NON SCHIAVI MA FIGLI ED EREDI : Rm 8,14-17 (Lectio)

dal sito:

http://www.sanbiagio.org/lectio/romani7.pdf

Lectio di Sr Maria Pia Giudici 

Casa di Preghiera ‘San Biagio’ – aprile 2009

NON SCHIAVI MA FIGLI ED EREDI

Rm 8,14-17 
 
CONTESTO
Il nostro testo è talmente consolante che andrebbe scritto – ha detto un grande – a lettere d’oro!
S.Paolo focalizza qui in modo ottimale il tema della vera libertà di spirito che è poi la vera libertà del cristiano. Lo fa però dopo averci condotti per mano fino a persuaderci di una realtà esistenziale di fondo: vivere secondo la carne (sarx – le forze che ci trascinano al male) conduce alla morte, mentre seguire ciò che è spirituale conduce alla vita e alla pace (Rm 8,6).

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
v. 14  Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio  Chi è questo Spirito? Precisiamolo bene con le stesse parole di S.Paolo: È “Colui che ridestò Gesù dai morti (8,11). È dunque Spirito di vita e di resurrezione. È Colui che ci conduce dentro un  itinerario che non una volta ma in continuazione ci conduce da morte a vita. Ed è a causa del nostro lasciarci guidare dallo Spirito che la nostra adozione a figli di Dio si fa evento concreto, evento trasfigurante le nostre giornate. Non sono solo la “creatura” e Lui il “Creatore”. Io sono “figlio” e Lui mi è “Padre”. C’è un salto di qualità enorme! v. 15a E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura  Come S.Paolo dirà poi: “Lo Spirito è testimone al nostro spirito che siamo figli adottivi”. Questa testimonianza abolisce ogni dubbio: io sono veramente riscattato da quel rapporto errato tra me e Dio che è tipico di uno schiavo ed è all’insegna della paura. No, Dio non è un padrone-giustiziere. Dio mi guarda in Cristo Gesù (di cui lo Spirito è l’Amore di Lui per il Padre e del Padre per Lui e per noi); mi guarda con tenerissimo, infinito amore. È il rapporto sbagliato che mi fa vivere da schiavo; al contrario, il rapporto instaurato in noi dallo Spirito per il Battesimo e per la Cresima è un rapporto da figli verso il padre: un rapporto estremamente libero e liberante, perché dettato dall’Amore. v. 15b Ma avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!».  Giustamente è stato scritto: “Questa affermazione non si può dire con indifferenza! O è l’inno di lode dell’uomo redento o è un sacrilegio blasfemo”. Certo il contenuto profondo di ciò che significa essere figli di Dio non potremo, qui e ora, conoscerlo pienamente. Ma quel poter gridare: Abbà, Padre (Papi!) ci dà di poter passare il ponte sull’abissale diversità del vecchio mondo al nuovo. Se credi, ti si svela la tua identità profonda, il tuo nobilissimo sé, la tua vocazione in Cristo a essere figlio di un Padre che è Dio. v. 16  Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio.  È la stessa persona dello Spirito Santo che in seno alla Trinità Santissima è l’amore sostanziale, è Lui: una cosa sola con Gesù che prende l’iniziativa di “attestare” e dunque persuaderci della verità del fatto: il nostro essere figli di Dio. “È una testimonianza – dice Barth – che ci trae da morte a vita, che abbraccia cielo e terra, la testimonianza in favore di Dio presso di noi e in favore nostro presso Dio”. Parla lo Spirito: la massima autorevolezza! E quel che insieme a Lui (in Lui) lo stesso nostro spirito dice, non è che risposta: la persuasione cioè del nostro cuore credente che, “nella nostra bassezza” l’Altezza ci ha incontrati, nel peccato ci ha liberati la Giustizia (=santità di Dio), nella morte ci ha raggiunti la vita, in noi stessi Gesù Cristo”. Ed è questo che già qui e ora Dio ha preparato per coloro che rispondono con amore al suo amarci per primo. v. 17a E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo.  Che cosa significa essere eredi?. Significa che Dio, proprio come Padre, ha reso attuale possibile la promessa fatta ad Abramo: Benedirò in te tutte le genti, tu stesso sarai una benedizione. Sì, siamo eredi, in Cristo Gesù e in forza del suo mistero salvifico, del mondo che è stato creato buono e anche della vita eterna. Dice bene Barth: “Se siamo con Cristo figli di Dio, siamo anche eredi con Lui, eredi di Dio”. Vivere la consapevolezza del nostro essere non solo “figli” ma anche “eredi” è quello che dà spessore alla nostra consolazione di uomini amati, generati da Dio come figli, e in Cristo Gesù redenti dal peccato.
v. 17b Com’è certo che soffriamo con Lui per essere anche glorificati con Lui. Questa nostra vita nel tempo e nello spazio porta in sé il seme dell’eternità in speranza; però qui è problematica, e non riesce a eludere il dolore. Oltre alle varie sofferenze personali, quel che va guardato in faccia è l’incompiutezza, il limite.. L’essenziale finitezza, in fondo, è il nome della nostra esistenza qui e ora. Anche le gioie (tutt’altro che da sottovalutare!) devono sottostare a questo “finire”. Ma il senso emerge qui: il credente non è mai solo nel dolore: soffre con Gesù. E il suo dolore sopportato consapevolmente nello Spirito può diventare quel salto di qualità che ti rende erede, partecipe, già qui in speranza, della gloria di Dio in cui saremo immersi nel dopo eterno. Questa rivelazio0ne di Dio nel dolore (lontana le mille miglia dal masochismo!) è grazia: opera di Dio in noi.

MEDITIAMO ATTUALIZZANDO
Ciò che nella nostra epoca colpisce è l’affievolimento della speranza. L’uomo di oggi ha tutto, almeno nel nostro Occidente opulento. Ha fin troppo in quanto a benessere materiale! Quel che però manca è la consapevolezza della dignità umana e quell’orizzonte sereno che si prospetta a quanti fraternizzano nel far emergere e rispettare questa dignità. La Parola sacra che Paolo ci ha oggi consegnato focalizza proprio la nostra dignità di donne e uomini; è una dignità di enorme valore proprio se ci riconosciamo figli di Dio nel Figlio Gesù. E quell’umor nero, quel senso di disperazione o di vuoto che si respira in tante aree della cultura contemporanea non è frutto del disattendere la nostra identità di “eredi” con Cristo e per Cristo di quello che la speranza teologale ci offre? E tale speranza è il superamento di ogni finitezza e dolore e problematicità nel consegnarci al Padre, attendendo la vita che non muore più. Non è senza significato che lo scrittore
ateo Cesare Paese, a pochi giorni dal suicidio, lascia cadere nel suo diario un grido: O Tu, abbi pietà!
 
LA PAROLA MI INTERPELLA
• Ho consapevolezza della mia identità di persona umana che, in Gesù, Dio ha elevato alla dignità di “figlio adottivo”? • Resta per me una bella asserzione (magari retorica) o m’insegna a crederla e a viverla?
• Fuori da grettezze e calcoli ma nel sereno realismo della mia fede cristiana penso a quello che vuol dire
essere di fatto “erede” con Cristo?
• Quello che io vivo (gioia ma spesso anche fatica e dolore) lo vivo da solo, arrancando triste nello sforzo di una vita corretta onesta, oppure lo vivo insieme a Gesù?
• Come coltivo speranza fiducia e serenità nel mio quotidiano?
• Ho familiarità con la preghiera del cuore?

PER LA PREGHIERA
Con umile amore chiedo al Padre e a Gesù il dono dello Spirito Santo. Prego perché la ma vita sia guidata da Lui: una vita da figlio di Dio non schiavizzata dall’attaccamento a persone e cose; una vita di libertà vera.

Publié dans : LECTIO DIVINA, Lettera ai Romani |le 5 mai, 2011 |Pas de Commentaires »

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