Omelia 5 ottobre 2010: Commento su Luca 10, 38-42
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Omelia (07-10-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Luca 10, 38-42
Ci sono molti impegni verso Dio e verso il prossimo, ma tra i tanti, il più importante è ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica (Lc 6,47; 8,21; 11,28). L’importanza assoluta del servizio della parola di Dio emerge chiaramente anche dagli Atti degli apostoli: « Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense » (6,2). Il vangelo non vuole assolutamente frenare l’impegno delle buone opere, ma purificare l’azione nella contemplazione. Per essere come Gesù, dobbiamo essere « contemplativi nell’azione ». Maria che ascolta e vede Gesù, realizza in sé la beatitudine del discepolo: « Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono » (Lc 10,23-24). Il vero discepolo ricorda l’insegnamento di Dio: « Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore » (cfr Dt 8,3; Lc 4,4).
Questo brano insegna che la « parte buona » riservata ai leviti (Dt 10,9; Gs 18,7; Sal 16,5-6), ossia il culto dell’Antico Testamento, è sostituita con la « parte buona » del culto del Nuovo Testamento che è l’ascolto della parola di Dio in ogni luogo dove qualcuno è disposto a riceverla.
Maria è la prima che obbedisce alla voce del Padre: « Questi è il mio Figlio, l’eletto: ascoltatelo » (Lc 9,35). La contemplazione e l’ascolto ai piedi del Signore è l’azione più grande dell’uomo: lo genera figlio di Dio (cfr 1Pt 1,23) e lo associa alla missione stessa di Gesù. Ogni missione parte da Gesù e ritorna ai piedi di Gesù.
Marta è « tutta presa dai molti servizi ». Gesù le dice: « Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose » (v.41). Gesù non rimprovera Marta, ma la esorta a diventare come Maria. Principio del servizio di Marta, fino a quando non diventa come Maria, è il proprio io. L’io religioso è il più duro a convertirsi: si ritiene nel giusto perché cerca di piacere a Dio e di sacrificarsi per lui. Si può arrivare anche all’eroismo di morire per gli altri (cfr Lc 22,23; 1Cor 13,3) pur di affermare il proprio io. Ma la salvezza non è morire per Dio, ma Dio che muore per noi. La peggiore empietà è quella del giusto che agisce per compiacere se stesso, condannando il prossimo e cercando anche l’approvazione di Dio (cfr Lc 18,9-14). E questo atteggiamento farisaico è presente anche in Marta (v.40). Nel capitolo 12 di questo vangelo Gesù insegnerà a tutti di non affannarsi per il mangiare e il bere: « Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno » (12,29). E ricalcherà anche l’insegnamento dell’ »unica cosa di cui c’è bisogno »(v.42), dicendo: « Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta » (Lc 12,31).
Commentando questo brano di vangelo, sant’Agostino mette sulla bocca di Gesù queste parole, rivolte a Marta nei confronti della sorella Maria: « Tu navighi, essa è in porto ». Il cuore di Maria è già dov’è il suo tesoro (cfr Lc 12,34). Il suo bene è stare vicino a Dio (cfr Sal 73,28).
