Archive pour novembre, 2010

Omelia per il 29 novembre 2010, prima lettura (Is 2,3)

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/11164.html

Omelia (03-12-2007) 
Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno

Verranno molti popoli e diranno: «Venite saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». (Is 2,3)

Come vivere questa Parola?
In questa immagine, il sogno di Dio, da sempre. Fiumi umani, che un tempo si erano diramati dalla fatidica torre di Babele distaccandosi dalla ‘Sorgente’ e contrapponendosi sempre più l’un l’altro, risalgono la china ritrovando nella comune meta la via della comunione e della pace.
Un sogno che è affidato anche alle nostre mani e che l’avvento ci sollecita a prendere sul serio. Dio, per primo, ha eliminato tutte le distanze, è venuto a cercarci, si è calato nella nostra condizione segnata dal peccato dalla diffidenza dalla chiusura dal non-amore. Si è spinto fin sulla soglia delle nostre case ma non ha voluto, non vuole forzarne la porta. È lì, in attesa che ci decidiamo a prestargli attenzione.
L’avvento ci richiama a questo, ricordandoci la nostra ‘vocazione’ alla pace. Ma questa è possibile solo se i nostri passi tornano a convergere ripercorrendo a ritroso la strada che ci riporta a ‘casa’.
Siamo fratelli perché figli di unico Padre, chiamati a condividere la gioia dello stesso ‘tetto’. Perché allora non convertire « le nostre spade in vomeri », « le nostre lance in falci », « i muri in ponti »? Perché non rimuovere i piccoli e grandi attriti che limano la convivenza all’interno delle stesse famiglie? Perché non trovare il coraggio di rivolgerci l’un l’altro l’invito a tornare al Signore e a lasciare che Lui stesso ci insegni le vie della vita, quelle lastricate di amore autentico concreto spicciolo?
Oggi, nella mia pausa contemplativa, individuerò le situazioni di non-amore o di poco amore che ristagnano dentro di me. Mi impegno quindi a quindi rimuoverle con coraggio, per vivere sul serio l’avvento.
Concedimi, Signore, la grazia di vivere questo avvento in pienezza, facendo spazio all’amore in me e intorno a me.
La voce di un testimone dei nostri giorni
Un cristiano deve fare la pace anche quando venissero meno « le ragioni di pace ». Al pari della fede, della speranza e della carità, la pace è vera beatitudine quando non c’è tornaconto né convenienza né interesse di pace, vale a dire quando incomincia a parere una follia davanti al buon senso della gente « ragionevole ».
Primo Mazzolari 

Omelia per il 19 novembre 2010: Le Genti accorrono alla salvezza

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/8798.html

Omelia (04-12-2006) 
Monaci Benedettini Silvestrini

Le Genti accorrono alla salvezza

La salvezza viene data a chi la cerca. Il centurione cerca la guarigione del suo servo in Gesù di Nazaret di cui ha sentito parlare. Egli crede alla Parola di Gesù: « di soltanto una parola », il mio servo guarirà. La parola di Gesù è parola che salva! Facciamo certo bene far nostro il sentimento di umiltà del centurione: « non sono degno che tu entri sotto il mio tetto ». Recitiamo queste parole prima di accostarci a ricevere Gesù nell’Ostia Santa. Non dobbiamo però lasciar fuori dalla nostra meditazione quel « di soltanto una parola ». La fede del centurione che Gesù loda e che merita la guarigione del servo. Egli l’ha ricevuta dal sentir parlare di Gesù; è ugualmente dal sentir parlare di Gesù, e dal sentir parlare Gesù che nasce e cresce la fede. « Come avrebbero potuto invocare uno nel quale non credettero? Come avrebbero potuto credere in uno che non udirono? Come potrebbero aver udito senza uno che annuncia? » (Rm 10,14). Per accogliere Gesù in noi con frutto è necessario ascoltare la sua Parola, e credere in essa. E’ questo lo scopo della prima parte della Liturgia. In questo tempo di preparazione al Natale, affinché questa ricorrenza segni una tappa nella nostra vita ci viene richiesta un’accresciuta attenzione alla Parola di Gesù. La prima lettura dal profeta Isaia ci invita proprio a questo: « venite saliamo al monte del Signore, perché ci indichi le sue vie ». Solo seguendo queste infatti sarà possibile la Giustizia e la Pace. L’invito è diretto a tutte le genti e molti « verranno dall’Oriente e dall’Occidente a sedersi alla mensa… nel regno dei cieli ». Il progresso del Vangelo non si arresterà, ma nella nostra Europa, fatta grande dalla Parola, essa si ascolta ancora? E’ ancora su questo monto che ci rechiamo per conoscere le vie della salvezza? Della guarigione da tante nostre malattie mortali? Vogliamo dare in questo avvento il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio con un più attento ascolto della sua parola di vita? Con una preghiera più fervorosa « di soltanto una parola » fa’ che essa sia creduta, « e saremo guariti ». 

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buona notte e buona I domenica di Avvento

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COMMENTO AL SALMO 121 – (il salmo di domenica 28 novembre 2010 (PDF)

COMMENTO AL SALMO 121

(28 NOVEMBRE 2010 – 1 DOMENICA DI AVVENTO ANNO A)

http://dedalo.azionecattolica.it/documents/Ferrari.pdf

Omelia (28-11-2010) : Commento su Matteo 24,37-44

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/20784.html

Omelia (28-11-2010) 
mons. Antonio Riboldi

Commento su Matteo 24,37-44

Ci fu, nella storia dell’uomo, un inizio, che coincide con la sua stessa creazione.
Sappiamo che Dio, dopo aver creato tutte le cose, i famosi giorni della creazione progressiva, alla fine creò l’uomo. Era ‘necessario’, poiché Dio, creando il mondo, meravigliosamente bello, infinitamente bello, aveva di fronte a Sé una bellezza ‘senza cuore’, incapace di mettersi in dialogo con Lui e contraccambiare il Suo amore. Dio, ‘grande nell’amore’, sentiva l’esigenza di partecipare questo Suo amore a qualcuno che ne potesse avere piena consapevolezza, il più possibile. L’Amore ‘esige’ amore, ma libero per sua natura, ossia capace di dire sì o no. Un rischio che Dio non ebbe paura di correre…
In questa prima domenica di Avvento, che fa memoria della storia della creazione, è bello ricordare da dove veniamo e la ragione della nostra esistenza.
« Alla fine – racconta la Bibbia – Dio creò l’uomo a Sua immagine… lo collocò nel giardino dell’Eden, con l’ordine di saziarsi di tutti gli alberi che erano sulla terra, con la sola eccezione dell’albero che infonde la conoscenza di tutto’.
La fedeltà all’amore ebbe la sua prova con la tentazione del serpente. Questi nella sua malizia cercò di guidare l’uomo a diventare antagonista di Dio e l’uomo e la donna si lasciarono ingannare, per poi, subito, accorgersi dell’errore – quello che noi definiamo il peccato originale -; rinnegando Dio si accorsero di avere perso tutto e quindi di essere ‘nudi’.
Quello che stupisce è che, anche se lo stesso peccato ha come conseguenza una ‘pena’ o ‘punizioné, cioè di escluderci dalla comunione con Lui, Dio cercò l’uomo, come continua oggi a cercarci: ‘ Uomo, dove sei? ‘. ‘Mi sono nascosto, perché sono nudo’.
In quel momento era avvenuta la rottura del nostro necessario rapporto con Dio. E sappiamo tutti, per esperienza, quali siano le conseguenze della storia dell’uomo, dell’umanità senza Dio: è lo stesso smarrimento, inferno, che conobbero i nostri progenitori.
E la vita sarebbe un’impossibile via crucis, se il Padre non fosse rimasto fedele al Suo Amore per noi, lo stesso Amore che lo aveva spinto a crearci.
Lui solo poteva tenderci una mano, Lui solo riaprire le porte della speranza. E lo fece in un modo incredibile, offrendo a noi, come riscatto, la vita del Suo stesso Figlio, Gesù, che accettò di venire da noi, mettersi nei nostri miserabili panni, provare cosa sia vivere senza l’amore del Padre e alla fine pagare il prezzo più alto, per tornare ‘nell’Eden’, nella ‘Casa del Padre’, cioè la comunione con Lui, vera ragione del nostro esistere… sempre che lo accettiamo!
Dovremmo ascoltare il profeta Isaia, che oggi così annuncia:
« Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: ‘Venite, saliamo al monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le Sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri. Poiché da Dio uscirà la legge e da Gerusalemme la Parola del Signore. Egli sarà giudice fra tutte le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo… Casa di Giacobbe vieni, camminiamo nella luce del Signore ». (Is. 2, 1-5)
E’ davvero commovente l’invito del profeta a camminare nella luce del Signore.
E l’Avvento è proprio questo tempo di cammino verso la Luce del Signore. Che ci sia bisogno di questo urgente ritorno alla nostra vera origine è sotto gli occhi di tutti. Ci si sente smarriti e confusi, leggendo le cronache che ci svelano, giorno per giorno, a quali aberrazioni può condurci il ‘mistero del male’ che è in noi, quando si è persa la gioia di conoscere il Padre e di sapersi da Lui amati.
Di fronte a tante miserie della nostra povera umanità, viene davvero da chiedersi: ma chi siamo? Perché esistiamo? Siamo smarriti come gli Ebrei nel deserto… come se avessimo perso la bellezza di sapere che vi è Chi ci ama ed è vicino a noi, giorno e notte: Dio, il Padre.
Per questo la Chiesa offre questo tempo sacro dell’Avvento, come a chiederci di ricreare in noi l’attesa che Dio si faccia vicino – ma lo è, siamo noi che restiamo… lontani! – e sappiamo, dunque, purificare la nostra mente e il nostro cuore, perché si aprano, rendendoci disponibili ad accoglierLo.
Ascoltiamo quanto scrive l’Apostolo Matteo:
« Gesù disse ai suoi discepoli: ‘Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.
Infatti nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca e non si accorsero di nulla, finché venne il diluvio e inghiottì lutti, così sarà anche alla venuta del Figlio… Vegliate dunque perché non sapete in quale giorno il Signore verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi siate pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà ». (Mt. 24, 37-44)
un tratto materno della Chiesa di Dio il dedicare un tempo dell’anno liturgico, anzi il suo inizio, per sollecitare e suscitare in noi l’attesa che Gesù torni.
Proprio come segno di attesa e quindi di penitenza, le celebrazioni liturgiche portano le vesti tipiche del momento di conversione, i paramenti viola. Così proclamava Paolo VI, la nostra guida,: « Che cosa significa questa implacata inquietudine verso le mutazioni economico-politiche, verso il miraggio di nuove rivoluzioni, se non la disperata attesa di un ordine superiore che l’uomo da sé non sa creare, se non mortificando la libera espressione dell’uomo stesso?
E che cosa significa questa nausea della prosperità risultante dal progresso tecnico-scientifico e respinta dalle nuove generazioni, se non il bisogno di un messianismo dello spirito e non dell’abbondanza materiale? E la tendenza, quasi di moda, di esaltare il popolo come il tipo di bisognoso di una nuova giustizia, che lo sviluppo economico non sa di per se stesso generare, ma piuttosto trascurare ed offendere? Quando verrà il Vangelo dei poveri in spirito? Un mito messianico sembra annunciare follemente, ma non senza una segreta sapienza, un bisogno autentico, quello di UNO che dice con forza di verità: ‘Io verrò e lo guarirò’. » (Paolo VI, Avvento 1974)
Sarebbe bello che tutti, ma soprattutto quanti mi leggono, rientrassero in se stessi e si chiedessero la ragione della loro insoddisfazione, anche quando non manca nulla nella vita.
Non è forse quella nostra innata natura di figli, che Dio ha creati per condividere il Suo Amore? Se non è così, Chi, non ‘quali cosé, può essere?
Fa male anche solo scoprire nei massmedia il silenzio su Dio, come non avesse alcun peso sulle nostre esistenze. Riempiono pagine di cronache, che tante volte disgustano, ma quasi mai vanno alla vera sete del cuore…. come se Dio non esistesse.
Lo stesso Natale, che è la grande festa dell’Amore divino, che si fa vicino a noi, per sempre, con Gesù nato tra noi, a volte è solo poesia, quasi la voglia di tornare bambini, con un’immensa sete di gioia e di pace, ma poi il mercato non fa’ che offrire regali, di tutti i tipi, ma nulla che ci porti più vicini a Gesù. È triste, molto triste, sapere che Dio, ancora una volta ci ricorda che Lui è nato tra noi, e noi… Gli offriamo una grotta… lontano da noi!
È di grande tristezza, immensa tristezza, anche solo vedere che il mondo, e non solo l’Italia, per intere giornate abbia potuto seguire la cronaca di un inspiegabile dramma, l’assassinio di una giovane, Sara, non chiedendosi la ragione di fatti così aberranti e, soprattutto, non dedicando neppure un istante a cercare la speranza nel creare una coscienza che abbia il sapore della verità e del bene.
Occorre uscire da questa tristezza, per ritrovare la nostra vera nobiltà di figli di Dio e con Lui, ora tra noi e con noi, ridare alla vita il gusto del cielo, a cui possiamo partecipare, come figli, ma che esige uno stile di vita cristiano, ossia a modello dei figli del Padre.
Questa è la ragione dell’Avvento, che ci mette alla ricerca di Dio, che forse abbiamo smarrito nei meandri del mondo, che non è certamente Cielo e neppure la nostra vera casa.
Cerchiamo Colui che ci cerca… per diventare veri, aperti… figli e fratelli.
Scriveva don Tonino Bello: « Avvento, attesa, ma di chi? Che cosa aspettiamo? Aspettiamo innanzitutto un cambio per noi, per la nostra vita spirituale e poi avvertiamo che stiamo camminando su sperono pericolosi che possono farci ruzzolare. Attesa di rinnovamento per noi e per la storia dell’umanità. Non siamo ancora capaci di pronunciare una parola forte che dice che la guerra ogni guerra è iniqua. Abbiamo nelle mani il Vangelo, ma siamo ancora cristiani irrisoluti, che camminano secondo le logiche della prudenza carnale e non della prudenza dello Spirito Santo… Siamo gente che riesce a dormire con molta tranquillità pur sapendo che nel mondo ci sono tante sofferenze ».
L’Avvento allora dovrebbe svegliarci dal sonno, per essere pronti ad accogliere il Dio con noi, Gesù. 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 27 novembre, 2010 |Pas de commentaires »

DOMENICA 28 NOVEMBRE 2010 – I DI AVVENTO ANNO A

DOMENICA 28 NOVEMBRE 2010 - I DI AVVENTO ANNO A dans Lettera ai Romani 14%20YHE%20ARK

The ark of Noah and the cosmic covenant (Vangelo di oggi)

http://www.artbible.net/1T/Gen0601_Noah_flood/index_4.htm

DOMENICA 28 NOVEMBRE 2010 – I DI AVVENTO ANNO A

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/avvento/avvA1Page.htm

Seconda Lettura  Rm 13, 11-14a
La nostra salvezza è vicina.
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.
La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo
.

http://www.bible-service.net/site/376.html

Romains 13,11-14
Au terme de son exhortation Paul insiste sur l’aspect d’urgence à partir de la notion de temps. Et il l’illustre par trois images qui entremêlent leur ligne de sens :
- image du sommeil/réveil : ce n’est plus le moment de dormir, il faut se mettre debout, rester en état d’éveil. Notre temps se présente désormais comme celui de la vigilance. Être, comme les prophètes, des guetteurs, des veilleurs, pour annoncer au monde l’aube du salut ;
image de la nuit/jour : c’est un peu l’opposition entre un temps indistinct, où l’on ne peut rien faire sinon les œuvres mauvaises, et un temps propice, riche de créations nouvelles ;
image des ténèbres/lumière : image très habituelle pour marquer l’avènement des temps messianiques (1 Théssaloniciens 5,5).

Romani 13,11-14
Alla fine della sua esortazione di Paolo sottolinea l’aspetto di urgenza a partire dalla nozione di tempo. Ed illustra tre immagini che intrecciano la loro linea di senso:
- Immagine del sonno / sveglia: questo non è il momento di dormire, deve stare in piedi, rimanere svegli. Il nostro tempo è ora è la vigilanza. Essere come i profeti e le sentinelle, guardie, per annunciare al mondo l’alba di salvezza;
- immagine della notte / giorno: c’è un po’di opposizione tra un tempo indistinto dove non possiamo fare altro se non le cattive azioni, e un tempo propizio ricco di creazioni nuove;
- Immagine del buio / luce: immagine molto usuale per celebrare l’avvento dei tempi messianici (1 Tessalonicesi 5:5).

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
(Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)
 
Le due venute di Cristo
Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n’è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l’altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l’altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell’altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria.
Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9).
Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: «Tu hai agito così, io non ho aperto bocca» (cfr. Sal 38, 10).
Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale.
Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene… Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3).
Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra del Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine.
Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell’ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.

SABATO 27 NOVEMBRE 2010 – XXXIV SETTIMANA DEL T.O.

SABATO 27 NOVEMBRE 2010 – XXXIV SETTIMANA DEL T.O.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera di san Giuda, apostolo 1-8.12-13.17-25

Denuncia degli empi. Esortazione ai fedeli
Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo, agli eletti che vivono nell’amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo: misericordia a voi e pace e carità in abbondanza.
Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte. Si sono infiltrati infatti tra voi alcuni individui – i quali sono già stati segnati da tempo per questa condanna – empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio, rinnegando il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo.
Ora io voglio ricordare a voi, che già conoscete tutte queste cose, che il Signore dopo aver salvato il popolo dalla terra d’Egitto, fece perire in seguito quelli che non vollero credere, e che gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la propria dimora, egli li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno. Così Sòdoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno.
Ugualmente, anche costoro, come sotto la spinta dei loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli esseri gloriosi. Sono la sozzura dei vostri banchetti sedendo insieme a mensa senza ritegno, pascendo se stessi; come nuvole senza pioggia portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati; come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno.
Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo. Essi vi dicevano: «Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni «Tali sono quelli che provocano divisioni, gente materiale, privi dello Spirito.
Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna. Convincete quelli che sono vacillanti, altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.
 A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia, all’unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre. Amen!

Responsorio   Cfr. Tt 2,12-13; Eb 10,24
R. Viviamo con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, * nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
V. Cerchiamo di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,
R. nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 256,1.2.3; PL 38,1191-1193)

Cantiamo l’alleluia a Dio che è buono, che ci libera da ogni male
Cantiamo qui l’alleluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare un giorno lassù, ormai sicuri. Perché qui siamo nell’ansia e nell’incertezza. E non vorresti che io sia nell’ansia, quando leggo: Non è forse una tentazione la vita dell’uomo sulla terra? (cfr. Gb 7,1). Pretendi che io non stia in ansia, quando mi viene detto ancora: «Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione»? (Mt 26,41). Non vuoi che io mi senta malsicuro, quando la tentazione è così frequente, che la stessa preghiera ci fa ripetere: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori»? (Mt 6,12).
 Tutti i giorni la stessa preghiera e tutti i giorni siamo debitori! Vuoi che io resti tranquillo quando tutti i giorni devo domandare perdono dei peccati e aiuto nei pericoli? Infatti, dopo aver detto per i peccati passati: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», subito, per i pericoli futuri, devo aggiungere: «E non ci indurre in tentazione» (Mt 6,13).
E anche il popolo, come può sentirsi sicuro, quando grida con me: «Liberaci dal male»? (Mt 6,13).
E tuttavia, o fratelli, pur trovandoci ancora in questa penosa situazione, cantiamo l’alleluia a Dio che è buono, che ci libera da ogni male.
Anche quaggiù tra i pericoli e le tentazioni, si canti dagli altri e da noi l’alleluia. «Dio infatti è fedele; e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze» (1Cor 10,13). Perciò anche quaggiù cantiamo l’alleluia. L’uomo è ancora colpevole, ma Dio è fedele. Non dice: «Non permetterà che siate tentati», bensì: «Non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla» (1Cor 10,13). Sei entrato nella tentazione, ma Dio ti darà anche il modo di uscirne, perché tu non abbia a soccombere alla tentazione stessa: perché, come il vaso del vasaio, tu venga modellato con la predicazione e consolidato con il fuoco della tribolazione : Ma quando vi entri, pensa che ne uscirai, «perché Dio è fedele». «Il Signore proteggerà la tua entrata e la tua uscita» (Sal 120,8).
Ma quando questo corpo sarà diventato immortale e incorruttibile, allora cesserà anche ogni tentazione, perché «il corpo è morto». Perché è morto? «A causa del peccato». Ma «lo Spirito è vita». Perché? «A causa della giustificazione» (Rm 8,10). Abbandoneremo dunque come morto il corpo? No, anzi ascolta: «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali» (Rm 8,10-11). Ora infatti il nostro corpo è nella condizione terrestre, mentre allora sarà in quella celeste. O felice quell’alleluia cantato lassù! O alleluia di sicurezza e di pace! Là nessuno ci sarà nemico, là non perderemo mai nessun amico. Ivi risuoneranno le lodi di Dio. Certo risuonano anche ora qui. Qui però nell’ansia, mentre lassù nella tranquillità. Qui cantiamo da morituri, lassù da immortali. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti. Canta, ma cammina. Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando non indulgere alla pigrizia. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella santità. Vi sono infatti, secondo l’Apostolo, alcuni che progrediscono sì, ma nel male. Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità. Canta e cammina.

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