Archive pour avril, 2011

PREGHIAMO CON PAPA GIOVANNI XXXIII: VINCITORE DELLA MORTE

dal sito:

http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/preghiamo_con_giovanni_xxiii_1.htm

PREGHIAMO CON PAPA GIOVANNI XXXIII

VINCITORE DELLA MORTE

O Gesù,
Salvatore e Redentore,
sii tu ora e sempre
l’amore nostro,
l’incoraggiamento perenne per noi,
e per quanti soffrono
per il tuo nome e per il tuo Vangelo,
vissuto e bagnato dal sacrificio
del sangue tuo. . .

Noi ti rinnoviamo l’impegno
della nostra fedeltà
nel fare onore alle responsabilità
che la nostra vita ci impone
nei rapporti di ordine religioso,
civile, sociale.

O Gesù, vincitore della morte
e del peccato,
noi siamo tuoi!
E tuoi noi vogliamo restare,
noi e le nostre famiglie
e quanto è a noi più caro e più prezioso,
negli ardori della giovinezza,
nella saggezza dell’ età matura,
negli inevitabili sconforti
e nelle rinunce della vecchiaia incipiente
e già avanzata; sempre tuoi.

Donaci la tua benedizione
e distribuisci in tutto il mondo
la tua pace, o Gesù,
come facesti riapparendo la prima volta
nel mattino di Pasqua
ai tuoi più intimi
e come continuasti a fare
nei successivi incontri nel Cenacolo,
sul lago, sulla via:
Nolite timere, ego sum, pax vobis…

Dai «Discorsi» di san Leone Magno: Disc. 8 sulla passione del Signore

dal sito:

http://www.maranatha.it/Ore/qua/qua5/letMARpage.htm

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa

(Disc. 8 sulla passione del Signore, 6-8; PL 54, 340-342)

La croce di Cristo è la sorgente di ogni benedizione e la causa di tutte le grazie
Il nostro intelletto, illuminato dallo Spirito di verità, deve accogliere con cuore libero e puro la gloria della Croce, che diffonde i suoi raggi sul cielo e sulla terra. Con l’occhio interiore deve scrutare il significato di ciò che disse nostro Signore, parlando dell’imminenza della sua passione: «E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo» (Gv 12, 23), e più avanti: Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il Figlio tuo (Gv 12, 27-28). Ed essendosi fatta sentire dal cielo la voce del Padre, che dichiarava: «L’ho glorificato, e di nuovo Lo glorificherò», rispondendo ai circostanti, Gesù disse: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 30-32).
O ammirabile potenza della Croce! O ineffabile gloria della passione, in cui troviamo riuniti insieme il tribunale del Signore, il giudizio del mondo e il potere del Crocifisso. Si, o Signore, tu hai attirato a te tutte le cose, perché ciò che si svolgeva nell’unico tempio della Giudea, sotto il velo di arcane figure, fosse celebrato in ogni luogo e da ogni popolo con religiosità sincera e culto solenne e pubblico.
Ora, infatti, più nobile è la gerarchia dei leviti, più augusta la dignità dei presbiteri e più santa l’unzione dei vescovi, perché la tua Croce, sorgente di tutte le benedizioni, è causa di tutte le grazie. Per essa viene elargita ai credenti la forza nella loro debolezza, la gloria nell’umiliazione, nella morte la vita. Ora inoltre, cessata la varietà dei sacrifici materiali, l’offerta unica del tuo corpo e del tuo sangue sostituisce pienamente tutte le specie di vittime, poiché tu sei: il vero Agnello di Dio che togli i peccati del mondo (cfr. Gv 1, 29). Così compi in te tutti i misteri, e come unico è il sacrificio, che succede alla moltitudine delle vittime, così unico è anche il regno formato dall’insieme di tutti i popoli.
Confessiamo dunque, o miei cari, quanto l’apostolo Paolo, dottore delle genti, ha dichiarato solennemente: «Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori» (1 Tm 1, 15). La misericordia di Dio verso di noi è davvero meravigliosa proprio perché Cristo non è morto solo per i giusti e i santi, ma anche per i cattivi e per gli empi. E, poiché la sua natura divina non poteva essere soggetta al pungolo della morte, egli, nascendo da noi, ha assunto quanto potesse poi offrire per noi.
Un tempo infatti aveva minacciato la nostra morte con la potenza della sua morte dicendo per bocca del profeta Osea: «O morte, sarò la tua morte, o inferno, sarò il tuo sterminio» (Os 13, 14). Morendo, infatti, subì le leggi della tomba, ma, risorgendo, le infranse e troncò la legge perpetua della morte, tanto da renderla da eterna, temporanea. «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1 Cor 15, 22).

Responsorio   Cfr. Cor 2, 14-15; Gv 8, 28
R. Cristo ha annullato il documento del nostro debito e lo ha inchiodato alla croce; * le potenze del mondo, sconfitte, seguono il corteo trionfale di Cristo.
V. Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono.
R. Le potenze del mondo, sconfitte, seguono il corteo trionfale di Cristo.

Omelia per il 18 aprile 2011 sulla prima lettura

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/9641.html

Omelia (02-04-2007)

Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Ecco il mio servo che io sostengo, [...]. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza.

Come vivere questa Parola?
È un testo prezioso a meditarsi. E benedetti i liturgisti che lo hanno scelto per introdurci nella settimana più forte dell’anno! Si tratta dell’apertura del primo dei quattro carmi del Servo di JHWH. Così si chiama quest’opera profetica di Isaia che ci aiuta a entrare in contatto con la personalità di Colui che, Redentore del mondo e prima di tutto nostro Creatore, è entrato nella storia « non per essere servito, ma per servire e dare la vita ». In croce ha dato questa sua vita umano-divina! Non finiremo mai di scoprire il senso di questo epilogo estremo di un dono estremo com’è stato quello che Gesù è venuto a dirci e a donarci per tirarci fuori dal non senso, dalla tristezza e dalla morte. E allora ecco l’importanza di cogliere i connotati di Gesù il Servo di JHWH per eccellenza. È uno che è venuto a « portare il diritto », a « proclamare la giustizia ». Ma in che modo? Semplicemente all’opposto di come hanno preteso di farlo (e anche oggi pretendono!) quelli che si fanno avanti con prepotenza, con aggressività più o meno celata, con violenza, pretendendo di giustificare il loro modo con qualche finalità non cattiva. Gesù, all’inizio della Settimana Santa, m’interpella perché io voglia fare spazio alla Sua personalità di Servo del Signore che viene ancora a darmi la vita, a servire la causa della mia liberazione e dei progetti di vera libertà che sono in me. Ma in che modo?
Oggi, nella mia pausa contemplativa, contemplo in Gesù l’armonizzazione di due qualità che sembrano opposte ma che, al contrario, sono l’una la condizione dell’altra. Sì, perché solo se cerco di vivere e portare giustizia (non l’appagamento egoico dettato dall’imperialismo culturale dell’avere!) lì dove vivo, se voglio proclamarle con fermezza, bisogna che io sia mite nel pensare, nel parlare, nell’agire.

Mio Signore e mio Dio, mandami il tuo Spirito perché il mio cuore sia mite.

La voce di un Padre apostolico
Perseveriamo senza posa nell’adesione alla nostra speranza e al pegno della nostra santità che è Cristo Gesù: egli portò le nostre colpe nel suo corpo sul legno della croce; egli, che non commise peccato e sulla cui bocca non vi fu inganno, sopportò tutto per noi, perché vivessimo uniti a lui. Mettiamoci dunque a imitare la sua pazienza e se dobbiamo soffrire qualche dolore per il suo nome, rendiamogli gloria.
S. Policarpo

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 17 avril, 2011 |Pas de commentaires »

Omelia (18-04-2011): Lasciala fare, perché essa Io conservi per il giorno della mia sepoltura

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/22163.html

Omelia (18-04-2011)

Movimento Apostolico – rito romano

Lasciala fare, perché essa Io conservi per il giorno della mia sepoltura

Ci sono gesti che sono mossi in noi dallo Spirito Santo. Noi li compiamo. Essi però vanno infinitamente oltre il nostro pensiero. Noi diamo la materialità al gesto, il significato lo dona lo Spirito Santo. Noi mettiamo la sola azione, Lui mette la verità, la profezia. Noi lo compiamo, Lui lo rivela e lo illumina. Siamo strumenti dello Spirito Santo e lo ignoriamo. Non siamo però strumenti passivi. Lo siamo attivamente, poiché tutto parte dal nostro cuore e dalla nostra volontà.
Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, unge i piedi di Gesù con un unguento di puro nardo, profumo costosissimo, assai caro. Poi li asciuga con i suoi capelli. Giuda vede questo gesto e pensa ad uno spreco. Perché sciupare tanti denari per un’azione insignificante, senza alcuna consistenza reale. Per uno sciocco e stupido sentimento una grande somma è andata perduta. Se il suo ricavato fosse stato dato ai poveri, questa sì che sarebbe stata un’azione buona, significativa, di grande rilievo evangelico.
Noi sappiamo che non tutte le parole che escono dal cuore sono pure, sono vere, sono sante. La bocca parla, il cuore nasconde i sentimenti, la verità delle parole. La bocca si apre, il cuore invece resta sigillato. Le intenzioni del cuore noi non le conosciamo. L’Apostolo Giovanni ci dice il perché di queste parole altamente « caritative » di Giuda: lui era ladro e prendeva tutto ciò che veniva messo nella cassa degli Apostoli.
Gesù interviene in favore della donna. Chiede che non le si dia fastidio. Lei ha fatto un vero gesto profetico. Ha unto in anticipo il suo corpo. Il giorno della sua sepoltura è ormai vicino. In quell’ora sarà difficile fare le unzioni come prescrive il rituale. Lei ha pensato in anticipo. Lo ha fatto oggi, perché domani non si potrà fare, Il bene ai poveri invece lo si potrà fare sempre. Questi mai scompariranno dal paese. Essi saranno sempre in mezzo a noi e possiamo beneficarli in ogni momento.
Il brano odierno del Vangelo deve insegnare al cuore credente una verità: quando un’azione è buona in se stessa, la si deve sempre compiere. E lo Spirito del Signore che la suscita. Noi non sappiamo il perché debba essere fatta. Lui lo sa. Noi non conosciamo il mistero degli altri. Lo Spirito lo conosce e secondo quel mistero ci fa operare. Il mondo questo non lo comprende e parla male. Quando la bocca critica il bene, non lo comprende, significa che il cuore ancora non è stracolmo di divina verità. Ancora è troppo umano, o troppo peccaminoso perché possa aprirsi al mistero dello Spirito Santo che opera nei cuori umili, miti, puri, casti, vergini.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, aiutaci. Vogliamo lasciare libero spazio allo Spirito Santo e alle sue mozioni. Angeli e Santi di Dio, liberateci dal cuore cattivo.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 17 avril, 2011 |Pas de commentaires »

Mat-21,01-Entre_a_Jerusalem

Mat-21,01-Entre_a_Jerusalem dans immagini sacre 15%20SPECULUM%20HUMANAE%20SALVATIONIS%20AA%20ENTRY
http://www.artbible.net/3JC/-Mat-21,01-Entre_a_Jerusalem_Entry/index5.html

Publié dans:immagini sacre |on 16 avril, 2011 |Pas de commentaires »

Sulla Croce del Signore – San Cromazio arcivescovo di Aquileia

dal sito:

http://www.tradizione.oodegr.com/tradizione_index/insegnamenti/crocecromazio.htm

Sermone 43

SULLA CROCE DEL SIGNORE
 
San Cromazio arcivescovo di Aquileia
 
Quando i re di questo mondo ottenevano una vittoria, dopo aver sconfitto i nemici, erigevano un trofeo simile alla croce del Signore, al quale rimanessero appese le spoglie catturate ai nemici, a memoria perenne. Anche se già allora in ogni combattimento l’immagine della croce era una dimostrazione della vittoria, tuttavia la vittoria della croce è assai diversa. Vediamo pure come nella vittoria di quei re c’era l’uccisione dei nemici, la schiavitù degli sventurati; invece in questa vittoria della croce del Signore c’è la salvezza di tutte le genti, la liberazione dei peccatori, la speranza della risurrezione, l’aiuto della vita eterna.
Che cosa è più meraviglioso: sconfiggere i popoli barbari durante una battaglia corporale, oppure abbattere le legioni degli spiriti maligni? Grande è la vittoria di questa croce del Signore; per mezzo di essa sono stati accordati al mondo tanti beni, cioè la conoscenza di Dio, la manifestazione del nome di Cristo, il culto della vera religione, la distruzione della falsa superstizione, il trionfo sul diavolo, la vittoria sul peccato, la salvezza della vita sulla condanna a morte…
Perciò non a caso la croce di Cristo è definita albero di vita, perché per mezzo della croce di Cristo viene donata la vita ai credenti. Essa è l’albero della vita del quale parla Giovanni nell’Apocalisse, a proposito della Chiesa di Cristo e del battesimo di salvezza: «Da una parte e dall’altra del fiume si trova l’albero della vita che dà dodici frutti per ogni mese, e le foglie dell’albero per la guarigione delle nazioni» (Ap 22, 2). Questo albero della vita è piantato lungo le rive del fiume, perché dove c’è la croce di Cristo c’è anche l’acqua della grazia di salvezza; lì ci sono i dodici frutti dei dodici mesi, cioè della predicazione apostolica: essi abbelliscono con una grazia particolare un anno particolare di Dio, il frutto della sua fede. Un tempo, nel paradiso, Adamo desiderò gustare di quest’albero della vita, però gli era stato proibito di toccarlo. Infatti, l’uomo divenuto peccatore non poteva toccare il frutto della vita, prima di soddisfare il reato del peccato con una pena di morte. Perciò nell’Apocalisse leggiamo che è stato scritto: «Al vincitore darò da mangiare dell’albero della vita, che è nel paradiso del mio Dio» (Ap 2, 7). Dice: «al vincitore», non al vinto; al giusto, non al peccatore, perché quel frutto è dei giusti, e viene dato come trofeo ai vincitori. Per questo motivo Cristo è vittorioso, perché anche noi potessimo essere vittoriosi… È nota quale sia questa vittoria della croce di Cristo. Dunque, in onore di questa croce del Signore celebriamo la veglia della presente notte, affinché si degni di concedere anche a noi, nella sua passione, la gloria della risurrezione e la perpetuità della vita eterna, Colui che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
 
Traduzione tratta da: CROMAZIO DI AQUILEIA, Sermoni liturgici, Roma, 1982, 254-256.
 

DOMENICA DELLE PALME 2008 (anno A)

dal sito:

http://www.omelie.org/nuovoarchivio.php?a=marconi&dom=palme&anno=2008&titolodom=Domenica%20delle%20Palme&autore=Nazzareno%20Marconi&data=16%20marzo%202008

DOMENICA DELLE PALME 2008 (anno A)

COMMENTO ALLE LETTURE

La liturgia di questo giorno è del tutto particolare e mette in evidenza la lettura della passione nel vangelo dell’anno. Suggerirei di rinunciare ad una omelia classica per introdurre invece le due letture con una breve monizione esplicativa che può anche essere letta dal lettore. Per il vangelo si propone invece che il celebrante spieghi con una certa ampiezza, prima della lettura, per facilitarne la comprensione, due temi:

Perché leggiamo la passione e quale importanza ha per noi
Quali caratteristiche peculiari ha la passione secondo Matteo
I testi che seguono sono un suggerimento per attuare quanto proposto. 

PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia  (50,4-7)
Questo brano costituisce il terzo canto del servo del Signore. Colui che parla è la persona stessa del servo che descrive il compito affidatogli. Il servo di Dio è il consolatore che porta la fiducia di Dio e dona una suprema consolazione a chi è scoraggiato e abbattu­to; fedele discepolo di Dio ci consola con il suo insegna­mento. Egli è in grado di consolare gli altri con la sua dottrina per­ché è per primo un ascoltatore docile della parola di Dio. Dio stes­so gli apre l’orecchio e lo rende attento. La sua sofferenza innocente, che otterrà ampio sviluppo nel quarto canto è una descrizione anti­cipata della passione di Gesù. Il servo di Dio ingiustamente perseguitato è il Signore Gesù. Nel mezzo della persecuzione ingiusta e della sofferenza il servo però non perde la fiducia in Dio ed è sicuro della protezione divina; tale sicurezza supera ogni umana possibilità ed è opera di Dio come dono al suo fedele.

SECONDA LETTURA
Dalla lettera di S. Paolo Apostolo ai Filippesi (2,6-1)
L’inno che forma il testo della lettura si trova nel corso della esortazione che san Paolo rivolge ai Filippesi invitandoli ad avere gli stessi sentimenti di Cristo; l’anima dell’apostolo pro­rompe in un canto lirico che riassume l’intera vicenda di Gesù.
Il testo può essere diviso in sei strofe di cui le prime tre indi­cano il movimento di discesa e umiliazione di Gesù, le altre tre il movimento di ascesa e di glorificazione. Gesù ha spogliato se stesso, non nel senso che abbia rinuncia­to alla sua divinità, ma nel senso che facendosi uomo nella con­dizione umana da lui scelta ha rinunciato alla manifestazione delle prerogative divine che gli sarebbero toccate per la sua di­vinità.
L’abbassamento del Figlio di Dio continua nell’essere soli­dale con gli uomini anche nella morte; non solo, ma sceglie la morte di croce, cioè la morte degli schiavi, la morte più infa­mante. L’umiliazione è totale.

VANGELO
Passione secondo Matteo (26,14-27,66)
Per comprendere il racconto della passione è necessario partire da una domanda che sembra strana: Perché gli evangelisti hanno raccontato la Passione? I primi cristiani infatti erano coscienti che il fatto importante da tramandare ai posteri era la Resurrezione di Gesù. Essi si sentono Testimoni della resurrezione e sanno che Gesù ci ha salvati soprattutto vincendo la morte con la sua Resurrezione. In base a questo avrebbero potuto considerare la passione come un incidente di percorso, un ultimo tentativo del male di opporsi a Gesù, che fortunatamente non aveva avuto conseguenze irrimediabili. In definitiva avrebbero potuto descrivere solo molto sommariamente alcuni fatti e non, come è avvenuto, dedicare un ampio spazio nei loro vangeli a questi due o tre giorni. Ma fare questo sarebbe stato  »tradire » il vero Gesù. E’ infatti « Tutto Gesù » che ci ha salvati e non soltanto il Gesù glorioso del mattino di pasqua. Gli evangelisti vogliono sfuggire alla tentazione molto umana di sorvolare sul dolore e sull’insuccesso per badare soltanto al risultato finale. Per i primi cristiani diventava infatti sempre più chiaro che la gloria della resurrezione era stata costruita da Gesù nel dono di sé della passione. La resurrezione non è un episodio, ma costituisce un tutt’uno con la vita di Gesù, che ha nel suo  »modo di morire » il suo sigillo ed il suo primo coronamento. La passione è dunque un momento prezioso del messaggio di Gesù, sottolinea l’accettazione della realtà e non la fuga da essa, il messaggio cristiano non è infatti una ricostruzione mitica che consenta di dimenticare il reale.
Mentre la preoccupazione generale di Marco nel narrare la passione è quella di portare un ascoltatore ignaro di tutto a riconoscere la divinità di Gesù ed il valore della salvezza che ci offre con la sua croce e resurrezione, quella del vangelo di Matteo è di offrire ad una comunità cristiana una presentazione chiara ed ordinata del contenuto centrale della sua fede.
Matteo non si rivolge ad un qualsiasi uomo della strada, ma ad una comunità cristiana credente, che ha già lungamente riflettuto su Gesù e che vuol approfondire chiaramente la sua fede. Se in Marco lo stile è quello vivo e choccante dell’annunciatore, dell’evangelizzatore; in Matteo lo stile è invece quello ordinato e metodico del catechista. A Matteo sta a cuore mostrare che non c’è frattura tra l’AT ed il NT ma compimento, e che la chiesa è la continuazione dell’Israele fedele che ha saputo seguire Dio piuttosto che i suoi capi invidiosi e corrotti. Per questo sottolinea molto spesso il tema del Compimento delle Scritture, accanto a quello della prescienza di Gesù, che entra nella passione ben sapendo cosa lo aspetta e non come una vittima ignara. A ciò si aggiunge una presentazione benevola del popolo di Israele, che è pur sempre il popolo eletto, e che nel racconto appare soprattutto disorientato: un gregge senza pastore, che segue i suoi capi senza capirli ne condividerne i progetti assassini.
Gesù si consegna spontaneamente ai farisei, perché riconosce nella passione il compimento del piano di Dio. Inoltre offre un chiaro insegnamento sul fatto che per ottenere la salvezza non sono vie percorribili, né la violenza, né il miracolo che non lascia spazio alla collaborazione umana. Per ben due volte nel racconto della cattura si afferma con chiarezza il compimento delle scritture, indicandoci in che modo dovremo leggere questo e tutto quanto segue: con il testo evangelico in una mano e l’Antico Testamento nell’altra. In modo particolare sono citate le profezie di Isaia (Is 55; 42; 53 etc.). Matteo, sulla linea di Marco, non afferma questo metodo come proprio: è Gesù stesso che ha letto la sua passione alla luce dell’Antico Testamento fin nel momento supremo, quando sulla croce ha fatto proprie le parole del salmo 22: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ».
Prima di passare al processo davanti a Pilato, Matteo inserisce l’annotazione sul suicidio di Giuda e soprattutto sul prezzo del sangue (Mt 27,3-10) che viene pagato e che restituito permette l’acquisto di un campo. L’evangelista non vuole centrare l’attenzione sulla morte di Giuda, come può apparire a prima vista, ma sul tema del contratto con il traditore e soprattutto del prezzo del sangue. Per la morte di Giuda bastano poche parole, mentre ben sette volte sono citate le monete d’argento e tre volte è citato il sangue. Tutto questo fornisce una prova legale ed evidente sulla iniquità del processo, Giuda stesso proclama prima di morire, e quindi con una sincerità indubitabile:«ho tradito sangue innocente». Inoltre questa insistenza sul tema del prezzo di sangue ha forti reminiscenze antico-testamentarie, il tema del giusto venduto è molto diffuso a partire dalla storia di Giuseppe (Gn 37). Ed il sangue collegato con il campo ricorda l’omicidio di Abele, il cui sangue grida a Dio dal campo dove è stato versato. Sullo sfondo di questi racconti la morte di Gesù appare come la morte del fratello, tradito dai fratelli, che con il suo sacrificio salverà la loro vita, come aveva fatto Giuseppe. Il sangue di Gesù, come quello di Abele, farà giungere fino a Dio il suo « grido », ma non sarà questa volta una richiesta di vendetta, ma una domanda di perdono. « Padre perdona loro, non sanno quello che fanno ».

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 16 avril, 2011 |Pas de commentaires »
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