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Omelia (17-07-2011)
padre Gian Franco Scarpitta
L’amore di Dio e l’invidia del diavolo

Le letture di questa domenica ci rassicurano sulla bontà fondamentale di tutte le cose, sulla bellezza del creato e sull’essere dell’uomo « ad immagine e somiglianza di Dio », cioè fondamentalmente buono, anche se avvinto da un’innata inclinazione (concupiscienza) che lo spinge al male. La prima Lettura del libro della Sapienza è molto rassicurante, perché spiega che non c’è Dio all’infuori del nostro che abbia cura di tutte le cose e per Lui essere padrone di tutto il creato e Signore della storia e del mondo non equivale ad esercitare un predominio sproporzionato e totalitario, ma comporta amore e attenzione verso tutte le cose. Dio è mite e mansueto, indulgente con tutti anche nell’esercizio del suo potere, che in definitiva consiste nell’esternare il suo amore a tutte le creature. Altrove il libro della Sapienza esalta la creazione come riflesso della bontà di Dio, e individua Dio nelle creature medesime. Anche Gesù parla della fondamentale bontà di Dio e del suo amore incondizionato e provvidente per l’umanità, prima ancora che attraverso le parole con la sua stessa vita da Figlio dell’Uomo acquisita nell’Incarnazione: le opere stesse attestano alla misericordia del Padre e i suoi insegnamenti ne avallano la verità. Tuttavia Gesù oggi sta richiamando la nostra attenzione sulla realtà dei fatti e sulla concretezza. Solitamente, le parabole e gli insegnamenti di Gesù descrivono il Regno dei cieli in termini affascinanti e positivi: la dramma perduta e recuperata, il tesoro nascosto in un campo, insomma qualcosa di prezioso. Il dramma della zizzania seminata accanto al grano è invece forse l’unico discorso gesuano sul Regno in cui si intrecciano la bontà di Dio con l’amara realtà della vita umana e si scontrano in un duello scabroso due realtà difficili ad essere conciliate: la bontà di un Dio amore e misericordia e la cattiveria, il dolore, la nequizia che imperversa nel mondo. Come concepire la realtà di un Dio buono e provvidente di fronte all’evidenza dell’orrore dell’odio, della violenza, delle ingiustizie e delle malvagità che affliggono anche gli stessi uomini che le commettono? Prima di dare una risposta alla presente domanda assillante, Gesù constata egli stesso la realtà contro cui siamo costretti a lottare a mani nude: il grano che convive con la zizzania. Cioè il bene rappresentato dai giusti, dai pii e dai saggi di ogni tempo che procede nella storia disturbato dal male, questo reso evidente dalle ingiustizie e dalle perversità: è una realtà concreta e ineluttabile questa convivenza fra bene e male e rientra perfino nei parametri con cui si definisce il Regno di Dio.
La risposta giunge a bruciapelo, proprio come è stata posta la domanda che ci siamo posti: « Un nemico ha fatto questo ». Si tratta ovviamente del famoso « serpente antico », che l’Apocalisse identifica nel diavolo, detto anche Satana (Ap 12, 12 – 17). La sua presenza, così avvertita da tutti quanto alle sue azioni straordinarie (possessioni diaboliche, ossessioni), è molto poco considerata riguardo alla sua perfida e astuta attività ordinaria, con la quale egli miete sempre più vittime e indisturbato agisce a danno della nostra convivenza. Il termine « diavolo » già dice tutto: etimologicamente significa « dividere » (dia – ballein) e appunto la divisione e le fazioni sono l’elemento portante della sua perfida azione nella nostra vita associata anche nelle comunissime circostanze del vissuto. Le divisioni e le divergenze si verificano all’interno delle famiglie, dei gruppi, delle associazioni quando in essi anche un solo elemento semina discordia attraverso insinuazioni, pettegolezzi, sabotaggi, in modo da suscitare tensione, sfiducia e acredine gli uni verso gli altri. E’ già un grosso dramma quando un solo soggetto semina disunione e discordia mettendoci gli uni contro gli altri per mezzo di falsità e di menzogne; ancora più terribile quando ciò avvenga allo scopo di perseguire interessi materiali o di grande ambizione. La divisione in fondo può essere considerata l’origine di tutti i mali, anche di quelli legati alla fame e alla violenza. Proprio sotto questo aspetto avviene che « il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare »(1Pt 5,8), mostrandosi anche come Satana, cioè (etimologicamente ) « avversario » di chi ci invita invece alla concordia, all’accettazione e alla solidarietà reciproca.
Il « nemico » appena descritto andrebbe maggiormente considerato nella sua reale pericolosità che è quella di guastare i nostri rapporti. Intanto però Dio ha lasciato che egli continuasse a seminare la sua zizzania di odio, di violenza e di cattiveria nel mondo, perché noi si possa esercitare la virtù della perseveranza e della costanza nella prova e perché possiamo guadagnare il premio proporzionato alla fedeltà che avremo mostrato verso Colui che all’origine aveva inteso solamente introdurre nel mondo il solo grano puro e incontaminato. Avere ragione dell’ »avversario » e marciare contro le sue allettanti seduzioni è di sprone alla fiducia in Dio e ci motiva nel restare saldi nella nostra fede e a procacciare per noi stessi le ragioni dell’unità e della conciliazione.
Come dice San Tommaso, Dio è innocente del male del mondo, perché non può essere mai volontà sua che esso distrugga e deprima sempre più persone. Piuttosto, la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo (Sapienza) perché noi possiamo resistervi e averne ragione in forza della nostra appartenenza a Cristo e al nostro perseverare uniti a Lui. Oltretutto, come potremmo noi sperimentare la misericordia di Dio se non fossimo sfidati tutti i giorno da quanto ad essa si oppone? Come potremmo avere la certezza che Dio ci ama se non fossimo esposti all’odio per conoscerlo? Come potremmo esercitare a nostra volta la virtù della carità se la presenza della miseria non ci spronasse alla sensibilità e alla mitezza?
Se non avessimo la facoltà di avvertire dolore tutte le volte che la fiamma ci scotta o una lama ci fende, potremmo anche non accorgerci di esserci ustionati o feriti e potremmo perire arsi o dissanguati. Parimenti, qualsiasi sofferenza è sempre finalizzata in un certo qual modo ad elevarci e a temprarci sia nel fisico che nello spirito e a fortificarci evitando qualsiasi appannamento o appiattimento della vita.
Seppure Dio invita l’uomo a desistere dalla sua condotta malvagia e a tornare alla comunione con Lui, egli non impedisce tuttavia che egli eserciti la propria libertà di scelta anche nel peccato e nella malizia e appunto la libertà è un ulteriore aspetto dell’amore di Dio nei nostri confronti, anche se di fatto essa va orientata nella direzione più adeguata.
Insomma, se il grano è costretto a crescere accanto alla zizzania in realtà non smentisce la realtà di un Dio misericordioso, ma rientra nella stessa dinamica del Regno di Dio, la cui bellezza e convenienza si sperimenta proprio nel conoscere e nell’affrontare tutto quanto ad Esso si oppone.
La speranza ci sospinge tuttavia a protenderci in avanti guardando con fiducia al domani definitivo, nel quale il maligno verrà definitivamente sconfitto e i giusti otterranno la loro ricompensa.

Publié dans : OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |le 16 juillet, 2011 |Pas de Commentaires »

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