Omelia per il 18 aprile 2011 sulla prima lettura
dal sito:
http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/9641.html
Omelia (02-04-2007)
Eremo San Biagio
Dalla Parola del giorno
Ecco il mio servo che io sostengo, [...]. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza.
Come vivere questa Parola?
È un testo prezioso a meditarsi. E benedetti i liturgisti che lo hanno scelto per introdurci nella settimana più forte dell’anno! Si tratta dell’apertura del primo dei quattro carmi del Servo di JHWH. Così si chiama quest’opera profetica di Isaia che ci aiuta a entrare in contatto con la personalità di Colui che, Redentore del mondo e prima di tutto nostro Creatore, è entrato nella storia « non per essere servito, ma per servire e dare la vita ». In croce ha dato questa sua vita umano-divina! Non finiremo mai di scoprire il senso di questo epilogo estremo di un dono estremo com’è stato quello che Gesù è venuto a dirci e a donarci per tirarci fuori dal non senso, dalla tristezza e dalla morte. E allora ecco l’importanza di cogliere i connotati di Gesù il Servo di JHWH per eccellenza. È uno che è venuto a « portare il diritto », a « proclamare la giustizia ». Ma in che modo? Semplicemente all’opposto di come hanno preteso di farlo (e anche oggi pretendono!) quelli che si fanno avanti con prepotenza, con aggressività più o meno celata, con violenza, pretendendo di giustificare il loro modo con qualche finalità non cattiva. Gesù, all’inizio della Settimana Santa, m’interpella perché io voglia fare spazio alla Sua personalità di Servo del Signore che viene ancora a darmi la vita, a servire la causa della mia liberazione e dei progetti di vera libertà che sono in me. Ma in che modo?
Oggi, nella mia pausa contemplativa, contemplo in Gesù l’armonizzazione di due qualità che sembrano opposte ma che, al contrario, sono l’una la condizione dell’altra. Sì, perché solo se cerco di vivere e portare giustizia (non l’appagamento egoico dettato dall’imperialismo culturale dell’avere!) lì dove vivo, se voglio proclamarle con fermezza, bisogna che io sia mite nel pensare, nel parlare, nell’agire.
Mio Signore e mio Dio, mandami il tuo Spirito perché il mio cuore sia mite.
La voce di un Padre apostolico
Perseveriamo senza posa nell’adesione alla nostra speranza e al pegno della nostra santità che è Cristo Gesù: egli portò le nostre colpe nel suo corpo sul legno della croce; egli, che non commise peccato e sulla cui bocca non vi fu inganno, sopportò tutto per noi, perché vivessimo uniti a lui. Mettiamoci dunque a imitare la sua pazienza e se dobbiamo soffrire qualche dolore per il suo nome, rendiamogli gloria.
S. Policarpo
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