La preghiera cristiana nelle sue tappe (Carlo Maria Martini)

io non sono molto brava, non faccio tutto questo, ma è un grande insegnamento, dal sito:

http://www.fondazionemondomigliore.org/uploads/succede/allegati/LECTIO%20DIVINA%20SETTE%20PASSI%20MARTINI.doc

LA PREGHIERA CRISTIANA NELLE SUE TAPPE

(Carlo Maria Martini)

Cerano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d`infanzia di Erode tetrarca, e Saulo. 2 Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: « Riservate per me Barnaba e Saulo per l`opera alla quale li ho chiamati ». 3 Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono (Atti 13,1-3)

In questo testo la comunità raggiunge la pienezza della consapevolezza apostolica mentre la comunità « stava celebrando il culto del Signore ». Su questa attività di preghiera e di ascolto della Parola vogliamo meditare per comprendere la sua relazione con la consapevolezza apostolica. Come premessa cercheremo di definire una certa concezione « semplicistica » della preghiera, per aprirci poi a una più dinamica: quella della preghiera verso il discernimento e verso la vita.

La preghiera cristiana nelle sue tappe

La concezione semplicistica della preghiera si esprime in questo modo: vorrei intraprendere un’azione, mi sembra importante un comportamento da assumere e prego per avere la grazia necessaria. La preghiera appare qui come un sostegno, un aiuto, un rinforzo di decisioni che già riteniamo ovvie ed evidenti. Questo tipo di preghiera può andare bene allorché alcune decisioni sono già chiaramente enucleate dal contesto: rivela invece la sua inadeguatezza quando si tratta di scelte qualificanti la vita, di scelte che dobbiamo operare per rispondere alla chiamata di Dio.

é allora importante riflettere sulla dinamica discrezionale della preghiera, sul rapporto tra preghiera e vita, sulle tappe mediante le quali la preghiera entra nella vita e ne diventa parte. Le tappe successive della preghiera sono conosciute e si possono esprimere con alcuni pochi gradini che, per maggiore utilità, io allargo a sette: lectio, meditatio, contemplatio, consolatio, discretio, deliberatio, actio. Nella loro successione, infatti, esprimono molto bene la dinamica discernimentale della preghiera.

a) La Lectio.

La lectio mette in relazione questa preghiera con la Sacra Scrittura perché è una lectio divina. Consiste nella lettura o nell’ascolto di un passo della Bibbia, cercando di metterne in rilievo gli elementi portanti. È un atteggiamento dinamico è lo sforzo di cogliere, nel testo, i rilievi in modo che da « pianura » diventi un panorama di montagna » con alcune parti in luce e altre in ombra. Sottolineando i verbi, i soggetti, gli oggetti, i vari elementi acquistano valore insospettato. La lectio nel quadro in cui noi la consideriamo, non è fine a se stessa ma si apre alla meditatio: va dunque fatta ogni volta per quel tanto che serve a passare oltre. Non così poco che la meditatio sia sterile e non così tanto da impedirne il dinamismo.

b) La Meditatio.

é la riflessione sui valori del testo soprattutto sui valori permanenti. é un secondo modo di accostare il brano: non più per considerazione analitica dei soggetti, degli oggetti, dei simboli dei movimenti interni ed esterni ma dei valori che il testo veicola e porta con sé.

La meditatio va fatta con la mente e anche con l’affetto perché spesso i valori sono ricchi di risonanze, di sentimenti. Comporta il superamento della quantità verso a qualità, il superamento delle forme esteriori, delle figure geometriche e sintattiche verso i loro contenuti, ed è quindi un passaggio importante. Quali valori esprime Gesù con questo modo di essere? E come posso fare per farli miei? Il mondo della meditatio è molto vario perché l’uomo si confronta dall’interno con la parola e ne fa modello, proposta, regola di vita. C’è tuttavia un rischio ed è quello di prolungare la meditatio all’infinito, compiacendosi di aver capito i valori del testo, di averli ordinati e collegati con la propria vita. Il rischio è di credere di vivere quei valori semplicemente perché si è riusciti a coglierli bene, bloccando così il processo dinamico della preghiera e cadendo nell’autocompiacimento che, in realtà, è l’opposto della religiosità evangelica, pur se si nutre di parole del Vangelo.

La meditatio è dunque un grandissimo valore da imparare, e magari ci si mette anni per impararla, però deve essere superata, a un certo punto, verso la contemplatio. La meditatio infatti può essere fatta, in qualche maniera, anche da un non credente che si compiace dei valori profondi espressi dalla Scrittura.

c) La contemplatio

Con la contemplatio entriamo nella specifica preghiera cristiana che é « in spirito e verità ». é il passaggio dalla considerazione dei valori all’adorazione della persona di Gesù che riassume tutti i valori, li sintentizza, li esprime in sé e li rivela. é un momento orante per eccellenza in cui vengono dimenticate proprio le stesse cose che sono state molto utili per stimolare la coscienza. Si adora e si ama Gesù, ci si offre a lui, si chiede perdono, si loda la grandezza di Dio, si intercede per la propria povertà o per il mondo, per la gente, per la Chiesa. Il centro e il riferimento della contemplatio è sempre la persona di Gesù rivelatore del Padre.

Dal punto di vista più propriamente ontologico o di antropologia soprannaturale, la contemplatio è la disponibilità al dono infuso della carità. L’uomo cioè è nella situazione ideale per accogliere, coscientemente o almeno con piena disponibilità, il dono infuso di carità, a lasciare vibrare in sé lo Spirito di santità.

La contemplatio è, dunque, in parte esercizio attivo, adorante, amante e in parte esercizio passivo, spazio dato allo Spirito di Cristo perché in noi adori, lodi, glorifichi il Padre. Il dono infuso di carità è germinalmente presente, come sappiamo, in ogni battezzato. Molto spesso però non ha spazio espressivo, uno spazio cioè corporeo, mentale, strutturale: la contemplatio è esattamente il momento in cui si dà spazio corporeo allo Spirito Santo. Per questo possiamo anche chiamarla « conversione » dell’uomo che si rivolge totalmente a Dio, che lo sceglie costantemente, attratto da lui, che lo ama con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze elevate soprannaturalmente dallo Spirito.

È veramente il punto culminante delle varie tappe del dinamismo della preghiera ed è la norma, il riferimento delle tappe precedenti. In tanto la lectio è utile, la meditatio è importante, in quanto sfociano nella contemplatio che è vita in senso pieno: è la vita di Cristo che vive in colui che contempla. Da aggiungere, a questo punto del dinamismo della preghiera, ci sarebbe solo l’esperienza infusa mistica, la percezione cioè cosciente dell’agire di Dio: l’unione con Dio a livelli mistici non è però necessariamente parte dell’organismo ordinario della vita cristiana. Vorrei, invece, dire qualcosa sul dinamismo esplicativo della contemplatio ed è per questo che ho indicato altri quattro gradini, anche se non sono un passo avanti perché tutto è già avvenuto.

d) La Consolatio.

Noi facciamo fatica a determinare questo vocabolo mentre è realtà notissima al Nuovo Testamento. Paolo ne fa uso molto grande, sia come verbo – parakaléo – sia come sostantivo – paraklesi – e addirittura lo prevede come un ministero : « Chi ha il ministero della consolazione – parakalòn – attenda alla consolazione paraklései - » (Rm 12,8). Consolazione è un appellativo di Dio, il Dio della pazienza e della consolazione (cf Rm 15,4; 2 Cor 1,3) e il Nuovo Testamento la considera come realtà fondante l’esperienza cristiana. A noi sembra un sostegno aggiuntivo: il bisogno di essere consolati ci appare quasi un segno di debolezza, e questo è abbastanza strano se pensiamo che lo Spirito Santo è qualificato come il Paraclito, il Consolatore.

Che cosa possiamo dunque intendere per consolatio come sviluppo ordinario della contemplatio? Possiamo intendere la gioia profonda, intima che viene dall’unione con Dio, il riverbero luminoso, gaudioso della comunione con Lui. Pensiamo alla gioia che vediamo trasparire dagli occhi di persone particolarmente sante, quel non so che di pace, di serenità, di tranquillità anche nella sofferenza. È il gusto del culto di Dio, il rapporto con Dio vissuto con gaudio.

L’uomo giunto alla contemplazione sa che nessuna forza umana gli potrà strappare quella pace che è dono di Dio. Paolo esprime questa certezza gaudiosa quando esclama: « Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … io sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore! » (Rm 8,35.38-39). La consolazione è la forza che sentiamo uscire, a distanza di duemila anni, dalle parole di Paolo. Ha molti altri nomi la consolatio: in certi periodi della storia della spiritualità è stata chiamata « fervore » oppure « devozione » (S. Francesco di Sales), cioè prontezza gaudiosa e spontanea con cui l’uomo si dona a Dio. Da S. Giovanni Eudes è stata chiamata « il regno di Gesù »: la vita è il regno di Gesù che si sviluppa in noi.

Non dobbiamo dunque trascurare la consolatio. A volte, una certa cultura pseudo-spirituale ci fa credere che ciò che conta è fare il proprio dovere, essere leali e giusti. Ma l’uomo leale e giusto non può non esprimere quella pienezza di sé che è la forza e l’entusiasmo della gioia interiore!

Certo, si tratta di gioia spirituale nascosta nel profondo, spesso è velata e oscurata dalle prove, dall’aridità, dalle desolazioni, dalle tentazioni dalla derelizione, dalla croce, tuttavia non a questa l’uomo è chiamato. Lo stadio a cui è chiamato è la luminosità di Cristo risorto e la consolazione è luminosità del Cristo risorto diffusa nell’esperienza. Non è fenomeno accessorio, pur se va distinta dai puri stati di entusiasmo naturale.

e) La Discretio o discernimento.

La consolatio pone l’uomo in sintonia mirabile con i valori evangelici. è gusto interiore per Cristo, per l’essere con Lui, per la sua povertà, per coloro che sono simili a Gesù nella sofferenza, per la sequela generosa della croce insieme a Lui. Le grandi scelte di Cristo, il suo abbandono al Padre, il suo distacco, la sua dedizione all’uomo diventano valori connaturali nel momento della consolatio.

Il discernimento è la capacità di scegliere, per interiore connaturalità, secondo e come Cristo. La sua relazione con la meditatio è molto stretta perché la meditatio fa emergere i valori di Gesù e la discretio li fa scegliere. Francesco d’Assisi incontra il lebbroso vede in lui Cristo e, nell’impulso dello Spirito, lo bacia pieno di gioia, superando una fortissima ripugnanza naturale: è la discretio che gli ha fatto fare la stessa scelta di Gesù.

f) La Deliberatio

La deliberatio è l’atto interiore con cui l’uomo si decide per le scelte secondo Cristo e necessariamente sfocia nell’ actio.

g) L’actio

L’actio è, dunque, il modo di vivere e di agire secondo lo Spirito di Cristo, è l’accogliere totalmente dentro di noi la coscienza apostolica, è l’averla integrata in noi stessi, l’aver fatto di questa scelta non soltanto un atto di volontà a cui conformarsi a fatica ma una realtà entrata in noi attraverso il dinamismo della preghiera.

In tal modo la preghiera non è più soltanto un pregare in vista del compiere meglio qualcosa: la preghiera è il fare emergere la scelta, il formare la propria vita a partire dalle scelte evangeliche interiorizzate. La coscienza apostolica diventa così l’integrazione in noi dei valori evangelici secondo la chiamata divina.

L’importanza della contemplatio

Prima di concludere, è bene ribadire l’importanza della contemplatio senza la quale tutto diventa insipido, diventa esecuzione faticosa di precetti, volontarismo, moralismo. La mancanza di contemplazione ci impedisce di cogliere globalmente i vari aspetti dell’esperienza cristiana e di vivere realmente il « vieni e seguimi » di Gesù. Nella contemplatio l’uomo raggiunge il massimo di chiarezza e di forza, in essa il progetto-uomo si verifica e si va verificando progressivamente, mano a mano che si integra nelle azioni, nella cultura, nella espressione esteriore della persona.

Il passaggio dalla meditatio alla contemplatio è dunque il momento vitale e determinante dell’esperienza cristiana. Spesso la nostra esperienza cristiana è, al massimo, a livello meditativo, di riflessione, di bei pensieri ma ancora oscura su molti valori del dono di Dio fatto all’uomo. Tale è, spesso, l’esperienza degli apostoli nel Vangelo di Marco che vedono e non capiscono, che hanno occhi e non comprendono. Per questo ci si ritrova incerti, alle prese con continui ripensamenti e con desideri di evasione: perché non si ha come riferimento la contemplazione.

Le domande che possiamo porci, allora, devono essere su come pratichiamo la lectio e la meditatio ma soprattutto se ci apriamo alla contemplatio, se la consideriamo fondamentale per il nostro cammino di fede. lo credo che tutti noi abbiamo avuto dei momenti di vera contemplazione, nei quali abbiamo potuto discernere anche la consolazione di Dio. L’invito è riflettere su questi momenti e valorizzarli giustamente, secondo i disegni del Signore.

(Carlo Maria Martini, Uomini di pace e di riconciliazione, Borla 1985, pp. 33-40)

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