FESTA DI SANT’ANDREA APOSTOLO (Omelia: Giuseppe Betori 30 novembre 2007)

dal sito:

http://www.chiesacattolica.it/cci_new_v3/pagine/3813/Omelia%20Mons.%20Betori%2030nov07.doc

FESTA DI SANT’ANDREA APOSTOLO (30 NOVEMBRE 2007)

Giuseppe Betori
Segretario Generale della C.E.I.

Incontro dei delegati delle Chiese d’Europa
per la Ricerca sull’Insegnamento della Religione Cattolica

Cappella della C.E.I.,
(Rm 10,9-18; Sal 18; Mt 4,18-22)

Omelia

 La pagina del vangelo di Matteo ora proclamata presenta una delle due tradizioni neotestamentarie sulla vocazione di Andrea, l’apostolo che oggi festeggiamo. Essa la presenta come frutto di una chiamata che viene a dare un volto radicalmente nuovo alla vita di un pescatore di Galilea; invece – come tutti ricordiamo – la tradizione giovannea ci narra di un uomo già inserito in una forte esperienza religiosa, al seguito di Giovanni il Battista, che all’incontro con la figura di Gesù si pone ancora in un atteggiamento di ricerca: « Maestro, dove abiti? », e si sente provocato a una nuova sequela, nella forma di una comunione di vita: « Venite e vedrete », dice Gesù. « Rimasero con lui quel giorno », commenta l’evangelista, per poi dirci come l’esperienza di dimora accanto al Maestro si traduce in un insopprimibile bisogno di comunicare agli altri la scoperta appena fatta perché essa sia condivisa. Andrea dice al fratello Simone: « Abbiamo trovato il Messia »; e lo conduce da Gesù.
 Le due tradizioni evangeliche connettono tra loro i due volti di ogni autentica esperienza di fede, che presuppone una radicale apertura alla trascendenza e un desiderio di Dio ma al tempo stesso si realizza come un dono per pura grazia, capace di ribaltare radicalmente l’esistenza che si offre alla pienezza del senso: « Seguitemi, vi farò pescatori di uomini ». Ritengo che l’insegnamento della religione cattolica costituisca un luogo in cui questo duplice volto dell’esperienza di fede appare in tutta evidenza. Luogo in cui si può provocare il ragazzo e il giovane a esplicitare il bisogno di senso che giace nella profondità della sua coscienza; ma anche luogo in cui la narrazione della fede può rivelarsi occasione per un ascolto profondo della chiamata di Dio, che troverà successivamente nella comunità cristiana spazio per la sua piena realizzazione. Nella trama che si costruisce dall’incontro di queste due dimensioni trae la sua identità più fruttuosa il nostro insegnamento, che se non incontra l’apertura della persona alla trascendenza rischia di ridursi a una semplice storia o sociologia del fatto religioso; come pure decade alla stessa stregua se non è capace di far incontrare le nuove generazioni con la persona stessa di Gesù.
 Di questo bisogno di connettere aspirazione dell’uomo e proposta di Cristo è convinto Paolo che, nelle parole della lettera ai Romani che immediatamente precedono il testo che abbiamo sentito proclamare come prima lettura non teme di applicare le parole di Dt 30,12 « Vicino a te è la parola, nella tua bocca e nel tuo cuore » non più alla Torah, come era nella tradizione ebraica, ma al vangelo di Gesù, all’annuncio della sua persona quale salvezza per ogni uomo. È la confessione di Gesù come il Signore, attribuendo cioè a lui il nome stesso del Dio d’Israele, che porta la salvezza. Così che l’annuncio di questo nome diventa il passaggio necessario perché la salvezza giunga a tutti. E la figura degli apostoli, oggi la figura di Andrea, si illumina in rapporto a questa funzione di proclamatori a tutti del nome di Gesù, perché dalla sua invocazione possa giungere a tutti la salvezza.
 Il processo della comunicazione della fede, come svelamento della identità di Gesù di Nazaret, costituisce il centro della missione della Chiesa e la sua profonda identità. In questo processo di comunicazione si colloca anche il servizio dell’insegnamento della religione cattolica, che pur nelle modalità proprie della scuola in cui si inserisce, si riconosce però come parte integrante di tale missione. Di qui la natura ecclesiale del servizio svolto dai nostri insegnanti, pur nella laicità di un contesto in cui la presentazione della verità cristiana va fatta secondo i caratteri della criticità del sapere, ma mai rinunciando a quell’orizzonte educativo che peraltro appartiene alla scuola stessa e in cui l’insegnamento della religione cattolica inserisce il proprio contributo, nella direzione del senso trascendente della vita e in rapporto alla forma storica che la fede ha assunto nella tradizione cristiana cattolica, che ha rappresentato e rappresenta una componente significativa e imprescindibile della identità dei nostri popoli europei.
 La Chiesa non può che trovare connaturale alla sua missione il proporre la sua testimonianza anche nel contesto della scuola. Ma anche la stessa società e la scuola, come luogo della formazione della persona, non possono che avvantaggiarsi dalla presenza nel curricolo educativo di una disciplina che si propone di incontrare gli interrogativi profondi dell’uomo e di farli interagire con l’evento storico di Gesù di Nazaret, in cui la fede riconosce l’incontro di Dio con l’umanità e la cultura apprezza il vertice dell’esperienza dell’umano aperto alla trascendenza. Sono questi i motivi che ci spingono ad offrire l’insegnamento della religione in ogni contesto civile, per un servizio alla crescita di nuove generazioni aperte a una pienezza di umanità, e a formare docenti capaci di incarnare anzitutto nella loro vita una testimonianza di umanità rigenerata dall’incontro con Cristo. Voglia il Signore ricolmare di frutti il servizio reso da quanti operano in tale insegnamento.

Publié dans : c.CARDINALI, OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |le 30 novembre, 2010 |Pas de Commentaires »

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