Liberare gli schiavi (1Cor, tema e citazione)
dal sito:
http://www.giovaniemissione.it/spiritualita/andcat22.htm
Liberare gli schiavi
Gim di Roma Gennaio 2004
Nella prima lettera ai Corinzi, Paolo affronta varie questioni disciplinari, tra le quali, quella abbastanza cruciale della circoncisione. Al capitolo 7,20 afferma: Circoncisione o incirconcisione è niente. Ciò che conta è l’osservanza del comandamento del Signore. E’ in gioco qualcosa di importante. La circoncisione marcherà per il popolo di Israele l’avvenuta liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e l’appartenenza del popolo stesso a Dio. Essa, dunque, era un segno di libertà. Paradossalmente, tuttavia, proprio l’esenzione da essa per i credenti provenienti dal paganesimo, diventa una questione di libertà. E’ importante, dunque, cercare di penetrare il senso che l’apostolo attribuisce a questa “nuova” libertà che Cristo è venuto a portare. In particolare si possono sottolineare tre aspetti di essa:
1. La libertà cristiana non è primariamente una condizione esteriore. Essa è piuttosto una qualità dell’interiorità. Ovviamente anche per l’antico Israele la circoncisione rimaneva un segno esterno di una libertà più profonda legata all’alleanza con Dio ed alla circoncisione del cuore tanto annunciata dai profeti. Non di meno, con la grazia, interviene qualcosa di veramente nuovo. Le circostanze esterne diventano veramente relative: non c’è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero… né uomo né donna… ma tutti siete una persona sola in Cristo… Gal 3,27 La libertà, dunque, diventa una dimensione della personalità interiore della persona.
Dove, dunque, sperimento questo bisogno di libertà?
Ovviamente qualsiasi circostanza che mi limita mi fa sentire il bisogno di libertà: la mia storia, limitazioni nelle possibilità a me date di realizzazione, il mio carattere che non mi piace, le mie sofferenze interne od esterne… insomma tutto ciò che mi porta alla mormorazione oppure alla ribellione segnala un bisogno di libertà. La novità del discorso evangelico però sta proprio qui: se la libertà è innanzitutto una qualità della tua personalità interiore allora non questa libertà non è semplicemente libertà da quelle circostanze esterne, ma piuttosto dalla tua stessa ribellione o non accettazione. Non si tratta di cercare un semplice cambio delle circostanze ma un modo nuovo di esserci in quelle circostanze. Solo allora si aprono cammini di liberazione vera. Paolo insiste su questo punto: ognuno rimanga nella condizione in cui è stato chiamato… se sei schiavo non te ne fare una preoccupazione… Sta forse Paolo suggerendo la passività? No. Egli aggiunge subito: ma se puoi acquistare la libertà cerca di fare uso di ciò.
Il punto è un altro: finché tu cerchi una libertà dalle semplici circostanze esterne rischi di cadere in una schiavitù ancora peggiore: quella di costruirti un’immagine, un idolo che ti faccia sentire a posto e che ti permetta di affermare te stesso. Se sei stato chiamato da schiavo non fartene una preoccupazione. Non farne una questione di immagine, di competizione, di arrivismo, di confronto con gli altri perché in tal caso non stai cercando la libertà di Cristo ma piuttosto proprio quelle stesse cose che tengono schiavi gli altri che pure si dicono liberi. La ricerca di una libertà interiore sposta allora il fuoco della tua preoccupazione: non mi preoccupo d’essere libero da questo o da quello. Voglio essere libero per questo o per quello. Per un bene. Per una finalità che vada oltre l’affermazione del mio io. Non voglio semplicemente avere la libertà. Voglio saperla usare. Voglio che essa serva a costruire qualcosa. Qui si inserisce la seconda dimensione della libertà cristiana.
2. La libertà cristiana è una qualità dell’interiorità che si esprime primariamente nella capacità di aprirsi ad un altro. Di rendersi disponibili. Il bambino non è libero quando fa i capricci, ma quando impara a dire un “si” responsabile, a rispondere all’altro. C’è un inganno nella cultura attuale: uno è libero se può fare quello che vuole. Ma quando tu fai quello che vuoi che cosa fai? Sei costantemente orientato a cercare quello che ti piace, ti interessa, ti serve. Sei portato a dominare sull’altro. Ti chiudi all’altro per affermare te stesso. Libero, in realtà, non è colui che fa quello che vuole ma colui che può fare ciò che l’amore vuole. Ciò che conta è l’osservanza del comandamento del Signore. Fate tutto senza mormorazione… “qualunque cosa fate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini” (Col 3,23) Non per gli uomini, per un vantaggio, per costruire un’immagine, per un interesse, bensì di cuore, gratuitamente, a partire da un’esigenza interiore di servizio e di amore. Quando la libertà è posta nel suo giusto contesto dell’amore non solo essa diventa una qualità dell’interiorità ma anche qualcosa che per crescere desidera vincolarsi. Io voglio essere tutto a tutti pur di guadagnarne qualcuno. La vera libertà di “Pinocchio” è cominciata quando finalmente si è “vincolato” a suo Padre, dopo averlo ritrovato nella pancia della balena, nell’esperienza della morte e della prigionia. Il discorso, dunque, non è quello di restare burattini. Ma nemmeno quello di diventare liberi come un fine a se stesso. Si tratta di diventare figli, liberi nella figliolanza, persone che hanno accolto in sé la personalità interiore di Cristo, il Figlio per eccellenza. “Colui che è chiamato da libero, dunque, è schiavo di Cristo” (v 22) La sua libertà consiste nella capacità di dimenticare se stesso per amare e servire come Cristo.
3. La terza dimensione della libertà cristiana è quella del dono. Tale libertà, cioè, non è un diritto. Non è qualcosa che puoi conquistarti con i tuoi sforzi o con la buona volontà. “Siete stati comprati a caro prezzo” (v 23) Sei stato riscattato. Tu non avevi il prezzo della tua libertà. Un altro ha pagato per te (parabola dei due servi insolventi).
Paolo aggiunge una raccomandazione che è conseguenza di questo riscatto: non diventate schiavi di uomini. Nella misura in cui la tua interiorità resiste a vincolarsi all’amore di Cristo essa resta in balia degli uomini: paure, rispetto umano, compromessi, falsi valori… Negli Atti si rivela la facilità con cui Demetrio, il costruttore di idoli, riesce a manipolare le folle (19, 23-24). Si tratta di persone apparentemente libere ma che in realtà non hanno interiorità, un riferimento chiaro ai criteri dell’amore e del bene concreto. Cose che si ripetono ai nostri giorni con il caso della Parmalat, Cirio ed altre cose del genere.
Cerchiamo in una scena di vita vissuta un’esemplificazione delle dimensioni della libertà cristiana appena descritte. Ci rifacciamo al caso della fuga di Onesimo dal suo padrone Filemone e della lettera che successivamente Paolo gli scriverà per invitarlo a perdonare lo schiavo fuggito e ad affrancarlo nel Signore Gesù.
Paolo, dunque, è egli stesso prigioniero e in catene. Eppure non si lascia condizionare dalle circostanze esterne. Agisce come uno che può donare libertà allo schiavo Onesimo, ma anche allo stesso Filemone. Li conduce alla libertà di Cristo.
Filemone è libero. Eppure viene da Paolo richiamato alla sottomissione e quindi ad esercitare accoglienza verso Onesimo.
Onesimo, infine, è uno schiavo che cerca la libertà. All’inizio cerca una libertà solo esteriore e scappa. Poi incontra Paolo e viene aiutato a cercare l’essenziale: una libertà più profonda che consiste in una ritrovata relazione con Filemone e nella capacità di rimettersi a servizio ma con un cuore nuovo.
Da cosa si percepisce nell’atteggiamento di Paolo che la sua libertà è una qualità dell’interiorità?
- L’apertura di Paolo a relazioni di amore gratuito, di collaborazione e non di interessi o vantaggi soggettivi: ho gioia per il tuo amore e per il fatto che per merito tuo il cuore dei santi è stato ricreato (v.7).
- La gratitudine invece della mormorazione: ringrazio il mio Dio… provo gioia e consolazione. Paolo potrebbe confrontare la sua situazione di prigionia con quella di Filemone che è di libertà e provarne rabbia o dispetto o gelosia. Invece ringrazia.
- Il ricordo che perdura invece della labilità degli affetti: ogni volta che mi ricordo di te nelle mie preghiere ringrazio Dio.
Come Paolo esercita la sua libertà e la sua autorità? non in termini di dominio sull’altro ma di disponibilità verso la volontà dell’altro.
- Desideravo tenerlo per me … ma non l’ho trattenuto (13). Paolo non ritiene il proprio criterio come volontà di Dio o come principio di decisione.
- Non ho voluto decidere a tua insaputa…(14) La sua libertà non consiste nel decidere da solo, senza Filemone… “affinché l’opera buona sia spontanea e non imposta dal fatto compiuto.
- Metti sul mio conto, pagherò personalmente (18-19)… Paolo accetta di pagare il costo implicito nella ricerca di un vero bene, nell’esercizio della vera libertà di amare. Sei anche tu davvero libero di soffrire qualcosa per fare il bene?
La libertà di cui parla Paolo non è un semplice diritto ma un dono
- Non ti dico – parla a Filemone – che tu devi a me anche te stesso (19). Anche tu sei stato riscattato. Si fratello. Che io possa servirmi di te nel Signore. La libertà che ho ricevuto non ha prezzo. Sei debitore di amore.
- Ho fiducia nella tua docilità sapendo che farai di più di quello che ti chiedo. Proprio perché anche la libertà di Filemone è un dono che egli non potrai mai ripagare, Paolo, è fiducioso che non si limiterà a rispettare diritti e ragioni ma che farà di più.
E’ vero, dunque, che Paolo non si rivolge immediatamente alle strutture esterne di schiavitù e di libertà, ma è pur vero che lo stile di amore che egli annuncia fa esplodere al loro interno questo strutture in modo che nasca una libertà relazionale totalmente nuova:
- la libertà di chiedere senza paura e di dare più dello stretto necessario o dovuto
- la libertà di creare subito delle relazioni di fraternità laddove le strutture sociali tardano a cambiare. La libertà di vivere già in quelle strutture in termini di amore.
- La libertà di perdonare. Di servire, cioè di scoprire la bellezza di rendersi utili (onesimo significa: inutile). Quello che una volta non ti fu utile – proprio perché materialmente schiavo – adesso che torna libero è utile a te e a me. Questa è una sapienza di vita: ogni volta che ti limiti ad usare la vita o gli altri per te stesso non ne ricavi nulla di utile. Non ti giova.
- La libertà di scoprire una profondità ed una stabilità di relazioni che l’egoismo e l’individualismo non permettono: ti rimando il mio cuore (12), ti è stato sottratto per un tempo breve perché tu possa riaverlo per sempre (16), non come schiavo ma come fratello (16)
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