Giornata della cultura ebraica : dire « Grazie » a Dio
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Giornata della cultura ebraica – Musica
Musica, dire « Grazie » a Dio
di A. S.
La musica costituisce una forma di espressione della cultura ebraica fin dalle origini. Nella Genesi (4,21) si attribuisce a Yuvàl la prima fabbricazione di strumenti musicali, in parallelo a Yavàl che istituì per primo la vita pastorale e a Tuval Qayin che cominciò ad affilare gli strumenti di lavoro: ciò significa che fin da antico la musica ebbe almeno altrettanta importanza delle varie attività produttive. Tuttavia, a differenza di altre culture che hanno lasciato una cospicua testimonianza scritta ed una riflessione teorica (trattati, ecc.) sulla propria attività musicale, nell’Ebraismo le testimonianze in proposito sono affidate in massima parte alla tradizione orale. Se si esclude l’epoca moderna, le uniche annotazioni musicali sono praticamente quelle di autori italiani del Rinascimento, ebrei (Salomone Rossi) e non ebrei (Benedetto Marcello) che si sono interessati di musica liturgica ebraica.
Nella Bibbia Ebraica il canto è una manifestazione spontanea di gratitudine all’Eterno in occasione di miracoli o interventi liberatori. Mosè e il suo popolo intonano la « Cantica del Mare » dopo l’attraversamento del Mar Rosso e così fa sua sorella Miriam accompagnata dalle donne con cembali (Esodo, 15). Parimenti Debora cantò quando ottenne la salvezza (Giudici, 5). David è chiamato « il dolce cantore d’Israele » (2 Samuele, 23,1) e a lui la tradizione attribuisce la stesura dei Salmi, una serie di 150 brani poetici ad uso liturgico. Non c’è dubbio che essi furono adoperati per accompagnare il culto sacrificale nel Santuario di Gerusalemme, cantati dai Leviti con l’accompagnamento di strumenti musicali (2 Cron., 5 e 29): la Bibbia stessa menziona 19 strumenti.
Si ritiene concordemente che nei Salmi sia attestata una terminologia musicale anche se il significato dei singoli termini può solo essere oggetto di congettura: non siamo in possesso di un’idea precisa di cosa fosse la musica ebraica nella fase più antica. È peraltro evidente che l’uso di strumenti musicali non era limitato all’ambito religioso: ne è attestato un uso pubblico, o più precisamente militare (Numeri 10, ma si pensi soprattutto alla presa di Gerico); è parimenti riconosciuto il valore terapeutico della musica (David suona l’arpa per il re Saul). La Mishnah fornisce descrizioni approfondite dell’uso del canto e della musica nell’ambito del secondo Tempio: l’affermazione secondo cui l’inizio del Sabato a Gerusalemme era annunciato da un suono di tromba al tramonto del venerdì ha trovato recenti conferme archeologiche.
Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 dell’E.V.) avvenne nell’Ebraismo una rivoluzione liturgica. Non potendosi celebrare i sacrifici in altro luogo, per disposizione biblica, il Santuario fu sostituito dalla Sinagoga, in cui il sacrificio lasciò il posto ad una preghiera comunitaria e allo studio dei Sacri Testi. Entro il primo millennio dell’Era Volgare si portò a compimento non solo la definizione del Canone Biblico e del testo ufficiale dei vari libri (testo masoretico), ma anche dell’interpunzione, adottando appositi segni grafici per la cantillazione, che sono tuttora alla base della tradizione cantoriale delle diverse comunità, le quali danno dei medesimi segni codici diversi di lettura musicata. Furono adottate melodie diversificate per il Pentateuco, per i libri profetici, per il libro di Ester (letto con tono giocoso in occasione di Purim) e per le Lamentazioni di Geremia, lette con tono luttuoso durante il digiuno del 9 di Av per commemorare la Distruzione del Tempio. Verso il VI secolo nacquero nuovi generi liturgici mutuati dalla cultura circostante, come il piyyut (dal greco poyètes), composizione poetica che fa uso di artifici letterari come il metro e l’acrostico. Questa produzione fu fervida almeno fino al XV secolo, allorché fu inventata la stampa che permise la produzione di formulari liturgici in serie.
Con il tempo si reimpostò una nuova tradizione musicale al servizio delle esigenze mutate. Il ricordo del Santuario distrutto impose un tabù sull’uso di strumenti musicali, con la sola parziale eccezione dei matrimoni. Per questo motivo, presumibilmente, la tradizione musicale antecedente fu accantonata e, in definitiva, dimenticata. Degli antichi strumenti sopravvisse soltanto lo Shofàr, in omaggio alla prescrizione biblica di suonarlo a Rosh ha Shanah. Tale suono evoca sentimenti di reverenza in questo periodo dell’anno particolarmente dedicato al pentimento e al perdono. La tradizione rabbinica, considerando l’ascolto della voce femminile una fonte di possibile distrazione per l’uomo, limitò parimenti la partecipazione attiva delle donne al culto sinagogale in genere.
Nelle Sinagoghe i diversi sentimenti religiosi furono per lo più affidati alla libera espressione vocale della Comunità. Con il tempo, tuttavia, emerse la figura del chazzan (ufficiante), l’ « inviato della Comunità » appositamente incaricato di fungere da « solista » nella conduzione della pubblica preghiera. Lo stile dei chazzanim rifletteva per lo più l’influenza dell’ambiente circostante, con punte assai raffinate: nella Mitteleuropa a partire dal Settecento si affermò la figura del « kantor » con impostazione operistica, non di rado accompagnato da un coro. Anche l’Ebraismo ebbe, a partire dall’Ottocento in Germania e poi in America, una sua Riforma che introdusse l’uso dell’organo e di cori femminili a deroga della tradizione. Il dibattito fu allora particolarmente acceso, in quanto gli Ortodossi addebitarono ai Riformati l’adozione di elementi tipici delle chiese cristiane.
Il movimento chassidico, nato in Polonia nel XVIII secolo, diede alla musicalità un’importanza grandissima come espressione della vita religiosa dell’Ebreo. In quanto mistici, i Chassidim ritenevano che il cuore umano avesse nei confronti del Divino sentimenti troppo profondi per essere espressi a parole e che solo la melodia avrebbe potuto farsene portavoce. La musica chassidica, fortemente legata nelle sue manifestazioni alla musica popolare dell’Europa dell’Est, ha dato origine a produzioni come la musica klezmer (espressione tratta dall’ebraico klì zèmer =strumento musicale), un genere considerato comunemente espressione della cultura ebraica.
A.S.
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