L’amore paterno di Dio per l’uomo peccatore (Lectio Rm 5,1-11)

dal sito: 

http://www.caritasdiocesisansevero.it/Lectio%20Rm%205,1-11.pdf

Caritas Diocesana San Severo

3 dicembre 2008

don Francesco Armenti

Lectio divina

DIO FONTE DELL’AMORE

L’amore paterno di Dio per l’uomo peccatore

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 5,1-11)

1 Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; 2 per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. 3 E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata 4 e la virtù provata la speranza. 5 La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. 6 Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. 7 Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. 8 Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 9 A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. 10 Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 11 Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto
la riconciliazione.

Commento
I Padri creano l’ambiente ideale per entrare nella ricchezza della sacra Scrittura:(san Bernardo). La luce dei Padri illumina il testo base (Rm 5,1-11) di questa riflessione facendo della nostra mente e del nostro cuore il terreno per la seminagione di “Cristo seminatore”(sant’Agostino). L’Apostolo scrive ai cristiani di Roma, una comunità fin troppo vivace, sulla giustificazione per fede(cfr. cap. I-IV). Precisa che non sono le opere a rendere giusti gli uomini davanti a Dio ma è la fede che abbiamo in lui a creare le condizioni che ci fanno giusti, ci salvano. Si sofferma successivamente (cfr. cap. V-VIII)sulla vita nuova che al credente è donata dalla morte, risurrezione e riconciliazione operata da Cristo. E’ vita nuova perché vita senza peccato, senza morte, vita di pace, riconciliazione, vita d’amore. Con il Crocifisso risorto non vi è più l’amore per la legge ma la legge dell’amore. Paolo continua precisando che la nuova vita nel Signore non è aliena da prove, difficoltà,
tribolazioni. Le avversità, anzi, trovano senso in Cristo e se vissute nella fede producono
virtù come la costanza, la pazienza, la fedeltà e la speranza. Paolo parla di speranza come “virtù provata”,certa, consistente e ben radicata.

La speranza che non delude
Il tema della speranza è ricorrente e fondamentale nella predicazione e nel magistero paolino. Egli è consapevole che predicare e testimoniare la speranza evangelica non è semplice, non è argomento di facile accoglienza poiché non si tratta di speranze umane, di speranza nelle realtà tangibili, provabili ma di annunciare la speranza escatologica: la risurrezione, la vita eterna, l’eredità dei santi, la visione di Dio, la salvezza dell’uomo. Ed è questa speranza che deve ritmare l’attesa del credente, un attendere non sempre facile, sovente faticoso, ma che non deve cedere allo scoraggiamento perché non è di una speranza qualsiasi che stiamo parlando ma della speranza della fede e nella fede. Benedetto XVI nella Spe salvi riflettendo su questi argomenti dice che in questo contesto la fede e la speranza giungono ad essere sinonimi. Nella sua predicazione e nelle sue lettere il convertito di Damasco scrive che è speranza che non delude. Letteralmente deludere vuol dire che non ci fa “arrossire di vergogna” perché è certa, sicuramente realizzabile. Ma cosa e perché è sicura la speranza cristiana? Cosa fa convincere cosi profondamente Saulo? Lo scrive lui stesso quando afferma:< >(Rm 5,5).In queste parole vi è il centro ed il fulcro di tutta la predicazione paolina. La speranza di ed in Dio non ci deluderà perché nasce dal suo amore, dalla provata fedeltà(“virtù provata”) di Dio che nel Figlio, Gesù, il Cristo, ha realizzato tutte le sue promesse. Dio ci ama veramente, sul serio, evidenzia più volte Paolo, ed il suo amore mai inganna. Un’altra garanzia rende certa la speranza evangelica: è fondata nello Spirito santo che ci è stato dato in dono. Altre traduzioni traducono che lo Spirito ci abita e ci possiede. Ed è
questa la sconvolgente novità: con Cristo e per mezzo dello Spirito l’Amore di Dio è in mezzo alla nostra quotidianità fino a possedere la nostra esistenza.1 Si chiede Raniero Cantalamessa:<> anche padre Pio è l’esempio della speranza paolina che è Cristo perché si è lasciato totalmente ardere dall’amore e dal “fuoco stesso che arde nella Trinità”.

La speranza che salva
L’’Apostolo torna con insistenza sul mistero della salvezza che è opera gratuità del Padre. La speranza è fortificata ed autenticata dalla morte del Figlio in croce, dalla morte di Dio stesso nel Figlio. Non una morte per uomini giusti, santi ma peccatori, empi,lontani dal suo amore e dalla fedeltà alla sua legge:<>(Rm 5,6). Dio in Gesù Cristo non è morto per caso, non è morto in un momento qualsiasi ma al “momento opportuno”, nel tempo che è “l’oggi salvifico di Dio”, il tempo opportuno, il kairos della liberazione di Dio. Ciò che rende autentico questo amore di Dio è la nostra condizione di ingiusti, di peccatori. Se è raro che si trovi qualcuno che muoia per un giusto, per l’amico fedele, una “persona dabbene” Dio, invece, ha dimostrato e mostrato il suo amore per noi mentre eravamo peccatori. Anzi, perché eravamo lontani ed infedeli Cristo è morto per noi. Questa è la prova rivoluzionaria dell’amore di Dio: morire per i nemici, i lontani, morire nel Figlio per l’umanità infedele. Ed è la Croce-Amore la motivazione che rende certa la speranza di cui non dobbiamo dubitare perché non potremo vergognarcene. Pensando a queste cose il vescovo Agostino d’Ippona, che nella sua vita sperimentò il peccato e la salvezza per amore, scriveva:<<[…] Ecco che nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Nessuno davvero? Proprio nessuno. E’ verità, lo ha detto Gesù stesso. Interroghiamo l’Apostolo; egli dice:”Cristo morì per gli empi”. E poco dopo:”mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo. E allora in Cristo noi troviamo un amore ancora più grande, perché egli non ha dato la sua vita per degli amici, ma per i suoi nemici. Quanto grande è l’amore di Dio per gli uomini, quanta tenerezza, amare i peccatori fino a tal punto da morire per essi di amore. Egli dimostra il suo amore per noi,sono ancora parole dell’Apostolo, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Anche tu dunque credilo, e non vergognarti di confessarlo per la tua salvezza. Si crede infatti col cuore per [ottenere] la giustizia, e si confessa con la bocca per [avere] la salvezza>>3. Paolo continua a parlare dell’amore gratuito del Padre e sottolinea come <>(Rm 5,9). Ragionamento “scontato” per la logica di Dio ma non per quella umana. Se Dio, infatti, ci ha salvati quando eravamo nemici e lontani a maggior ragione ora che, salvati dal suo sangue, resi giusti dalla Croce e riconciliati col Padre per mezzo di Cristo, continuerà a renderci giusti, perdonarci e salvarci per mezzo della vita di Cristo trasmessaci nel battesimo(cfr Rm 5,10). E di questo amore gratuito, l’Apostolo ci esorta a vantarcene pur non avendo alcun merito per glorificare l’amore che Dio ha riversato nei nostri cuori(cfr Rm 5,11). Invito che sottolinea come l’amore di Dio è da apprezzare non per ciò che produce ma per la sua identità, per il suo essere amore e il suo farsi dono sempre e comunque. Dio è da amare perché è l’Amore e perché da continuamente la possibilità di vivere in relazione con lui, con la sua stessa vita. Aveva ragione padre Turoldo quando cantando l’amore di Dio scriveva:.

I “colori” dell’Amore di Dio
Arbitrariamente ma con passione tentiamo di limitare l’infinito, l’inimitabile con le parole povere della nostra intelligenza. Come sfondo, a quest’arcobaleno dell’amore di Dio mettiamoci la certezza e la fede dell’apostolo Paolo che, colpito dall’Amore, ne diventa il messaggero ed il testimone. Difatti le sue lettere iniziano sempre con questo annuncio dell’amore divino:
>(Rm 1,7). L’amore di Dio è una certezza, una realtà per Saulo. Il cristiano, di conseguenza, è colui che è <, che sperimenta, accoglie, vive e trasmette questa certezza di essere amato dal Padre. Amore che diventa anche per lui la speranza che non delude, che non lo fa arrossire dinanzi agli uomini. La vita cristiana deve poter e saper dire ad un mondo e ad un uomo senza amore che Dio ci ama indipendentemente dalla nostra risposta, che l’uomo è amato da Dio pur se non è corrisposto. Gli amici di Gesù dovrebbero dire, con le parole e la vita, che Dio ama l’uomo da sempre e per primo:<>(1 Gv 4,10; 19) Questo la Chiesa deve annunciare, proclamare e vivere: non è primariamente il dovere di amare Dio ma il dono di essere amati da Dio dal quale nasce il bisogno di amarlo4. Questo amore del Padre per le sue creature è il fondamento di tutta la Scrittura. La Bibbia, difatti, non si preoccupa di dimostrare l’esistenza di Dio ma narra il suo amore, la sua attenzione per l’uomo. Scriveva il danese Soren Kierkegaard.5. Ed è proprio il testo sacro a tratteggiare e a dipingere i tratti dell’amore che il Creatore nutre per l’uomo. L’amore divino è amore paterno, che soffre e geme per la lontananza del figlio: (Os 11,1-4; cfr.Os11,8-9). Ma è amore anche materno: >(Is 49,15; 66,13). Amore materno perché amore viscerale, di mediazione, di tenerezza; amore paterno perché amore di padre che ti guida con fermezza, ti riprende per correggerti, ti insegna a vivere, ad amare e a soffrire. La sacra Scrittura presenta l’amore di Dio come amore sponsale, fatto di desiderio e di gelosia(cfr. Es 20,5; Dt 4,24; Ez 8,3-5). Dio ha desiderio e gelosia dell’uomo non per bisogno egoistico o per timore di perdere l’amato ma per necessità di donarsi, di aprirsi, di amare, per zelo. Dio, infatti, non ha bisogno di amare l’uomo per sua soddisfazione ma ama l’umanità per completarla, per realizzarla, per glorificarla e ridarle dignità.
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NOTE

1 Paolo parla dello Spirito santo nel capitolo VIII della lettera ai Romani.
2 La vita in Cristo, Ancora, Milano 1999, p. 21. Cfr. anche, pp.10-29.
3 Discorso 215.
4 Cfr R. CANTALAMESSA, La Vita…, cit. p. 13
5 Discorsi edificanti in diverso spirito, 3: Il Vangelo delle sofferenze, IV, in, R. CANTALAMESSA, La Vita…, cit. p.

Publié dans : LECTIO DIVINA, Lettera ai Romani |le 7 février, 2011 |Pas de Commentaires »

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