La beatitudine della vecchiaia (Card. Bagnasco, 2 novembre 2007, anno C)
dal sito:
http://89.96.132.130/documenti.php?idd=2069
La beatitudine della vecchiaia
S. Messa in suffragio dei fedeli defunti
Angelo Card. Bagnasco
Genova, Cattedrale di San Lorenzo,
2 novembre 2007 (anno C)
Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore!
1. La Commemorazione dei Fedeli Defunti segue immediatamente la Solennità di Tutti i Santi, tanto le due realtà si incontrano e si illuminano nella fede in Gesù Risorto Vincitore del peccato e della morte. Egli getta una luce di serenità sulla morte, una luce che rende il mondo dell’oltre tomba una realtà abitata dall’amore giusto e misericordioso di Dio. Per questo il rapporto dei credenti con i defunti è sereno, nello scambio della preghiera e dell’amore che continua in Dio.
Siamo qui per pregare per le anime dei defunti, i nostri cari e tutti, specialmente per coloro che non hanno nessuno che prega per loro e che invece hanno ancora bisogno del nostro suffragio. In modo particolare vogliamo ricordare e pregare con affettuosa e grata venerazione per gli Arcivescovi, miei amati predecessori, le cui spoglie sono custodite in questa Cattedrale in attesa della finale risurrezione.
Siamo qui anche per meditare sul mistero della vita: mistero perché la vita non è totalmente nelle nostre mani, né nel suo inizio, né nel suo termine, né – in buona parte – il suo svolgersi. Questo ci deve indurre ad un atteggiamento più consono e vero, oggi messo in discussione di fatto e spesso di principio: si tratta dell’umiltà. L’uomo non è padrone della vita ma beneficiario e un giorno dovrà risponderne al Signore. Inutile dire che la responsabilità di essere custode attento e operoso riguarda non solo la propria vita ma anche quella degli altri: c’è infatti una responsabilità personale ma anche quella che investe l’intera comunità degli uomini.
2. Nel dipanarsi della vita molte sono le stagioni che attraversiamo: l’infanzia, la giovinezza, l’età adulta, il suo volgere a compimento. Se il Signore non ci chiama prima del compiersi della parabola naturale dell’esistenza, tutti arriveremo o siamo già arrivati alla stagione della vecchiaia. E questo è un tempo particolarmente importante, specialmente oggi ché sembra sia assolutamente disdicevole, anzi proibito, diventare vecchi.
La prima causa è il clima culturale prostrato al mito dell’eterna giovinezza, come se solo la fase giovanile avesse valore mentre la vecchiaia viene considerata come triste decadenza. Se la comunità non accetta la vecchiaia è di certo più difficile che il vecchio accetti se stesso. Se la cultura corrente costruisce ed esalta – sempre per ragioni poco nobili – il frammento della giovinezza come se lì si concentrasse ed si esaurisse l’incanto della vita umana, allora le altre stagioni saranno inesorabilmente intese come cascame. La stessa infanzia non avrà più valore in se stessa ma solo in quanto preparatoria alla mitica giovinezza. A nessuno sfugge, in linea di principio, l’assurdità di tale posizione concettuale che però condiziona pesantemente il sentire delle persone e della società.
Ma esiste un’altra causa, questa più intima perché riguarda l’individuo nel suo mondo spirituale: invecchia nella giusta maniera soltanto chi accetta interiormente di diventare vecchio.. Molto spesso l’uomo non l’accetta, semplicemente lo sopporta e quindi tenta di nasconderlo a sé e agli altri fino a diventare inautentico. Simula una giovanilità, che non c’è più, negli atteggiamenti, nei modi di fare, di dire, di acconciarsi sfiorando il ridicolo. E’ dunque necessario innanzitutto accettare la vecchiaia, e ciò avverrà con tanto maggior decoro quanto più profondamente si coglie il senso della vita umana, perché il senso della vita va ben oltre le stagioni della vita. Abita più in alto, per questo lo ritroviamo in tutte le fasi. Solo in questa prospettiva la vecchiaia non è l’esaurirsi di una sorgente, bensì è essa stessa vita con i suoi doni unici. Non ci si nasconde certo i limiti crescenti, la necessità di aiuto, l’irriverenza della debolezza; ma, insieme a questo corteo, non dobbiamo dimenticare che il vecchio diventa capace di comprendere la totalità della vita. Non avendo più un lungo futuro umano, coglie meglio il passato nel suo insieme di fatti, frammenti, circostanze, relazioni…che ora vede parti di un disegno, di una armonia che si andava costruendo, la sua vita. Scorge, meglio che in altre stagioni, il dito di Dio e che tutto è grazia. Da questo viene la saggezza che nessun’altra fase della vita può dare con tanta prospettiva e spessore.
Inoltre, l’uomo che invecchia si avvicina non alla fine, ma all’eterno. Ma questo richiede che egli abbia maturato il senso dell’eterno, che non si sia lasciato imprigionare dallo scorrere del tempo. Un uomo così « prigioniero » conosce solo il passato, è proteso verso il futuro e vive un esile presente. Ma se l’uomo è rimasto ostinatamente ancorato al suo centro interiore, allora in lui vi è il senso dell’eterno, cioè di Dio, di quel Regno che Gesù descrive nelle Beatitudini del Vangelo odierno. La vecchiaia favorisce la crescita di questo radicale sentimento: le cose e gli avvenimenti della vita immediata perdono la loro urgenza. Molto di quanto sembrava avesse enorme importanza perde il suo peso; altre cose che apparivano irrilevanti prendono rilievo e spessore. Le cose sono liberate dai camuffamenti delle chiacchiere, ed emergono nella loro nuda verità.
Allora, pur in mezzo ai limiti crescenti, il vecchio può godere della beatitudine evangelica, della letizia che nasce dal vivere nella libertà e nella verità delle cose. Non diventa dissacratore o irrispettoso, né amaramente disincantato, né invidioso dei giovani e dei loro entusiasmi. Gioisce della vita nella sua essenza che è Dio, il suo amore sempre nuovo, la fedeltà assoluta del suo cuore al nostro cuore solitario. Gioisce della saggezza che può donare sapendo che la sua nuova missione non è l’attività ma l’irradiazione: la sua persona irradia il nucleo originario dell’esistenza. Egli sa che i giovani hanno bisogno di vedere dei vecchi sereni della loro vecchiaia. Ne hanno bisogno per non avere paura nel vivere la vita.
Cari amici, chiediamo al Signore Gesù la pace per i defunti, e chiediamo per noi la grazia di vivere ogni stagione dell’umana esistenza secondo le sue grazie e nel suo amore.
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