I Profeti – Giona mandato alla città

dal sito:

http://www.apostoline.it/riflessioni/profeti/giona.htm
 
I PROFETI     

GIONA: mandato alla città

di LUIGI VARI, biblista 

Altro personaggio che ritorna nel Nuovo Testamento come significativo per comprendere una situazione è il profeta Giona. Gesù infatti parla di Giona ed interpreta lui stesso il racconto della vita di questo profeta: Mt 16,4; Lc 11,20-30, dove rimprovera l’incredulità dei farisei ricordando il segno di Giona, segno che sarà ancora più chiaro dopo la resurrezione di Cristo.
Il segno di Giona sembra aver influito anche sulla professione di fede che abbiamo in Paolo che dichiara che Gesù Cristo è risuscitato dai morti « secondo le scritture » (1Cor 15,4). Il riferimento alle Scritture è con molta probabilità in relazione all’esperienza di Giona che vive tre giorni dentro un pesce; infine Giona viene indicato come il segno della portata universale della predicazione evangelica (Mt 12,41-42).
Giona è un personaggio simpatico, c’è molto umorismo nel libro che narra la sua avventura di profeta. Una simpatia che secondo alcuni dipende, più che dalle sua traversie, dal suo messaggio fondamentalmente positivo, portatore di una visione ottimista di Dio. Giona è un personaggio del quale ci parla il libro dei Re (2Re 14,25) collocandolo durante il regno di Geroboamo II, nel regno di Israele negli anni che vedono Israele trovare il suo splendore dal 787 al 747, periodo che vede la presenza anche di altri profeti come Amos ed Osea.
La profezia di Giona non ha dei contenuti particolarmente sviluppati, il suo libro è raramente citato quando si parla dei profeti, ma vi è un aspetto della sua profezia che interessa, è un aspetto particolare della profezia, è un aspetto che è presente in tutti i profeti, ma che in lui diventa caratteristico: e cioè il profeta che deve portare la parola di Dio alla città, e ad una città particolare, descritta con elementi simbolici come figura della città degli uomini. Giona ha paura di entrare in città, cerca di scappare. Ma che cosa era questa città, che cosa impedisce al profeta di essere portatore della parola di Dio là dove gli uomini più ne hanno bisogno e dove più sono concentrati?
Giona e la grande Ninive
La città della quale ci parla il libro è quella di Ninive, una città favolosamente grande, la malizia dei suoi abitanti « è salita fino a me »; a questa città il profeta deve annunciare il giudizio di Dio. Nel cercare di comprendere il senso della città nella Bibbia, occorre forse sottolineare che essa non riveste immediatamente una grande importanza; inizialmente la città è solamente il luogo nel quale si trova protezione; in un secondo tempo la città diviene sempre più importante, ma nel crescere della città avviene che si perdono le radici di una vita nomade, caratteristica del popolo al tempo del deserto e del primo insediamento nella terra. Nel momento in cui la città si allontana dallo stile di vita che contiene tutti i fondamenti della religiosità del popolo, diventa anche simbolo di un allontanamento più profondo che nella città è simbolizzato, e cioè l’allontanamento dalla alleanza. Non possiamo dimenticare l’episodio di Babele, momento in cui la città diventa monumento dell’uomo che vuole fare a meno di Dio. Questi sono argomenti che andrebbero approfonditi meglio; quello che possiamo notare qui è il rapporto dei profeti con la città; non è un rapporto idilliaco; anzi il profeta spesso entra in conflitto con la città; ma, come nel nostro caso, il conflitto non è con un modo di vivere degli uomini, piuttosto è con i significati sbagliati che questo modo può assumere da parte di chi lo sceglie. La grande Ninive non solo dava sicurezza economica e politica ai suoi cittadini, ma con la sua ricchezza e la sua potenza dava anche il messaggio della inutilità di Dio, o meglio la situazione di sicurezza impigrisce il cuore di quegli abitanti e i loro atti diventano atti pieni di malizia.
La città diventa realtà negativa nel momento in cui diventa spiegamento di potenza, occasione di dispotismo, e questo accade quando la convivenza umana smette di fondarsi sulla giustizia; e le sue mura non vengono più considerate come una protezione, ma in esse viene posta la propria speranza e la propria certezza, dimenticando che « se il signore non costruisce la città invano veglia il custode » (Salmo 127,1).
Alla città degli uomini
Nel libro di Giona si avverte che la paura della città è una paura che non ha motivo di esistere, si dice che la città ha solo bisogno di essere richiamata alla sua natura di provvisorietà, cioè deve ritrovare la sua giusta dimensione. Non credo sia inattuale questo discorso soprattutto adesso in cui facciamo esperienza che la politica, l’economia, la sicurezza tecnologica sono conquiste importanti, eppure non tali da darci la sicurezza profonda della quale vivere.
Essere profeti per la città non sembra che significhi odiare o condannare la città; ma percorrerla per aiutarla a non dimenticare:
« Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava (…), i cittadini di Ninive credettero in Dio e bandirono un digiuno… ». Significa guardare la città con gli occhi di Dio, non dimenticando che nella città vivono degli uomini.
La città viene infine perdonata e Giona rimane male, Dio non gli risponde, ma fa crescere un ricino per la consolazione del profeta, poi lo fa seccare; Giona protesta, è assurdo prendersela con un ricino, che male ha fatto un ricino? E, allora, Dio risponde:
« Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non ha fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita; ed io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città nella quale sono più di 120.000  persone che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra e una grande quantità di animali? ».

(da « Se vuoi »)

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