Lo Spirito di Gesù: Spirito di verità e di comunione (soprattutto Paolo e Giovanni)

 dal sito:

http://www.iu-sophia.org/public/documents/PROLUSIONEGERARDROSSE.pdf

Lo Spirito di Gesù: Spirito di verità e di comunione
(Prolusione a “Sophia”: anno 2009/2010)

(sopratttutto Paolo e Giovanni)
 
   Una  delle  caratteristiche  principali  dell’Istituto  Universitario  Sophia vuole essere il connubio tra studio e vita, tra intelletto e prassi, e questo attuato nella prospettiva data dalla parola di Gesù che si legge nel vangelo di Giovanni: “che tutti siano uno”. Un tale connubio che risponde anche a una profonda esigenza avvertita da molti  studenti  universitari  nel  mondo  di  oggi,  può  certo  ricevere  diverse interpretazioni:  può  essere  visto  come  un  programma  di  studio  che introduce anche corsi di etica individuale e sociale per aprire lo studente a una  formazione  più  integrale.  Cosa  senz’altro  ottima.  Può  essere  inteso come  una  esistenza  vissuta  insieme  e  che  include  non  soltanto  ore consacrate  all’insegnamento  ma  anche  tempo  dedicato  alle  concrete occupazioni  della  vita  quotidiana.  E  questa  è  senza  dubbio  una caratteristica dell’Istituto Sophia. Ma mi pare che tutto ciò non è sufficiente: non basta lo sforzo di vivere insieme lo studio accanto alle altre faccende della  vita.  A  Sophia  vogliamo  di  più:  vogliamo  una  compenetrazione  tra studio e vita, una   pericoresi  , nella quale lo studio stesso diventi vita e la vita stessa  si  faccia  sapienza.  Ma  chi  può  operare  tale   pericoresi    e trasmutazione senza che lo studio perda il suo valore di studio, e la vita i suoi propri connotati? La sorgente di questa unificazione è quel dono che ogni credente ha ricevuto al battesimo: lo Spirito santo. E di questa realtà divina  vorrei  parlare  brevemente.  Quale  funzione  specifica  ha  lo  Spirito Santo per la nostra vita di studenti? La Bibbia insegna che lo Spirito divino è all’opera fin dalla creazione, e gli autori  sacri  lo  menzionano  come  manifestazione  dell’attività  di  Dio  nella storia: è il soffio di JHWH che opera segni potenti nella storia d’Israele, ma ispira anche i profeti a capire il loro tempo con gli occhi di Dio. Il soffio di Dio viene sperimentato e come forza creatrice e come parola sapienziale. Tuttavia se ci rivolgiamo ai testi del Nuovo Testamento, troviamo alcune affermazioni perlomeno sorprendenti. Nel racconto degli   Atti degli Apostoli   si legge che Paolo incontra a Efeso un gruppo di “discepoli”, e chiede loro: “Avete  ricevuto  lo  Spirito  santo  quando  siete  venuti  alla  fede?”  La  loro risposta ci disorienta: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito santo!”. Possibile una tale ignoranza da parte di questi discepoli? Ora anche Giovanni, con altre parole, afferma la stessa realtà. Dopo aver trasmesso la parola di Gesù “  Se qualcuno ha sete, venga da me,e beva  ”, l’evangelista  commenta:  “  Questo  egli  disse  dello  Spirito  che  avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era  ancora  stato  glorificato  ”  (Gv  7,37ss).  Giovanni  rimanda  il  lettore all’evento che inaugura il tempo della Chiesa: il dono dello Spirito santo in relazione alla glorificazione di Cristo. Questo dono è stato sperimentato in un modo così dirompente e nuovo da essere compreso come il motore di una  svolta  epocale  per  l’umanità.  Ma  ormai  tale  esperienza  era  vista indissociabilmente legata all’evento pasquale e alla novità che tale evento inaugura:  un  tempo  qualificato  come  “ultimi  giorni”  (è  la  dimensione escatologica  del  tempo)  nel  quale  lo  Spirito  santo  sarà  effuso  su  ogni carne,  come  leggiamo  nel  discorso  di  Pietro  il  giorno  di  Pentecoste. L’apertura nella fede a tale dono inserisce dunque l’uomo, e ogni uomo senza eccezione, in questa novità, lo introduce in un processo di crescita che  rende  il  singolo  sempre  più  conforme  a  Cristo,  e  tende  alla riconciliazione universale. Pochissimi di noi si ricorderanno del loro ingresso nella Chiesa al momento del battesimo, visto che in grande maggioranza eravamo dei neonati. Forse troviamo qualche foto-ricordo nell’album di famiglia; più tardi, nella scuola, all’ora  del  catechismo,  ci  hanno  insegnato  che  al  battesimo  abbiamo ricevuto  il  dono  dello  Spirito  santo.  Non  era  così  nei  primi  tempi  della Chiesa,  quando  la  conversione  e  il  battesimo  erano  vissuti  come  eventi indimenticabili.  L’incontro  con  Cristo  era  per  tutti  una  eccezionale, memorabile  esperienza  dello  Spirito  santo,  una  vera  illuminazione  e trasformazione  dell’intera  esistenza.  E  quando  con  gli  anni  una  certa rilassatezza o dimenticanza rischiavano di inquinare la vita della comunità o di alcuni credenti, era spontaneo per Paolo e gli altri apostoli, rimandarli all’inizio  della  loro  nuova  esistenza,  e  precisamente  all’esperienza  dello Spirito Santo che avevano fatto allora. Ai Tessalonicesi Paolo ricorda: “Il nostro  vangelo  venne  a  voi…in  potenza  e  nello  Spirito  santo  e  con pienezza di convinzione  ” (1 Ts 1,5). Lo stesso ai Corinzi: “  la mia parola e la mia  predicazione  si  basarono…sulla  manifestazione  dello  Spirito  e  della sua  potenza”  (1  Cor  2,4).  Indimenticabile  per  noi  il  rimprovero  che l’apostolo fa ai Galati che rischiavano di perdere la libertà filiale ricevuta da Cristo: “  O stolti Galati, chi vi ha incantato? Proprio voi agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso ! Questo solo vorrei sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito dalle opere della Legge o per aver ascoltato la parola della fede? Così sciocchi siete: avendo iniziato con lo Spirito, ora finite con la carne? Tante e così grandi cose avete sperimentato invano?  ” (Gal  3,1-4).  L’apostolo  testimonia  che  l’esperienza  dello  Spirito, nell’accoglienza  della  predicazione  su  Gesù  crocifisso,  era  così  forte, lampante  che  un  ritorno  al  passato  appare  una  totale  mancanza  di intelligenza. Certamente ci potevano essere stati fenomeni straordinari; gli Atti degli Apostoli legano il parlare in lingua o il profetare alla recezione dello Spirito santo; e Paolo vi allude. Ma se all’inizio del rimprovero Paolo ricorda ai Galati la predicazione su Gesù Crocifisso, egli li rimanda a una esperienza  magari  meno  spettacolare  ma  sicuramente  più  profonda  che tutti loro hanno fatto dentro di loro: l’esperienza della forza e della luce del Risorto talmente nuova e convincente da rinnovare la loro intera esistenza. Questa  esperienza  così  forte  era  un  privilegio  riservato  soltanto  ai battezzati della prima generazione, così come, per esempio, le apparizioni pasquali del Risorto? Evidentemente, no! L’incontro autentico e personale con  Gesù  dovrebbe  capitare  a  ogni  battezzato,  incontro  mediato  dallo Spirito santo che “introduce alla verità tutta intera”, come scrive Giovanni (Gv  16,13),  verità  che  è  la  Persona  del  Cristo  crocifisso-risorto,  e  da  lì scaturisce come luce nel cuore del credente, trasformando e unificando vita e studio. E’ su questa esperienza che vorrei soffermarmi perché è tuttora sconvolgente per ognuno di noi anche se non spettacolare. Essa  comporta  una  illuminazione  intellettuale,  un’apertura  degli  occhi, come se cadesse un velo; il credente capisce vitalmente. Certamente a chi, nelle  comunità  dei  primi  secoli,  si  avvicinava  al  battesimo  veniva  poi richiesta  anche  una  conoscenza  dottrinale;  gli  venivano  insegnati  i contenuti  della  fede,  i  grandi  eventi  della  vita  di  Gesù,  il  discorso  della montagna ecc. Insomma  per  essere  cristiano  bisognava  anche  studiare!  Paolo  stesso conosce a memoria il racconto dell’ultima cena e lo cita alla lettera come testimonia il racconto parallelo nel vangelo di Luca. Ma non si trattava più soltanto di un insegnamento nozionale, perché era “insaporito” da quella  luce che proviene dallo Spirito e che nutriva il contatto con il Risorto stesso. Per  dirlo  con  le  parole  di  Giovanni:  il  credente  penetrava  nella  verità.  Il concetto  giovanneo  non  oppone  tanto  la  verità  all’errore,  quanto all’inganno; la verità è la luce che pone l’essere nella sua autenticità e cioè a contatto con il Risorto. Ed è proprio questa la funzione dello “Spirito di verità”. Paolo ha saputo dirlo con acutezza quando parla di una sapienza che  nasce  dalla  fede  nel  Crocifisso,  una  sapienza  inaccessibile  a  una razionalità puramente umana che si blocca dinanzi alla “parola della croce”. Egli scrive ai Corinzi: “  Parliamo di una sapienza divina avvolta nel mistero, che rimane nascosta”. Questo mistero è Dio stesso e il suo agire rivelato a colui che nel Crocifisso scopre la potenza e la sapienza di Dio nella sua massima espressione. Infatti l’apostolo prosegue: “  ma a noi Dio lo rivelò mediante lo Spirito: lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio… I segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. E noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere i doni che egli ci ha elargito  ” (1 Cor 2,11-12) Questa conoscenza  Paolo  poi  la  chiama  “gli  insegnamenti  dello  Spirito”  (v.13). Ecco  dunque  che  nella  fede  vissuta  come  un  consegnarsi  al  Dio  del Crocifisso, si sviluppa una conoscenza che proviene dalle profondità di Dio e scruta  i segreti di  Dio:  eppure  non si  tratta di dottrina esoterica  né di speculazioni astratte; possiamo parlare di illuminazione intellettuale, di una luce che è certezza della mente capace di sondare l’insondabile ricchezza del Vangelo. In conclusione al suo ragionamento, Paolo cita un passo di Isaia: “  Chi conobbe la mente del Signore da potergli dare consigli ?  ” La risposta è evidentemente: “Nessuno !”. Eppure Paolo afferma: “   Ora noi abbiamo il « nous », la mente/il pensiero di Cristo” (v.18). Avere il pensiero di Cristo  è  avere  quella  luce  che  solo  lo  Spirito  di  Cristo  può  comunicare: riconoscere nell’apparente assurdità della “parola della croce” la fonte della vera sapienza. Essere innalzato dallo Spirito di verità a una tale logica che apre  gli  occhi  della  fede  alle  profondità  di  Dio,  equivale  a  una  “nuova creazione” che tocca l’intera persona del convertito, e lascia penetrare la sapienza di Dio nella profondità dell’uomo. Ciò che l’autore dell’epistola agli Efesini rende plasticamente con la bella espressione: “  illuminare gli occhi del vostro cuore  ”. Toccando il cuore, lo Spirito santo apre l’uomo alla sua autenticità, e lo pone nella verità. Come ricorda un esegeta (Bouttier), “il cuore è la sede di una conoscenza che la Scrittura non separa mai dell’amore”. E così ci rivolgiamo all’altro grande dono dello Spirito santo, inseparabile dal primo: l’  agape  . Di nuovo Paolo lo esprime in modo essenziale: “ l’amore
di  Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo datoci in dono  ” (Rm 5,5). Dunque lo Spirito santo dato al credente all’inizio della sua vita nuova ha portato con sé come dono, l’agape, l’amore che proviene da Dio, quell’amore che il Crocifisso ha vissuto e reso visibile nella storia e che come Risorto continua a riversare sull’umanità nel dono dello Spirito. Questo dono non viene soltanto effuso sopra il credente ma penetra nel centro  del  suo  essere  come  forza  escatologica  che  muove  l’intera  sua esistenza verso quel fine che è “ che tutti siano uno”, quella forza che, come scrive  Giovanni  nella  sua  prima  lettera,  giunge  a  perfezione  nella “comunione  fraterna”.  Nella  lettera  ai  Galati,  Paolo  presenta  il comportamento  cristiano  come  “frutto  dello  Spirito”    e  nomina  per  primo l’  agape    seguito  dalla  gioia.  Il  resto  dell’elenco  sono  altrettante manifestazioni dell’  agape  : la pace, la longanimità, la bontà, la benevolenza, la fedeltà: tutte manifestazioni di un frutto che tende alla relazionalità, alla comunione fraterna. Insomma, il credente viene a partecipare all’amore del Crocifisso, generatore di unità. Concludo: luce e amore, verità e comunione sono i grandi doni dell’unico e medesimo  Spirito  di  Cristo  comunicati  a  tutti  i  credenti.  Possiamo distinguerli, ma non dissociarli. Nel vangelo di Giovanni, Gesù disse: “Chi crede in me, come disse la Scrittura, dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva  ”. E l’evangelista commenta: “Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui. infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato  ” (Gv 7, 38s). Questo momento è stato inaugurato con l’evento pasquale; e ora, anche da ognuno di noi dell’Istituto Universitario Sophia possono sgorgare fiumi di luce e di amore. E’ il sincero augurio per l’anno che stiamo iniziando. 

Publié dans : temi - lo Spirito Santo |le 20 octobre, 2010 |Pas de Commentaires »

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