« In spirito e verità »: Gesù e il sacro; Paolo di Tarso e il sacro (Rinaldo Fabris)
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« In spirito e verità »: Gesù e il sacro; Paolo di Tarso e il sacro
sintesi della relazione di Rinaldo Fabris
Verbania Pallanza, 9 dicembre 1995
La verità è il tema dominante del IV vangelo. Non è la verità come conoscenza intellettuale della realtà, ma come fedeltà, fiducia, relazione. L’esperienza biblica del sacro rimanda ad una relazione di ascolto, ad una relazione di amore: Ascolta Israele, ama il Signore con tutto il cuore, la mente, le forze. Più che ritorni di Dio oggi ci sono i ritorni degli dei: è la tendenza umana a controllare e a identificare la realtà divina in qualcosa di manipolabile e visibile. È il vitello d’oro.
Gesù e il sacro
Gesù è un laico che si colloca nella linea profetica. Invece il falegname, il terapeuta, il maestro itinerante è stato sacralizzato.
Gesù e il tempo sacro (il sabato). Gesù prende posizione nei confronti del giorno di riposo, del sabato, la cui osservanza è al centro delle dieci parole. Il sabato era la memoria della creazione e della liberazione dall’Egitto. Gesù prende posizione contro il modo di osservare il sabato, osservanza diventata scrupolosa e ossessiva in Israele (elenco minuzioso delle azioni interdette) come modo per distinguersi dagli altri popoli.
Gesù (Marco 2,23-28) afferma che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato, rispondendo all’accusa dei farisei. Fa così comprendere che l’ambito del sacro non è tanto un tempo definito, quanto la relazione tra Dio e l’essere umano. Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Tutti gli esseri umani sono signori del sabato, del sacro.
Inoltre il criterio della vera sacralità del sabato è fare il bene, salvare una vita (Marco 3,1-6), come emerge dall’episodio della guarigione di un uomo con la mano inaridita in giorno di sabato. Il sacro è nel rapporto con Dio che passa attraverso l’attenzione agli uomini.
Nell’episodio della guarigione della donna curvata in giorno di sabato (Luca,13-10-17) emerge la concezione del sabato come memoriale della liberazione. Di fronte alle critiche del capo della sinagoga Gesù sottolinea l’importanza del gesto di guarigione-liberazione in giorno di sabato. La sacralità risiede per Gesù nel gesto iniziale della creazione e nei gesti di liberazione.
Gesù e lo spazio sacro (il tempio). Gesù prende posizione nei confronti del tempio scontrandosi con i funzionari del potere sacro.
Innanzitutto Gesù entra nel tempio (Marco 11,15-19) e si mette a scacciare quelli che vendevano e comperavano, rovesciando i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi. È un intervento contro il mercato. Il tempio era un’industria di turismo e di pratica religiosa. Gesù afferma il tempio come luogo di preghiera contro la sua trasformazione in spelonca di ladri. Il tempio può consentire l’incontro con Dio, ma non perché è uno spazio sacro.
Il tema del tempio si sviluppa lungo tutto il racconto della Passione. Gesù è accusato di avere annunciato la distruzione del tempio e la costruzione di un tempio non fatto da mano d’uomo. In Luca si parla del tempio nell’episodio di Stefano che dichiara che l’altissimo non abita in costruzioni fatte da mani d’uomo (Atti,7,48). Il Dio trascendente non può essere racchiuso in nessuna struttura umana. Stesse espressioni si trovano nel discorso all’Aeropago di Paolo. Il tempio di Gerusalemme viene assimilato ai templi pagani, al tentativo umano di controllare Dio attraverso un’immagine o uno spazio.
Gesù propone di superare la distinzione tra puro e impuro, con un nuovo criterio di sacro: passare dalle cose alle relazioni, dall’interno all’esterno (Marco7,1-23).
Segno della distinzione del popolo scelto è la dieta kashér. Il tema del cibo sarà presente anche nella chiesa primitiva, imponendo ai pagani convertiti alcuni divieti alimentari. Nell’antichità il mangiare e il bere erano una delle modalità per entrare in contatto con la divinità. Gesù sostiene che nonc’è nulla fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo. Sono invece le cose che escono dall’uomo che possono contaminare. Il contatto con Dio non passa attraverso i cibi, ma attraverso la relazione profonda che viene dal cuore. È ciò che esce dal cuore dell’uomo che rende impuro.
La carica rivoluzionaria presente nel laico, falegname, non sacerdote, terapeuta Gesù, schiacciato dal potere religioso, è spesso non colta.
la manifestazione di Dio avviene attraverso la parola e l’azione di Gesù, azione che rende libere le persone e che si manifesta nella creazione e nell’esodo (nel Regno).
Gesù riporta il sacro alla relazione profonda del cuore. Dio è santo perché non si lascia imprigionare in nessuna struttura umana.
L’ambito privilegiato in cui si manifesta Dio il santo è la relazione giusta e positiva.
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Paolo di Tarso e il sacro
Paolo affronta il problema dell’entusiasmo, dell’esperienza estatica e dei carismi nella lettera agli Corinzi ed indica tre criteri per valutare l’esperienza del sacro.
Anzitutto la fede in Gesù Cristo (1Cor 12,1-3). La fede in Gesù è un orizzonte che consente di orientare l’esperienza dello Spirito.
Un secondo criterio riguarda l’origine, la fonte e l’orientamento dei carismi (1Cor 12,4-11). Paolo sostiene che i doni vengono da Dio e sono in funzione della costruzione della comunità. Meno importanti quelli più « spettacolari ». Lo Spirito dà ad ognuno una qualità per la manifestazione e la crescita della comunità. Ognuno ha un dono dello Spirito per l’utilità comune.
Terzo criterio è il significato cristologico e ecclesiale dei carismi (1Cor12,12-27). Non c’è nessuna gerarchia in funzione dell’esperienza privilegiata di qualcuno. Anzi i carismi meno appariscenti sono quelli che vanno maggiormente curati. I carismi più importanti sono quelli della parola annunciata, condivisa e insegnata.
E il carisma per eccellenza è l’agape. Paolo chiama amore quello che Gesù formulava con altro linguaggio, l’interesse per l’essere umano, per la vita, per la libertà, per la dignità. Quale rapporto tra questa energia che dà sapore e senso alla vita e la realtà che chiamiamo Dio? Qui è il sacro.
L’amore è il supercarisma, che dà senso a tutti i doni. Perché l’amore sia forza vitale deve trovare le vie della relazione. Anche i doni più alti, senza agape, sono nulla. L’amore non è un fatto emotivo, ma una realtà che si vive nelle relazioni.
L’unica realtà che si può collegare con Dio è l’amore.
Paolo rappresenta il cuore dell’esperienza religiosa nell’amore, che è il vero sacro. Nella pienezza vedremo faccia a faccia, …come anch’io sono conosciuto. È un essere avvolti nella realtà di Dio, un essere conosciuti, non un possedere.
Per vivere l’esperienza dello Spirito nella comunità che si riunisce nella preghiera bisogna assegnare un ruolo privilegiato al carisma della parola profetica(1Cor 14,1-5). La profezia per Paolo è la capacità di comunicare partendo da un’esperienza di fede. La profezia edifica.
Inoltre è centrale la costruzione e la intensificazione dei rapporti comunitari (1Cor 14,6-25). Le esperienze carismatiche che non comunicano sono segni confusi.
Infine tutto per Paolo deve essere fatto per l’edificazione (1Cor14,26-40), cioè per far crescere la comunità, dando la possibilità a tutti di esprimersi come corpo vivo di Cristo.
Si può dire in conclusione che l’esperienza dello Spirito fa parte della dimensione originale profonda della fede cristiana. Solo attraverso il dono dello Spirito si può riconoscere che Gesù è il Signore.
Nella storia della chiesa lo Spirito è stato identificato spesso con l’istituzione, con il privilegio del carisma di governo rispetto a quello della carità. In questi anni la morale è stata proposta come norme, divieti e principi piuttosto che come relazioni da potenziare.
La via di collegamento tra lo Spirito e la comunità è la relazione.
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