mercoledì, 12 novembre 2008 – e nel ’900 San Paolo si fa poesia
quante cose ancora non conosco! dal sito:
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mercoledì, 12 novembre 2008 – e nel ’900 San Paolo si fa poesia
Convegno a Milano 12 – 13 novembre 2008
Il punto sugli influssi dell’Apostolo delle genti sulla letteratura italiana: accanto ai legami già noti con Dante, Leopardi o Manzoni, altre e insospettate relazioni lo legano anche ai poeti contemporanei.
In un modo in cui solo la poesia può comunicare, oltre un silenzio di secoli, san Paolo parla ancora ai poeti di oggi. Un tema affascinante che, nell’anno dedicato a san Paolo, un nutrito gruppo di studiosi affronterà oggi e domani, presso la sacrestia del Bramante in Santa Maria delle Grazie, col convegno « Paolo di Tarso. Architetto della speranza tra letteratura e teologia », organizzato dalla Società San Paolo, in collaborazione con il centro culturale Alle Grazie di Milano, per capire come la meditazione dell’Apostolo delle genti possa aver lasciato un segno in autori importanti, dal Medioevo ai giorni nostri. Un’idea di Francesca D’Alessandro dell’Università Cattolica di Milano, che è riuscita a realizzarla entro l’anno paolino con l’aiuto di un altro docente della Cattolica, Claudio Scarpati, e di Giuseppe Trapani, giovane studioso di teologia che lavora alla redazione del periodico Jesus.
Il tema è, naturalmente, vastissimo: si va dal percorso di Dante e di Caterina da Siena sulle orme di Paolo e della sua mistica (seguiti da Bortolo Martinelli e Maria Grazia Bianco), alla tensione verso l’indicibile che Giacomo Leopardi affida alla parola poetica (che illustra Elena Landoni), fino alla scoperta del lato teologico di Alessandro Manzoni (che è la sfida di Giuseppe Langella). E si arriva ai poeti del Novecento, tra cui alcuni possono essere ‘per affinità naturale’ vicini a Paolo, perché nel loro percorso letterario hanno sempre dato grande spazio alla spiritualità.
È il caso di Mario Luzi, di cui parlerà padre Gianni Festa, docente della facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, usando l’epistolario dell’apostolo come una sorta di chiave per entrare nel percorso poetico di Luzi da una porta inconsueta. Ricordando che il poeta ha sempre avuto come ‘interlocutore privilegiato’ il ‘convertito damasceno’, al punto da dedicargli due saggi, Glossolalia e profezia e Sul discorso paolino (che andrebbero riletti con attenzione), Gianni Festa propone di dividere l’opera di Luzi in tre grandi ‘ movimenti’ corrispondenti ai tre temi centrali delle Epistole paoline: ‘carità’, ‘verbo’, e ‘ Resurrezione’. Così, se dalla prima raccolta poetica del 1935, La barca, fino a un libro di svolta come Nel magma, Luzi « esprime il cuore del messaggio evangelico» che aveva visto incarnato nella figura esemplare della madre, a partire proprio da Nel magma abbandona le certezze della giovinezza per entrare nel mondo, e quindi « interrogarsi sul significato della poesia e sul ruolo della parola nella vita dell’uomo». Il tentativo di rispondere a questa domanda immergendosi nella realtà, come verbum nel mondo, è alla base di libri come Su fondamenti invisibili e Al fuoco della controversia, e corrisponde alla ‘ fase purgatoriale’ della poesia di Luzi. Superata infine da un terzo tempo che Festa definisce ‘ paradisiaco’: è la poesia della speranza, della luce, che trionfa in Dottrina dell’estremo principiante del 2004 in cui Luzi appare «immerso paolinamente nell’onda viva della creazione».
Chi invece nell’ultima parte della sua vita non è riuscito a raggiungere una tale pienezza paradisiaca è Carlo Betocchi, di cui ha studiato la ‘prospettiva della salvezza’ Maria Chiara Tarsi, dell’Università Cattolica di Milano, soprattutto nell’ultima produzione, a partire dalle Ultimissime (19681973), scoprendole come «la sofferta espressione di una crisi religiosa destinata a rimanere drammaticamente irrisolta». Proprio il poeta che aveva fondato la rivista cattolica Il Frontespizio, negli ultimi anni aveva visto diventare problematica, tormentata, la propria fede. Tarsi cita alcune poesie, come Ma si è già nel Vangelo quando e Ne’ miei panni, tratte da Poesie del sabato (1980), in cui alcuni versi molto intensi ben testimoniano questo tormento: «Il Vangelo ci insegue / come il veltro la preda agognata » e «Tant’è. La mia fede, che non è fede, / è condita di quel coraggio di roccia / che ne fa masso, veemente d’esistere» . Ma da questa sofferenza nata dal senso di smarrimento in un mondo cieco, e dal fortissimo bisogno di non perdere la propria fede, nasce a sua volta «un sentimento di carità che coinvolge tutti gli esseri», e che può apparire come un’affinità, anche se non direttamente affermata, con la caritas che domina il discorso paolino.
Più sorprendente ancora il dialogo con san Paolo in un altro poeta ‘di pensiero’, di solito meno letto da un punto di vista spirituale, Vittorio Sereni.
Affronta questo tema Francesca D’Alessandro, proponendo una ‘lettura in chiave paolina’ di alcuni versi di Sereni in cui «emergono linee tematiche riconducibili ai motivi e agli archetipi della spiritualità di matrice paolina». Anche in Sereni, come già per Festa in Luzi, si individua il «dipanarsi del filo della speranza» : è una ‘disposizione spirituale’ simile a quella descritta da Paolo con l’immagine del «gemere interiormente aspettando». Un’attesa di un’altra vita, oltre quella del corpo fisico, «intesa come trasformazione dalla deperibilità della materia terrestre, all’incorruttibilità del movimento e della luce», che san Paolo esprime nella Prima lettera ai Corinzi e che D’Alessandro rileva soprattutto ne Gli strumenti umani e in Stella variabile. Pur senza alcun ‘abito dottrinale’, per D’Alessandro Sereni appare alla ricerca di una «ragione ultima dell’umano sperare», di quella verità «che possa dare senso al viaggio di ogni uomo sulla terra» . È una speranza plasmata dalla fede, e viene espressa dalle immagini più tipiche di Sereni, come nelle poesie La speranza appunto, e La spiaggia, che chiude Gli strumenti umani:
«I morti non è quel che di giorno / in giorno va sprecato, ma quelle / toppe d’inesistenza, calce o cenere / pronte a farsi movimento e luce». Versi sorprendentemente vicini alla prospettiva paolina «di non venire spogliati dal peso del corpo, ma sopravvestiti e assorbiti dalla vita».
I primi autori che seguirono le orme della sua mistica furono l’Alighieri e santa Caterina da Siena.
di Bianca Garavelli, tratto da [Avvenire] 12 novembre 2008

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