Archive pour septembre, 2010

EXALTATION OF THE HOLY CROSS – BYZANTINE CATHOLIC MONASTERY – Ferdinand, Idaho

EXALTATION OF THE HOLY CROSS - BYZANTINE CATHOLIC MONASTERY - Ferdinand, Idaho  dans immagini sacre bcmc

http://dominicanidaho.org/byzantine/

Publié dans:immagini sacre |on 11 septembre, 2010 |1 Commentaire »

Omelia (12-09-2010) : Che neppure una pecora si perda!

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/19317.html

Omelia (12-09-2010) 
padre Romeo Ballan

Che neppure una pecora si perda!

Riflessioni
Il capitolo 15° è il cuore del Vangelo di Luca. Con le tre famose parabole -della pecora smarrita, la moneta perduta, il papà di due figli sbandati- Gesù mette in evidenza il Cuore di Dio, che è Padre-Madre buono, amico, solidale, accogliente, ricco di misericordia, sempre disposto al perdono, all’abbraccio, a voltar pagina, a far nuovo il cuore di chiunque a Lui si affida e di Lui si fida. Per Lui nessuna pecora è anonima o superflua: tutte sono importanti, nessuna si deve smarrire, fa il possibile perché neppure una si perda e, se succede, fa di tutto per ricuperarla. Dà perfino la vita per riunire i figli dispersi (cf Gv 11,52). Il Padre prodigo di misericordia è il nucleo centrale del Vangelo, la bella notizia per eccellenza, che apre il cuore alla speranza, alla gioia, alla vita.
L’orientamento fondamentale di una persona e la sua stabilità psichica-emotiva-spiritualedipendono dall’idea che si ha di Dio. Spesso, per condizionamenti familiari o metodi educativi, varie persone sono indotte a portarsi addosso l’idea falsa di un Dio giudice severo, gretto, castigatore, lontano, distratto, chiuso nel suo mondo… Nulla di più aberrante e pericoloso! La pagina odierna del Vangelo di Luca è tutta sul versante opposto; aiuta a scrollarsi di dosso tale fardello negativo e fa scoprire il vero volto del nostro Dio, così come Gesù ce lo rivela. Il Dio cristiano ama la festa, gioisce, invita a far festa, provoca la festa… (v. 5.6.7.9.10); ama essere nostro compagno di viaggio nei momenti di gioia come pure in quelli di dolore, sempre pronto a dare ali alla speranza e coraggio nelle frustrazioni.
Il Dio cristiano offre a tutti la possibilità della festa, con la tipica gioia che nasce dal mistero pasquale. Ma sempre nello scenario irrinunciabile della libertà. Per esempio, Gesù non dice che il pastore abbia poi sbarrato la porta dell’ovile per impedire alle pecore altre scappatelle; né dice che abbia chiuso a chiave la porta di casa per impedire al figlio minore di andarsene nuovamente; non dice neppure se, alla fine, il figlio maggiore sia entrato alla festa, o sia rimasto chiuso nella posizione di rifiuto di suo padre e di suo fratello… Dio si offre come centro e luogo della festa, della vita, ma non forza nessuno. Nella sua libertà l’uomo può anche arrivare al punto di resistere a Dio e di chiudersi al dono che Egli fa di se stesso. Ma se uno Gli apre il cuore, Dio entra a far festa con lui (cf Ap 3,20). (*)
Paolo (II lettura) si presenta come una persona radicalmente trasformata da Dio, il quale, andando oltre i gravi sbagli dell’apostolo, lo ha reso forte, lo ha giudicato degno di fiducia chiamandolo al suo servizio e usandogli misericordia (v. 12-13). Infatti « Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori » (v. 15), rivelandoci così il vero cuore di Dio Padre, come appare già nel Primo Testamento (I lettura). Dio minaccia di castigare il popolo che lo ha rifiutato facendosi « un vitello di metallo fuso » (v. 8). In realtà, la minaccia è solo apparente, è parte di una pedagogia salvifica più ampia, per far comprendere la forza della preghiera di intercessione. Mosè ne è un esempio luminoso: egli si colloca sulla breccia, fa da ponte fra il popolo e Dio, supplicando Dio in favore del popolo. Da bravo avvocato, suggerisce a Dio stesso le ragioni per le quali Egli non può distruggere il suo popolo (v. 11-13).
Mosè appare come modello di orante, convinto della forza missionaria della preghiera di intercessione, che spesso va unita all’offerta della sofferenza e della propria vita. « Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio » (v. 11). « In realtà l’espressione usata nel testo originale ebraico andrebbe tradotta così: «Mosè allora cominciò ad accarezzare il volto del Signore, suo Dio, dicendo…». Mosè si comporta come un bambino che vede il papà corrucciato e si mette a coccolarlo, fino a quando riesce a strappargli un sorriso. L’immagine di Mosè che accarezza il volto di Dio è una delle più belle della Bibbia » (Fernando Armellini). La forza missionaria della preghiera di intercessione è ampiamente documentata nella Bibbia e nella storia della spiritualità incarnata nei grandi oranti: Abramo, Mosè, Samuele, Davide, Geremia, Ester, Paolo, Maria, Cristo, lo Spirito Santo… E poi San Benedetto, Teresa d’Avila, Giovanni M. Vianney, Teresa di Calcutta e tanti altri grandi evangelizzatori che imploravano da Dio l’efficacia della loro azione missionaria e la conversione del cuore della gente. Un esempio fra gli altri è San Daniele Comboni, che afferma: « L’onnipotenza della preghiera è la nostra forza ».

Parola del Papa
(*) « È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente. Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua ‘impronta’. Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace. Allora comprendiamo che è un controsenso pretendere di eliminare Dio per far vivere l’uomo! ».
Benedetto XVI
Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù, 2011.1

Sui passi dei Missionari
- 13/9: S. Giovanni Crisostomo (ca. 349-407), vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa; scrisse varie opere, soffrì persecuzione, morì in esilio a Comana, sul Mar Nero.
- 14/9: Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, icona del Cristo Crocifisso-Risorto, simbolo del mistero pasquale per la salvezza di tutti i popoli.
- 15/9: Beata Vergine Maria Addolorata, associata intimamente alla passione redentrice di Cristo.
- 15/9: B. Paolo Manna (1872-1952), sacerdote italiano del PIME, missionario in Birmania, fondatore della Pontificia Unione Missionaria, per la diffusione dello spirito missionario nelle comunità cristiane. Si celebra anche il 16/1, nella vicinanza della Settimana per l’Unità dei Cristiani, che egli promosse.
- 16/9: S. Cipriano, vescovo di Cartagine (Tunisia), teologo apologeta e martire (ca. 200+258).
- 16/9: S. Giovanni Macías (1585-1645), religioso di origine spagnola, coadiutore domenicano; visse e morì a Lima (Perù), dedito ai poveri e ai malati.
- 18/9: BB. Giovanni Battista e Giacinto de los Angeles, laici sposati e catechisti, martirizzati in Messico (+1700). 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 11 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

Solo la provvidenza può spiegare il funzionamento del mondo (Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, 19,3-4)

dal sito:

http://www.tanogabo.it/religione/Crisostomo_scritti.htm

Solo la provvidenza può spiegare il funzionamento del mondo

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, 19,3-4

« Si interrogano gli ingrati e gli insensati: «Non dovrebbe esser proprio della bontà di Dio concedere per tutti uguaglianza di onori?». Dimmi, o ingrato, quali sono le cose che tu affermi non esser proprie della bontà di Dio, e che cosa intendi per «uguaglianza di onori»? Uno è storpio da fanciullo, un altro diventa pazzo ed è invasato da un demonio; un altro, che giunge al limite della vecchiaia, ha trascorso tutta la vita nella povertà; un altro in gravissime malattie: sono queste le opere della provvidenza? Uno è sordo, un altro muto; uno è povero; un altro, infame e scellerato e pieno d’innumerevoli vizi, guadagna denaro e mantiene meretrici e fannulloni, possiede una casa bellissima e conduce una vita senza mai lavorare. E raccolgono molti esempi del genere, tessendo un lungo discorso contro la provvidenza di Dio.

Che dunque? Non vi è nessuna provvidenza? Che cosa rispondiamo loro? Se fossimo greci e ci dicessero che il mondo è retto da qualcuno, anche noi diremmo loro le stesse cose: Perché non c’è nessuna provvidenza? Perché mai, allora, voi avete il culto degli dèi e adorate demoni ed eroi? Infatti, se esiste una provvidenza, essa si prende cura di tutto. Se vi fossero alcuni, cristiani o anche greci, che si scoraggiassero e vacillassero, che cosa diremmo loro? Tante cose, dimmi, ti prego, sarebbero dunque sorte buone per caso? La luce del giorno, l’ordine predisposto nelle cose, il movimento circolare degli astri, l’eguale corso dei giorni e delle notti, l’ordine della natura tanto nelle piante quanto negli animali e negli uomini? Chi è mai, domando, colui che governa tutte queste cose? Se nessuno le dirige ed esse dipendono tutte da se stesse, chi ha mai fatto questa volta così grande e bella, il cielo appunto, collocato tutt’intorno alla terra e anche sopra le acque? Chi dà alle stagioni dei frutti? Chi ha posto tanta vita nei semi e nelle piante? Ciò che avviene per caso, infatti, è assolutamente disordinato; ciò che presenta ordine e armonia, invece, è stato prodotto con ingegno.

Infatti, ti chiedo, quelle cose che da noi avvengono per caso, non sono piene di grande confusione, tumulto e turbamento? E non parlo soltanto di quanto avviene per caso, ma anche di ciò che è fatto da qualcuno, ma senza criterio. Ad esempio, vi siano legna e pietre, e vi sia anche la calce; ora, un uomo inesperto nell’arte di costruire, servendosi di questi, si accinga a edificare e a compiere qualcosa: costui non manderà forse in rovina e non distruggerà ogni cosa? E ancora, si dia una nave senza nocchiero, provvista di tutto quanto una nave debba possedere, tranne il nocchiero: potrebbe forse navigare? E la terra stessa, che è tanto estesa, posta com’è al di sopra delle acque, potrebbe rimanere tanto tempo immobile, se non vi fosse qualcuno in grado di sorreggerla? E tutto ciò è forse ragionevole? Non è ridicolo pensare queste cose?…

Se volessimo esporre esaurientemente, in tutto e per tutto, fin nei dettagli, tutte quelle cose della provvidenza, non ci basterebbero tutti i secoli. Domanderò, infatti, a chi abbia chiesto ciò: queste cose avvengono grazie alla provvidenza o senza la provvidenza? Se rispondesse: «Non sono della provvidenza», gli domanderei ancora: Come dunque sono state fatte? Ma non potrebbe rispondere in alcun modo. A maggior ragione, perciò, non devi investigare con curiosità intorno alle cose umane. Perché? Poiché l’uomo è l’essere più illustre e onorevole di tutti, e tutte le cose sono state create per lui, non lui per esse.

Se dunque non conosci la sapienza e il governo della provvidenza riguardo all’uomo, in che modo potresti mai scoprire quali siano le sue ragioni? Dimmi un po’, perché mai essa ha creato l’uomo così piccolo e così distante dall’altezza del cielo al punto che dubiti di quelle cose che si mostrano dall’alto? Perché le regioni australi e boreali sono inabitabili? Dimmi, perché la notte è stata fatta più lunga d’inverno e più corta in estate? Perché tanto freddo? Perché il caldo? Perché la mortalità del corpo? E altre innumerevoli cose voglio sapere da te; se tu vorrai, non smetterò d’interrogarti perché tu possa replicarmi in tutto.

Pertanto, la caratteristica più confacente alla provvidenza è questa: che le sue ragioni rimangano per noi ineffabili. Qualcuno, infatti, non avendo compreso il nostro pensiero, avrebbe potuto ritenere che l’uomo sia la causa di tutte le cose. «Tuttavia, direbbe qualcuno, quell’uomo è povero: e la povertà è un male». Ma che cos’è il male? Che cos’è la cecità, o uomo? Vi è un solo male: peccare; e solo di questo dobbiamo preoccuparci. Invece, tralasciando di scrutare le cause dei veri mali, ricerchiamo con curiosità altre cose. Perché nessuno di noi cerca mai di scoprire il motivo profondo per il quale ha peccato? È in mio potere di peccare, oppure no? Ma che bisogno c’è di usare un grande giro di parole? Cercherò tutto in me stesso: forse che sono riuscito qualche volta a vincere la passione? Ho vinto qualche volta l’ira per pudore o per timore umano? In tal modo, accertato questo, scoprirò che è in mio potere peccare. Nessuno si preoccupa di comprendere e di approfondire queste cose; al contrario, sconsideratamente, come si legge in Giobbe, l’uomo nuota disordinatamente nelle parole (Gb 11,12). »

DOMENICA 12 SETTEMBRE 2010 – XXIV DEL TEMPO ORDINARIO

DOMENICA 12 SETTEMBRE 2010 - XXIV DEL TEMPO ORDINARIO dans Lettera a Timoteo - prima 17%20FETI%20PARABLE%20OF%20THE%20LOST%20DRACHMA

Parable of the Lost Drachma

http://www.artbible.net/3JC/-Luk-15,01_Son_lost_found_Fils_mort_vivant/index2.html

DOMENICA 12 SETTEMBRE 2010 – XXIV DEL TEMPO ORDINARIO

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/ordinC/C24page.htm

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura   1 Tm 1, 12-17
Cristo è venuto per salvare i peccatori.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Inizio del «Discorso sui pastori» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 46, 1-2; CCL 41, 529-530)

Pastori siamo, ma prima cristiani
Ogni nostra speranza è posta in Cristo. È lui tutta la nostra salvezza e la vera gloria. È una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori di Israele, predici e riferisci ai pastori d’Israele» (Ez 34,1-2) Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano, quindi abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci aiuterà a dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se dicessimo infatti cose nostre saremmo pastori che pascono se stessi, non il gregge; se invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi pascerà, servendosi di chiunque.
«Questo dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34,2), cioè i pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l’Apostolo dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2,21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto in questo ufficio — di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! — dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere cristiani riguarda noi stessi; l’essere posti a capo invece riguarda voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità, in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore è il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece dovremo rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come cristiani, ma poi dovremo rispondere in modo particolare dell’esercizio del nostro ministero, come pastori.

Omelia 11 settembre 2010 , seconda lettura : 1Cor 10,21

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/19296.html

Omelia (11-09-2010) 
Eremo San Biagio

Commento su 1Cor 10,21

Dalla Parola del giorno
Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni.

Come vivere questa Parola?
Paolo fa notare che gli idoli sono una nullità e che i sacrifici in loro onore sono in effetti offerti ai demoni e quindi mettono in comunione con questi.
L’espressione è certamente molto forte e crea un moto di rifiuto. Chi vorrebbe essere in comunione con i demoni? Verrebbe da dire che Paolo esagera e che comunque la cosa, oggi, non ci riguardi. Ma ne siamo proprio sicuri? Se siamo onesti dobbiamo ammettere che la tentazione dell’idolo è ricorrente sia a livello sociale sia a livello individuale. Non c’è epoca che ne vada esente.
Anch’io posso nascondere nel mio cuore un idoletto a cui brucio incenso. Può chiamarsi ricerca esasperata di primeggiare di essere al centro del mio piccolo universo, può essere la persona che ho idealizzato e di cui finisco con l’amare l’immagine che mi sono fatto, può essere un bene materiale. Il rischio, tutt’altro che utopico, è di farlo convivere tranquillamente con una vita che vorrebbe essere au-tenticamente e pienamente cristiana. Si partecipa, magari anche quotidianamente, alla mensa eucaristica e ci si asside poi tranquillamente alla mensa imbandita in onore del mio idolo.
L’Eucaristia, se presa sul serio, è un bere al calice di Cristo, un entrare in comunione profonda con la sua volontà di redenzione con il suo « sì » al Padre, è un mangiare il suo corpo spezzato per me, per tutti e quindi un impegnarmi a diventare anch’io pane spezzato per gli altri. E tutto questo non può andare d’accordo con un uso distorto di quei beni, spirituali e materiali, che mi sono stati dati perché collabori con Cristo ad edificare il Regno.

Nel mio rientro al cuore, cercherò di scovare l’idolo che vi si annida e di rimuoverlo decisamente

La partecipazione alla tua mensa, Signore, mi faccia entrare in comunione profonda con te e mi liberi dall’attrattiva insidiosa degli idoli.

La voce di un testimone
Al termine della Messa il prete ci congeda con la formula: « La Messa è finita, andate in pace! ». […]È come se dicesse: « Adesso tocca a voi, è il vostro momento ». Dunque non un segnale di « riposo », ma di « partenza » per una missione. Significa « agganciarsi » alla vita quotidiana. Ci si alza dalla mensa eucari-stica e si attacca a lavorare, a costruire il Regno.
Alessandro Pronzato

Omelia per l’11 settembre 2010

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/16114.html

Omelia (12-09-2009) 
a cura dei Carmelitani

Commento Luca 6,43-49

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo,
guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione,
perché a tutti i credenti in Cristo
sia data la vera libertà e l’eredità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 6,43-49
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.
Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?
Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande”.

3) Riflessione

• Il vangelo di oggi ci riporta la parte finale del Discorso della Pianura che è la versione che Luca presenta del Sermone della Montagna del vangelo di Matteo. E Luca riunisce quanto segue:
• Luca 6,43-45: La parabola dell’albero che da buoni frutti. “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.” La lettera dell’apostolo Giacomo serve da commento a questa parola di Gesù: “Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.” (Giacomo 3,11-12). Una persona ben formata nella tradizione della convivenza comunitaria fa crescere dentro di sé una buona indole che la porta a praticare il bene. “Trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore,” ma la persona che non fa attenzione alla sua formazione avrà difficoltà a produrre cose buone. Anzi, “dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. » Riguardo il “buon tesoro del cuore” vale la pena ricordare ciò che dice il libro dell’Ecclesiastico sul cuore, fonte del buon consiglio: “Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui. La coscienza di un uomo talvolta vuole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Al di sopra di tutto questo prega l’Altissimo perché guidi la tua condotta secondo verità.” (Eclo 37,13-15).
• Luca 6,46: Non basta dire, Signore, Signore. L’importante non è dire cose belle su Dio, ma fare la volontà del Padre ed essere così una rivelazione del suo volto e della sua presenza nel mondo.
• Luca 6,47-49: Costruire la casa sulla rocca. Ascoltare e mettere in pratica, ecco la conclusione finale del Discorso della Montagna. Molta gente cercava sicurezza e potere religioso in doni straordinari o nelle osservanze. Ma la sicurezza vera non viene dal potere, non viene da nulla di ciò. Viene da Dio. E Dio diventa fonte di sicurezza, quando cerchiamo di fare la sua volontà. E così lui sarà la rocca che ci sostiene, nell’ora delle difficoltà e delle tormente.
• Dio rocca della nostra vita. Nel libro dei Salmi, frequentemente troviamo l’espressione: ”Dio è la mia rocca, la mia fortezza…… Mio Dio, rocca mia, mio rifugio, mio scudo, la forza che mi salva…” (Sal 18,3). Lui è la difesa e la forza di coloro che credono in lui e che cercano la giustizia (Sal 18,21.24). Le persone che hanno fiducia in questo Dio, diventano a loro volta, una rocca per gli altri. Cosi il profeta Isaia invita la gente che stava nell’esilio: « Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito” (Is 51,1-2). Il profeta chiede alla gente di non dimenticare il passato e di ricordare Abramo e Sara che per la loro fede in Dio diventano rocca, inizio del popolo di Dio. Guardando verso questa rocca, la gente doveva trarre coraggio per lottare ed uscire dall’esilio. E cosi Matteo esorta le comunità ad avere come fonte di sicurezza questa stessa rocca (Mt 7,24-25) e cosi essere loro stesse rocce per rafforzare i loro fratelli nella fede. Questo è anche il significato che Gesù da a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa” (Mt 16,18). Questa è la vocazione delle prime comunità chiamate ad unirsi a Gesù, la pietra viva, per diventare anche loro pietre vive ascoltando e mettendo in pratica la Parola (Pd 2,4-10; 2,5; Ef 2,19-22).

4) Per un confronto personale

• Qual è la qualità del mio cuore?
• La mia casa è costruita sulla rocca?

5) Preghiera finale

Sei tu Signore che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere. (Sal 138) 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 10 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

San Bernardo: « Ogni albero si riconosce dal suo frutto »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100911

Sabato della XXIII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Lc 6,43-49
Meditazione del giorno
San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
24a  Omelia sul Cantico dei cantici

« Ogni albero si riconosce dal suo frutto »

        Se credete in Cristo, fate dunque le opere di Cristo, affinché la vostra fede viva ; l’amore animerà la vostra fede, l’azione ne darà la prova. Voi che pretendete di dimorare in Gesù Cristo, dovete camminare al suo passo. Se cercate la gloria, se invidiate i beati di questo mondo, se dite male degli assenti e se rendete il male per il male, queste sono cose che Cristo non ha fatte. Dite che conoscete Cristo, ma i vostri atti lo negano… « Questo uomo mi onora con le labbra, dice la Scrittura, mentre il suo cuore è lontano da me » (Is 29, 13)…  

        Ora la fede, anche retta, non basta per fare un santo, un uomo retto, se non opera nell’amore. Chi è senza amore, è incapace di amare la Sposa, la Chiesa di Cristo. E le opere, anche compiute nella rettitudine non riescono, senza la fede, a rendere il cuore retto. Non si può attribuire la rettitudine a chi non è gradito a Dio ; Infatti, la lettera agli Ebrei dice : « Senza la fede, è impossibile essergli graditi » (Eb 11, 6). Se uno non piace a Dio, Dio non potrebbe piacergli. Ma colui che ama Dio, non potrebbe non piacere a Dio. E colui al quale Dio non piace, neanche la Chiesa-Sposa potrebbe piacergli. Come dunque potrebbe essere retto, colui che non ama né Dio, né la sua Chiesa alla quale è stato detto « i giusti sanno amarti ».

        Al santo, la fede non basta senza le opere, ma neanche le opere senza la fede, per fare la rettitudine dell’anima. Fratelli, noi che crediamo in Cristo, dobbiamo provare di seguire una via retta. Alziamo verso Dio i nostri cuori insieme alle nostre mani, affinché siamo trovati interamente retti, confermando con atti retti, la rettitudine della nostra fede, con l’amore per la Chiesa-Sposa, e amati dallo sposo, nostro Signore Gesù Cristo, benedetto da Dio nei secoli.

1...1112131415...18

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01