Gesù come ponte tra cielo e terra (OR 2008)

dal sito:

http://www.zammerumaskil.com/catechesi/evangelizzazione/gesu-come-ponte-tra-cielo-e-terra.html

Gesù come ponte tra cielo e terra

Domenica 04 Maggio 2008 

Per una religiosità olimpica, cioè nelle tradizioni omeriche ed esiodee dell’antica Grecia, c’è assoluta contrapposizione di natura e destini tra dèi e uomini. Gli dèi sono in alto e felici, gli uomini sono in basso e sofferenti. Gli uni sono immortali, gli altri sono destinati prima a morire, poi a una vaga sopravvivenza nell’Ade. Il Canto del destino di Iperione, di Friedrich Hölderlin, può servire come saggio esemplare di questo tipo di sensibilità religiosa. Il poeta esprime l’aspirazione dell’uomo a una vita beata e pacificata, dove gli dèi però restano lontani dal destino angoscioso delle creature mortali:  loro in alto, noi in basso. Il cristianesimo celebra un orizzonte completamente diverso:  Gesù è il Dio incarnato, Dio che si fa uomo, cioè scende dall’alto verso il basso, per consentire all’uomo l’ascesa. Colui che preesiste in eterno come Dio si abbassa fino a morire in croce, per poi venire ancora elevato alla dignità divina, sollevando con sé l’umanità caduta. Nell’arte cristiana è possibile esplorare questo doppio movimento di discesa e ascesa, in cui Gesù, il Figlio di Dio, è il protagonista. San Paolo ci suggerisce il percorso. Nella lettera ai Filippesi, l’apostolo delle genti celebra la discesa e l’ascesa di Gesù, il suo abbassamento e la sua esaltazione nella croce. Cristo – dice san Paolo – pur possedendo la natura divina, annientò sé stesso, diventando simile agli uomini, e si umiliò fino alla morte in croce. Ed è per questo che Dio lo ha esaltato al di sopra di qualsiasi cosa, in cielo, in terra e negli inferi. La morte in croce è il punto centrale di questo movimento di Gesù, che va dalla sua divinità verso l’uomo, ed è anche il culmine che lo esalta come Dio e gli consente di divinizzare l’umanità.
Anche se i Vangeli non offrono dettagli sui modi in cui Gesù fu inchiodato al patibolo, gli artisti hanno spesso rappresentato l’innalzamento della croce. La possibilità che Cristo sia stato sollevato mentre la croce era già stata innalzata, per esempio con una scala, per esservi inchiodato, fu generalmente esclusa, seguendo in questo l’indirizzo della pittura bizantina. Nel primo Rinascimento italiano si trova qualche raro esempio dove si vede il Salvatore salire su di una scala, oppure gli aguzzini inchiodarlo ai bracci della croce, già alta sul terreno. Altrimenti si è supposto che Gesù sia stato prima inchiodato sulla croce e poi, con essa, innalzato. L’elevazione della croce con il corpo di Cristo inchiodato è stata raffigurata soprattutto nella pittura nordeuropea tra Cinquecento e Settecento. In mezzo a una folla di spettatori, si vedono uomini robusti e muscolosi spingere in alto un’estremità della croce, mentre altri la sollevano per mezzo di corde. Si realizza così l’evento previsto dallo stesso Gesù, che un giorno, parlando con Nicodemo, aveva detto che il Figlio dell’Uomo doveva essere innalzato per poter donare agli uomini la vita eterna. Cristo sembra quasi parlare a Hölderlin, e a chiunque soffra la separazione tra umano e divino:  « Nessuno è mai salito al cielo » – dice Gesù a Nicodemo – « fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo ».
Altre opere d’arte descrivono la deposizione del corpo morto di Gesù dalla croce. L’episodio segue immediatamente la crocifissione. Giuseppe di Arimatea, ricco e rispettato membro del Sinedrio, e segretamente un discepolo di Gesù, ottenne da Pilato il permesso di prendere il corpo di Cristo dalla croce. Giuseppe, che aveva portato con sé un lenzuolo di lino, e Nicodemo, che aveva con sé mirra e aloe per conservare il corpo, deposero la salma di Gesù e la avvolsero nel sudario. I quadri mostrano i due mentre tolgono i chiodi dal corpo di Cristo o il momento in cui lo mettono giù dalla croce. I primi esempi nell’arte occidentale si ispiravano a composizioni bizantine tra X e XI secolo, e mostrano quattro figure principali:  Nicodemo che estrae con delle pinze il chiodo dalla mano sinistra, Giuseppe che afferra il corpo e ne sostiene il peso, la Vergine che tiene la mano destra già libera, e l’apostolo Giovanni che appare in piedi e sofferente a qualche distanza. Intorno al Tre-Quattrocento, si vedono di solito due scale, che poggiano sulle due estremità del lato trasversale della croce, e su di esse Giuseppe e Nicodemo. Sotto, ai piedi della croce, ci sono la Vergine con altre donne e san Giovanni. Nell’arte rinascimentale e barocca la composizione divenne più complessa e affollata di figure. Pensiamo alla grande fortuna di questo tema in manieristi come il Pontormo o Rosso Fiorentino. La croce può essere vista obliquamente, come per esempio nella versione di Rubens nella cattedrale di Anversa; ci sono spesso quattro scale, con due uomini che si appoggiano sul lato trasversale della croce per aiutare a deporre il corpo, passandolo a Giuseppe e Nicodemo.
Gesù, Dio fatto uomo, è sceso dall’alto verso il basso. Lui che è re, si è umiliato come un servo, lui che è il giudice si è fatto processare. Per questo è degno di essere innalzato sopra i cieli. Lui, che è il creatore della vita, ha accettato la morte in croce, ed è sceso nel buio del sepolcro, per essere inghiottito dalla morte. Nella Cappella degli Scrovegni di Padova Giotto ha dipinto il lutto degli angeli, mentre il Figlio di Dio viene deposto nella terra. Ma c’è nell’arte medievale un soggetto – che formava una delle scene nel ciclo della passione di Cristo – a indicare una discesa ulteriore:  quella di Cristo al Limbo, un tema che continuò a essere rappresentato per tutto il Rinascimento. Già nel II secolo vari scritti descrivevano la discesa di Cristo agli inferi, come cioè il Figlio di Dio sconfisse Satana, liberando le anime dei santi del Vecchio Testamento. La storia è narrata nel dettaglio in un vangelo apocrifo, probabilmente del V secolo:  i cancelli dell’inferno andarono in frantumi, i morti furono liberati dalle loro catene. I primi Padri conclusero che la zona dove si trovavano patriarchi, profeti e martiri pre-cristiani non era l’inferno, ma una regione ai suoi bordi, il Limbo, dal latino limbus, che vuol dire « bordo, margine ». Nei quadri vediamo Cristo che, tenendo lo stendardo della Resurrezione, croce rossa su campo bianco (o viceversa), attraversa una soglia. Le porte risultano scardinate e crollate a terra, schiacciando Satana sotto il loro peso. Mentre i demoni fuggono nell’oscurità, una folla di persone giunge da una caverna, per afferrare la mano di Cristo. Il primo è Adamo, vecchio e con la barba grigia. Dietro di lui viene Eva, poi Abele, con il bastone da pastore, a volte vestito di pelle d’animale. Seguono Mosè, il re Davide, il buon ladrone, cui Cristo promise il cielo, poi Giovanni Battista, l’ultimo dei profeti. Più piccoli, seguono altri re e santi. Nel dipinto di Domenico Beccafumi conservato nella Pinacoteca Nazionale di Siena, la schiera di morti liberati sale dal fondo verso il Salvatore in primo piano. La discesa è completa, la missione è compiuta.
L’Ascensione del Signore, invece, rappresenta il movimento verso l’alto. Cristo ascende, nell’arte, spesso sul soffitto della cupola centrale delle chiese. La versione completa della Ascensione è divisa in due parti, superiore e inferiore, cielo e terra. In cielo la figura di Cristo è al centro, con il piede su una nuvola e circondato da cherubini disposti a forma di mandorla. A volte tiene lo stendardo della Resurrezione, e benedice con la mano destra. Ai due lati, per equilibrare la composizione, ci possono essere altri angeli, a suonare strumenti musicali. Sulla terra gli apostoli guardano con meraviglia e timore alla figura che sta allontanandosi, o sono inginocchiati a pregare. La Vergine è generalmente con loro, simbolo della Madre Chiesa che Cristo lascia sulla terra. Sui suoi due lati si possono vedere san Pietro, che tiene le chiavi, e san Paolo con la spada, simboli rispettivamente degli ebrei e dei Gentili a cui venne portato il messaggio cristiano.
Grazie a questo movimento di discesa e di ascesa, Gesù è divenuto la nostra via verso i cieli. Se Lui ascende, la Gerusalemme celeste discende sulla terra. Gesù che è disceso è lo stesso che è salito sopra tutti i cieli, per riempire di sé l’universo. Gesù, Dio e uomo, cade e si rialza, si umilia e si riveste di maestà, sprofonda negli abissi e si slancia nelle altezze. Ed è lo stesso Dio che fa rialzare chi è caduto, indebolisce i forti e riveste i deboli di forza, affama i sazi e sfama gli affamati, fa generare la sterile e rende sterile la feconda, rende i ricchi poveri e i poveri ricchi, pone in alto chi è in basso e in basso chi è in alto. Cristo innalzato sulla croce è l’asse che riunisce ciò che è in alto con ciò che è in basso, attraverso cui circola la vita nell’universo. Dio è disceso, l’uomo è asceso, in una provvidenziale coincidenza degli opposti.

Alessandro Scafi

(L’Osservatore Romano – 4 maggio 2008)

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