Barbaglio: “Il pensare di Paolo”
dal sito:
http://www.giuseppebarbaglio.it/articoli/n%2036-boxBarbaglio.pdf
Barbaglio: “Il pensare di Paolo”
Paolo è il vero fondatore del cristianesimo? È un pastore o un teologo? Dove ha trovato gli elementi fondamentali del suo pensiero? A Damasco o nella comunità di Antiochia? Che senso hanno le sue lettere? Il suo è un pensiero sistematico, o improvvisato e casuale? È possibile rinvenire un centro del suo argomentare? Non sono poche e di poco conto le domande che si impongono ad un cristiano che desidera approfondire un corpus letterario e teologico così importante del Nuovo Testamento. A tutto ciò aiuta a rispondere un bel libro di Giuseppe Barbaglio, un profondo conoscitore della figura e del pensiero dell’apostolo delle genti.1 In una prima parte del suo lavoro egli studia le caratteristiche formali del pensare di Paolo (pp. 15-100). Esso non si presenta come un pensiero strutturato filosoficamente, ma come un pensare teologico, un « fare teologia » non in vista di una dottrina ben definita (magari incentrata sulla sola fide, gabbia ermeneutica che da secoli imprigiona i suoi scritti), ma dinamicamente inserita in un processo dialogico, una strategia argomentativa, che lo vede interloquire con varie comunità. A partire non da una tabula rasa, ma da una ricca tradizione biblico-giudaica, messa a confronto con le ricchezze culturali del mondo greco-romano e con la vivacità teologica della comunità
di Antiochia, Paolo offre un pensare teologico espresso in forma epistolare. Questa è la forma più adatta con la quale interagire con i destinatari per rispondere alle loro domande e problematiche, e per indurli a un cambiamento di posizioni. « Provocato » e « occasionale » (ma non casuale o incidentale), il pensare di Paolo è « provocatorio » e dialogico, un pensare sempre motivante e argomentante. Paolo non è il fondatore del cristianesimo, ma colui che ha elaborato un pensare ermeneutico o interpretativo. L’unità del suo fare teologia non è dovuta a un tema (sola fide, escatologia ecc.) ma ad un fattore formale, il processo con cui egli pensa Dio e Cristo. La sua è un’ermenutica del vangelo. Paolo rilegge e ridefinisce razionalmente i punti fondamentali del vangelo nelle sue valenze più varie. Esso è predicazione cristiana, cioè polarità di parola efficace e di provocato ascolto di fede; è narrazione dell’evento Cristo, incentrato sul mistero della sua morte, risurrezione e parusia; è potenza divina di salvezza attiva nella predicazione degli evangelizzatori, rivelazione della indiscriminante giustizia di Dio. Il pensare di Paolo è occasionale e non sistematico, ma sempre coerente. Cristo è l’unico ed esclusivo mediatore salvifico per tutti, su un piede di pari dignità e condizioni d’accesso. In quanto crocifisso e risorto egli rappresenta l’intera umanità, rinnovata nel mistero pasquale. L’indicativo della grazia comporta l’imperativo di una risposta da persona viva perché libera nello Spirito. Tutto si realizza secondo le Scritture e si rende presente nell’evangelizzatore conformato al Cristo. Solus Christus, sola fides, sola gratia Christi. Nella seconda parte del libro (pp. 101-318) Barbaglio illustra in concreto, a partire da numerosi blocchi letterari delle sette lettere paoline indisputate, in che modo Paolo pensa e interpreta il vangelo di Cristo. Il cantus firmus del vangelo viene modellato sulle concrete necessità e situazioni delle comunità con le quali egli interloquisce. Una piccola summa del « fare teologia » proprio di Paolo, un vangelo vivo e attuale anche per oggi. (R. Mela)
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1 Barbaglio G., Il pensare di Paolo (La Bibbia nella storia 9bis), EDB, Bologna 2004, € 24,00. Il libro si pone in ideale continuità con il poderoso
volume che lo ha preceduto, sempre dello stesso autore: La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare (La Bibbia nella storia 9), EDB, Bologna 1999 (22001),
pp. 784, € 50,50.
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