28-29 SETTEMBRE 2011/5772 ROSH HASHANA’

dal sito:

http://www.archivio-torah.it/feste/roshhashana/appunti60.pdf

28-29 SETTEMBRE 2011/5772 ROSH HASHANA’

metto questo testo di per la festa del Capodanno ebraico

Appunti su Rosh Hashanà 5760

«Beato il popolo che conosce il suono dello Shofar, Oh Signore nella luce del Tuo Volto essi procederanno» (Salmi 89,16) «Beato il popolo che sa come conciliare il proprio Creatore attraverso il suono dello Shofar» (Yalkut Shimonì, Salmi 840) «Nell’ora in cui i figli d’Israele  suonano lo Shofar, il Santo Benedetto Egli Sia si alza dal Trono della Giustizia e si siede sul Trono della Misericordia» (Yalkut Shimonì, Vaikrà 645)
 È un precetto positivo della Torà  ascoltare lo Shofar il primo ed il secondo giorno di Rosh Hashanà. La mizvà dello Shofar è strettamente legata alla dimensione  dell’ascolto tanto che lo stesso Tokea (colui che suona lo Shofar) non esce d’obbligo non suonando ma solo ascoltando il suono il suono  prodotto. Per questo motivo la benedizione dice «…e ci hai comandato di ascoltare il suono dello Shofar». Proprio l’udito è il senso che aggiormente deve essere risvegliato perché via preferenziale  per il ritorno a D-o: ricordare la Parola di D-o sentita sul Monte Sinai. È sempre l’udito il senso con il quale accettiamo ogni giorno su di noi l’unicità di D-o e la Sua regalità nella recitazione dello Shemà (che per essere valida necessita che si «senta con le orecchie ciò che si dice con la bocca»).
L’effetto principale però lo Shofar lo svolge dentro ognuno di noi. Il suo suono ci invita a tornare al Signore ed alla Sua Torà. Il giorno di Rosh Hashanà è l’anniversario della creazione dell’uomo avvenuta quando l’Eterno ha soffiato l’anima pura dentro il corpo materiale di Adamo. Noi veniamo giudicati ogni  anno in questa data e, quasi a
dimostrare l’intenzione di tornare sulla via del nostro Creatore soffiamo nuovamente questa anima nel corno del montone. Testimoniamo così che solo il Signore è il vero padrone della nostra anima così come delle nostre persone. Suonando lo Shofar noi
«ricordiamo» a D-o che la nostra  creazione è stata un compromesso tra materialità e spiritualità. Tra giustizia e misericordia. Simulando l’atto della creazione attraverso lo Shofar noi invochiamo nuovamente che questo compromesso ci accordi il perdono.
Il salmista loda la capacità di Israele di fare teshuvà, ritorno a D, attraverso il suono dello Shofar. È la teshuvà sincera che provoca il perdono e non il mero suono. Per questo motivo è necessaria una grande «kavvanà», concentrazione/intenzione, nell’esecuzione di questo precetto. Non solo per il Tokea, che si prepara al suono ammantandosi nel suo talled e recitando apposite formule note come «kavvanot», concentrazioni, intenzioni. Anche il pubblico necessita la massima concentrazione e per questo è fondamentale mantenere  il più assoluto silenzio durante le suonate così pure come tra le suonate. È l’impegno che ognuno di noi esprime durante il suono dello Shofar di migliorare se stesso e di impegnarsi maggiormente nell’osservanza delle mizvot che provoca il passaggio del Santo Benedetto Egli Sia dal Trono della Giustizia a quello della Misericordia.  Ascoltare lo Shofar non è un usanza ma è una mitzvà. Per uscire d’obbligo però bisogna stare attenti ad alcune regole basilari: Il Tokea (colui che suona lo Shofar) pronuncia la benedizione relativa al suono e quella per le cose nuove. Il pubblico NON DEVE rispondere
«baruch u uvaruch shemò» dopo il nome di D-o (per non interrompere una benedizione) ma solo «amen» alla fine di ogni benedizione. Secondo il rito di Roma si fanno 30 suonate subito dopo la lettura della Haftarà (il passo profetico), 30 durante la ripetizione ad alta voce della preghiera di Musaf (tre serie da 10) ed una suonata conclusiva
alla fine della preghiera. Altre comunità aggiungono altre suonate portandone il numero a 101. È assolutamente proibito interrompere con qualsiasi discorso dal momento in cui viene pronunciata la benedizione fino alla fine del Tempio (dopo l’ultima suonata). 
Ci sono quindi due buoni motivi per non parlare durante la funzione: il primo è che si disturba la preghiera che è finalizzata al perdono di se stessi, il secondo è che non si adempie alla mitzvà dello shofar . Lo stesso silenzio che si percepisce durante le suonate deve regnare anche tra le suonate.  Quest’anno il primo giorno di Rosh Hashanà cade di Shabbat ed i nostri Maestri hanno stabilito che non venga suonato lo Shofar in tale
circostanza per evitare che trasportando eventualmente lo Shofar al Tempio si trasgredisca lo Shabbat. Possiamo da qui capire l’importanza dell’osservanza dello Shabbat se per evitare che venisse trasportato lo Shofar, trasgredendo alle norme
sabbatiche si è preferito rinunciare allo Shofar stesso. Non c’è modo migliore per garantirsi il perdono del ritorno alle mizvot. Il Signore preferisce che rispettiamo lo Shabbat anche se ciò comporta rinunciare allo Shofar. Un messaggio forte per quanti di  noi accorrono al Tempio di Rosh Hashanà per poi ripresentarsi l’anno successivo. 
Abbiamo capito quanto sia importante lo Shofar, ebbene lo Shabbat è di gran lunga più importante. L’osservanza dello Shabbat, la chiave per un sincero ritorno alla Torà,
è cara dinanzi al Trono del Signore ben più del Suono dello Shofar. Facendo gli auguri al vostro prossimo allora ricordate di dire prima «Shabbat Shalom» e poi «Shanà Tovà».

Shabbat Shalom e Shanà Tovà, Jonathan Pacifici 
www.torah.it  

Publié dans : EBRAISMO: LE FESTIVITÀ |le 30 septembre, 2011 |Pas de Commentaires »

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