Storia e martirio di San Policarpo (23 febbraio mf)
dal sito:
http://www.sanpolicarpo.it/1-info/chi_siamo/storia_santo_martirio.html
Storia di San Policarpo
(23 febbraio mf)
Martirio
Il II secolo cristiano ha visto a capo dell’impero romano uomini di grande levatura nell’ambito civile ed in quello militare: Traiano (98-117), Adriano (117-38), Antonino Pio (138-61), Marco Aurelio (161-80), Commodo (180-92), Settimio Severo (192-211).
Nessuno di questi imperatori fu persecutore ufficialmente, cioè con sociali editti contro i cristiani; ma tutti (chi più chi meno) hanno recepito la prassi giuridica di Nerone e Domiziano ed hanno avallato le ostilità popolari e la odiosità di magistrati lontani da Roma.
Ecco perché il martirologio cristiano ha continuato ad arricchirsi in questo secolo. Valenti filosofi cristiani impegnarono la penna per prendere pubblica difesa della fede e dei costumi de seguaci di Cristo. Essi sono detti Apologisti. Il primo, Aristide Marciano di Atene, indirizzò a sua apologia ad Adriano nel 126.
Poi Giustino ne compose varie e le presentò ad Antonino Pio, a Marco Aurelio, al Senato Romano. Ma queste opere non venero lette, oppure non vennero prese in considerazione, sebbene sembri che qualche volta servissero per mitigare le persecuzioni. Policarpo subì il martirio durante l’impero di Antonino Pio. Come sia sorta la persecuzione, se fu generale o soltanto locale, non sappiamo.
Sta il fatto che a Smirne vennero incarcerati e poi suppliziati molti cristiani, dei quali si parla nella relazione del martirio di S. Policarpo. Non era ancora giunti il primo anniversario della sua morte, quando i cristiani di Smirne vollero stendere un dettagliato resoconto degli avvenimenti per indirizzarlo ai fratelli della città di Filomelio, che ne avevano fatto richiesta. Filomelio era una città della frigia fondata nel II sec. a.c. ed era sede episcopale. Si trova sulla strada per Efeso.
Attualmente è detta Aksehir. Questa narrazione del martirio di S. Policarpo ci fa sentire tutta la fragranza spirituale degli avvenimenti e delle minute circostanze che dipingono dal vivo le cose e le trasmettono con vivaci colori, quasi un racconto orale. Ecco il testo originale, che ognuno può gustare da sé.
« La chiesa di Dio che vive in esilio a Smirne scrive a quella che è in esilio a Filomelio e a tutte le comunità della Santa Chiesa Cattolica pellegrinanti in ogni luogo. Si accresca in voi la misericordia, la pace, e l’amore di Dio Padre e del Signore nostro Gesù Cristo.
1 – Vi scriviamo, fratelli, le gesta dei nostri martiri, e soprattutto quelle del beato Policarpo, il quale con il suo martirio ha fatto cessare la persecuzione, come se vi avesse impresso un sigillo. Lo facciamo pensando che gli avvenimenti si siano svolti in modo del tutto particolare, perché il Signore ha voluto mostrarci di nuovo lo spettacolo del vero martirio, descritto dal Vangelo. Infatti, anche Policarpo, come il Signore, aspettò con pazienza di essere arrestato e questo per lasciarci un modello da imitare, perché dobbiamo preoccuparci non sol del nostro bene, ma anche del bene del prossimo. E’ infatti segno di carità vera e sicura nn aspirare solo alla propria salvezza, ma a quella di tutti i fratelli.
2 – Sono beati e veri solo quei martiri che avvengono per volere di Dio, perciò dobbiamo essere cauti e ricordare che Dio solo dà l forza contro i tormenti. Chi non resta stupito per la nobiltà dei nostri martiri, per la loro eroica pazienza, e per il loro amore a Dio? Essi, pur lacerati dai flagelli tanto che era messa a nudo la struttura profonda del corpo (le vene, le arterie), soffrivano con tale rassegnazione che gli spettatori si muovevano a compassione e a deplorazione. Anzi giunsero a tale coraggio che nessuno di loro ebbe né un gemito né un lamento; per noi era chiaro che in quel momento, fra le torture, i martiri di Cristo erano fuori da corpo, o meglio che il Signore stesso al loro fianco parlava con loro amichevolmente. Così, sostenuti dalla carità di Cristo, disprezzavano i tormenti terreni, acquistandosi con le sofferenze di un’ora sola, la vita eterna. Il fuoco dei carnefici inumani era per loro un refrigerio, perché avevano dinnanzi agli occhi, per sfuggirlo, il fuoco eterno che mai si spegne; e dall’intimo del cuore contemplavano in cielo i beni riservati a coloro che sopportano i tormenti: beni che orecchio non udì, occhio non vide, né cuore d’uomo poté immaginare (I Cor. 2,9), ma che il Signore mostrava loro chiaramente, perché non erano più uomini ma angeli. Anche quelli che furono condannati alle fiere sopportarono tormenti orrendi, Stesi su conchiglie, straziati da torture di ogni specie. Il tiranno cercava, a forza di supplizi prolungati, di spingerli al rinnegamento, se gli fosse stato possibile.
3 – Inoltre il demonio pose in opera molte male arti contro di loro, ma grazie a Dio non ebbe successo. E ciò perché Germanico, pieno di coraggio, con la propria costanza nella prova, riusciva a rinfrancare a fragilità degli altri. Quando il Proconsole, volendolo persuadere, lo esortò a considerare la propria giovinezza, egli aizzò la belva e l’attirò contro di sé, e così mostrò il desiderio di porre fine a questa vita ingiusta e perversa. Ma la folla, sorpresa per il coraggio dei cristiani, tanto pii e manti di Dio, cominciò a gridare: « Morte a questi atei! La caccia a Policarpo! »
4 – Ve ne fu purtroppo uno, frigio, di nome Quinto, immigrato di recente, che, vedendo le fiere, si lasciò prendere dal terrore. Ma egli era uno di quelli che si costituiscono di propria iniziativa; anzi aveva spinto altri fratelli a questo passo. Fu per questo motivo che il Proconsole poté indurlo, dopo molte insistenze, a prestare il giuramento e a sacrificare incenso. E’ per questo, o fratelli, che noi non approviamo chi si costituisce spontaneamente: non è così che insegna il Vangelo!
5 – Ma Policarpo, uomo meraviglioso, udendo tutto, non si spaventò. In un primo tempo avrebbe preferito restare in città, ma tutti i fratelli lo esortarono a uscire. Si ritirò perciò in un podere poco lontano, e ivi si trattenne con alcuni fidati, non facendo altro, notte e giorno, che pregare per tutti ed in particolare per le comunità cristiane di tutta la terra, come era sua abitudine. E avvenne che mentre stava in preghiera, tre giorni prima della cattura, ebbe una visione: vide il suo guanciale arso dalle fiamme. Si voltò e disse ai suoi: « Devo essere arso vivo! ».
6 – Perché non si cessava di ricercarlo attivamente, egli si trasferì in un altro podere; e appena se ne fu andato, i persecutori fecero irruzione. Non avendolo trovato, arrestarono due giovani schiavi ed uno di loro, sotto tortura, parlò. A Policarpo era davvero impossibile riuscire ad occultarsi, perché erano i suoi stessi fratelli che lo tradivano. Per di più lo stesso capo della polizia – che aveva proprio il nome di Erode – si occupò personalmente delle ricerche per riuscire a condurlo allo stadio, dove il martire avrebbe ottenuto la sorte di partecipare alla passione di Cristo, mentre per i traditori ci sarebbe stata la pena di Giuda.
7 – Un venerdì, all’ora di cena, le guardie e un corpo di cavalleria uscirono armati, come se dovessero dare la caccia ad un bandito. Giunsero sul far della sera e lo trovarono ormai coricato in una stanzetta al piano superiore. Avrebbe potuto ancora fuggire a rifugiarsi in un altro nascondiglio ma ricusò e disse « Sa fatta la volontà di Dio! ». Sentendo dal frastuono che ormai erano arrivati, scese e cominciò a conversare con loro, che restarono attoniti per la sua veneranda età e per la sua calma; e si chiedevano perché mai un tale spiegamento di forze, solo per catturare quell’uomo così anziano. Subito egli ordinò di offrire loro da mangiare e da bere a loro gradimento, e chiese che gli fosse concessa un’ora per pregare tranquillamente. Glielo permisero. Restò in piedi, cominciò a pregare a voce alta, tanto pieno di amore di Dio che per due ore non si poté interromperlo; e le guardie, udendolo restarono colpite. Anzi, molte sentirono il rimorso di essere venute a catturare un vecchio così santo.
8 – Finalmente terminò la preghiera, nella quale aveva ricordato tutti quelli che in vita aveva conosciuto, piccoli e grandi, umili o illustri, e soprattutto la Chiesa cattolica sparsa in tutto il mondo. Giunse così il momento di andare. Lo fecero sedere su un asinello e lo condussero in città. Era ormai sabato, giorno di festa. Gli vennero incontro il questore Erode e il padre di costui Niceta. Lo fecero salire sul cocchio e, seduti al suo fianco, cercavano di persuaderlo dicendogli: » Ma che male c’è a dire – Cesare è il Signore, oppure offrire incenso o compiere gli latri riti, e così salvare la vita? ». Dapprima non rispose. Ma quelli insistevano. Alla fine Policarpo disse: » Non ho intenzione di seguire i vostri consigli ». Allora quelli, non riuscendo a persuaderlo con le buone maniere, uscirono in parole ingiuriose e lo spinsero fuori dal cocchio tanto precipitosamente che, nello scendere, si scorticò uno zinco. Proseguì a piedi con coraggio e lentezza. Fu così condotto allo stadio, ove ormai vi era un tumulto tale da non riuscire a farsi intendere.
9 – Quando Policarpo entrò nello stadio, si fece udire dall’alto una voce: « Sii forte, Policarpo, mostrati eroico! ». Nessuno comprese queste parole; solo i nostri che erano presenti le udirono. Poco dopo, mentre veniva condotto dinnanzi al tribunale, si elevò un intenso clamore, perché stava diffondendosi la notizia del suo arresto. Comparso davanti al Proconsole, questi gli chiese: « Sei tu Policarpo? ». Egli annuì. Allora il Proconsole cercò di salvarlo e gli disse: « Pensa alla tua età! », aggiungendo poi altre esortazioni, com’è nel loro stile, per esempio: « Giura per il genio (divinità) di Cesare – cambia idea – grida « Morte agli atei! ». Allora Policarpo volse uno sguardo severo a tutta quella folla di pagani senza legge che affollava lo stadio, tese verso loro la mano, ebbe un gemito e, alzando gli occhi al cielo, gridò: « Sì, muoiano gli atei! ». Egli rispose: « Sono ottantasei anni che lo servo e non mi ha fatto nessun torto. Come potrei bestemmiare il mio re, il mio salvatore? ».
10 – Ma quegli insistette ancore: « Giura per il genio di Cesare! ». Rispose Policarpo: « Se proprio ci tieni a farmi giurare per il geni odi Cesare, come tu dici, e fingi di non sapere chi io sono, ebbene ascoltalo attentamente: – sono cristiano – . Se poi desideri conoscere il messaggio della religione cristiana concedimi una giornata ed ascoltami ». Rispose il Proconsole: Cerca di persuadere il popolo! ». E Policarpo a lui: « Te sol io stimo degno di ascoltare le mie parole, perché ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e le autorità stabilite da Dio in modo conveniente, senza danno per la nostra coscienza. Ma costoro non li stimo degni di ascoltare la mia difesa ».
11 – Disse allora il Proconsole: « Ho le belve! Ti getto ad esse se non cambi idea ». « Chiamale! Noi cristiani non ammettiamo ce si cambi idea passando dal bene al male. Bisogna, invece, cambiare idea quando si tratta di convertirsi dal peccato alla giustizia ». E quegli di nuovo: « Ti farò consumare dal fuoco, giacché non ti importa delle belve e non vuoi cambiare idea ». Policarpo rispose: « Tu mi minacci un fuoco che brucia un poco e poi si spegne; ma non conosci il fuoco del giudizio futuro, della pena eterna riservata agli empi. Ma perché indugi! Suvvia! Fa quello che vuoi ».
12 – Mentre diceva questo e molte altre cose, era pieno di coraggio e di serenità e il suo volto irradiava una tale gioia che non solo faceva capire che non avrebbe mai ceduto alle minacce, ma lo stesso Proconsole ne restò sconcertato. Allora mandò in mezzo allo stadio un araldo a proclamare tre volte: – Policarpo ha confessato di essere cristiano -. Quando questi ebbe detto ciò, tutto il popolo di pagani ed ebrei, abitanti in Smirne, con rabbia incontenibile e con furore proruppe nelle grida. – E’ lui il maestro dell’Asia, il padre dei cristiano, è lui il distruttore dei nostri dei, che insegna a tutti a non venerarli e a non fare sacrifici! -. Gridando così chiesero all’Asiarca, Filippo, che lasciasse libero un leone contro Policarpo. Ma quegli rispose che non ne aveva facoltà, dato che i combattimenti contro le fiere erano terminati. Allora si misero a gridare tutti insieme che Policarpo fosse arso vivo. Doveva così avverarsi la visione da lui avuta durante la preghiera, cioè del cuscino in fiamme, per cui rivolto ai suoi intimi, aveva profetizzato: – Devo essere arso vivo – .
13 – Tutto poi avvenne più in fretta di quanto si possa dire: all’istante il popolo si lanciò a raccogliere legna e sarmenti dai bagni pubblici e dalle officine; soprattutto i giudei compatti si dettero da fare con accanimento. Quando il rogo fu pronto, Policarpo, sciolta la cintura e deposte le vesti, cominciò a slegarsi i calzari, cosa che prima non compiva mai, perché ogni fedele si affrettava a prestargli questo servizio, per avere occasione di toccare il suo corpo. Tutti infatti lo veneravano ancor prima del martirio, per la sua santa vita. Subito gli furono posti intorno gli attrezzi del rogo, e lo avrebbero inchiodato, ma egli disse: – Lasciatemi così! Colui che mi da la forza di sopportare il fuoco, mi concederà anche, senza bisogno di chiodi, di restare immobile sul rogo -.
14 – Perciò non lo inchiodarono, ma solamente lo legarono. Avvinto con le mani dietro la schiena, come un agnello contrassegnato, scelto da un grande gregge per il sacrificio ed olocausto accetto a Dio. Alzandogli occhi al cielo, pregò: « Signore Dio Onnipotente, Padre del suo servo amato e benedetto, Gesù Cristo, che ci diede notizie di Te; o Dio degli Angeli e delle potestà e di tutte le creature e di tutti i giusti che vivono innanzi a Te! Io ti benedico perché mi hai fatto degno di questo giorno, di quest’ora; di prendere parte, nel numero dei martiri, al calice del Tuo Cristo, per la risurrezione, anima e corpo, ala vita eterna, nella incorruttibilità dello Spirito Santo. Con essi venga io oggi accolto al tuo cospetto in sacrificio accetto e gradito, come hai predisposto e rivelato e ora stai compiendo, o infallibile e verace Dio! Perciò Ti lodo per tutte le cose e Ti glorifico per mezzo dell’eterno celeste sacerdote Gesù Cristo. Tuo servo diletto, per il quale a Te, con lo Spirito Santo, è gloria adesso e nei secoli futuri. Amen! ».
15 – Appena ebbe rialzato al cielo il suo Amen e conclusa la preghiera, gli addetti la rogo lo accesero. Mentre la fiamma divampava gigantesca, noi vedemmo un prodigio; a noi almeno ai quali fu concesso e siamo sopravvissuti per narrarlo agli altri: la fiamma fece una grande sacca, come una vela gonfiata dal vento. Essa girava tutt’intorno al corpo del martire come un muro. Policarpo stava in mezzo, non come carne che brucia, ma come pane che cuoce, o meglio come oro e argento nel crogiuolo ardente. E noi sentimmo un profumo penetrante, come se si elevasse una nube di incenso o di altro aroma prezioso.
16 – Alla fine quegli uomini senza legge, resisi conto che il corpo non veniva consumato dalle fiamme, dettero ordine al « confector » di avvicinarsi e di trafiggerlo con un pugnale. Adempiuto l’ordine, uscì dalla ferita una colomba e un tale fiotto di sangue che smorzò il fuoco e la folla restò stupita, notando la differenza tra la morte degli infedeli e quella degli eletti. Al numero degli eletti appartiene certo l’ammirabile martire Policarpo, vescovo della Chiesa cattolica di Smirne, maestro, apostolo e profeta dei nostri tempi. Le parole uscite dalle sue labbra s sono adempiute e si adempiranno ancora.
17 – Ma il maligno, invidioso e perverso, il tentatore dei giusti, vedendo la grandezza del suo martirio e l’indiscussa santità di tutta la sua vita, anzi mirandolo già incoronato con la corona della immortalità, quale premio incontestabile, si adoperò perché noi non potessimo impossessarci del suo cadavere. Molti lo desideravano per poter vivere uniti a quelle sante reliquie. Il diavolo invece persuase Niceta, padre di Erode e fratello di Alce, di presentarsi al governatore per ottenere che non fosse concessa l’autorizzazione al ritiro del cadavere. Egli si espresse così: « Che non abbandonino il culto di quel Crocefisso (proprio queste le se parole!) e non comincino ad adorare costui ». Anche gli ebrei suggerivano e sostenevano tale opinione; anzi montarono la guardia quando noi volemmo andare a ritirare il cadavere dal rogo. Non sanno che noi non potremo mai abbandonare Cristo: Egli ha sofferto per la salvezza di tutti i credenti, innocente per i peccatori. Mai potremo adorare un altro. Egli è Figlio di Dio, perciò lo adoriamo! Ma ai martiri rendiamo solo il giusto tributo del nostro affetto, per l’amore immenso che mostrarono al loro Re, al loro Maestro. Ci sia concesso di partecipare alla loro sorte e diventare loro condiscepoli.
18 – Allora il centurione, vista la dura intransigenza dei giudei, fece portare in mezzo il corpo e lo fece cremare come usano i pagani. Così noi al termine potemmo avere le sue ossa, più preziose delle gemme, e le collocammo in un luogo conveniente. Ivi, quando sarà possibile, ci concederà il Signore di riunirci in serenità e letizia, per celebrare il giorno genetliaco del suo martirio per rievocare la memoria di coloro che combatterono prima di noi, onde disporci ed allenarci alle lotte future.
19 – Così dunque si svolse il martirio del beato Policarpo. Egli, assieme a quelli di Filadelfia, fu il dodicesimo che subì il martirio; ma solo lui fra tutti ha lasciato un ricordo così vivo, che se ne parla dovunque, anche tra i pagani. Infatti non solo fu un maestro eminente, ma anche un martire insigne! Tutti i fratelli desiderano imitare il suo martirio, veramente eroici. Ora egli, con la sua sofferenza, ha sconfitto il principe dell’iniquità ed ha acquistato la corona dell’immortalità. Insieme agli Apostoli ed ai Santi egli glorifica Dio Padre Onnipotente e benedice il Signore nostro Gesù Cristo, salvatore delle nostre anime e guida dei nostri corpi, pastore della Chiesa Cattolica diffusa su tutta la terra.
20 – Desideravate da noi notizie dettagliate su questi avvenimenti. Ecco: ve le abbiamo esposte, per il momento, i questo breve riassunto, fatto dal nostro fratello Marcione. Quando ne avrete preso visione, spedite la lettera ai fratelli vicini, affinché anche essi possano glorificare il Signore per la scelta che Egli fa dei suoi eletti. A Colui che può indurre tutti noi, per sua grazia e dono, nel regno eterno, per la mediazione del suo Servo, l’unigenito Gesù Cristo, sia gloria, onore, potenza, magnificenza per tutti i secoli. Saluti a tutti i santi (cioè fratelli nella fede). Vi salutano tutti coloro che sono qui presenti e particolarmente Evaristo, che ha steso la presente, e tutti i suoi fratelli.
21 – Il beato Policarpo subì il martirio il 2 di santico, cioè il giorno settimo prima delle calende di marzo, sabato festivo all’ora ottava. Fu arrestato da Erode, durante il pontificato di Filippo di Tralli ed il proconsolato di Stazio Quadrato, ma durante li regno eterno di nostro Signore Gesù Cristo, a cui sia gloria onore e grandezza, maestà e regno eterno di generazione in generazione. Amen!
La sollecitudine per dare indicazioni precise circa la data del martirio è indice della preoccupazione che ritroviamo in tutte le comunità cristiane di raccogliere tutto quanto potesse riferirsi ai martiri e specialmente gli atti ufficiali dei processi e condanne. Dobbiamo a questa sollecitudine se oggi possediamo molti atti ufficiali dei martiri. La data indicata corrisponde al 23 febbraio 155. L’ora ottava è le 14 pomeridiane. Ci sono stati degli autori che hanno creduto di posticipare la data del martirio al 167. Ma le indicazioni offerte dalla lettera sono troppo precise, per cui non si può scegliere altra data. Purtroppo ance il Martiriologio Romano ritiene che il martirio sia avvenuto sotto Marco Aurelio (161-180) e suo figlio Commodo, associato all’impero.
