Archive pour octobre, 2010

Omelia per il 2 ottobre 2010 – Prima lettura, Esodo 23,20

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/8116.html

Omelia (02-10-2006)  – Prima lettura, Esodo 23,20
Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno

Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino. Abbi rispetto alla sua presenza, ascolta la sua voce. (dal libro dell’Esodo, prima lettura)

Come vivere questa Parola?
Ci sono numerosissimi testi biblici sugli Angeli. Essi sono presentati come spiriti totalmente al servizio di Dio e così intimamente coinvolti nella nostra salvezza personale che ogni persona è custodita da un angelo. San Paolo dice, « sono spiriti incaricati di ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza » (Eb 1,14). Viviamo alla loro presenza giorno e notte. L’angelo è il messaggero di buone ispirazioni, ci protegge da turbamenti interni ed esterni. Ci rimprovera quando ci allontaniamo dalla buona strada. Ci assiste e ci aiuta nel prio-ritario e importantissimo compito di pregare. Implora per noi forza, coraggio, generosità e fiducia per abbandonarci interamente a Dio ed alla sua volontà.
Questi amici angelici devono essere una parte vitale della nostra vita e non un ricordo dalla nostra fanciullezza che spolveriamo ogni anno per la festa. No! Sono i nostri compagni di viaggio. Camminano con noi, pregano con noi, lodano e adorano Dio con noi. L’angelo e’ un dono grandissimo che il Signore ci ha dato come segno dell’amore e della cura che ha per ognuno di noi. Purtroppo oggi, la vita è spesso ansiosa, piena d’oscurità e tensioni d’ogni tipo. Invece di cadere nella disperazione, possiamo attingere alla « terapia » spirituale del ricorso a loro. E’ vero che Gesù è il mediatore per eccellenza, ma può essere utile anche il ricorso all’Angelo Custode. Sant’Anastasio afferma che « gli Angeli agiscono dolcemente e pacificamente, suscitando gioia ed esultanza ».

Oggi, nella mia pausa contemplativa, entrerò in dialogo con il mio Angelo Custode rendendomi consapevole della sua presenza nella mia vita. Cercherò d’essere attento alle sue ispirazioni ed implorerò la grazia per essere sempre pronto ad obbedirlo.

Angelo di Dio, ringrazio il Signore per la tua presenza sempre ed ovunque. Concedimi la docilità e la prontezza nel seguire quello che tu mi ispiri.

La voce di un mistico tedesco
Ciascun uomo ha un Angelo particolare che gli è stato dato nel Battesimo, ed a lui l’uomo è stato così raccomandato che quest’Angelo gli è incessantemente accanto, mai l’abbandona. E lo guarda, veglio o addormentato, in tutte le sue vie ed opere, siano buone o cattive.
Giovanni Tauler 

Omelia per il 2 ottobre 2010: Commento su Matteo 18, 1-5.10

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/756.html

Omelia (02-10-2003) 
padre Lino Pedron

Commento su Matteo 18, 1-5.10

Alla domanda dei discepoli: « Chi è il più grande nel regno dei cieli » (v.1), Gesù non risponde direttamente, ma compie anzitutto un gesto simbolico, che è già di per sé una risposta sconvolgente alle loro prospettive arriviste. Ci troviamo catapultati in una comunità in cui l’ordine delle grandezze è invertito, perché il bambino accolto si rivela essere Gesù in persona: « Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me » (v.5).

I rapporti tra di noi si impostano correttamente solo mediante la conversione e un atteggiamento umile verso Dio (v.3). Quando ci scopriamo poveri e piccoli davanti a Dio, allora capiamo che la domanda posta all’inizio dai discepoli non ha più senso. « Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli » (v.4).

Il punto di arrivo di ogni vera conversione è il diventare come i bambini. Ciò non significa ritornare nell’infanzia o, peggio, nell’infantilismo, ma mettersi davanti a Dio come bambini di fronte al padre. Questa situazione è considerata dal vangelo un’esigenza indispensabile di umiltà che permette tutte le crescite.

Diventare come un bambino e percepire che il Padre ci chiama sempre a crescere, è diventare ciò che dobbiamo essere: dei piccoli, dei poveri, dei beati (v.3) che aspettano tutto dalla sua grazia. Questa « umiltà attiva », che ha in Dio la sua origine e deve stare alla base della comunità cristiana, è un cammino coraggioso verso la croce come quello di Gesù. Consiste nel prendere il posto che è realmente il nostro.

Umiliarsi, diventare piccoli non è un ideale ascetico di timido nascondimento o di rassegnata sottomissione, ma un concreto servizio di Dio e del prossimo. Se Gesù si identifica con il piccolo, chi vorrà ancora essere grande? Piccolo è colui che non conta, colui che serve. Il primo posto nella comunità cristiana è riservato a lui. L’autorità deve mettere i piccoli al primo posto nella sua considerazione e nei suoi programmi. E tutti, se vogliono stare nella comunità cristiana, che è il regno di Dio, devono diventare piccoli, mettendosi in atteggiamento di servizio.

Dunque, per entrare nella comunità cristiana, per rimanervi e ancor più per affermarsi, non bisogna salire, ma tornare indietro (convertirsi) o discendere, non sentirsi grandi, ma farsi piccoli. Più la creatura si svuota di sé, più si rende idonea ad essere riempita da Dio.

La base di misura dei cristiani non è la grandezza o la potenza, ma l’umiltà (v.4). Essa è un atteggiamento interiore che si manifesta all’esterno ed è il segreto per la buona riuscita dei rapporti comunitari. Colui che è piccolo è un vero discepolo di Cristo ed è un vero membro della comunità, perché non pone ostacoli all’accoglienza e alla costruzione del regno di Dio.

Nel discorso della montagna (5, 3) Matteo aveva presentato la Chiesa dei poveri, qui presenta la Chiesa dei piccoli, che è una continuazione e un ampliamento della medesima. Purtroppo, anche nella Chiesa di Dio non sempre si vive fedelmente e integralmente il vangelo. San Giacomo scriveva: « Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: « Tu siediti qui comodamente », e al povero dite: « Tu mettiti in piedi lì », oppure: « Siediti qui ai piedi del mio sgabello », non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero! » (2, 1-5).

Un simile atteggiamento provoca il forte richiamo di Gesù: « Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli! » (v.10) e l’intervento immediato del Padre in loro difesa: egli ha disposto uno schieramento di angeli a servizio e a difesa dei suoi bambini, dei suoi « piccoli ». Tramite i propri angeli che vedono la faccia di Dio, essi possono far giungere fino a lui i torti e le ingiustizie che ricevono. Chi tocca i suoi « piccoli », tocca Dio.

Il valore dei « piccoli » davanti a Dio è sottolineato dal riferimento ai loro angeli che vedono sempre la faccia del Padre che è nei cieli. Nella tradizione giudaica gli angeli « che stanno davanti a Dio », chiamati « angeli del volto », sono quelli di primo grado, incaricati di compiti speciali in ordine alla protezione degli eletti (cfr 1Enoch 40,1-10). 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 1 octobre, 2010 |Pas de commentaires »

Gli Angeli dei missionari e dei catechisti

dal sito:

http://www.gesuiti.it/moscati/Ital3/Angeli_MS2.html

Gli Angeli dei missionari e dei catechisti

Marcello Stanzione

Gli Angeli dei missionari

Francesco Saverio, uno dei primi compagni di S. Ignazio di Loyola, è nato il 7 aprile del 1506 in Spagna, nella Navarra, nel castello di famiglia di Xavier. Suo padre era un nobile molto colto, aveva studiato all’università di Bologna ed era il presidente del consiglio reale di Navarra. Anche sua madre, una donna molto ricca, apparteneva alla nobiltà.

I suoi genitori avevano su di lui grandi progetti, per cui lo inviarono a Parigi per studiare. Ma fu proprio qui che, nel collegio di Santa Barbara, conobbe Ignazio di Loyola del quale divenne compagno di stanza e amico personale. Francesco Saverio lo scelse come suo maestro spirituale e sotto la sua guida divenne araldo del Vangelo. Ignazio, quale profondo conoscitore dell’animo umano, gli fece comprendere il senso delle parole di Gesù: «Che giova all’uomo guadagnare anche tutto il mondo se poi perde l’anima?» (Marco 8,36).

Il Saverio finì per prendere alla lettera le parole evangeliche e, nel 1534, seguì Ignazio divenendo uno dei primi membri della Compagnia di Gesù, l’ordine religioso fondato da Ignazio, iniziato in Francia nella chiesa di Montmartre e destinato ad incidere profondamente nella storia della Chiesa. Ordinato sacerdote a trentacinque anni, Francesco partì missionario per l’Estremo Oriente e, dopo un viaggio di circa tredici mesi, giunse a Goa, nelle Indie orientali, in qualità di legato pontificio.

In India scrisse un Catechismo elementare, predicò e si dedicò all’assistenza dei malati. Si diresse in seguitonell’India meridionale, ottenendo molte conversioni anche tra i bramini, solitamente ostili ai missionari cattolici. Ignazio aveva inspirato in Francesco una profonda devozione ai santi angeli. Infatti S. Ignazio di Loyola parla degli angeli negli Esercizi spirituali (EE.SS.) nelle regole del discernimento degli spiriti, in cui annota: «È proprio di Dio e dei suoi angeli, nelle loro mozioni, dare vera letizia e gioia spirituale, rimuovendo ogni tristezza e turbamento che il nemico induce; …»(EE.SS., 329).

L’angelo è, quindi, per S. Ignazio di Loyola il messaggero della vera armonia: quando entriamo in comunicazione con lui, corpo e anima esultano e abbandonano qualsiasi legame insito nella fragilità della nostra condizione. Per S. Ignazio, a seconda della nostra intima disposizione ad accogliere l’angelo, questi diventa consolatore o vendicatore, come scrive nella settima regola del discernimento degli spiriti: «In quelli che procedono di bene in meglio, l’angelo buono tocca l’anima dolcemente, delicatamente e soavemente, come goccia d’acqua che entra in una spugna; e il cattivo tocca in modo pungente e con strepito e inquietudine, come quando la goccia d’acqua cade sopra la pietra.

I sopraddetti spiriti toccano in modo contrario quelli che procedono di male in peggio; causa di questo è la disposizione dell’anima che è contraria o simile ai detti angeli; quando infatti è contraria, entrano con strepito e facendosi sentire in maniera percettibile, e quando è simile, entrano silenziosamente come in casa propria a porta aperta» (EE.SS., 335). Questo insegnamento di S. Ignazio sugli angeli fu accolto e vissuto da numerosi santi gesuiti che diffusero il culto agli angeli custodi lungo i secoli. Francesco Saverio, prossimo ad andare in Giappone, così scriveva ai suoi confratelli di Goa in India: «Vivo nella grande speranza che Dio mi stia per concedere la grazia della conversione di questi paesi poiché, non fidando in me stesso, ho posto ogni mia fiducia in Gesù Cristo, nella santissima Vergine Maria e in tutti i nove cori degli angeli, fra i quali ho eletto per protettore il principe e campione della Chiesa militante san Michele; e non poco spero in quell’arcangelo alla cui speciale cura è stato affidato questo gran regno del Giappone. Ogni giorno mi raccomando a questi in modo particolare e a tutti gli angeli custodi dei giapponesi».

Francesco Saverio divenne il primo missionario cattolico sbarcato nel 1549 in terra nipponica, a Kagoshima. Dopo tre anni di permanenza erano già sorte ben tre comunità cristiane con millecinquecento membri. Nominato provinciale di tutte le missioni dei gesuiti d’Oriente, Francesco Saverio scelse come nuova meta la Cina, ma, giunto all’isola di Sancian, venne colto dalla febbre e morì nel 1552 a soli quarantacinque anni. Nei dodici anni di permanenza in Oriente il santo percorse oltre centomila chilometri. Nella sua biografia si legge che Francesco resistette alla visita del diavolo prima di partire per le isole Molucche, dove pare vivessero cannibali.

Come si sia a lui manifestato satana non ci è dato sapere; si sa che per il santo era come entrare nella notte dell’azione, nella piena solitudine, proprio di fronte ad una decisione difficile da prendere come quella di partire da solo e per sempre verso un mondo totalmente sconosciuto. Francesco reagì alla forza di negazione che gli si opponeva; quella forza negativa per lui era il demonio, che forse egli vide fisicamente. Una cosa è certa, san Michele e i santi angeli, di cui egli era devotissimo, lo protessero sempre!

Gli Angeli dei catechisti

Nel Nuovo Testamento appare il verbo greco katechein (letteralmente risuonare, far risuonare), col significato religioso di istruire, insegnare oralmente, raccontare. In questo senso, la catechesi indica il ministero della parola nella sua molteplicità: evangelizzazione, istruzione, profezia, testimonianza, esortazione. In seguito, nell’epoca post-apostolica e patristica, la catechesi riceverà un significato più preciso di insegnamento approfondito e fondamentale della fede cristiana. Poiché la Chiesa si basa sui due pilastri della Parola e della Tradizione, tutta la Chiesa è catechista perché, attraverso l’annuncio della parola di Dio, l’amministrazione dei Sacramenti e l’esercizio della carità continua, nel corso della storia, la missione di Cristo.


Così scrisse S. Francesco Saverio, prossimo ad andare in Giappone: «Ogni giorno mi raccomando in modo particolare a tutti gli angeli custodi dei giapponesi».
Per i fedeli laici, che sono oltre il 99,9% dei membri del popolo di Dio, la vocazione cristiana è vivere nel mondo come santi e sante nella vita quotidiana: «Vivono nel mondo, implicati in tutti i singoli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della loro vita familiare e sociale di cui la loro esistenza è come intessuta» (Lumen Gentium, 31). Con il battesimo i fedeli laici sono addirittura consacrati per vivere come tempio santo di Dio, per offrire tutte le loro opere buone come sacrifici spirituali a Dio.

In questo senso, tutti (bambini, giovani, adulti, anziani, malati condividono la responsabilità della missione apostolica della Chiesa, in quanto) hanno «la vocazione e missione di essere annunciatori del Vangelo» (Christifideles laici, 33). Il campo dell’attività evangelizzatrice dei laici cristiani comincia dalla propria famiglia (come il primo spazio per l’impegno personale) e continua nella professione (come via alla propria santificazione e al miglioramento della società), nella parrocchia, nei gruppi ecclesiali cattolici, nelle diverse forme di volontariato, nel mondo della cultura e della politica.

La nostra particolare e personale via alla santità viene beneficiata quando risponde alle ispirazioni e aiuti che ci sono offerti dai santi angeli di Dio. Gli angeli ci aiutano potentemente ad allontanarci da tutto ciò che è contrario alla volontà di Dio. Ma chi sono gli angeli per noi cattolici? Il Catechismo della Chiesa Cattolica (= CCC) ci insegna che i santi angeli sono esseri spirituali (n. 328), «servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che “vedono sempre la faccia del Padre… che è nei cieli” (Matteo 18, 10), essi sono “potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola” (Sal 103, 20)» (n. 329). Nello svolgimento del loro servizio a Dio, i santi angeli si impegnano con tutto il loro essere, con tutta la loro intelligenza e volontà.

Riguardo a noi uomini, gli angeli ci accompagnano e ci aiutano nel nostro cammino spirituale dall’inizio della nostra vita «fino all’ora della morte» (CCC, 336), ci incoraggiano (cf. At 1, 10-11), ci sostengono, ci proteggono (cf. Sal 34, 8; 91,10-13); «tutta la vita della Chiesa beneficia dell’aiuto misterioso e potente degli angeli» (CCC, 334). I santi angeli ci aiutano a raggiungere la nostra salvezza (cf. Eb 1, 14). La nostra risposta a questo aiuto degli spiriti celesti si esprime logicamente in modo particolare nella devozione che la Chiesa, fin dalle origini, ha tributato ai santi angeli: «Nella Liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; invoca la loro assistenza nella Liturgia dei defunti e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi)» (CCC, 335).

Anche il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, riguardo agli angeli, afferma: «La Sacra Scrittura dice: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gen 1,1). La Chiesa, nella sua professione di fede, proclama che Dio è il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili: di tutti gli esseri spirituali e materiali, cioè degli angeli e del mondo visibile, e in modo particolare dell’uomo» (n. 59). Riguardo poi all’identità di questi spiriti celesti il Compendio sottolinea che gli angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà. Essi, contemplando incessantemente Dio a faccia a faccia, lo glorificano, lo servono, e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini (n. 60).

Il Compendio sottolinea ancora che la Chiesa si unisce agli angeli per adorare Dio e cita una frase di S. Basilio Magno: «Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita» (n. 61). Gli angeli ci aiutano pure nella nostra attività di evangelizzazione missionaria e di catechesi. Come gli angeli del Natale recano la prima buona notizia della nascita di Cristo ai pastori di Betlemme, così essi costituiscono i nostri modelli nella diffusione del Vangelo (cf. Luca 1,11.20; 2, 8-15). S. Tommaso d’Aquino afferma che la trasmissione delle verità di fede avviene soprattutto grazie agli angeli, tramite i quali i misteri divini vengono rivelati agli uomini. Per questo gli angeli conducono all’illuminazione della fede.

L’identità del catechista nella Chiesa cattolica è quindi molto simile alla figura dell’angelo custode, tanto da rendere possibile un accostamento tra queste due figure. S. Giovanni Battista de La Salle (1651-1719), il fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane, laici consacrati con i voti all’insegnamento e alla catechesi dei giovani, nominato da Pio XII nel 1950 patrono universale degli educatori cristiani, nel 1700 scriveva che la missione degli educatori-catechisti è simile a quella degli angeli custodi.

Sul ministero del catechista come angelo custode del catechizzando, S. Giovanni Battista de La Salle scrive delle pagine magistrali nella storia della spiritualità degli educatori cristiani: «Gli angeli custodi godono di una speciale illuminazione e conoscono il bene nella sua essenza. Per loro mezzo Dio manifesta la sua volontà a noi che siamo predestinati ad essere suoi figli adottivi e “anche suoi eredi” (Romani 8, 17). Comunicandoci la luce divina di cui godono, ci indicano quel che dobbiamo fare per divenire “coeredi di Cristo” (Romani 8, 17). Ciò è raffigurato nella scala che Giacobbe vide in sogno, mentre si recava in Mesopotamia.

Sulla scala misteriosa “gli angeli di Dio salivano e scendevano” (Genesi 28, 12). Salivano a Dio per presentargli i bisogni dei loro protetti e per ricevere i suoi ordini; discendevano per far conoscere ai loro beneficati la volontà divina circa la loro salvezza. Dovete fare altrettanto coi giovani affidati alle vostre cure. Salire ogni giorno a Dio mediante l’orazione per apprendere quel che dovete insegnare; discendere ai giovani adeguandovi alla loro capacità, per comunicar loro quanto Dio gli avrà insegnato sia nella preghiera, sia mediante i Libri sacri pieni di celeste sapienza […].

Voi che partecipate al ministero degli angeli custodi, avete la missione di far conoscere ai giovani le verità del Vangelo, essendo stati scelti per annunziarle. Dovete insegnare ad essi anche i mezzi per praticarle e dimostrare inoltre grande zelo perché ne facciano uso. […] Vegliate molto su di loro perché pratichino il bene e abbiano orrore del peccato: due impegni essenziali per giungere alla salvezza. Se volete compiere la vostra missione di angeli custodi dei giovani al fine di renderli idonei ad edificare il corpo di Cristo, cercate di ispirare loro gli stessi sentimenti e le stesse disposizioni d’animo che S. Paolo si sforzava di suscitare negli Efesini nella lettera loro inviata: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione” (Efesini 4, 30)».

Come appare dai racconti evangelici, gli angeli sono i primi testimoni e messaggeri della risurrezione (Luca 24,5.7). Per i primi cristiani, la devozione verso gli angeli non sminuisce il valore di Cristo e della rivelazione biblica. Il libro degli Atti ci attesta la sollecitudine degli angeli di Dio che liberano gli apostoli dalla prigione (Atti 5,18-20) e in particolare di Pietro, minacciato di morte. È sempre un angelo che guida l’attività catechistica di Filippo lungo la strada da Gerusalemme a Gaza (Atti 8, 26-29), come anche quella di Pietro nei confronti di Cornelio, il centurione pagano convertito (Atti 10,3 e ss.).

S. Michele Arcangelo è sempre stato invocato come difensore della Chiesa, di ogni cristiano, potente nella lotta contro le forze del male.
Gli angeli, nella visione cattolica del cristianesimo, non sono assolutamente concorrenti di Dio ma sono catechisti e missionari del Signore, a servizio degli uomini che devono entrare in possesso della salvezza. Prova ne è la presentazione biblica di tre figure angeliche: Raffaele, Michele e Gabriele. Raffaele (Tobia 12,15-20), “medicina di Dio”, ci orienta verso la cura degli uomini, che da Dio viene affidata agli angeli e agli esseri umani. Michele (Deuteronomio 10,13.20; Apocalisse 12,7) richiama già nella sua etimologia (chi è come Dio?) la scelta fondamentale di una esistenza cristiana credente volta al riconoscimento e al servizio divino. Gabriele, “potenza di Dio”, è posto al servizio dell’Incarnazione del Verbo (cf. Luca 1,19-26), cioè del più grande segno salvifico dell’onnipotenza divina.

Il ministero angelico si fa così modello di quello catechistico umano, chiamato a partecipare la vita divina nel dispiegamento della sua missione su questo pianeta. Il catechista potrebbe quindi ben recitare l’orazione dell’Ora Nona della IV settimana che dice: «O Dio, che mandasti il tuo angelo al centurione Cornelio per indicargli la via della salvezza, donaci di collaborare alla redenzione di tutti gli uomini perché riuniti nella tua Chiesa possiamo giungere fino a Te nella gloria».

In conclusione, la vita stessa dei catechisti, per essere efficace ed incisiva, deve essere conforme a quella degli angeli custodi, ovviamente senza scadere in un angelismo astratto, di matrice piuttosto new age e non cristiana. La comunione di vita interiore dei catechisti con gli angeli ce li fa guardare come compagni di servizio, cantori della gloria di Dio nella lode incessante dell’Agnello celeste a cui la Liturgia cristiana della terra è associata.

Publié dans:ANGELI ED ARCANGELI |on 1 octobre, 2010 |2 Commentaires »
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