Omelia : Una Parola feconda (Is 55,10-11)

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13134.html

Omelia (13-07-2008) 

don Marco Pratesi

Una Parola feconda (Is 55,10-11)

Il famoso passo si trova quasi alla fine della sezione del Secondo Isaia, nella quale il profeta rivolge un’ultima esortazione al popolo sfiduciato: la Parola che Dio ha pronunziato mediante il profeta si avvererà certamente. « Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace », si legge nel versetto immediatamente successivo alla nostra pericope. Evidentemente, la situazione del popolo in esilio è tale da non lasciare molto spazio alla speranza, e la Parola di Dio rischia di essere presa per una pia illusione. Ma non lo è, e a conclusione della sua profezia il profeta adduce due elementi a sostegno della sua veridicità. Primo: le vie di Dio non sono le vie umane (55,8-9). È un altro testo celebre che, letto nel suo contesto, rileva il fatto che Dio può salvare anche laddove umanamente non c’è salvezza. Secondo: la Parola di Dio non è detta mai a vuoto, ciò che Dio dice si realizza comunque. L’accostamento con la parabola del seminatore (Mt 13,4-9; Mc 4,3-9; Lc 8,5-8) può risultare fuorviante. Qui non si guarda alle disposizioni umane ma alla volontà divina: la salvezza si compirà comunque, per la forza intrinseca della Parola. Certo, questo richiede di essere creduto, c’è anche un appello alla conversione (55,6-8). La pioggia dà seme e pane. Sono i due estremi del processo: dalla semina al pane, in mezzo c’è tutta la fatica del lavoro dell’uomo (cf. 2Cor 9,10). Rimane tuttavia che la realizzazione del piano di Dio non dipende dalla risposta dell’uomo: niente è in grado di annullarlo. Con un’idea simile si era anche aperta la sezione del Secondo Isaia: « L’erba secca, il fiore appassisce, ma la Parola del nostro Dio sussiste in eterno » (40,8). Ancora si nota il contrasto tra la fragilità dell’uomo e la solidità di Dio. Tutta la profezia del Secondo Isaia sta in mezzo a questi due pilastri, incorniciata dalla fede incrollabile nella solidità del progetto salvifico di Dio, anche in situazioni senza speranza: « la tua parola, Signore, è stabile come il cielo » (Sal 119,89).
La pioggia scende dal cielo e vi torna, e così pure la Parola. Essa viene a noi ed entra nella storia, eventualmente « decodificata », captata dal profeta. La Parola efficace non è principalmente quella del Profeta, ma quella di Dio. La parola profetica, e più in generale rivelativa, è – se autentica – specchio di quella Parola che esce dalla bocca di Dio, agisce nella storia, per tornare infine a Dio. Il suo ritorno a Dio è ugualmente importante, poiché quanto non trova approdo in Dio finisce nel nulla. Una parola che non torni a Dio è semplicemente fiato che si perde nel niente (cf. Sal 94,11), come una navicella oramai abbandonata nello spazio. Dio è principio e fine, tutto parte da lui e sfocia in lui, trovando la sua collocazione definitiva in rapporto a lui. Pensiamo alla parola umana: la parola che abbiamo pronunziato forse non ritorna a noi, nel senso che alla fine la percepiamo come parola sostanziosa o vuota, reale o vana? In Dio la Parola nasce dal silenzio, da esso esce come Parola (ri)creatrice, e torna al silenzio come approdo e pienezza definitiva. Il cosmo intero, con la sua storia, è compreso in questo « viaggio di andata e ritorno » della Parola.
Perciò l’uomo non può vivere « di solo pane » (cf. Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4): senza la Parola egli sarebbe semplicemente sopraffatto dalle varie forze che agiscono nella storia, nell’impossibilità di scorgervi qualsiasi progetto complessivamente positivo.
I cristiani lo sanno: questa Parola si è fatta carne, è entrata nella storia (cf. Gv 1,1.14), e in essa rimane attivamente presente fino al completamento del progetto di Dio su di essa (cf. Mt 28,20). Continua a produrre seme per il seminatore del Vangelo (cf. Mc 4,14) e pane per chi di essa si vuol nutrire (cf. Gv 6,40.51). Il piano di salvezza del Signore regge l’urto della storia (cf. Sal 33,11) e la Parola è vittoriosa (cf. Ap 19,11-16). Dobbiamo avere il coraggio della Parola, che significa ascolto e annuncio. Un ascolto perseverante e un annuncio coraggioso della Parola portano certamente alla fruttificazione abbondante, secondo la chiamata, dei germi di bene celati nei solchi della nostra terra.

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