Archive pour juin, 2011

LUNEDÌ 27 LUGLIO 2011 – 13 SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 27 LUGLIO 2011 – 13 SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 47, 1. 2. 3. 6; CCl 41, 572-573. 575-576)

Egli è il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo
Le parole che abbiamo cantato contengono la nostra pubblica professione che siamo gregge di Dio: «Riconoscete che il Signore è Dio, egli ci ha fatti e noi siamo suoi» (Sal 99, 3). Egli è il nostro Dio; «noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce» (Sal 94, 7). I pastori, che sono uomini, non hanno fatto loro le pecore che posseggono, non hanno creato le pecore che pascolano. Invece il Signore Dio nostro, perché è Dio e creatore, si è procurato il gregge che egli possiede e che porta al pascolo. Né un altro ha creato quello che egli pasce, né un altro pasce quello che egli ha creato.
Poiché abbiamo proclamato in questo salmo che siamo suo gregge, popolo del suo pascolo, pecore delle sue mani, ascoltiamo quello che egli dice a noi come al suo gregge. Altre volte parlava ai pastori. Ora invece parla al gregge. In quelle sue parole noi ascoltavamo con tremore, voi con sicurezza. Perciò che cosa scaturirà da queste parole di oggi? Forse che la situazione si rovescerà e noi ascolteremo con sicurezza, e voi con tremore? Niente affatto. Innanzi tutto perché, anche se siamo pastori, il pastore ascolta con tremore non soltanto quanto viene rivolto ai pastori, ma anche ciò che viene indirizzato al gregge. Chi ascolta con indifferenza ciò che riguarda le pecore, dimostra di non avere alcuna preoccupazione del gregge. Secondariamente già abbiamo esposto alla vostra carità due punti che devono essere attentamente considerati: che cioè siamo anche cristiani, oltre ad essere capi. Per il fatto che siamo cristiani, anche noi facciamo parte del gregge con voi. Perciò sia che il Signore parli ai pastori, sia che parli al gregge, noi dobbiamo ascoltare tutto il suo insegnamento con tremore, e la preoccupazione non deve allontanarsi dai nostri cuori.
E allora, fratelli, ascoltiamo come il Signore riprenda le pecore cattive e che cosa prometta alle sue pecore. Dice: «Voi, mie pecore» (Ez 34, 31). Fratelli, quale grande gioia essere il gregge di Dio! E’ un fatto che genera grande gaudio anche in mezzo alle lacrime e alle tribolazioni di questa terra. Infatti colui al quale è stato detto: «Tu che pasci Israele», è il medesimo di cui si afferma: «Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode di Israele» (Sal 120, 4). Egli dunque vigila sopra di noi quando noi vegliamo, vigila anche quando noi dormiamo. Perciò se un gregge umano si ritiene sicuro sotto un pastore umano, quanto maggiore deve essere la nostra sicurezza allorché è Dio che ci pasce! E non soltanto perché ci pasce, ma anche perché ci ha creato.
A voi che siete mio gregge queste cose dice il Signore Dio: Ecco, io giudico tra pecora e pecora, e tra arieti e capri (cfr. Ez 34, 17). Che cosa fanno qui nel gregge di Dio i capri? Negli stessi pascoli, presso le medesime fonti? Anche quegli intrusi destinati alla sinistra si sono mescolati agli eletti, destinati alla destra. Ma ora vengono tollerati, poi, però, saranno separati. E qui si esercita la pazienza delle pecore a somiglianza della pazienza di Dio. Da lui infatti verrà operata quella separazione che porterà gli uni alla sinistra, e gli altri alla destra.

DOMENICA 26 GIUGNO 2011 – SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

DOMENICA 26 GIUGNO 2011 – SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/festeSolen/CorpusApage.htm

Seconda Lettura  1 Cor 10, 16-17
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dal libro dell’Esodo – 24, 1-11
 
Videro Dio, e mangiarono e bevvero
Un giorno il Signore disse a Mosè: «Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e insieme settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano, poi Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui».
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!».
Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare.
Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!».
Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani di Israele.
Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, simile in purezza al cielo stesso. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero.

Responsorio   Cfr. Gv 6, 48. 49. 50. 51. 52
R. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna del deserto e sono morti. * Questo è il pane disceso dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
V. Io sono il pane vivo: se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
R. Questo è il pane disceso dal cielo; perché chi ne mangia, non muoia.

Seconda Lettura
Dalle «Opere» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa
(Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4)
 

O prezioso e meraviglioso convito!
L’Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi, da uomini, dèi.
Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati.
Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento?
Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa l’Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione.
Egli istituì l’Eucaristia nell’ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre.
L’Eucaristia è il memoriale della passione, il compimento delle figure dell’Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.

The holy Eucharist

The holy Eucharist dans immagini sacre

http://www.christthesaviourhbg.org/icons.html

Publié dans:immagini sacre |on 25 juin, 2011 |Pas de commentaires »

Corpo di Cristo siamo anche noi

dal sito:

http://www.lavoce.it/articoli/20110624231.asp

SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

Corpo di Cristo siamo anche noi

Bruno Pennacchini  Esegeta, già docente all’Ita di Assisi

Nella festa del Corpus Domini, la liturgia celebra quell’avvenimento che il mondo non può credere: la presenza reale di Dio fra gli uomini. Dio è presente nel mondo in mille modi. San Paolo, parlando agli intellettuali ateniesi, radunati sull’areopago, disse: “In lui viviamo, ci moviamo, e siamo” (At 17,28). L’eucaristica tuttavia rende tale presenza talmente “concreta” da potercene perfino cibare. Sant’Agostino, in quella straordinaria autobiografia che sono le Confessioni, prova a descrivere il momento della svolta decisiva della propria vita. Tra l’altra scrive: “Cresci – sentì come una voce dall’alto che gli diceva – e mi mangerai; ma non mi trasformerai in te, come avviene con il cibo della tua carne, ma tu sarai trasformato in me” (Conf. VII,16). L’ascolto delle tre letture della messa ci condurrà al cuore di quella misteriosa pienezza.
La prima lettura ruota attorno ad una parola-chiave: “manna”, simbolo di tutto il nutrimento provvidenziale con cui Dio sostentò il popolo che aveva tratto con potenza dalla schiavitù dell’Egitto. Il libro dell’Esodo parla di un cammino di quarant’anni, pari a due generazioni, durante le quali Dio educò il popolo, insegnandogli due cose fondamentali: conoscere la realtà di se stessi e sperimentare che Dio agisce come un saggio pedagogo. Ha fatto provare loro la fame, ma non ha lasciato che ne morissero, anzi li ha nutriti di manna, cibo sconosciuto a loro e ai loro padri. Ugualmente con la sete, con la malattia e gli incidenti della marcia nel deserto. Tutto avveniva in modo inaspettato e insospettabile. Profezia di un’altra manna, cibo incorruttibile, con cui Gesù condurrà nei secoli la Chiesa; e profezia di come Dio educa noi, alternando sapientemente disagio e gratificazione; nella stessa maniera, ogni genitore saggio fa con suo figlio.
La seconda lettura è formata da due soli versetti della Prima lettera ai Corinzi di san Paolo apostolo. La parola “comunione” vi compare due volte. Parola che ci rimanda al sacramento a cui molti di noi partecipano spesso. Paolo mette in relazione il calice e il pane con il sangue ed il corpo di Cristo; e l’uno e l’altro con noi, che siamo un solo corpo in Lui. Ossia: il vino e il pane consacrati sono corpo e sangue del Signore; e noi, l’assemblea dei credenti in Gesù, siamo il suo Corpo. Pensavo: quando andiamo alla comunione, il celebrante ci presenta l’ostia consacrata e dichiara autorevolmente: “Corpo di Cristo!”. Noi rispondiamo: “Amen”, ossia è certo, lo confermo, ne sono convinto. Ma se lo stesso celebrante, anziché presentarci l’ostia consacrata, ci indicasse l’assemblea, dichiarando con uguale autorevolezza: “Corpo di Cristo!”, risponderemmo “Amen” con uguale convinzione? Sinceramente mi rimane qualche dubbio. Eppure per Paolo c’è equivalenza fra il pane eucaristico, il Corpo di Cristo e la Chiesa. I tre sono dinamicamente collegati: attraverso il mistero eucaristico si realizza e vive il mistero della Chiesa, che è il corpo di Cristo. Lo Spirito santo circola in tutto il corpo come soffio che tutto vivifica: il Capo, che è Cristo, e le membra, che siamo noi. (Ricordiamo le parole della liturgia di Pentecoste: “Lo Spirito del Signore riempie l’universo”). Quando comunicano al pane e al vino, i fedeli diventano Corpo di Cristo, cioè Chiesa. Paolo ribadisce con forza questa certezza, un poco più avanti nella stessa lettera (1Cor 11,17-29), quando rimprovera violentemente i cristiani di quella città, perché nello loro assemblee si fanno discriminazioni tra chi è benestante e chi è povero. E conclude che chi mangia il pane e beve al calice del Signore indegnamente, ossia disconoscendo le esigenze di fraternità, di solidarietà, che comporta il ricevere il Corpo di Cristo, “mangia e beve la propria condanna”; entra cioè, in contraddizione con se stesso. Se, infatti, uno è il Corpo di Cristo/eucaristia, uno deve anche essere il Corpo di Cristo/assemblea cristiana.
Il Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58) sottolinea l’altro aspetto dell’eucaristia: il nutrimento. Gesù è esplicito “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. I due temi sono inseparabili: la comunione fraterna e il nutrimento spirituale. Ad analogia con il nutrimento quotidiano che ci permette di vivere fisicamente, il Corpo di Cristo, ricevuto nell’eucaristia, ci dà un supplemento di vita. Quando ci comunichiamo si compie in noi l’unione fra Dio e l’uomo; siamo quindi responsabili, in certo senso, della presenza di Dio nel mondo. E si compie anche l’unione dei credenti in Gesù Cristo.

Udienza di Benedetto XVI alla ROACO (all’Assemblea della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-27203?l=italian

Udienza di Benedetto XVI alla ROACO

In occasione della sua riunione celebrata a Roma

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 24 giugno 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo il discorso che il Papa ha rivolto questo venerdì ai partecipanti all’Assemblea della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali (ROACO), che ha ricevuto nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.

* * *

Signor Cardinale,

Beatitudine,

venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,

cari Membri ed Amici della ROACO,

Desidero esprimere a ciascuno di voi il più cordiale benvenuto e ricambio volentieri con ogni miglior augurio le cortesi parole di omaggio che mi ha rivolto il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali e Presidente della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali, accompagnato dall’Arcivescovo Segretario, dal Sottosegretario e dai Collaboratori ecclesiastici e laici del Dicastero. Porgo un fraterno saluto al nuovo Patriarca Maronita, Sua Beatitudine Bechara Boutros Rai, ed estendo il mio pensiero agli altri Presuli, ai Rappresentanti delle Agenzie Internazionali e dell’Università di Betlemme, come pure ai Benefattori qui convenuti. Tutti ringrazio per la cooperazione generosa al mandato di universale carità che il Signore Gesù affida incessantemente al Vescovo di Roma quale Successore del beato Apostolo Pietro.
Ieri abbiamo celebrato la Solennità del Corpo e Sangue del Signore. La Processione Eucaristica, che ho presieduto dalla Cattedrale Lateranense fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, reca sempre un appello all’amata Città di Roma e all’intera Comunità cattolica di rimanere e camminare sulle vie non facili della storia, tra le grandi povertà spirituali e materiali del mondo, per offrire la carità di Cristo e della Chiesa, che scaturisce dal Mistero Pasquale, mistero di amore, di dono totale che genera vita. La carità « non avrà mai fine » (1Cor 13,8), dice l’Apostolo Paolo, ed è capace di cambiare i cuori e il mondo con la forza di Dio, seminando e risvegliando ovunque la solidarietà, la comunione e la pace. Sono doni affidati alle nostre fragili mani, ma il loro sviluppo è sicuro, perché la potenza di Dio opera proprio nella debolezza, se sappiamo aprirci alla sua azione, se siamo veri discepoli che cercano di esserGli fedeli (cfr 2Cor 12,10).

[in francese:]
Cari amici della roaco, non dimenticate mai la dimensione eucaristica delle vostre finalità per mantenervi costantemente nel movimento della carità ecclesiale. Desidero che esso giunga in modo del tutto particolare alla Terra Santa ed anche all’intero Medio Oriente per sostenervi la presenza cristiana. Vi chiedo di fare tutto il possibile, anche interessando le Istanze Pubbliche con le quali venite in contatto ad un livello internazionale, perché in Oriente, dove sono nati, i Pastori e i fedeli di Cristo possano rimanere «non da stranieri», ma quali «concittadini» (Ef 2, 19), testimoniando Gesù, come i Santi del passato, figli anch’essi delle Chiese orientali. L’Oriente è ad ogni buon diritto la loro patria terrena. Proprio là sono chiamati anche oggi a costruire il bene di tutti, indistintamente, grazie alla loro fede. Una eguale dignità e una reale libertà dovranno essere riconosciute a coloro che professano tale fede, permettendo così una più fruttuosa collaborazione ecumenica e interreligiosa.

[in inglese:]
Vi sono grato per avere riflettuto sui mutamenti in atto nei Paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente, che mantengono ancora in ansia il mondo. Grazie anche all’apporto offerto in questi giorni dal Cardinale Patriarca Copto-cattolico e dal Patriarca Maronita, come dal Rappresentante Pontificio a Gerusalemme e dal Custode Francescano di Terra Santa, la Congregazione e le Agenzie potranno rendersi conto delle condizioni concrete in cui vivono la Chiesa e le popolazioni in una Regione di somma importanza per l’equilibrio e la pace mondiali. Il Papa vuole farsi vicino, anche attraverso di voi, a quanti sono nella sofferenza e a quanti da essa tentano disperatamente di fuggire incrementando flussi migratori talora senza speranza. Auspico al riguardo la necessaria assistenza immediata, ma soprattutto ogni possibile mediazione, affinché cessino le violenze e, nel rispetto dei diritti dei singoli e delle comunità, siano ristabilite ovunque la concordia sociale e la pacifica convivenza. La fervida preghiera e la riflessione ci aiuteranno, nel contempo, a leggere le prospettive emergenti dalla presente stagione di fatica e di lacrime: voglia il Signore della storia volgerle sempre al bene comune.

[in tedesco:]
L’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi celebrata lo scorso ottobre in Vaticano e alla quale hanno partecipato alcuni di voi, ha portato i fratelli e le sorelle dell’Oriente ancor più decisamente nel cuore della Chiesa e ci ha introdotti a scorgere i segni di novità del tempo odierno. Ma subito dopo quell’assise l’assurda violenza ha colpito ferocemente persone inermi (cfr. Angelus del 1° novembre 2010) nella Cattedrale siro-cattolica di Bagdad e, nei mesi successivi, in diversi altri luoghi. Questo dolore provato per Cristo può essere d’aiuto alla crescita del buon seme e rendere i frutti ancor più fecondi, a Dio piacendo. Consegno, perciò, alla buona volontà dei membri dellaroacoquanto è emerso nel Sinodo ed anche il prezioso patrimonio spirituale costituito dal calice della passione di molti cristiani quale riferimento per un servizio intelligente e generoso, che parta dagli ultimi e nessuno escluda, e sempre misuri la sua autenticità sul Mistero Eucaristico.

[in italiano:]
Cari amici, sotto la guida dei loro generosi Pastori e anche con il vostro insostituibile sostegno, le Chiese Orientali Cattoliche sapranno sempre confermare la comunione con la Sede Apostolica, gelosamente custodita lungo i secoli, e dare un contributo originale alla nuova evangelizzazione sia in madrepatria, sia nella crescente diaspora. Pongo questi auspici sotto la protezione della Santissima Madre di Dio e del Precursore di Cristo, san Giovanni Battista, nella solennità liturgica della sua nascita. Si avvicina anche la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: in quel giorno renderò grazie al Buon Pastore, come ha ricordato il Cardinale Sandri, nel 60° anniversario della mia Ordinazione sacerdotale. Sono molto riconoscente per la preghiera e l’augurio, di cui mi fate gradito dono. Vi chiedo di condividere la mia supplica al « Padrone della messe » (Mt 9,38) perché conceda alla Chiesa e al mondo numerosi e ardenti operai del Vangelo. E come segno del mio affetto sono ben lieto di impartire a ciascuno di voi, a quanti vi sono cari e alle comunità a voi affidate la confortatrice Benedizione Apostolica.

[ Libreria Editrice Vaticana, traduzione dall'originale plurilingue a cura de “L'Osservatore Romano”]

Publié dans:Papa Benedetto: discorsi |on 25 juin, 2011 |Pas de commentaires »

il dono dell’Eucarestia – per il Corpus Domini

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http://stocf.wordpress.com/

Publié dans:immagini sacre |on 24 juin, 2011 |Pas de commentaires »

Papa Paolo VI: Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo [10 giugno 1971]

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1971/documents/hf_p-vi_hom_19710610_it.html

OMELIA DI PAOLO VI

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

Giovedì, 10 giugno 1971

Salute a voi tutti, Fratelli e Figli carissimi!

A Voi, sacerdoti, operatori e ministri dell’Eucaristia: oggi solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, è festa grande per la vostra elezione, per la vostra mediazione, per la vostra duplice identificazione: con il Popolo di Dio, a cui voi appartenete, come fratelli e servitori nel ministero; con Cristo, di cui voi esercitate le prodigiose potestà che a Lui vi assimilano, come sacerdoti e come vittime nel sacrificio eucaristico! Meditate ed esultate in silenzio: è festa vostra!
A voi salute, Fedeli tutti, che qui per Noi rappresentate Roma cattolica, Urbe centrale di tutta la Chiesa, la sua storia, la sua fedeltà, la sua attuale vitalità; e volete essere con Noi per celebrare l’incontro sacramentale e perenne con Cristo vivo, nella fede, nella speranza, nell’amore!
A voi, specialmente, cari, carissimi Ammalati, che portate a questa celebrazione l’incenso bruciante e profumato del vostro dolore, e che date a Noi il gaudio paziente di incontrarvi, di esservi per un’ora vicini, di esprimervi la Nostra commossa affezione, di condividere le vostre pene e le vostre preghiere, salute! salute! Oh! come vorremmo che in questo augurio fosse la virtù, ch’esso significa ed auspica, quella salute che Gesù, Lui Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, elargiva agli infermi e ai sofferenti, incontrati durante il suo terreno soggiorno: Lui sì, tutti confortava e guariva: «Da Lui, scrive San Luca, l’evangelista medico, emanava una forza che guariva tutti» (Luc. 6, 9). A Noi non è stato trasmesso questo potere miracoloso, ma quello, non certo meno prezioso, di comunicare non la salute fisica, ma la salvezza spirituale; e questa ora Noi vorremmo farvi in qualche modo gustare celebrando insieme con voi e per voi questa festa misteriosa e grandiosa del Corpo e del Sangue di Cristo. Voi soffrite di due mali, uno fisico, al quale medici ed assistenti cercano, con tanta bravura e premura, di portare rimedio; l’altro spirituale, che non è meno grave, sentito e complicato: a questo almeno la presente celebrazione può recare conforto.

MISTERO DI PRESENZA
Come mai? Ascoltate un momento. Qual è il vero significato di questa cerimonia? che cosa accadrà durante questo rito, come sempre, quando una Messa è celebrata? Accadrà questo: che Gesù, proprio Lui, Gesù Cristo sarà presente, sarà qui, sarà fra noi, sarà per voi. Noi stiamo rievocando non solo la sua memoria, ma la sua presenza, la sua presenza reale, velata, nascosta, accessibile soltanto a chi crede nella sua divina parola, ripetuta, e potente, da chi possiede il suo prodigioso sacerdozio, ma vera presenza, viva, personale. Lui, Gesù benedetto, sarà presente. L’Eucaristia è innanzi tutto un mistero di presenza. Pensiamoci bene: Gesù mantiene in questa forma e in questa ora la sua profetica parola: «Io sarò con voi fino alla fine dei tempi» (Matth. 28, 28). «Io non vi lascerò orfani, verrò a voi» (Io. 14, 18). Così disse, e così fa: Egli sarà qui, per Noi, per voi, per ciascuno di voi. Ora dite, voi oppressi dalla sofferenza: non è la solitudine, il senso d’essere soli, e quasi separati da tutti, ciò che fa grave, e talora insopportabile e disperata la vostra sofferenza? Il dolore è, di per sé, isolante; e ciò fa paura, e accresce la pena fisica. Ebbene, per chi crede nell’Eucaristia, per chi ha la fortuna di riceverla, questa tremenda solitudine interiore non c’è più. Egli, Gesù, è con chi soffre. Egli conosce il dolore. Egli lo consola. Egli lo condivide. Egli è il medico interiore. Egli è l’amico del cuore. Egli ascolta i gemiti dell’anima. Egli parla in fondo allo spirito.

L’ESEMPIO DI GESÙ
Perciò ascoltate ancora questo linguaggio, proprio dell’Eucaristia. Vi dicevamo: Gesù sarà presente. Ma come sarà presente? Sarà presente, sia pure in modo incruento, come «l’uomo dei dolori» (Cfr. Is. 53, 3); come vittima, come «agnello di Dio» (Io. 1, 29); sarà presente come era nell’ora della sua passione, del suo sacrificio, come crocifisso. Questo significa la duplice specie del pane e del vino, figure del Corpo e del Sangue del medesimo Cristo. Gesù si offre per noi e a noi com’era sulla croce, immolato, straziato, consumato nel dolore portato al suo più alto grado di sensibilità fisica e di desolazione spirituale; ricordate i suoi spasimi umanissimi: «Ho sete!» (Io. 19, 28); e i suoi ineffabili tormenti: «Dio! Dio! perché mi hai abbandonato?» (Matth. 27, 46); ricordate? Chi ha sofferto quanto Gesù? La sofferenza è proporzionale a due misure: alla sensibilità (e quale più fine sensibilità di quella di Cristo, Uomo-Dio?), e all’amore: la capacità di amare è misurata dalla capacità di soffrire. Comprendete come Gesù è vostro esempio, è vostro collega, uomini e donne, che qua portate le vostre vite doloranti? Comprendete perché proprio con voi abbiamo voluto celebrare la solennità del Corpo e del Sangue di Cristo?

OFFRIRE IL DOLORE PER LA CHIESA
E vi diremo di più: comprendete ora che cosa è la comunione, e ciò che l’assunzione dell’Eucaristia compie in voi? È la fusione della vostra sofferenza con quella di Cristo. Ciascuno di voi può ripetere, a maggiore ragione d’ogni altro fedele che si comunica, le parole di San Paolo: «. . . io mi rallegro nelle sofferenze . . . . e compio nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo» (Col. 1, 24). Soffrire con Gesù! quale sorte, quale mistero! Ecco, ecco una grandissima novità: il dolore non è più inutile! Se unito a quello di Cristo, il nostro dolore acquista qualche cosa della sua virtù espiatrice, redentrice, salvatrice! Capite ora perché la Chiesa onora ed ama tanto i suoi malati, i suoi figli infelici? Perché essi sono Cristo sofferente, il Quale, proprio in virtù della sua passione, ha salvato il mondo. Voi, carissimi ammalati, potete cooperare alla salvezza dell’umanità, se sapete unire i vostri dolori, le vostre prove a quelle di Gesù, che ora verrà a voi nella santa comunione.
E lasciate allora che Noi vi rivolgiamo una preghiera, suggerendo a voi di dare alle vostre sofferenze la medesima intenzione, che ispirava all’Apostolo, di cui vi abbiamo citato le famose parole, queste altre che integrano il suo pensiero: godo, egli diceva, di patire completando la passione del Signore «a favore del suo (mistico) corpo, che è la Chiesa» (Ibidem.): ebbene, questo Noi vi chiediamo, che abbiate a offrire (vedete: soffrire diventa offrire!) i vostri dolori per la Chiesa; sì, per la Chiesa intera, e per questa romana in particolare. Voi forse ne conoscete i bisogni.
Avrete voi, e avremo così insieme, degnamente celebrato la festa del Corpo e del Sangue di Cristo: festa di dolore, di amore, di consolazione, di speranza e di salvezza, per voi e per tutti!                                      

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