« Alla scuola del Cuore di Gesù » (30) (Escrivà-Apostolo Paolo)
dal sito:
http://www.escriva.it/Fabrodat16.htm
« Alla scuola del Cuore di Gesù » (30)
Si può dire che Cammino dal primo testo fino al termine del libro è tutto un fiorire del nome di Gesù, discepolo anche in questo, Escrivá, dell’Apostolo Paolo.
È da Cristo che prende inizio la vita di un vero apostolo che deve purificare il mondo: « Incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo che porti nel cuore » (Cammino, n. 1). Più avanti ricorda: « Nel regalarti quella « Storia di Gesù », scrissi come dedica: « Cerca Cristo, trova Cristo, ama Cristo »" (ibidem, n. 382). E in un modo compendioso: « Diceva un’anima d’orazione: nelle intenzioni, Gesù sia il nostro fine; negli affetti, il nostro Amore; nella parola, il nostro argomento; nelle azioni, il nostro modello » (ibidem, n. 271). Il modello nel cammino della sofferenza (su cui torneremo più ampiamente): « Gesù soffre per compiere la Volontà del Padre… E tu, che pure vuoi compiere la Santissima Volontà di Dio, seguendo i passi del Maestro, potrai lamentarti se trovi per compagna di viaggio la sofferenza? » (ibidem, n. 213).
È l’unica via sicura: « Mettiti nelle piaghe di Cristo Crocifisso. – Lì apprenderai a custodire i tuoi sensi, avrai vita interiore, e offrirai continuamente al Padre i dolori del Signore e quelli di Maria, per pagare i tuoi debiti e tutti i debiti degli uomini » (ibidem, n. 288). Secondo l’esortazione dell’Apostolo: « Induimini Dommum Iesum Chrintum, rivestitevi del Signore Nostro Gesù Cristo, diceva San Paolo ai Romani (31). – E’ nel Sacramento della Penitenza che tu e io ci rivestiamo di Gesù Cristo e dei suoi menti » (ibidem, n. 310). Con amorosa confidenza: « Gesù Cristo è tuo amico. – L’Amico. – Con un cuore di carne, come il tuo. – Con gli occhi dallo sguardo amabilissimo, che piansero per Lazzaro… – E così come a Lazzaro, vuoi bene a te » (ibidem, n. 422).
Un’identica e costante presenza del Signore si avverte in Solco e in Forgia: « Perdonare. Perdonare con tutta l’anima e senz’ombra di rancore! Atteggiamento sempre grande e fecondo. – Questo è stato il gesto di Cristo mentre veniva inchiodato alla Croce: « Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno », e da lì vennero la tua salvezza e la mia » (Solco, n. 805); « Non mettere il cuore in nulla che sia caduco: imita Cristo, che si fece povero per noi, e non aveva dove posare il capo. – Chiedigli di concederti, in mezzo al mondo, un distacco effettivo, senza attenuanti » (Forgia, n. 523).
Perciò raccomanda una speciale devozione all’umanità di Cristo: « E veramente amabile la Santa Umanità del nostro Dio! – Ti sei « messo » nella Piaga santissima della mano destra del tuo Signore, e mi hai domandato: « Se una sola ferita di Cristo lava, risana, acquieta, fortifica e infiamma e innamora, che mai faranno le cinque Piaghe aperte sul legno della Croce? »" (Cammino, n. 555). « Contempla e vivi la Passione di Cristo, con Lui: offri – con frequenza quotidiana – la tua schiena quando lo flagellano; porgi il tuo capo alla corona di spine. – Nella mia terra dicono: « Amore con amor si paga »" (Forgia, n. 442). E raccomanda la Via Crucis come una devozione « robusta e sostanziosa » (Cammino, n. 556). Di fronte a Gesù non si può rimanere indifferenti: « Gesù: dovunque tu sei passato nessun cuore è rimasto indifferente. – O ti si ama, o ti si odia » (ibidem, n. 687) e così accadrà ad ogni vero apostolo. Rileva perciò la stoltezza dei nemici di Cristo: « Non so perché ti spaventi. – I nemici di Cristo sono sempre stati poco ragionevoli. Dopo la risurrezione di Lazzaro avrebbero dovuto arrendersi e confessare la divinità di Gesù. – Ebbene, no: uccidiamo – dissero – colui che dà la Vita! E oggi, come ieri » (ibidem, n. 694).
Anche le omelie fioriscono a ogni paragrafo della presenza di Cristo. La meta è per tutti la più alta, l’imitazione di Cristo: « Non lasciatevi ingannare tanto facilmente dalla codardia e dalla comodità. Sentite, invece, l’urgenza divina che ciascuno di voi sia un altro Cristo, ipse Christus, lo stesso Cristo » (Amici di Dio, n. 6). È questo il cammino del cristiano al quale Cristo stesso ci ha invitati: « Ripercorri l’esempio di Cristo, dalla culla di Betlemme al trono del Calvario. Considera la sua abnegazione, le sue privazioni: fame, sete, fatica, caldo, sonno, maltrattamenti, incomprensioni, lacrime [...]. Gesù ha dato sé stesso, offrendosi in olocausto per amore » (ibidem, nn. 128-129). Viviamo pertanto la ricchezza spirituale del Vangelo: « Ti consiglio, nella tua orazione, di intervenire negli episodi del Vangelo come un personaggio tra gli altri. Cerca anzitutto di raffigurarti la scena o il mistero che ti deve servire per raccoglierti e meditare. Poi applica ad essa la mente, prendendo in considerazione l’uno o l’altro dei lineamenti della vita del Maestro: la tenerezza del suo Cuore, la sua umiltà, la sua purezza, il suo modo di compiere la Volontà del Padre ».
Non basta: « Quindi raccontagli tutto quello che in queste cose ti suole capitare, quello che senti, i fatti della tua vita. E presta attenzione, perché forse Egli vorrà indicarti qualche cosa: è il momento delle mozioni interiori, di renderti conto, di lasciarti convincere » (ibidem, n. 253). Soprattutto del mistero d’amore del Cuore di Gesù. E « l’amore divino fa sì che la seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo Figlio di Dio Padre, prenda la nostra carne, e cioè la nostra condizione umana, eccetto il peccato. E il Verbo, Parola di Dio, e Verbum spirans amorem (32), la parola dalla quale procede l’Amore. L’amore » – insiste – « ci si rivela nell’Incarnazione, nel cammino redentore di Gesù Cristo sulla nostra terra, fino al sacrificio supremo della Croce. E, sulla Croce, si manifesta con un nuovo segno: Uno dei soldati gli colpì il costato con una lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19, 34).
Acqua e sangue di Gesù che ci parlano di una donazione realizzata sino in fondo, sino al consummatum est (Gv 19, 30): tutto è compiuto, per amore » (È Gesù che passa, n. 162). E reagisce perciò vivacemente a una supposta « crisi » postconciliare della devozione al Sacro Cuore di Gesù: « Tale crisi non esiste; la vera devozione è stata ed è tuttora (33) un atteggiamento vivo, pieno di senso umano e di valore soprannaturale. I suoi frutti sono, ieri come oggi, frutti saporosi di conversione e di donazione [...], di penetrazione amorosa dei misteri della Redenzione » (ibidem, n. 163). Anzi: « la pienezza di Dio ci viene rivelata e ci viene data in Cristo, nell’amore di Cristo, nel Cuore di Cristo. Perché è il Cuore di Colui nel quale abita corporalmente tutta la pienezza della divinità » (ibidem, n. 163).
Parlare del cuore di un uomo è parlare della qualità di tutta la sua persona, e « quando la Sacra Scrittura parla del cuore, non intende un sentimento passeggero che porta all’emozione o alle lacrime. Parla del cuore – come testimonia lo stesso Gesù – per riferirsi alla persona che si rivolge tutta, anima e corpo, a ciò che considera il suo bene » (ibidem, n.164).
Ecco allora, continua con precisione teologica, « che, considerando il Cuore di Gesù, scopriamo la certezza dell’amore di Dio e la verità del suo donarsi a noi. Nel raccomandare la devozione al Sacro Cuore, non facciamo che raccomandare di orientare integralmente noi stessi, con tutto il nostro essere – la nostra anima, i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni, le nostre fatiche e le nostre gioie – a Gesù tutto intero » (ibidem).
Allora la « vera devozione al Cuore di Gesù consiste in questo: conoscere Dio e conoscere noi stessi, guardare a Gesù e ricorrere a Lui che ci esorta, ci istruisce, ci guida. In questa devozione » – osserva con profondità – « non si dà altra superficialità che quella dell’uomo che, non essendo interamente umano [corsivo nostro], non riesce a cogliere la realtà del Dio incarnato » (ibidem). Ecco: « Gesù crocifisso, con il cuore trafitto dall’amore per gli uomini, è una risposta eloquente [...] alla domanda sul valore delle cose e delle persone » (ibidem, n. 165).
Il Cuore di Gesù è un cuore umano che si commuove e si affretta ad alleviare le sofferenze altrui come ha fatto con la vedova di Nain quando, preso da compassione, le si avvicina e dice: « Non piangere », e così davanti alla tomba di Lazzaro, riportando queste creature alla vita e restituendole all’affetto dei loro cari: anche noi « nella festa odierna dobbiamo chiedere al Signore di concederci un cuore buono, capace di commuoversi per il dolore delle creature, capace di comprendere che, per lenire le pene che accompagnano e non poche volte angustiano gli animi su questa terra, il vero balsamo è l’amore, la carità » (ibidem, n. 167).
E, dopo aver ricordato le maledizioni di Cristo, nell’ultimo giudizio, contro coloro che hanno trascurato le opere di misericordia, ha un’osservazione per i problemi concreti del terzo mondo: « Un uomo o una società che non reagiscano davanti alle tribolazioni e alle ingiustizie, e che non cerchino di alleviarle, non sono un uomo o una società all’altezza dell’amore del Cuore di Cristo » (ibidem). I cristiani devono perciò « lottare in questa guerra di pace contro il male, l’ingiustizia, il peccato, proclamando che l’attuale condizione umana non è quella definitiva e che l’amore di Dio manifestato nel Cuore di Cristo otterrà il glorioso trionfo spirituale degli uomini (ibidem, n. 168).
E bisogna ricordare che dal Cuore aperto di Cristo sulla Croce sono sgorgati i Sacramenti attraverso i quali Dio opera in noi e ci fa partecipi della forza redentiva di Cristo; e in particolare il sacramento dell’Eucaristia, la nostra Messa che rinnova in modo incruento il sacrificio del Calvario. E sappiamo così, come dice il titolo dell’omelia, che il Cuore di Gesù è la pace dei cristiani. « Perché, ricordiamolo ancora una volta, l’amore di Gesù per gli uomini è un aspetto insondabile del mistero divino, dell’amore del Figlio per il Padre e lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo, il vincolo d’amore tra il Padre e il Figlio, trova nel Verbo un cuore umano [...]. Sappiamo che è così; sappiamo che l’Amore, dal seno della Trinità, si effonde su tutti gli uomini per mezzo dell’Amore del Cuore di Gesù » (ibidem, n. 169).
La conclusione: « Un cristiano che vive unito al Cuore di Gesù non può avere che questa meta: la pace nella società, la pace nella Chiesa, la pace nella propria anima, la pace di Dio che sarà perfetta quando verrà a noi il suo Regno » (ibidem, n. 170). Ogni cristiano, nel suo posto nel mondo, è un operaio per l’avvento del Regno futuro che invochiamo nel Pater.

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