dal sito:
http://www.figlididio.it/meditazioni/index.htm
DIVO BARSOTTI
Lo stupore di essere amati
Modena, 25 febbraio 1973
Letture:
Os 2,16-17b.21-22
Così dice il Signore: Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.
2 Cor 3,1-6;
Fratelli, forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? 2 La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. 3 E’ noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori. 4 Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. 5 Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, 6 che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dá vita.
Mc 2,18-22
Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19 Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20 Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. 21 Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. 22 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».
Omelia
Alleanza d’amore…
In generale, la Prima Lettura ha un accordo più profondo con il Vangelo, mentre la Seconda può essere anche indipendente dalla Prima e dalla Terza.
Oggi il tema fondamentale che la Liturgia della Parola ci propone, è il tema dell’alleanza, considerata e veduta nella luce delle nozze. Tale argomento, si fa presente prima di tutto nella Sacra Scrittura, proprio nel profeta che ha dato alla Liturgia di oggi la Prima Lettura.
È il testo più bello del profeta Osea. Testo di meravigliosa bellezza ed anche intuitivamente facile per l’anima che ascolti, facile per introdurci nella comprensione del mistero dell’alleanza divina.
Un Dio che, gelosamente, ti vuole tutto per sé e ti strappa a tutte le tue consuetudini, alla tua vita comune, per portarti nel deserto. Un Dio che non permette, in te nessun pensiero, nessuna preoccupazione, nessun affetto che ti sottragga a Lui. Tu devi essere tutto per Lui come Egli è tutto per te.
È in questa solitudine, Dio solo per l’anima e l’anima solo per Iddio, che Dio parla al cuore dell’uomo; e l’uomo, ora, è capace di accogliere questa dichiarazione d’amore che Dio gli fa. Dichiarazione d’amore che è prima di tutto, l’espressione di una elezione libera che Dio fa della sua creatura: Egli le dice ti amo! Ma è anche l’esigenza di una risposta; altrimenti non sarebbe vero amore, perché nessuno ama se non vuole essere amato.
…alleanza nuziale…
Questo amore è amore nuziale. Una madre può anche amare e non chiedere amore, ma uno sposo non può amare se l’altra non ama. L’amore di uno sposo, l’amore di una fanciulla che si dona a un altro, esige una risposta. L’amore nuziale è sempre un amore vicendevole che implica il dono dell’uno all’altro. Questo è anche l’amore che Dio ti offre e che Egli ti chiede.
Non vi sembra che il testo del profeta Osea ci riguardi in un modo particolarissimo? Non vi sembra che il profeta Osea, più di ogni altro profeta, ci dica in realtà quello che deve essere per noi la nostra vita di consacrazione? Una alleanza nuziale. Lo sappiamo bene: tutti sono chiamati a vivere questa alleanza, se vogliono entrare nel cielo. Ma per noi s’impone di anticipare già quell’unione di amore così esclusiva che è propria di due sposi, i quali sono l’uno per altro e non vivono più che l’uno per l’altro. Ed è Dio che vive per te e sei tu che vivi per Lui.
Il problema, però, rimane sempre quello; cioè, la realtà dello sposo. Non ci si può certo dare a chi non è realmente presente e non ci manifesta il suo amore. Perchè l’alleanza nuziale si realizzi, l’unione esige la realtà concreta, viva, presente, dell’uno e dell’altro. Ecco quello che ci dice oggi il profeta Osea. È importante per tutti noi, se vogliamo vivere la nostra vita religiosa, se vogliamo vivere la nostra vita di consacrazione.
…nel deserto del raccoglimento interiore
Che cosa ci dice il profeta Osea? Che noi possiamo incontrare Dio solo nel deserto. È Dio che ci attira a sé, ci strappa da tutte le cose, perché noi sperimentiamo più profonda e viva la sua presenza reale fra noi. Distratti da tante cose umane, portati via da preoccupazioni e pensieri, l’anima nostra non è capace di accogliere la parola di Dio e di ascoltarla, non è capace di sperimentare la sua presenza. Perché Dio divenga reale per noi bisogna che le cose non abbiano più un dominio troppo grande su di noi. Ci vuole, cioè, un certo raccoglimento interiore. Ve lo posso chiedere? Certo, ve lo debbo chiedere, anche se vivete nella famiglia, accanto al marito e ai figli.
Se volete vivere una vita religiosa intensa, se volete conoscere Dio, se volete che Dio entri nella vostra vita e la riempia di sé, se volete conoscere la dolcezza del Signore, se volete conoscere quanto Egli sia dolce e soave, dovete cercare di coltivare un certo raccoglimento interiore, dovete anche voi crearvi un certo deserto. Sarà un deserto diverso da quello delle carmelitane; più difficile certo, ma non per questo meno necessario. Voi dovete evitare tutto quello che non è conforme ai vostri doveri di stato, alla vostra funzione, alla situazione concreta nella quale Dio vi ha poste. Non dovete riempire la vostra vita di cianfrusaglie che non hanno alcuna importanza per la vostra stessa vita di donne di casa, o di madri di famiglia.
L’uomo di oggi è, di per sé, negato alla vita religiosa perché non ha più il tempo di rientrare in sé, non ha il minimo di disponibilità interiore per ascoltare un’altra parola. Quanti sono gli uomini i quali non hanno più nemmeno il tempo, e non lo cercano neppure, di riflettere su se stessi! E come potrebbero ricordarsi di Dio? Viviamo una vita troppo dissipata; cerchiamo continuamente di disperderci perchè non sopportiamo il peso della vita. E questa vita, senza senso, sembra non avere più ragione alcuna: ci mangia, ci divora, giorno per giorno. E il lavoro, il divertimento, gli spettacoli, si moltiplicano per rendere sempre più difficile all’uomo di ritornare sopra di sé.
Guardate questi giovani i quali, perfino studiando, hanno bisogno di tenere accesa la radio; non possono accettare più il silenzio, non hanno più la capacità di vivere dieci minuti da soli, con se stessi. E obbligarli alla prigione, tenerli un poco a vivere da soli, perché il silenzio e la solitudine sono per loro i peggiori castighi.
L’assenza di Dio
E come volete che, in queste condizioni, l’anima possa vivere una vita religiosa? E non la vivono. Ordinariamente Dio è assente da queste anime. Non hanno la minima possibilità che Dio possa parlare al loro cuore, possa entrare nella loro vita, possa comunicare al loro spirito.
Vedete, miei cari, non è cattiveria l’incredulità moderna; non è cattiveria il rifiuto nei confronti di Dio, ma è dovuta al fatto che gli uomini non hanno più una dimensione religiosa. Manca loro la condizione prima per poter vivere una vita religiosa. Manca persino a questi giovani il modo di essere uomini: sono strumentalizzati e non se ne accorgono; fanno delle contestazioni ma, in fondo, sono strumentalizzati o da quel partito o da quell’altro potere e non se ne rendono conto. Non vivono la loro propria vita, non hanno la possibilità di viverla, non conoscono nemmeno più l’amore. Senza conoscere l’amore, cadono nei peggiori vizi, precipitano nel peccato e basta. Tutta la vita è solo una droga; non si cerca altro che di dimenticare e di perdere se stessi. Il peso di sé è diventato impossibile da sopportare per gli uomini di oggi e si cerca soltanto di affondare nella ubriachezza che può essere data dal denaro, dal divertimento, dal peccato, a danno della propria vita, di un disegno proprio da realizzare, di un programma da vivere, di un amore da accettare.
Come volete che in queste condizioni si possa vivere una vita religiosa? Non si vive nemmeno una vita umana! Mai, forse, l’uomo si è trovato in una condizione così grave come oggi. Si parla tanto di civiltà, ma oggi l’uomo è davvero in pericolo. E lo Stato, il Partito, o qualsiasi altro potere, che cosa fanno? Ti danno tutto perché tu non abbia modo di sottrarti al loro potere, perché tu venga strumentalizzato. Il Partito ti dà quello che tu desideri. Magari ti si dà lo stipendio anche di diecimila lire al giorno: però tu non devi vivere la tua vita, non devi avere più il tempo di stare con i tuoi figli, di avere un tuo amore, di avere una tua libertà interiore, di pensare con la tua testa. Devi pensare col giornale, trovare tutte le possibilità, senza mai vivere per te. Tanto meno potrai vivere per Iddio.
Essere liberi per essere disponibili
Ecco quello che ci dice il profeta Osea. Che cosa? « Vuoi tu ascoltare la parola di Dio? Vuoi che la parola di Dio giunga al tuo spirito? Egli deve condurti nel deserto: e tu devi fare un certo silenzio nel tuo intimo, devi dare alla tua anima una certa libertà ». Per andare nel deserto bisogna che tu sia libero; altrimenti sei incatenato e non puoi camminare.
Dunque, la prima cosa che s’impone per noi, se vogliamo vivere una vita religiosa, è questo raccoglimento. Un certo raccoglimento è necessario per tutti; non soltanto per le monache di clausura.
E poi, voi avete la vocazione di monache di clausura vivendo nel mondo. Monache no, ma vivere una vita contemplativa, sì. E si è sempre detto, che una vita contemplativa, implica di per sé un certo raccoglimento interiore.
Indipendentemente anche da una vocazione religiosa, quale quella propria della Comunità, un’anima religiosa non può continuare a vivere la sua vita se non si rende disponibile alla grazia. Come volete che Dio sia il vostro sposo, come volete che Dio sia la vostra vita, se voi non siete disponibili per Lui? Se non avete mai nessuna disponibilità per poter accogliere il suo amore, per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere con Lui? Ebbene, se l’alleanza con Dio è un’alleanza di amore, anche voi dovete rimanere disponibili a Lui per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere nella sua intimità, per poter gustare questo rapporto d’amore che deve sempre più legarvi al Signore così come il Signore si è legato a voi per sempre. Disponibilità nei confronti di Dio e un certo raccoglimento interno.
Silenzio e solitudine…
Che vuol dire raccoglimento? Qui il profeta Osea, ci parla del deserto. Che cosa vuol dire questa parola per noi? Vuol dire che il cristiano, che vuol vivere una vita cristiana, è impegnato a procurarsi un certo raccoglimento interno. Se non puoi tutto il giorno, troverai almeno dieci minuti per raccoglierti in camera tua, troverai dieci minuti anche se svolgi il tuo lavoro in cucina, per restare sola con Dio; o troverai cinque minuti per raccoglierti, almeno in chiesa, davanti al Signore. Devi cercare questi minuti di silenzio; non devi mai lasciarteli portar via. Devi difenderli, non soltanto cercarli. Non fare come i giovani di oggi che vogliono soltanto distrarsi perché non sopportano le zone di silenzio.
Le zone di silenzio sono le più belle. Ora lo sentono anche quelli che vivono in città i quali, non per nulla, cercano di farsi la villetta in campagna perché non sopportano più tutti questi rumori. Ebbene, se anche sul piano fisico, gli uomini non sopportano il rumore per non diventare nevrotici, questo s’impone anche per la vita spirituale. Cercate di coltivare, di difendere le zone di silenzio della vostra vita. E il vostro silenzio non deve essere un silenzio vuoto. Il vostro silenzio lo sapete che cos’è? E disponibilità pura ad una presenza d’amore.
Dio, che è eterno, è sempre amore. Amore per me, amore per voi. Se noi facciamo silenzio, ecco, ascoltiamo la sua parola, che è parola d’amore; viviamo l’esperienza di una intimità dolcissima. Dio si comunica a noi proprio quando siamo soli: allora conosciamo la comunione vera dell’amore. Quando, invece, noi fuggiamo la solitudine, è proprio allora che non conosciamo l’amore. L’amore esige una certa solitudine. Non puoi vivere una tua intimità, così dolce e segreta, se non cerchi di sottrarti a tutti gli altri rumori.
…per accogliere l’amore…
E così anche nella tua unione con Dio. Se ci si sottrae ai rumori, se si cerca il silenzio, non è per vivere nel silenzio, ma perché il silenzio rende più facile e più dolce l’esperienza di questa comunione con Dio. Basta che tu faccia il vuoto e il vuoto è ripieno di amore. È perché non facciamo il vuoto, che Dio è un estraneo e non può entrare nella nostra vita. È perché non andiamo in solitudine, che questa solitudine non è piena di una misteriosa presenza. È perché non facciamo silenzio che non riusciamo ad udire la parola di Dio. Dio ci conduce nella solitudine, ci conduce nel deserto; vuole da noi questa raccoglimento e allora ci parla. Quale parola ci dice? Una parola che giunge direttamente al cuore ed è parola di amore. Per ciascuno, Dio non è tanto il giudice, Dio non è tanto il Santo: è l’amore che si dona, è l’amore che ci vuole per sé e tutto si vuole offrire a noi. È la presenza di amore.
Nell’unione coi nostri cari, la cosa più grande è il vivere questa comunione con Dio che, sola, dà poi il contenuto ultimo di gioia ad ogni nostro affetto: la nostra comunione d’amore è tutta penetrata, è tutta trasfigurata da una presenza divina.
L’amore umano può stancare, affaticare, divenire oppressivo qualche volta e chiedere, qualche volta, più pazienza che dare gioia. Credo sia questa la vostra esperienza. Nella misura che l’amore di Dio non trasfigura e trasforma anche i nostri rapporti familiari e di amicizia, l’amore umano può divenire soltanto esercizio di virtù, di pazienza, privo di gioia e di dolcezza.
…e dare l’amore…
Miei cari, vivete questa comunione con Dio e cercate che sia l’alimento primo della vostra vita. È una vita d’amore quella che il cristianesimo vi offre e vi invita a godere. Ed è l’amore più alto, l’amore più puro, l’amore che santifica ogni altro amore, l’amore che rende fedeli ad ogni altro amore: l’amore stabile, vero, santo, dolcissimo. Fate sì che la comunione con Dio sia l’atto supremo della vostra vita; il contenuto più vero, più profondo, continuo della vostra esistenza cristiana: così anche tutta la vostra vita umana sarà trasfigurata, diverrà nuova, più piena, più pura, più grande, più luminosa, più viva.
Oh, Dio non è geloso dei nostri amori perché, in fondo, in ogni nostro amore noi possiamo amare Lui, se è vero amore. Fate in modo, allora, che ogni vostro amore sia l’espressione stessa della vostra comunione con Dio, comunione che rimane vera: è questa la garanzia anche della vostra felicità familiare. Dio non rinuncia a nulla di voi: Egli vi ha donato amore e pretende amore, amore totale. Ne viene che l’amore per i vostri cari è incluso in questo medesimo amore per Iddio. Non vi è lotta, non vi è alterità fra questo amore di Dio ed ogni altro amore, anzi: ogni amore è fecondato, è alimentato, giorno per giorno e voi ben lo sapete, dall’amore di Dio.
…in una vita ricolma di pace e di gioia
Perché siete così pazienti, così dolci, così pronte al sacrificio e ad accettare il dolore? Perché l’amore di Dio alimenta in voi ogni virtù e vi rende possibile una pazienza, una fedeltà che, qualche volta, non sarebbe tanto facile possedere. Così una madre impara, dall’amore di Dio, come si deve amare nel sacrificio, nella dedizione continua, tante volte senza ricevere nulla, almeno apparentemente; impara ad amare di un amore di speranza, che continua fino alla fine perché è riposta soltanto in Dio che non inganna, anche se i figli sembra abbiano sempre a deludere. La madre impara a riposare in Dio, tranquilla, perché l’amore per i figli non è altro che l’espressione di amore verso Dio. Se la speranza riposa in Dio, darà un giorno il suo frutto.
Miei cari, bisogna amare così. Tutta la vita è amore, amore di Dio che penetra e trasforma, dando una serenità, una pace, una gioia profonda che nessuno può rapirci: nemmeno la morte ha la capacità di strapparci questo amore, dal momento che l’amore è Dio, Dio che vive nel cuore dell’uomo, Dio che è l’Eterno.
« Io ti sposerò nella fedeltà dice il Signore nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore ». Nella fedeltà, e tu la conoscerai; non temere!
L’amore di Dio trasforma
Voi siete consacrate al Signore o siete nell’attesa di questa consacrazione che non fa che ripetere la vostra consacrazione battesimale. Ebbene, rendetevi conto che quella consacrazione che voi avete fatto, o state per fare, è il vostro matrimonio con Dio, la vostra unione, cioè, che rimane indissolubile, che vince anche la morte. E in questo amore, e in ogni altro amore, voi siete sicure, non solo di salvare voi stesse, ma di salvare tutti coloro che amate. Perché Dio non può separarvi: Lui, che santifica l’amore, non può separarvi da coloro ai quali l’amore vi unisce. Egli vi sposa nella fedeltà: la fedeltà di Dio! Vi sposa nella benevolenza e nella misericordia di un amore che dimentica tutto, che vi rinnova completamente fin nell’intimo, un amore che vi dà, ogni giorno, una nuova giovinezza.
Miei cari, questa è la differenza fra l’amore umano e l’amore divino: l’amore degli uomini vi trova quello che siete e vi lascia quello che siete; invece l’amore di Dio vi fa oggetto del suo amore. L’amore dell’uomo riconosce quello che l’altro è e non ha la capacità di rinnovare l’oggetto del suo amore, non ha la capacità di rendere sempre giovane e fresco colui che ama: ma l’amore di Dio può tutto questo e lo fa.
Ecco, quello che vorrei dirvi: amate il Signore; cercate Dio, e l’amore di Dio vi farà come Egli vi vuole. Gli uomini possono soltanto amare quello che hanno scelto e che è soggetto all’usura del tempo e della malattia, coi limiti di un carattere, di un temperamento, di tanti difetti. Dio non è così. Egli, che vi ama, vi trasforma secondo il suo amore, e se voi corrispondete all’amore divino, diverrete sempre più degne di questo stesso amore: e vi rinnoverà nella vostra giovinezza, vi farà sempre più partecipi della sua medesima gioia, vi farà simili a sé. Quello che l’amore umano non può fare, l’amore divino può farlo. E Lui che vince la morte, la fa vincere a voi perché Egli non la conosce, vi trasforma sempre più secondo l’immagine sua. Amate il Signore!
Mi sembra ci dica questo la prima Lettura ed è sufficiente. È sufficiente anche per celebrare, oggi, la consacrazione di due nuove sorelle nostre, chiamate ad ascoltare, in modo anche più profondo, la parola di Dio: « Ti condurrò nella solitudine, nel silenzio; là parlerò al tuo cuore ». Voglio essere tutto per te e voglio che tu sia tutta per me: in questo scambio di amore tu vivi, già ora, una vita di gioia, di purezza, di pace.
Da oggi, non conoscerai più che l’amore, l’amore che si dona a tutti i fratelli. Che tu viva, in questo amore, un servizio umile e sereno e che gli altri riconoscano in te la presenza divina.
Prima meditazione
Il dono di Dio
Ricordate le parole che chiudevano la prima Lettura che abbiamo ascoltato stamani?
« Io ti sposerò nella giustizia e nel diritto, ti sposerò nella benevolenza e nell’amore, ti sposerò nella fedeltà e tu conoscerai il Signore ». È una promessa. La prima cosa che dobbiamo, dunque, meditare è questa: Dio parla; ogni sua parola apre all’anima sempre nuovi orizzonti di bellezza e di luce. Quanto più Dio si dona, tanto più Egli promette.
Nella vita presente, il dono di Dio non è mai definitivo, ma è sempre un anticipo di quello che Egli darà, è sempre una promessa che apre ad una speranza sempre più grande, ad un desiderio più vivo. « Io parlerò al suo cuore ». « Ti sposerò ». Lo dice il Signore. L’anima e Dio non sono più che l’una per l’Altro in questo raccoglimento, in questa solitudine in cui l’amore li ha condotti. E sembrerebbe che nulla potesse esserci di più grande di quella intimità che si è stabilita fra Dio e l’anima, in questa comunione d’amore che già l’anima vive col suo Dio che l’ha scelta. Tuttavia l’incontro non fa che aprire l’anima a nuove prospettive d’amore, ad un nuovo cammino di luce e di bellezza.
Il cammino dell’uomo…
« Ti sposerò ». È uno dei caratteri della vita spirituale. Non si vive la vita spirituale se non in un continuo crescere e dilatarsi dell’anima nella speranza e nella gioia. Le virtù teologali hanno un inizio, ma non hanno una fine. Perché? Perché hanno per oggetto Dio che è l’Infinito, che è l’Eterno. Ma non hanno fine anche nel loro crescere, non solo perché non terminano mai, ma perché crescono indefinitivamente senza mai trovare un termine ultimo, una meta. Tanto più vivi nella fede, tanto più la fede esige da te fermezza e ti dona luce; tanto più il Signore ti dona speranza, tanto più cresce nel tuo cuore questa certezza dei beni futuri, questo aprirsi dell’anima ad accogliere Dio.
La speranza, che cos’è? È una virtù per la quale il tuo desiderio, il desiderio della natura è divinamente efficace perché si appoggia sulla parola di Dio e tu desideri Dio, e tu speri che Dio sia la tua felicità. Ora, il paradiso non è carità in quanto implica il possesso di Dio. E perché? Perché vi è un duplice amore: un amore di concupiscenza e un amore di benevolenza: l’amore di concupiscenza è l’amore cui risponde la speranza. Il possesso è la perfezione, è la tua beatitudine. L’amore, di per sé, non è negato alla beatitudine; l’amore è dono di sé.
…vivere di Dio Qual è l’amore puro? Vi ricordate quello che scrive Charles de Foucauld in uno dei suoi ritiri, quando era in Africa? « Signore, io mi trovo in una tale desolazione, in un tale vuoto e mi sembra che Tu neppure esista; però so che Tu sei beato; ed io sono beato perché Tu sei beato ». Ecco l’amore. L’anima, in sé, non vive altro che desolazione ed aridità, però è beata perché il Signore è beato; non vive di sé, ma vive di Dio. Questo è l’amore di benevolenza, l’amore puro, senza riferimenti a sé, l’amore che non implica tanto il possesso, quanto il dono di sé. Però vi è anche l’amore di possesso ed io non posso farne a meno. Il paradiso è la mia beatitudine; il paradiso è il possesso di Dio e costituisce la speranza attuale. Non è l’amore, è la speranza attuale, è l’amore di concupiscenza. L’amore che è possesso, è beatitudine per te.
Così la fede: è un appoggiarsi a quello che Dio ci dice di sé: noi non vediamo coi nostri occhi, ma ci limitiamo a quello che Dio ci rivela di se stesso, o ci rivelerà domani. Domani vedremo Dio coi suoi medesimi occhi, cioè la fede ci porterà alla visione. E noi non potremmo nemmeno vivere la carità eterna, l’eternità dell’amore, se non vivessimo la visione beatifica: è dalla visione beatifica che deriva l’amore. Per questo, anche la fede ha un suo permanere eterno nel suo compimento, che è la visione.