Archive pour décembre, 2010

MERCOLEDÌ 1 DICEMBRE 2010 – I SETTIMANA DI AVVENTO A

MERCOLEDÌ 1 DICEMBRE 2010 – I SETTIMANA DI AVVENTO A

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate.
(Disc. 5 sull’Avvento, 1-3; Opera omnia, Edit. cisterc. 4 [1966], 188-190).

Il Verbo di Dio verrà in noi
Conosciamo una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca infatti tra le altre due che sono manifestate. Nella prima il Verbo fu visto sulla terra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultima venuta «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3, 7) e vedranno colui che trafissero (cfr. Gv 19, 37). Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi, e le loro anime ne sono salvate.
Nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima verrà nella maestà della gloria.
Quindi questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione.
Ma perché ad alcuno non sembrino per caso cose inventate quelle che stiamo dicendo di questa venuta intermedia, ascoltate lui: Se uno mi ama, dice conserverà la mia parola: e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui (cfr. Gv 14,23). Ma che cosa significa: Se uno mi ama, conserverà la mia parola? Ho letto infatti altrove: Chi teme Dio, opererà il bene (Sir 15, 1), ma di chi ama è detto qualcosa di più: che conserverà la parola di Dio. Dove si deve conservare? Senza dubbio nel cuore, come dice il Profeta: «Conservo nel cuore le tue parole per non offenderti con il peccato» (Sal 118, 11).
Poiché sono beati coloro che custodiscono la parola di Dio, tu custodiscila in modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei tuoi affetti e nei tuoi costumi. Nutriti di questo bene e ne trarrà delizia e forza la tua anima. Non dimenticare di cibarti del tuo pane, perché il tuo cuore
non diventi arido e la tua anima sia ben nutrita del cibo sostanzioso.
Se conserverai così la parola di Dio, non c’è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia farà in modo che «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (1 Cor 15, 49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l’uomo occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che tutto l’ha creato, tutto l’ha redento e tutto lo glorificherà.

MARTEDÌ 30 NOVEMBRE 2010 – I SETTIMANA DI AVVENTO A

MARTEDÌ 30 NOVEMBRE 2010 – I SETTIMANA DI AVVENTO A

SANT’ANDREA ap (f)

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura  Rm 10,9-18  
La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo.
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani  
Fratello, se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!».
Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaìa: «Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato?». Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro:
«Per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino agli estremi confini del mondo le loro parole».

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 1, 18 – 2, 5

Gli apostoli predicano Cristo crocifisso
Fratelli, la parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti (Is 29, 14).
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? (Is 33, 18). Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore (Ger 9, 22, 24).
Anch’io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Seconda Lettura
Dalle «Omelie sul vangelo di Giovanni» di san Giovanni Crisostomo, vescovo    (Om. 19, 1; PG 59, 120-121)

Abbiamo trovato il Messia
Andrea, dopo essere restato con Gesù e aver imparato tutto ciò che Gesù gli aveva insegnato, non tenne chiuso in sé il tesoro, ma si affrettò a correre da suo fratello per comunicargli la ricchezza che aveva ricevuto. Ascolta bene cosa gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» (Gv 1, 41). Vedi in che maniera notifica ciò che aveva appreso in poco tempo? Da una parte mostra quanta forza di persuasione aveva il Maestro sui discepoli, e dall’altra rivela il loro interessamento sollecito e diligente circa il suo insegnamento.
Quella di Andrea è la parola di uno che aspettava con ansia la venuta del Messia, che ne attendeva la discesa dal cielo, che trasalì di gioia quando lo vide arrivare, e che si affrettò a comunicare agli altri la grande notizia.
Dicendo subito al fratello ciò che aveva saputo, mostra quanto gli volesse bene, come fosse affezionato ai suoi cari, quanto sinceramente li amasse e come fosse premuroso di porgere loro la mano nel cammino spirituale.
Guarda anche l’animo di Pietro, fin dall’inizio docile e pronto alla fede: immediatamente corre senza preoccuparsi di nient’altro. Infatti dice: «Lo condusse da Gesù» (Gv 1, 42). Nessuno certo condannerà la facile condiscendenza di Pietro nell’accogliere la parola del fratello senza aver prima esaminati a lungo le cose. E’ probabile infatti che il fratello gli abbia narrato i fatti con maggior precisione e più a lungo, mentre gli evangelisti compendiano ogni loro racconto preoccupandosi della brevità. D’altra parte non è detto nemmeno che abbia creduto senza porre domande, ma che Andrea «lo condusse da Gesù», affidandolo a lui perché imparasse tutto da lui direttamente. C’era insieme infatti anche un altro discepolo e anche lui fu guidato nello stesso modo.
Se Giovanni Battista dicendo: Ecco l’Agnello di Dio, e ancora: Ecco colui che battezza nello Spirito (cfr. Gv 1, 29. 33), lasciò che un più chiaro insegnamento su questo venisse da Cristo stesso, certamente con motivi ancor più validi si comportò in questo modo Andrea, non ritenendosi tale da dare una spiegazione completa ed esauriente. Per cui guidò il fratello alla sorgente stessa della luce con tale premura e gioia da non aspettare nemmeno un istante.

LUNEDÌ 29 NOVEMBRE 2010 – I SETTIMANA DI AVVENTO A

LUNEDÌ 29 NOVEMBRE 2010 – I SETTIMANA DI AVVENTO A

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Come seconda lettura si può scegliere uno dei due brani seguenti.
 
Dai «Discorsi sull’Avvento del Signore» di san Bernardo, abate.
(Disc. 4, 1. 3-4; PL 183, 47-49).

Il dono dell’Avvento
Fratelli, celebrate come si conviene, con grande fervore di spirito, l’Avvento del Signore, con viva gioia per il dono che vi viene fatto e con profonda riconoscenza per l’amore che vi viene dimostrato.
Non meditate però solo sulla prima venuta del Signore, quando egli entrò nel mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, ma anche sulla seconda, quando ritornerà per unirci a sé per sempre.
Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e si quanto ci ha promesso per la seconda. «E’ giunto infatti il momento», fratelli, «in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio» (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che rifiutano
attualmente questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o, piuttosto, tema il Giudice futuro dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora al doveroso giudizio, siamo sicuri, e «aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 20-21). «Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13, 43).
«Il Salvatore trasfigurerà» con la sua venuta «il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell’umiltà al suo il nostro cuore. Per questo dice: «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11, 29). Considera in queste parole la doppia specie di umiltà, quella di conoscenza e quella di volontà. Quest’ultima qui viene chiamata umiltà di cuore. Con la prima conosciamo il nostro niente, come deduciamo dall’esperienza di noi stessi e della nostra debolezza. Con la seconda rifiutiamo la gloria fatua del mondo. Noi impariamo l’umiltà del cuore da colui che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7), da colui che, quando fu richiesto per essere fatto re, fuggì; invece quando fu ricercato per essere coperto di oltraggi e condannato all’ignominia e al supplizio della croce, si offrì di propria spontanea volontà.

Oppure:
Dalle «Lettere pastorali» di san Carlo Borromeo, vescovo.
(Lettera sopra l’Avvento. Acta Ecclesiae Mediolanensis, t. 3, p. 481; riproduzione testuale,eccettuate le parole latine)
 
Il tempo d’Avvento
«Eccovi, amatissimi figliuoli, quel tempo così celebre e solenne. « Tempo », come dice lo Spirito Santo, « favorevole ». Tempo di salute, di pace e di riconciliazione. Tempo, che come fu con tanti sospiri sommamente desiderato da quegli antichi patriarchi e santi profeti, come all’ultimo, con allegrezza grande, veduto da quel giusto Simeone, come sempre solennemente celebrato dalla santa Chiesa, così ha da essere da noi piamente santificato, con lodare e ringraziare perpetuamente il Padre eterno della sua infinita misericordia nel mistero di questo tempo, cioè nella venuta del suo unigenito Figliuolo, che, per smisurato amore verso di noi peccatori, egli mandò per liberarci dalla tirannide del demonio, per invitarci al cielo, per comunicarci i secreti celesti, per dimostrarci la verità, per insegnarci i costumi, per seminare in noi le virtù, per arricchirci dei tesori della sua grazia e per farci figliuoli suoi, eredi e possessori della vita eterna.
Questo mistero mentre ogni anno la Chiesa celebra, ella ci ammonisce a tener perpetua memoria di così gran carità usataci dal misericordioso Dio; e insieme ci insegna che la venuta del Signore non fu solamente per quelli, che avanti o che allora si trovarono nel mondo quando egli venne, ma la virtù d’essa resta sempre per beneficio di tutti noi ancora, se per mezzo della santa fede e dei divini sacramenti vorremo ricevere la grazia che ci ha portata, e secondo quella ordinare la vita nostra sotto la sua obbedienza. Vuole ancora che intendiamo che si come egli venne una volta in carne al mondo, così, se per noi non resta, è per venire ogn’ora, anzi in ogni momento, ad abitare spiritualmente nell’anime nostre, con abbondanti doni.
Perciò la Chiesa, come madre pia e zelante della nostra salute, in occasione di questo sacro tempo, con inni, cantici e altre voci dello Spirito Santo, e misteriosi riti, ci istruisce perché riconosciamo il beneficio con animo grato e lo riceviamo con frutto e procuriamo di fare alla venuta del Signore nei cuori nostri non minor preparazione di quella che faremmo s`egli avesse a venire di presente al mondo; né minore di quella che perciò fecero già i santi Padri del Vecchio Testamento, e che con parole e esempi loro insegnarono a noi ancora di fare».

Omelia (04-12-2010) : Stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/20678.html

Omelia (04-12-2010) 
Movimento Apostolico – rito romano

Stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore

Il Vangelo di questo giorno ci conduce ad affrontare una questione che è assopita, addormentata nella coscienza di molti cristiani. Ad ogni discepolo di Gesù, in quanto corpo di Cristo, è affidata la salvezza del mondo intero. Di ogni anima da salvare lui è responsabile. Noi però siamo esseri limitati, contingenti, storici, condizionati dallo spazio, dal tempo, dalla distanze. Se siamo in un luogo non possiamo essere in un altro e se facciamo una cosa non ne possiamo fare un’altra. Come assolvere a questa responsabilità di salvezza che grava sulle nostre spalle?
La risposta giusta viene solo dallo studio della vita di Gesù Signore. Anche Lui vero uomo, anche Lui obbligato vivere tutte le leggi della sua umanità, anche Lui con vocazione infinita da realizzare in un corpo finito. Come ha superato Lui questo limite naturale? Come lo ha vinto? Come ha potuto assolvere alla sua missione e operare la salvezza del mondo? Facendo sua la nostra via, anche noi potremo rispondere con pienezza di obbedienza al comando ricevuto.
Gesù è persona saggia, intelligente, esperta nelle cose del Padre suo. La sua sapienza gli ha suggerito di associare alla sua missione un numero infinito di altre persone e questo fino alla consumazione della storia. Finché ci sarà l’uomo sulla terra, sempre Gesù assocerà altre persone a questa sua missione di salvezza universale. Questa stessa legge vuole che osserviamo noi. Come ha fatto Lui anche noi siamo chiamati a fare. Non solo ci dona il comandamento, ma ci rivela anche la via più semplice perché questo avvenga: « Pregare il padrone della messe che mandi operai nella sua messe ».
Non solo la preghiera dona Gesù come via per la soluzione nel modo più alto del nostro particolare mandato, conferisce ai suoi apostoli anche la potenza dello Spirito Santo con la quale Lui agiva, parlava, operava. È come se fosse avvenuta una vera « moltiplicazione » di Gesù. Da uno si è fatto « molti » e tutti con un solo intento: manifestare, rivelare, realizzare la presenza del regno di Dio in mezzo agli uomini. Senza questo conferimento nei discepoli di ciò che Gesù possiede, nessuna missione potrà essere svolta con frutto. Il regno di Dio non si costruisce solo a parole.
Anche noi dobbiamo « moltiplicare » noi stessi negli altri che il Padre dei cieli associa alla missione che Cristo ci ha affidato e che noi abbiamo chiesto per mezzo di una preghiera ininterrotta. Ma cosa possiamo dare noi ai missionari del Vangelo? Quale ricchezza possediamo? Quali doni abbiamo? Tutto ciò che è in noi dobbiamo darlo agli altri. Ogni ricchezza spirituale e materiale deve essere conferita ad ogni associato alla nostra missione. È ricchezza di fede, speranza, carità, compassione, dottrina, scienza, sapienza, intelligenza, studio, formazione, esperienza, sacrificio, perfetta esemplarità, martirio, olocausto. La nostra stessa vita deve essere data perché essi la diano.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci come Cristo Gesù

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 4 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Menorah (per Chanukkah)

Menorah (per Chanukkah) dans immagini sacre 3209822480_7c9eeb9cc5_o

http://flickr.com/photos/15923063@N00/3209822480

Publié dans:immagini sacre |on 3 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Mons. Franceschini: La Chiesa turca “non può intervenire” contro le falsità su mons. Padovese

dal sito:

http://www.asianews.it/notizie-it/

02/12/2010 12:21

TURCHIA – VATICANO

Mons. Franceschini: La Chiesa turca “non può intervenire” contro le falsità su mons. Padovese

L’arcivescovo di Smirne conferma la notizia sul tentativo di far passare come “malato di mente” l’assassino del vicario dell’Anatolia. Alle manipolazioni dell’opinione pubblica e del tribunale, la Chiesa latina è costretta al silenzio. Eppure il ministro turco della giustizia aveva promesso “la verità”.

Izmir (AsiaNews) – Mons. Ruggero Franceschini, arcivescovo di Smirne, ha confermato ad AsiaNews che un gruppo di “professori e avvocati” ha decretato che Murat Altun, l’assassino di mons. Luigi Padovese sarebbe malato di mente. Tale conclusione è l’esatto contrario del referto di diversi medici che invece – prima dell’assassinio – avevano costatato che Murat Altun è sano di mente. Il vescovo di Smirne, che dopo la morte di mons. Padovese, è succeduto a lui come vicario dell’Anatolia, ha sottolineato con amarezza che “Purtroppo io non posso intervenire in tribunale. Possono intervenire il Vaticano, attraverso il nunzio; l’ambasciatore italiano, perché Padovese era un cittadino italiano; e i familiari diretti di Padovese. I vescovi della Chiesa latina, possono intervenire, ma nessuno ha il dovere di ascoltare. La Chiesa latina non è riconosciuta come personalità giuridica”.
Il 3 giugno scorso, mons. Luigi Padovese, 63 anni, è stato assassinato a coltellate nel giardino della sua casa di Iskenderun, sulla costa meridionale del paese. L’uccisione, avvenuta secondo una specie di rituale islamico, è stata compiuta da Altun, che da anni lavorava come autista del vescovo. Lo stesso Altun, prima dell’omicidio, aveva cercato di farsi dichiarare malato di mente visitando diversi dottori, che però avevano escluso per lui ogni malattia. Altun aveva anche confessato una pista “sessuale”, vista da molti come un tentativo di manipolare l’opinione pubblica. Ieri, il quotidiano Hurriyet ha pubblicato la notizia secondo cui un gruppo di esperti avrebbero emesso un referto in cui si afferma che Altun “non è sano di mente”.
Alcuni mesi fa, in un’intervista ad AsiaNews (Cfr. AsiaNews.it, 10/06/2010 Arcivescovo di Smirne: Sul martirio di mons. Padovese vogliamo la verità e non “pie bugie”) mons. Franceschini aveva dichiarato di aver incontrato il ministro turco della giustizia al quale aveva detto: “Noi vogliamo tutta la verità, ma solo la verità. Non vogliamo altre menzogne: che erano in tanti, che erano in pochi, che era un delitto passionale. Non dobbiamo nascondere nulla”.
“[Il ministro] mi è sembrato piuttosto sincero e lui mi ha promesso la verità” ha detto oggi il vescovo. E ha aggiunto: “Non mi interrogano per nulla, nessuno mi ha mai chiesto niente. Non abbiamo nemmeno la possibilità di piangere o di gridare. Siamo perfino criticati da persone che non dovrebbero criticarci e dovrebbero amarci”.

Chanukah 5771 (2010 1-9 dicembre 2010)

dal sito:

http://www.ritornoallatorah.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=109:hannukkah&catid=45:feste&Itemid=77

Chanukah 5771  (2010 1-9 dicembre 2010)
     
Scritto da romefriend  

Chanukah o Hannukkah, (in ebraico [sccritto in ebraico] hanukkah) è  conosciuta anche con il nome di Festa delle Luci. In ebraico la parola « chanukah » significa « dedica » ed infatti la festa commemora la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la vittoria dei Maccabei sull’ellenismo propugnato dai Seleucidi, al regno dei quali apparteneva Eretz Israel nel II secolo a.e.v. . Il dominatore greco riteneva di far scomparire la specificità giudaica proibendo la pratica della Legge, ma una rivolta armata guidata da Mattatia, un anziano sacerdote della famiglia degli Asmonei, di Modin, cittadina a nord-ovest di Gerusalemme, permise – secondo Zc 4,6 – la vittoria dello spirito sulla forza brutale che minaccia Israele nella sua vita religiosa e spirituale.
 La festività dura 8 giorni e la prima sera, chiamata Erev Chanukah, inizia al tramonto del 24 del mese di Kislev. Secondo il procedere del calendario ebraico, quindi, il primo giorno della festa cade il 25 di Kislev. È l’unica festività religiosa ebraica che si svolge a cavallo di due mesi, inizia a Chislev e finisce in Tevet. In particolare se Kislev dura 29 giorni finisce il 3 Tevet, mentre quando Kislev ha 30 giorni finisce il 2 Tevet. È, assieme a Purim, la seconda delle feste minori, ovvero delle feste stabilite dopo il dono della Torah.
La storia di Chanukah non è inclusa nel libro del Tanach, ma appare nel primo e nel secondo libro dei Maccabei. I libri, sebbene non facciano parte della Torah, sono parte del complesso deutercanonico. Questo complesso pur non essendo stato codificato per l’ebraismo come parte del testo sacro, lo divenne per la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa.
Intorno al 200 a.e.v., gli ebrei vivevano in terra di Israele, in quel tempo sotto il controllo della dinastia Seleucida stabilitasi in Siria. Il popolo ebraico pagava le tasse alla Siria e ne accettava l’autorità legale e per lungo tempo fu libero di seguire la propria fede, di mantenere i propri lavori e di prendere parte ai commerci. Nel 180 a.e.v. Antioco IV Epifane ascese al trono succedendo al fratello Seleuco IV, che morì assassinato. Sotto il suo regno, gli ebrei vennero gradualmente forzati a violare i precetti della propria fede. I templi vennero profanati, spogliati delle loro ricchezze, ed utilizzati come templi pagani per le cerimonie ellenizzanti che Antioco fece organizzare in tutto il suo impero. La forzatura alla trasgressione dei precetti, le profanazioni e la pretesa di ellenizzare la cultura dell’intero impero portò alla rivolta di una parte della popolazione ebraica. Nel 167 a.e.v., in particolare, Antioco consacrò a Zeus un altare costruito nel Tempio di Gerusalemme. Mattatia, un Cohen, insieme ai suoi cinque figli Giovanni, Simone, Giuda, Elazar e Gionata, guidò la ribellione contro Antioco. Giuda divenne noto come Giuda Maccabeo (in ebraico significa Giuda il martello). Nel 166 a.C. Mattatia muore lasciando la guida al figlio Giuda. Nel 165 a.C. la rivolta ebraica contro la monarchia seleucida giunse a successo. Il Tempio di Gerusalemme venne riconquistato e riconsacrato.
La festa di Chanukah venne istituita proprio da Giuda Maccabeo e dai suoi fratelli per celebrare questo evento (Maccabei I, 4;59). Dopo la riconquista di Gerusalemme e del Tempio, Giuda ordinò che il Tempio fosse ripulito, fosse costruito un nuovo tempio e che le luci del Candelabro venissero riaccese, venne ripristinata l’Arca santa. Quando la luce venne riaccesa sul Candelabro, la riconsacrazione dell’altare venne celebrata per otto giorni con sacrifici e canti (Maccabei I 4;36). Un certo numero di storici ritiene che il motivo per gli 8 giorni di durata della festa sia da riferirsi ad un tardivo festeggiamento dei Sukkot. Durante la guerra gli ebrei non furono in condizioni di celebrare Sukkot come prescritto. Anche Sukkot dura otto giorni ed è una festività nella quale l’uso delle luci ha un ruolo preminente durante l’era del Secondo Tempio. Le luci venivano accese anche nelle abitazioni e da qui la festa viene spesso indicata con il nome Festa delle Luci.
Il miracolo di Chanukah è narrato nel Talmud, ma non nel libro dei Maccabei. La festa celebra la sconfitta, per mano di Giuda Maccabeo, dei Seleucidi e la successiva riconsacrazione del Tempio. La festività, durante gli otto giorni, è caratterizzata dall’accensione dei lumi di un particolare Candelabro ad otto braccia chiamato Chanukiah. La ricostruzione riportata nel Talmud, racconta che dopo la riconquista del Tempio, i Maccabei lo spogliarono di tutte le statue pagane e lo sistemarono secondo gli usi ebraici. Scoprirono, inoltre, che la gran parte degli oggetti rituali erano stati profanati. Secondo il rituale, per riconsacrare il tempio, doveva essere bruciato per otto giorni, in una Menorah dell’olio di oliva purificato. Nel tempio però trovarono olio sufficiente solamente per una giornata. Lo accesero comunque mentre si apprestavano a purificarne dell’altro. Miracolosamente, quel poco olio continuò a illuminare il tempio per tutto il tempo necessario a spremere l’olio ed a purificarlo: otto giorni. Per questo motivo si accende ogni giorno della festa una candela in più rispetto al giorno precedente. Nel Talmud sono presentate due consuetudini. Una indica come nel primo giorno si accendano tutte le otto luci della Chanukiah ed ogni giorno se ne spenga una. L’altra, al contrario, prescrive di accendere solo la prima candela nel primo giorno ed aumentare di una candela ogni giorno successivo. I seguaci di Shammai seguono il primo uso, quelli di Hillel il secondo (Talmud, trattato dello Shabbath 21b). Giuseppe ritenne che le luci fossero simbolo della libertà ottenuta dal popolo ebraico nei giorni che Chanukah commemora.
Prima del XX secolo questa veniva considerata una festa minore. Con la crescente popolarità del natale cristiano come maggiore festività del mondo occidentale e l’istituzione dello Stato di Israele, Chanukah cominciò a rappresentare sia una celebrazione della volontà di sopravvivere del popolo ebraico, sia una festività durante cui fare regali che rappresentasse un sostituto ebraico del natale cristiano. Al giorno d’oggi, la prima sera dei chanukah, c’è l’uso promosso dal movimento Chabad, presso alcune comunità italiane, di celebrare l’accensione della prima candela in maniera pubblica. Numerose persone si ritrovano in una piazza centrale della città dove è stata installata una grande channukia. Il presidente della comunità o il rabbino capo, tengono un breve discorso, recitano la beracha (benedizione) sulle candele e inaugurano la festa. I presenti solitamente intonano inni gioiosi ed eseguono tipici balli ebraici. Dolce tipico della festa è una sorta di bombolone chiamato sufgagnà che, essendo fritto nell’olio, vuole ricordare l’olio consacrato che tenne in vita la luce del tempio. 

Publié dans:EBRAISMO, EBRAISMO: LE FESTIVITÀ |on 3 décembre, 2010 |Pas de commentaires »
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