Atene… la città piena di idoli (At 17, 15 – 34) [San Paolo ad Atene]
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LABORATORIO DELLA FEDE
Atene… la città piena di idoli (At 17, 15 – 34)
Venerdì 24 aprile 2009
Atene capitale dell’antica Grecia, anche se ai tempi di Paolo, ha perso parte del suo splendore, per il saccheggio da parte di Silla nel I sec a.c., continua ad essere considerata centro delle arti e della filosofia…. La città dove si recava a studiare chi desiderava una vera cultura. Pur decadente, essa conservava ancora molte statue e altari eretti ai numerosi idoli, tanto che Petronio osserva che ad Atene è più facile imbattersi in una divinità che in un essere umano.
Paolo giunge ad Atene per fuggire da Berea, dove un gruppo di giudei aveva sobillato il popolo. In attesa dell’arrivo di Sila e Timoteo, l’apostolo discute il sabato con i giudei nella sinagoga e ogni giorno con la gente comune nelle piazze. Incuriositi della sua predicazione, alcuni cittadini lo condussero davanti all’Areòpago, il noto tribunale ateniese, competente in materia di religione e dottrina.
Nei suoi viaggi missionari, Paolo tiene tre grandi discorsi: il primo ai giudei di Antiochia di Pisidia, il secondo all’Aeròpago di Atene; il terzo ai cristiani di Efeso a Mileto. Qui all’Aeròpago, il suo discorso vale come prezioso esempio di tentativo di dialogo tra cristianesimo e cultura pagana. Ma è anche utile in chiave apologetica, per dimostrare al lettore che neppure in questo prestigioso tribunale pagano il suo annuncio viene condannato.
LETTURA ATTI 17, 15 – 34
Camminando per le strade, Paolo Fatica a soffocare il suo sdegno per la visione delle numerose statue erette agli idoli. Egli discutendo nelle piazze con la gente, annuncia Gesù risorto. (At 17, 16-18).
Gli ateniesi amano parlare e sentir parlare… tuttavia il dialogo è reso difficile dalla mentalità greca, che sottopone ciò che ascolta al vaglio critico della ragione.
Tra gli intellettuali, spiccano due scuole filosofiche: quella stoica e quella epicurea. Gli stoici vedevano nell’universo e nella storia una ragione, una sapienza divina ed eterna, dove però tutto accade in maniera fatalistica o quasi. Qui la persona è vista come una piccola particella del cosmo e la vera saggezza consisteva nell’accettare il proprio destino con impassibilità e rassegnata serenità.
Al contrario, gli epicurei rifiutavano ogni divinità, il concetto stesso i creazione, di provvidenza e vita ultraterrena. Per loro tutto era dovuto al caso e la vita doveva essere vissuta senza progetti e senza particolari disegni, cogliendo e gustando l’attimo fuggente: il famoso carpe diem.
Pur diverse tra loro, entrambe rifiutavano le religioni tradizionali e gli stessi presupposti per credere in un Dio personale, in dialogo salvifico con l’umanità; proprio Colui che annunciava Paolo! Tuttavia Paolo non argomenta da filosofo, ma da predicatore raffinato per gente acculturata. Nel racconto si nota una sottile ironia: mentre gli ateniesi si ritengono sapienti, non riescono a capire quello che Paolo afferma e dunque lo conducono all’Aeròpago (17,19). Paolo non teme di affrontare una visione del mondo e della religione tanto lontana dal suo annuncio… le difficoltà anziché deprimerlo, sembrano moltiplicare le sue energie.
All’Aeròpago paolo per la prima volta accetta di predicare senza la protezione di un ambiente religioso, in un luogo dove la molteplicità degli approcci culturali rende più difficile la ricerca di un punto di interesse e di incontro comune. Infatti all’Aeròpago, al pluralismo religioso, si assomma quello delle idee, quasi a sottolineare la solitudine di Paolo e la grandezza della sua sfida.
La difficoltà è evidenziata nel testo, col modo spregiativo con cui viene qualificato: « ciarlatano »! tuttavia il discorso che lì tiene, in modo intelligente e prudente, gli permette di tener testa e di essere ascoltato con attenzione. Nessuno nell’antichità avrebbe mai pensato che un giudeo venisse chiamato a confronto col vertice della civiltà ellenica! In quella città così dotta e consapevole del suo primato culturale, Paolo raggiunge un primo risultato: suscitare interesse ed ottenere ascolto. Egli si pone di fronte all’assemblea stando ritto in piedi nella tipica postura dell’oratore greco che proclama la propria dottrina. Tutto ciò indica che la tappa di Atene diventa emblematica di un cristianesimo che intende confrontarsi con la religiosità e la cultura greca, appropriandosi anche del metodo comunicativo tipico di quella realtà. Paolo a modo suo dirà: « mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno » (1Cor 9,22).
L’esordio di Paolo appare illuminante. All’Aeròpago, anziché esprimersi in chiave polemica per i tanti idoli incontrati… parte proprio da li quasi tessendo da quel punto, un elogio all’indole religiosa degli ateniesi. Ancor più intelligente si rivela facendo riferimento ad un altare dedicato al « Dio ignoto ». Egli, evitando di dare l’impressione di voler introdurre nuove divinità (cosa assai pericolosa per quell’ambiente), trova un aggancio con la sua predicazione: « colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio » (17,23). Introduce così il discorso sul monoteismo. In seguito egli afferma che: « Dio… non abita in templi costruiti da mani d’uomo » (17,24) perché essendo lui il creatore di tutto, non ha bisogno di nulla (17,25). In tal modo, egli annuncia il Dio della tradizione biblica e cristiana, avvicinandosi molto, nel linguaggio e nel pensiero, a prospettive che suonano familiari ad un orecchio greco… cerca dunque, ogni sorta di aggancio, per favorire lì, l’annuncio cristiano.
La prima conversione da operare riguarda, dunque, il passaggio dal politeismo al monoteismo. Il secondo passo, non meno importante, è quello di liberare la concezione divina da forme troppo umane, frutto di immaginazione e fantasia.
Paolo presenta dio assai diversamente da come lo immaginava la mentalità pagana. Egli non ha bisogno di nulla, anzi è un Dio provvidente verso tutta l’umanità.
Paolo poi, sembra conoscere e anticipare le obiezioni dell’uditorio: come può l’uomo conoscere Dio?
L’ordine cosmico e storico sono le possibilità concrete per riconoscere le tracce dell’esistenza di Dio (17,26)… ma sottolinea che ciò che ci permette di conoscerlo risiede nel fatto che noi siamo sue creature… opera delle sue mani… ancora… l’affinità dell’uomo con il creatore… siamo a « sua immagine e somiglianza ».
La conversione cristiana, per Paolo, è un ritorno alla verità, e richiede un uso corretto dell’intelletto, poiché la fede cristiana non mette tra parentesi la ragione, ma la valorizza al massimo!
Anche questa lezione Paolina, se volete, travalica i secoli, e giunge fino ai giorni nostri con tutto il suo valore.
Anche noi possiamo cercare Dio nella misura in cui ci liberiamo delle false immagini che di Lui ci siamo fatte… frutto di pregiudizi, immaginazioni, interessi personali inconfessabili.
Cercare Dio non è facile, ci sono stati tempi di vera ignoranza, ma ora Lui chiama tutti al cambiamento.
Paolo propone finalmente lo schema della predicazione cristiana, che faceva appello alla conversione. È giunto il tempo in cui anche i greci sono chiamati a passare dagli idoli morti al Dio vivo e vero, perché Dio giudicherà tutti (17,31). All’Aeròpago, risuona finalmente il Kerygma cristiano « Cristo è morto ed è risorto per la nostra salvezza ».
Paolo si oppone ad ogni tentativo di attenuare la novità evangelica. Colpisce tuttavia nel discorso che tiene, il silenzio sul nome di Gesù e sulla crocifissione, unica concessione alla momentanea prudenza per non urtare ulteriormente l’uditorio.
Tuttavia, se l’uomo con la ragione può trovare Dio, per giungere a Cristo e alla salvezza ha bisogno della predicazione degli apostoli e della Chiesa.
A questo punto, mi sembra che il discorso di Paolo giunge al suo vertice: egli con grande coraggio, annuncia a questo popolo dai gloriosi passati, che ha bisogno di un Salvatore, per lo più di origine giudaica!!!
Qui Paolo non ha comunicato una filosofia da affiancare alle altre, bensì l’unica verità e la sola sapienza… ad una civiltà, culla dell’arte e della bellezza, presenta come Dio e Signore, un uomo morto con infamia sulla croce!
A questo popolo che guarda alla fine della vita come al momento della liberazione dell’anima dal corpo, egli propone una resurrezione che appare senza senso… Paolo ci insegna che non dobbiamo mai svendere il vngelo di Cristo unico Salvatore, per nessuna ragione al mondo… neanche per un malinteso rispetto dell’opinione altrui!!!
A quelle parole l’atteggiamento degli ateniesi appare arrogante ma non molto dissimile a quello riservato dai giudei a Gesù. Essi restano estranei alla proposta, tranne « alcuni », due dei quali conosciuti per nome: Dionigi e Damaris. Anche Paolo si sarà chiesto perché un discorso così attento ed acculturato, non si rivela più fecondo di conversioni?
Ma deve aver trovato presto anche la risposta: gli ateniesi amano discutere, ma non mettersi in discussione, cosa che invece il vangelo insegna!
Inoltre Paolo comprende che la difficoltà della conversione viene dal rifiuto della resurrezione… il divario culturale a riguardo, richiede tempo e pazienza.
Per tale motivo aveva taciuto il nome di Gesù e la sua atroce morte, nella segreta speranza di avere tempo per maturare il dialogo e l’eventuale conversione.
Anche oggi la situazione non appare molto diversa…
RIFLETTIAMO INSIEME
« paolo ad Atene accetta la sfida difficile della predicazione, in un contesto culturale difficile. Accettare questa sfida è un compito imprescindibile per la Chiesa e per tutti coloro che hanno compiti educativi… portarsi cioè dove la gente vive quotidianamente! Come fare concretamente? Sono disposto come Paolo a « farmi tutto a tutti »?
« paolo ci insegna con la sua esperienza di Atene, a superare la paura del confronto… a non paralizzare il nostro annuncio e la nostra testimonianza, moltiplicando impegno e creatività.
« Per portare un efficace annuncio agli uomini d’oggi, non basta la buona volontà, occorre anche una adeguata preparazione; soprattutto occorre conoscere e amare il Signore per annunciare il Vangelo in modo efficace e innamorato.
« Nel dialogo col mondo, non siamo chiamati a svendere i valori evangelici, ma a proclamarli con carità e verità perché senza l’annuncio della pasqua di Cristo, non si fa vera evangelizzazione. Come parliamo di dio agli amici, parenti, figli?
« La colta Atene è chiamata ad andare oltre la semplice curiosità ed il vuoto chiacchiericcio filosofico. Sappiamo evitare le chiacchiere per annunciare con la nostra testimonianza un modo diverso di vivere, di credere, di pensare la vita? Sappiamo smascherare i troppi idoli di fronte ai quali l’uomo di oggi facilmente si inchina? In un mondo in cui impera il relativismo, sappiamo affermare un solo Dio, una sola verità di salvezza, un solo Signore Gesù Cristo?
« Paolo non raccolse grandi frutti ad Atene, ma comprese in quella esperienza che anche le strategie più accurate non sono garanzia di successo. Siamo consapevoli che l’annuncio va sempre proposto con pazienza, amore e confidando nell’aiuto di Dio?
PREGHIERA
Signore… ti chiediamo di venire in nostro aiuto.
Ti chiediamo di donarci l’infinita ricchezza della tua parola,
parola esigente… che chiede il cambiamento della nostra vita,
che chiede di farsi tutto a tutti come Paolo.
Anche noi spesso ci mettiamo alla ricerca di te, nostro Dio,
tastando qua e la come ciechi,
perché anteponiamo a Te i nostri idoli:
la ricchezza, il benessere, la bellezza…
spesso siamo tentati di ridurre l nostra fede ad un fatto intimistico e personale, senza lanciarci nell’annuncio coraggioso della testimonianza.
Aiutaci o Padre,
a rendere testimonianza a Gesù, tuo Figlio,
con l’umile certezza di chi è consapevole di appartenere a Lui.
Aiutaci a testimoniarlo
Come Paolo ha saputo fare,
la dove il tuo amore ci pone ogni giorno.
Aiutaci a non vergognarci mai di essere cristiani…
Perché allora… e solo allora, potremmo essere missionari come Paolo,
nella famiglia, nella scuola, nel lavoro,
nella sanità, nell’educazione, nella politica,
nella vita considerata tuo dono da difendere e donare.
Aiutaci come Paolo, a farci tutto a tutti.
Amen.
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