaginazione e della memoria
L’incontro con Dio esige l’esclusione delle dissipazioni dell’attività interiore, esercitando su di essa un controllo effettivo. L’uomo deve creare il vuoto nelle sue potenze interiori, sbarazzare il palazzo dell’anima, come indicava santa Teresa D’Avila, da ricordi che turbano la pace, e deve impiegare tutte le sue forze per entrare nel raccoglimento attivo.
Silenzio con le creature e silenzio del cuore.
È chiamato anche silenzio d’amore vigilante. Consiste nel reagire energicamente contro ogni affetto naturale che si manifesta in pensieri, conversazioni interiori, desideri troppo ardenti, e così via, per dirigersi con un movimento di fede e di amore verso Dio. Occorre sorvegliare i desideri per non cedere a soddisfazioni contrarie alla volontà di Dio (piaceri, preferenze, simpatie particolari).
Anche sul piano soprannaturale, i maestri di spirito consigliano di mortificare la devozione troppo ardente (non moltiplicare le preghiere, le penitenze) e accettare le purificazioni interiori dei sensi.
Silenzio dello spirito e del giudizio
La vita contemplativa, giunta ad un certo grado di perfezione, si riassume in un solo atto: l’aprirsi ad ascoltare Dio, a ricevere l’irradiazione della sua luce, possibile solo a condizione che l’intelletto sia libero e vuoto da ragionamenti e giudizi naturali, da ricerche intellettuali e da intenzioni estranee a Dio.
Questo silenzio significa lo spogliamento totale dell’intelletto. Da parte dell’anima richiede perciò la più pura attenzione all’ammaestramento occulto, alla comunicazione della sapienza di Dio.
Il silenzio divino è di colui che vuole essere sempre unito a Dio nella più completa abnegazione personale. Santa Elisabetta della Trinità scrive che il silenzio è “la lode più bella che si canta nel seno della pacifica Trinità, il cielo sulla terra, l’anticipazione del Paradiso eterno”.
Il silenzio e la preghiera
La vita di preghiera è ritmata da un alternarsi di parole (esteriori e interiori) e da intervalli di silenzio. La preghiera liturgica conosce pause di silenziosa adorazione. Nella meditazione si tace per riposare in Dio. La preghiera contemplativa è contrassegnata da un silenzio continuo. Per abbandonare l’attività discorsiva nella preghiera, oltre ad una ben ponderata riflessione, occorre che l’anima sia elevata da Dio ad uno stato superiore.
Il Silenzio nel tempo liturgico di Avvento
La Parola e il silenzio
Un’antifona molto bella del tempo di Natale dice:
«Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa, mentre la notte giungeva a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal trono regale» (Antifona della II domenica dopo Natale).
Sono parole che esprimono bene il silenzio accogliente e pacifico di quella notte, della terra e dell’umanità, che riceve e vede la nascita nel tempo del Verbo eterno di Dio. La Parola onnipotente di Dio non è un urlo, non un grido minaccioso, né una voce assordante, ma è Essa stessa imparentata in qualche modo con il silenzio, quasi abbarbicata ad esso. La Parola di Dio sgorga dal silenzio, ed è « impastata di silenzio » e solo così agisce ed è efficace. Talvolta addirittura si interrompe, quasi che solo il silenzio possa essere eloquente e possa dire la Parola di Dio.
Il passo del primo libro dei Re, racconta di Elia che, sull’Oreb, incontra e fa l’esperienza di Dio.
Dio non si manifesta nel vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto o nel fuoco, ovvero in eventi sensazionali e roboanti, bensì nel « mormorio di un vento leggero »: letteralmente, nel « mormorio di un silenzio sottile » (Cf 1 Re 19, 9-18).
Quella di Dio è « voce di un silenzio sottile », una parola sussurrata, come sono sussurrate le parole dell’amore e dell’intimità, le parole destinate, non soltanto a comunicare qualcosa, ma a penetrare nel cuore altrui e a dimorarvi, portandovi una presenza viva. Il silenzio si intesse con la parola ed è in questo modo che Dio si rivela come amico dell’uomo, gli si accosta con dolcezza e misericordia.
Ma anche quando Dio parla nel modo più pieno e compiuto, nel momento in cui manda il suo Figlio nel mondo, anche allora, a ben vedere, la Parola è strettamente congiunta al silenzio. Guardando a questo mistero, che è quello del Natale, l’evangelista Giovanni dice: «E il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14). La Parola eterna, infinita, onnipotente, quella Parola attraverso cui è stato creato l’universo, si esprime in qualcosa di finito, di limitato, di povero e dunque di silenzioso, come è la nostra carne, la nostra fragile umanità. Anche da ciò deriva quel senso di pace, di quiete, di stupore e tenerezza che continua ad attraversarci tutte le volte che, ad ogni Natale, ci affacciamo sulla greppia di Betlemme e riconosciamo in quel Bambino, ancora silenzioso, l’eterna Parola di Dio.
E anche Gesù, che pure non è stato silente, ma ha parlato e insegnato come uno che ha autorità (Cf Mc 1, 22), in alcune circostanze ha tuttavia taciuto. Così è stato davanti a Pilato, alla vigilia della sua morte, quando non risponde alle accuse, ma tace (Cf Gv 19, 9-11).
Le parole umane non possano « dire Dio » ed esprimere la Verità e che ciò che è impossibile alle parole sia qui possibile al silenzio. Tutto ciò è ancora più radicale nel momento della morte in croce di Gesù. Qui la Parola di Dio fatta carne viene messa a tacere, viene interrotta dalla violenza e dal peccato dell’uomo. Ma è proprio attraverso quel silenzio, il silenzio della morte, che viene comunicato all’uomo tutto l’amore di Dio, un amore « forte come la morte » (Ct 8, 6), un amore più forte della tracotanza, della barbarie, del peccato degli uomini.
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