La creazione e l’escatologia in S. Paolo: Le domande dell’uomo tra natura e storia e le risposte in Paolo (prima parte)
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Incontri di « Fine Settimana »
percorsi su fede e cultura
anno 32° – 2010/2011
La creazione e l’escatologia in S. Paolo (prima parte)
sintesi della relazione di Giuseppe Barbaglio
Verbania Pallanza, 13-14 gennaio 1990
Le domande dell’uomo tra natura e storia e le risposte in Paolo
Il problema essenziale è il rapporto tra noi e il mondo. Il mondo è natura, ma anche storia e gli attori della storia sono gli uomini. Mentre la natura è il regno della necessità, la storia è il regno della libertà.
C’è però anche la cultura che sta tra natura e storia: l’uomo , collocandosi nella natura e nella storia, produce le istituzioni del suo vivere (familiari e sociali), modi di pensare e di essere. Quale senso ha la nostra vita, la nostra storia, la nostra natura, dato che apparteniamo ad entrambe? Gestiamo la storia ma apparteniamo anche alla natura. Mentre gli animali sono totalmente assorbiti nella natura l’uomo, oltre che nella natura, ha una presenza significativa nella storia.
Lo gnosticismo ha posto il problema con tre interrogativi fondamentali: donde veniamo? chi siamo? dove andiamo? E’ un problema ineludibile per l’uomo di ogni generazione che pensa e riflette, a differenza degli animali. La ricerca di risposte rispecchia situazioni specifiche. Noi ci poniamo le stesse domande degli gnostici, ma in situazioni nuove e perciò dobbiamo cercare nuove risposte adeguate alla situazione in cui viviamo. C’è un problema ecologico che riguarda tutti, c’è la novità del dialogo tra le religioni, c’è la presenza di movimenti pacifisti, c’è la crescente disparità di ricchezze nel mondo, c’è una sfrenata ricerca del profitto che mette il silenziatore alle grandi domande di senso.
Cercheremo di trovare delle risposte in Paolo, delle risposte certamente datate. Anche Paolo, come del resto anche Gesù e i profeti, non sfuggiva al criterio della storicità.
Paolo è una voce che, pur essendo datata come Cristo e i profeti, noi riconosciamo come espressiva della fede cristiana. Ci indica un cammino consono alla fede cristiana anche se in una cultura particolare.
1 Corinzi 8,4-6: un solo Dio e Signore
E’ un testo molto significativo che Paolo trae dalla tradizione e lo fa suo, rielaborandolo, per esprimere la fede nei suo tratti essenziali: la fede creazionistica e la fede soteriologica della salvezza. Dice Paolo a proposito delle carni immolate agli dei pagani, che la tradizione giudaica vietava di mangiare non solo nei luoghi di culto dove si sacrificavano gli animali ma anche quando venivano vendute al mercato.
« Quanto poi al cibarsi delle carni immolate agli idoli sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo (l’idolo è una nullità), e non c’è dio se non uno solo. Infatti anche se ci sono dei cosiddetti dei sia in cielo sia in terra, come di fatto ci sono molti dei e signori… » Sembra una contraddizione, m a prosegue: « per noi invece c’è un solo Dio, il Padre,
dal quale tutto (la totalità del mondo) viene e noi esistiamo per lui,
e c’è un solo Signore, Gesù Cristo,
mediante il quale tutto è, e noi siamo mediante lui ».
Paolo dice che se vogliamo considerare la situazione concreta guardandoci intorno, vediamo che molti sono gli dei, molti i signori. A quel tempo, ma non solo a quel tempo, c’era uno spreco di dei e signori. L’imperatore era Dio, Cesare Augusto era un titolo divino, Adriano si faceva lodare come il salvatore del mondo, gli dei orientali erano « signori », gli eroi erano i figli di Dio.
Anche il mondo di oggi è pieno di dei e signori, perché è pieno di servi. Se non ci fossero i servi non ci sarebbero i signori. Sono i servi che creano l’altro come signore di se stessi. « ma per noi », per le nostre soggettività, dice Paolo, « non ci sono dei e signori perché c’è un solo Dio, il Padre, e un solo Signore, Gesù Cristo » . E’ un credo costruito su di un motivo creazionale.
Colossesi 1,15-20
E’ un testo straordinariamente bello. E’ da notare che questi testi della chiesa primitiva, giunti a noi attraverso la testimonianza di Paolo e della sua scuola, usano un poco la enfasi, esprimono la lode, sono poetici. Non c’è grande precisazione teologica, e molti termini esprimono l’emozione dei credenti che professano in quel modo la loro fede. Non bisogna insistere molto sui particolari.
« Gesù Cristo – dice Colossesi – è l’immagine e l’icona del Dio invisibile ».
Paolo rilegge l’affermazione creazionale dell’uomo a immagine di Dio in senso cristologico, « primogenito di ogni creatura ». C’è un rapporto molto stretto tra Gesù e la creazione in Paolo. « Poiché in lui sono state create tutte le cose, sia quelle che stanno nei cieli che sulla terra, sia quelle visibili che quelle invisibili, sia i troni, sia le signorie, sia i principati, si le potestà ». Si tratta del quadro cosmologico di allora, soprattutto degli ambienti dell’Asia Minore legati ad una pregnosi, in cui tra Dio e l’umanità c’erano esseri intermedi che dominavano la storia, gli eoni. In questa concezione si dice che Cristo ha vinto gli eoni e quindi ogni dominatore è messo fuori gioco.
« Tutte le cose sono state create » Si tratta di un perfetto che indica qualcosa che è avvenuto e che perdura, cioè tutto è stato creato dal primo giorno e resta creato.
« Egli è prima di tutte le cose e la totalità delle cose ha consistenza in lui; Lui è la testa del corpo della chiesa, lui che è l’arché, il principio, il prototipo di ogni creazione e di ogni risurrezione, affinché abbia il primato in tutte le cose, poiché in lui piacque a Dio di fare abitare tutta la pienezza e mediante lui riconciliare tutte le cose, facendo pace mediante il sangue della sua croce e mediante lui sia le cose che ci sono sulla terra, come quelle che sono nel cielo ».
Il motivo centrale è la correlazione tra la totalità e l’unità di Gesù. Tutto è mediante lui, verso lui e consistente in lui; le preposizioni « en », « dia », « eis » stanno ad indicare un rapporto molto forte di comunità essenziale tra l’universo e l’unità singolare, che è Gesù. Tutto (ta panta) è stato creato e tutto è stato riconciliato. Il beneficiario della riconciliazione è lo stesso di quella della creazione, la totalità della realtà, noi e il mondo
2Corinzi 5,17 e Galati 6,15
I due testi sono carichi di significati.
Dice 2Corinzi 5,17:
« Cosicché se uno è in Cristo è una creatura nuova di zecca ». Si usa l’aggettivo « kainé » che a differenza di « neos » indica novità qualitativa, non ripetitiva.
Il tema della creatura nuova ha una lunga storia alle spalle. E’ presente nel Deuteroisaia e in Isaia: l’escatologia è una proiezione nel futuro della creazione. L’originalità in Paolo sta nel dire che la « creatura nuova » si realizza nella storia se uno è in Cristo. Non c’è « verranno i cieli e terra nuova », ma la « creatura nuova » è già qui.
Paolo, così diverso da Gesù, in questa intuizione profondissima è suo discepolo contro ogni concezione apocalittica.
Due sono i motivi presenti in questi testi: la dimensione cristologica della creazione e la dimensione escatologica della creatura nuova. Tutto, l’uomo e il mondo, è stato creato, è creatura (ktisis) di fronte al creante (ktisas). La Bibbia offre qui una prima fondamentale risposta alle domande su chi siamo, donde veniamo e dove andiamo.
Il rapporto tra la totalità come creatura e il creante è un rapporto strutturale. Non può esistere creatura senza creante. Non è un rapporto che è stato all’inizio per poi interrompersi, ma persiste. Noi siamo stati, siamo e saremo creatura di fronte al creante. E’ un rapporto costitutivo del nostro essere nei confronti di Dio e di Dio nei nostri confronti. Ci definiamo, gli uni e gli altri, su questa linea della creazione.
sdivinizzazione dell’uomo e del mondo

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