Archive pour septembre, 2010

IL PAPA IN GRAN BRETAGNA – MOLTISSIME FOTO SUL SITO

IL PAPA IN GRAN BRETAGNA - MOLTISSIME FOTO SUL SITO dans immagini varie

Pope Benedict XVI
Pope Benedict XVI receives flowers from youths as he leaves the Palace of Holyroodhouse in Edinburgh, Scotland September 16, 2010. Pope Benedict arrived… Read more » (BRITAIN – Tags: ROYALS SOCIETY POLITICS PROFILE RELIGION)+

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JOHN HENRY NEWMAN, “GRANDE DOTTORE NELLA CHIESA

dal sito:

http://www.zenit.org/article-23645?l=italian

JOHN HENRY NEWMAN, “GRANDE DOTTORE NELLA CHIESA”

Discorso del Cardinale Joseph Ratzinger nel 1990

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 12 settembre 2010 (ZENIT.org).- A pochi giorni dalla beatificazione del Cardinale John Henry Newman, presentiamo il discorso pronunciato dal Cardinale Joseph Ratzinger il 28 aprile 1990 in occasione del centenario della morte del porporato inglese, che l’attuale Papa ha definito all’epoca “grande dottore nella Chiesa”.
* * *
Io non mi sento competente per parlare della figura o dell’opera di John Henry Newman, ma forse può essere interessante che mi soffermi un po’ sul mio personale approccio a Newman, nel quale si riflette anche qualcosa dell’attualità di questo grande teologo inglese nelle controversie spirituali del nostro tempo.
Quando nel gennaio 1946 potei iniziare il mio studio della teologia nel seminario della Diocesi di Frisinga, finalmente riaperto dopo gli sconvolgimenti della guerra, si provvide che al nostro gruppo fosse assegnato come prefetto uno studente più anziano, il quale già prima che iniziasse la guerra aveva cominciato a lavorare ad una dissertazione sulla teologia della coscienza di Newman. Durante tutti gli anni del suo impegno in guerra egli non aveva lasciato cadere dai suoi occhi questo tema, che ora riprendeva con nuovo entusiasmo e nuova energia. Fin dall’inizio ci legò un’amicizia personale, che si concentrava tutta attorno ai grandi problemi della filosofia e della teologia. Va da sé che Newman fosse sempre presente in questo scambio. Alfred Läpple, era lui infatti il prefetto summenzionato, pubblicò poi nel 1952 la sua dissertazione, col titolo Il singolo nella Chiesa. La dottrina di Newman sulla coscienza divenne allora per noi il fondamento di quel personalismo teologico, che ci attrasse tutti col suo fascino. La nostra immagine dell’uomo, così come la nostra concezione della Chiesa, furono segnate da questo punto di partenza. Avevamo sperimentato la pretesa di un partito totalitario, che si concepiva come la pienezza della storia e che negava la coscienza del singolo. Hermann Goering aveva detto del suo capo: « Io non ho nessuna coscienza! La mia coscienza è Adolf Hitler ». L’immensa rovina dell’uomo che ne derivò, ci stava davanti agli occhi.
Perciò era un fatto per noi liberante ed essenziale da sapere, che il « noi » della Chiesa non si fondava sull’eliminazione della coscienza, ma poteva svilupparsi solo a partire dalla coscienza. Tuttavia proprio perché Newman spiegava l’esistenza dell’uomo a partire dalla coscienza, ossia nella relazione tra Dio e l’anima, era anche chiaro che questo personalismo non rappresentava nessun cedimento all’individualismo, e che il legame alla coscienza non significava nessuna concessione all’arbitrarietà – anzi che si trattava proprio del contrario. Da Newman abbiamo imparato a comprendere il primato del Papa: la libertà di coscienza – così ci insegnava Newman con la Lettera al Duca di Norfolk – non si identifica affatto col diritto di « dispensarsi dalla coscienza, di ignorare il Legislatore e il Giudice, e di essere indipendenti da doveri invisibili ».In tal modo la coscienza, nel suo significato autentico, è il vero fondamento dell’autorità del Papa. Infatti la sua forza viene dalla Rivelazione, che completa la coscienza naturale illuminata in modo solo incompleto, e « la sua raison d’être è quella di essere il campione della legge morale e della coscienza ».
Questa dottrina sulla coscienza è diventata per me sempre più importante nello sviluppo successivo della Chiesa e del mondo. Mi accorgo sempre di più che essa si dischiude in modo completo solo in riferimento alla biografia del Cardinale, la quale suppone tutto il dramma spirituale del suo secolo.
Newman, in quanto uomo della coscienza, era divenuto un convertito; fu la sua coscienza che lo condusse dagli antichi legami e dalle antiche certezze dentro il mondo per lui difficile e inconsueto del cattolicesimo. Tuttavia, proprio questa via della coscienza è tutt’altro che una via della soggettività che afferma se stessa: è invece una via dell’obbedienza alla verità oggettiva. Il secondo passo del cammino di conversione che dura tutta la vita di Newman fu infatti il superamento della posizione del soggettivismo evangelico, in favore d’una concezione del Cristianesimo fondata sull’oggettività del dogma. A questo proposito trovo sempre grandemente significativa, ma particolarmente oggi, una formulazione tratta da una delle sue prediche dell’epoca anglicana. Il vero Cristianesimo si dimostra nell’obbedienza, e non in uno stato di coscienza. « Così tutto il compito e il lavoro di un cristiano si organizza attorno a questi due elementi: la fede e l’obbedienza; « egli guarda a Gesù » (Eb 2, 9)… e agisce secondo la sua volontà. Mi sembra che oggi corriamo il pericolo di non dare il peso che dovremmo a nessuno dei due. Consideriamo qualsiasi vera e accurata riflessione sul contenuto della fede come sterile ortodossia, come astruseria tecnica. Di conseguenza facciamo consistere il criterio della nostra pietà nel possesso di una cosiddetta disposizione d’animo spirituale ».
A questo riguardo sono diventate per me importanti alcune frasi prese dal libro Gli Ariani del IV secolo, che invece a prima vista mi erano sembrate piuttosto sorprendenti: il principio posto dalla Scrittura a fondamento della pace è « riconoscere che la verità in quanto tale deve guidare tanto la condotta politica che quella privata… e che lo zelo, nella scala delle grazie cristiane, aveva la priorità sulla benevolenza ». È per me sempre di nuovo affascinante accorgermi e riflettere come proprio così e solo così, attraverso il legame alla verità, a Dio, la coscienza riceve valore, dignità e forza. In questo contesto vorrei aggiungere solo un’altra espressione tratta dall’Apologia pro vita sua, che dimostra viceversa il realismo di questa concezione della persona e della Chiesa: « I movimenti vivi non nascono da comitati ».
Vorrei ancora una volta ritornare brevemente al filo autobiografico. Quando nel 1947 proseguii a Monaco i miei studi, trovai nel professore di teologia fondamentale, Gottlieb Söhngen, il mio vero maestro in teologia, un colto e appassionato seguace di Newman. Egli ci dischiuse laGrammatica dell’Assenso e con essa la modalità specifica e la forma di certezza propria della conoscenza religiosa. Ancora più profondamente agì su me il contributo che Heinrich Fries pubblicò in occasione del Giubileo di Calcedonia: qui trovai l’accesso alla dottrina di Newman sullo sviluppo del dogma, che ritengo essere, accanto alla dottrina sulla coscienza, il suo contributo decisivo per il rinnovamento della teologia. Con ciò egli mise nelle nostre mani la chiave per inserire nella teologia un pensiero storico, o piuttosto: egli ci insegnò a pensare storicamente la teologia, e proprio in tal modo a riconoscere l’identità della fede in tutti i mutamenti. Sono costretto ad astenermi dall’approfondire, in questo contesto, tale idea. Mi sembra che il contributo di Newman non sia stato ancora del tutto utilizzato nelle teologie moderne. Esso contiene in sé ancora possibilità fruttuose, che attendono di essere sviluppate. In questa sede vorrei solo rimandare ancora una volta allo sfondo biografico di questa concezione. È noto come la concezione di Newman sull’idea dello sviluppo ha segnato il suo cammino verso il cattolicesimo. Tuttavia non si tratta qui solo d’uno svolgimento coerente di idee. Nel concetto di sviluppo è in gioco la stessa vita personale di Newman. Ciò mi sembra che diventi evidente nella sua nota affermazione, contenuta nel famoso saggio su Lo sviluppo della dottrina cristiana: « qui sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni ». Newman è stato lungo tutta la sua vita uno che si è convertito, uno che si è trasformato, e in tal modo è sempre rimasto lo stesso, ed è sempre di più diventato se stesso.
Mi viene in mente qui la figura di sant’Agostino, così affine alla figura di Newman. Quando si convertì nel giardino presso Cassiciaco, Agostino aveva compreso la conversione ancora secondo lo schema del venerato maestro Plotino e dei filosofi neoplatonici. Pensava che la vita passata di peccato era adesso definitivamente superata; il convertito sarebbe stato d’ora in poi una persona completamente nuova e diversa, e il suo cammino successivo sarebbe consistito in una continua salita verso le altezze sempre più pure della vicinanza di Dio, qualcosa come ciò che ha descritto Gregorio di Nissa in De vita Moysis: « Proprio come i corpi, non appena hanno ricevuto il primo impulso verso il basso, anche senza ulteriori spinte, da se stessi sprofondano…, così ma in senso contrario, l’anima che si è liberata dalle passioni terrene, si eleva costantemente al di sopra di sé con un veloce movimento ascensionale… in un volo che punta sempre verso l’alto ». Ma la reale esperienza di Agostino era un’altra: egli dovette imparare che essere cristiani significa piuttosto percorrere un cammino sempre più faticoso con tutti i suoi alti e bassi. L’immagine dell’ascensione venne sostituita con quella di un iter, un cammino, dalle cui faticose asperità ci consolano e sostengono i momenti di luce, che noi di tanto in tanto possiamo ricevere. La conversione è un cammino, una strada che dura tutta una vita. Per questo la fede è sempre sviluppo, e proprio così maturazione dell’anima verso la Verità, che « ci è più intima di quanta noi lo siamo a noi stessi ».
Newman ha esposto nell’idea dello sviluppo la propria esperienza personale d’una conversione mai conclusa, e così ci ha offerto l’interpretazione non solo del cammino della dottrina cristiana, ma anche della vita cristiana. Il segno caratteristico del grande dottore nella Chiesa mi sembra essere quello che egli non insegna solo con il suo pensiero e i suoi discorsi, ma anche con la sua vita, poiché in lui pensiero e vita si compenetrano e si determinano reciprocamente. Se ciò è vero, allora davvero Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa, perché egli nello stesso tempo tocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero.

IL PAPA IN GRAN BRETAGNA: I CATTOLICI SIANO “ESEMPIO PUBBLICO DI FEDE”

dal sito:

http://www.zenit.org/article-23707?l=italian

IL PAPA IN GRAN BRETAGNA: I CATTOLICI SIANO “ESEMPIO PUBBLICO DI FEDE”

Omelia al Bellahouston Park di Glasgow

GLASGOW, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia pronunciata da Papa Benedetto XVI questo giovedì, durante la celebrazione della Messa al Bellahouston Park di Glasgow, nel giorno in cui si celebrava la memoria liturgica di San Ninian di Galloway, Vescovo itinerante ed evangelizzatore dei celti, patrono di Scozia.
* * *

Cari fratelli e sorelle in Cristo,
« È vicino a voi il regno di Dio » (Lc 10,9). Con queste parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, saluto tutti voi con grande affetto nel Signore. Davvero il Regno di Dio è già in mezzo a noi! In questa celebrazione Eucaristica, nella quale la Chiesa che è in Scozia si raduna attorno all’altare, in unione con il Successore di Pietro, riaffermiamo la nostra fede nella parola di Cristo e la nostra speranza – una speranza che mai delude – nelle sue promesse! Saluto cordialmente il Card. O’Brien e i vescovi scozzesi; ringrazio in particolare l’Arcivescovo Conti per le gentili parole di benvenuto, che mi ha rivolto a nome vostro; ed esprimo la mia profonda gratitudine per il lavoro che i Governi Britannico e Scozzese e la municipalità di Glasgow hanno svolto per rendere possibile questa circostanza.
Il Vangelo odierno ci ricorda che Cristo continua a inviare i suoi discepoli nel mondo per annunciare la venuta del suo Regno e portare la sua pace nel mondo, passando di casa in casa, di famiglia in famiglia, di città in città. Sono venuto in mezzo a voi, i figli spirituali di S. Andrea, come araldo di questa pace, e per confermarvi nella fede di Pietro (cfr Lc 22,32). E’ con una certa emozione che mi rivolgo a voi, non lontano dal luogo dove il mio amato predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, circa trent’anni fa celebrò con voi la Messa, accolto dalla più grande folla che mai si sia riunita nella storia scozzese.
Molte cose sono accadute da quella storica visita, in Scozia e nella Chiesa che è in questo Paese. Noto con grande soddisfazione come l’esortazione che vi rivolse Papa Giovanni Paolo, a camminare mano nella mano con i vostri fratelli cristiani, abbia portato ad una maggiore fiducia e amicizia con i membri della Chiesa di Scozia, della Chiesa Episcopale Scozzese e delle altre comunità cristiane. Permettetemi di incoraggiarvi a continuare a pregare e lavorare con loro nel costruire un futuro più luminoso per la Scozia, fondato sulla nostra comune eredità cristiana. Nella prima lettura oggi proclamata abbiamo ascoltato l’invito rivolto da S. Paolo ai Romani a riconoscere che, come membra del corpo di Cristo, apparteniamo gli uni agli altri (cfr Rm 12,5), e a vivere con rispetto ed amore vicendevole. In questo spirito saluto i rappresentanti delle altre confessioni cristiane, che ci onorano della loro presenza. Quest’anno ricorre il 450° anniversario del « Reformation Parliament », ma anche il centenario della Conferenza Missionaria Mondiale di Edimburgo, che è generalmente considerata come la nascita del movimento ecumenico moderno. Rendiamo grazie al Signore per la promessa che rappresenta l’intesa e la cooperazione ecumenica, in vista di una testimonianza concorde alla verità salvifica della parola di Dio nell’odierna società in rapido mutamento.
Tra i diversi doni che S. Paolo elenca per l’edificazione della Chiesa vi è quello dell’insegnamento (cfr Rm 12,7). La predicazione del Vangelo è sempre stata accompagnata da una preoccupazione per la parola: la parola ispirata di Dio e la cultura nella quale quella parola mette radici e si sviluppa. Qui in Scozia, penso alle tre università medievali fondate dai pontefici, compresa quella di S. Andrea, che sta per celebrare il sesto centenario della sua fondazione. Negli ultimi trent’anni, con l’aiuto delle autorità civili, le scuole cattoliche scozzesi hanno raccolto la sfida di assicurare una educazione integrale ad un maggior numero di studenti, e ciò è stato di aiuto ai giovani non solo per il cammino di uno sviluppo umano e spirituale, ma anche per l’inserimento nelle professioni e nella vita pubblica. Questo è un segno di grande speranza per la Chiesa e desidero incoraggiare i professionisti, i politici e gli educatori cattolici scozzesi a non perdere mai di vista la loro chiamata ad usare i propri talenti e la propria esperienza a servizio della fede, confrontandosi con la cultura scozzese contemporanea ad ogni livello.
L’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una « dittatura del relativismo » minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo. Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all’uguaglianza e alla libertà. Al contrario, la religione è in verità una garanzia di autentica libertà e rispetto, che ci porta a guardare ogni persona come un fratello od una sorella. Per questo motivo faccio appello in particolare a voi, fedeli laici, affinché, in conformità con la vostra vocazione e missione battesimale, non solo possiate essere esempio pubblico di fede, ma sappiate anche farvi avvocati nella sfera pubblica della promozione della sapienza e della visione del mondo che derivano dalla fede. La società odierna necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità. Non abbiate paura di dedicarvi a questo servizio in favore dei vostri fratelli e sorelle, e del futuro della vostra amata nazione.
San Ninian, la cui festa oggi celebriamo, non ebbe paura di essere una voce solitaria. Sulle orme dei discepoli che nostro Signore aveva inviato davanti a sé, Ninian fu uno dei primissimi missionari cattolici a portare ai suoi connazionali la buona novella di Gesù Cristo. La sua missione a Galloway divenne un centro per la prima evangelizzazione di questo Paese. Quell’opera venne in seguito portata avanti da San Mungo, il patrono di Glasgow, e da altri santi, tra i maggiori dei quali si devono ricordare San Columba e Santa Margaret. Ispirati da loro, molti uomini e donne lavorarono per molti secoli, per far giungere la fede fino a voi. Cercate di essere degni di questa grande tradizione! Sia vostra costante ispirazione l’esortazione di San Paolo nella prima lettura: « Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera » (cfr Rm 12,11-12).
Desidero ora rivolgere una speciale parola ai vescovi della Scozia. Cari confratelli, permettetemi di incoraggiarvi nella vostra responsabilità pastorale verso i cattolici della Scozia. Come sapete, uno dei primi compiti pastorali è per i vostri sacerdoti (cfr Presbyterorum Ordinis, 7) e per la loro santificazione. Come essi sono alter Christus per la comunità Cattolica, così voi lo siete per loro. Vivete in pienezza la carità che promana da Cristo nel vostro fraterno ministero verso i vostri sacerdoti, collaborando con tutti loro ed in particolare con quanti hanno scarsi contatti con i loro confratelli. Pregate con loro per le vocazioni, affinché il Signore della messe mandi operai nella sua messe (cfr Lc 10,2). Così come è l’Eucarestia che fa la Chiesa, il sacerdozio è centrale per la vita della Chiesa. Impegnatevi personalmente nel formare i vostri sacerdoti come una fraternità che ispira altri a dedicare completamente se stessi al servizio di Dio Onnipotente. Abbiate cura anche dei vostri diaconi, il cui ministero di servizio è unito in modo particolare con quello dell’ordine dei vescovi. Siate per loro dei padri e delle guide sul cammino della santità, incoraggiandoli a crescere in conoscenza e sapienza nel compiere la missione di annunciatori alla quale sono stati chiamati.
Cari sacerdoti della Scozia, siete chiamati alla santità e a servire il popolo di Dio modellando le vostre vite sul mistero della croce del Signore. Predicate il Vangelo con un cuore puro ed una coscienza retta. Dedicate voi stessi a Dio solo, e diventerete per i giovani esempi luminosi di una vita santa, semplice e gioiosa: essi, a loro volta, desidereranno certamente unirsi a voi nel vostro assiduo servizio al popolo di Dio. Che l’esempio di dedizione, di generosità e di coraggio di San John Ogilvie ispiri tutti voi. Similmente, permettetemi di incoraggiare anche voi, monaci, religiose e religiosi di Scozia, ad essere come una luce posta sulla sommità del colle, vivendo una autentica vita cristiana di preghiera ed azione che testimoni, in modo luminoso la forza del vangelo.
Infine, desidero rivolgere una parola a voi, miei cari giovani cattolici di Scozia. Vi esorto a vivere una vita degna di nostro Signore (cfr Ef 4,1) e di voi stessi. Vi sono molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool – che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi. Lasciate da parte ciò che non è degno di valore e prendete consapevolezza della vostra dignità di figli di Dio. Nel vangelo odierno, Gesù ci chiede di pregare per la vocazioni: prego perché molti fra voi conoscano ed amino Gesù Cristo e, attraverso tale incontro, giungano a dedicarsi completamente a Dio, in modo particolare quanti fra di voi sono chiamati al sacerdozio e alla vita religiosa. Questa è la sfida che il Signore oggi vi rivolge: la Chiesa ora appartiene a voi!
Cari amici, esprimo ancora una volta la mia gioia di celebrare questa Messa con voi. Mi fa piacere assicuravi delle mie preghiere nell’antica lingua del vostro paese: Sìth agus beannachd Dhe dhuib uile; Dia bhi timcheall oirbh; agus gum beannaicheadh Dia Alba. La pace e la benedizione di Dio siano con tutti voi; Dio vi protegga; e Dio benedica il popolo di Scozia!

Publié dans:PAPA BENEDETTO XVI E SAN PAOLO |on 17 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

Omelia 16 settembre 2010 – prima lettura, commento a 1Cor 15,3-4

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13593.html

Omelia (18-09-2008) 
Eremo San Biagio

Commento su 1Cor 15,3-4

Dalla Parola del giorno
Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture; fu sepolto ed è risuscitato, secondo le Scritture.

Come vivere questa Parola?
Paolo ci ricorda a più riprese, nei suoi scritti, che il mistero di Dio si rende massimamente visibile, nell’evento della croce di Cristo e della sua risurrezione! Ai piedi di quella croce, l’uomo credente è chiamato a fermarsi… sostare! Si tratta di una pausa salutare per meditare l’evento, sostare… per maturare nella fede della risurrezione!
Cosa significano queste parole di Paolo… “vi ho trasmesso quello che ho anch’io ricevuto”? Significano che la nostra fede, il bagaglio della nostra fede, viene dalla testimonianza di grandi testimoni, cioè la nostra fede è un rivolo irrorato dal grande fiume della trasmissione o tradizione vivente della Chiesa!
“Ricevere” e “Trasmettere”… Paolo non sta trasmettendo un proprio messaggio ma si sta inserendo in una tradizione ecclesiale che fa capo ad una comunità (in questo caso Antiochia), che ha caratterizzato la sua maturazione nella fede.
Scopriamo così il volto comunitario imprescindibile del diventare adulti nella fede: è necessaria una comunità nella quale la nostra fede nasca, si sviluppi e maturi… pena il rischio di una fede individualista, costruita dalle nostre fantasie, senza le fondamenta di una tradizione… di una comunità, di una esperienza di vita! Paolo non è testimone diretto della risurrezione, ha ricevuto l’annunzio dallo stesso Gesù sulla via di Damasco ma ne ha trovato conferma nella comunità, e infatti nel brano che stiamo meditando si attarda a nominare i testimoni oculari – diremmo: quelli a cui Gesù risorto è apparso, aggiungendo perfino “più di cinquecento fratelli, la maggior parte dei quali vive ancora”.

Oggi nel mio rientro al cuore mi visualizzerò presso la tomba del Cristo, come la Maddalena e mi lascerò chiamare per nome da Gesù: Come lei correrò verso la comunità a portare il lieto annunzio, certa che qui, con i fratelli e le sorelle crescerò nella fede.

Io credo che tu Signore Gesù sei risorto, perché altrimenti vana sarebbe la mia vita!

La voce di uno scrittore
La Risurrezione… è anche mistero di fede…. Non ci fu alcun testimone per questo evento, misterioso tra tutti… Ma quel mistero lascia anche, su questa terra, le tracce fisiche, constatabili, sensibili, irrefutabili che gli angeli invitano le donne a contemplare. E che devono aver visto anche i soldati, riferendone poi a chi di dovere. E che Giovanni vede anch’egli giungendo, subito, attraverso di esse, alla certezza irrefutabile che il Mistero si è compiuto, che la risurrezione è avvenuta. Per il credente, il Gesù glorioso di Pasqua è ancora dentro e, al contempo, è ormai fuori dalla storia.
Vittorio Messori 

Omelia 16 settembre 2010

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/4649.html

Omelia (18-09-2003) 
Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno

« Le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato. »

Come vivere questa Parola?
Simone il fariseo crede di aver colto in fallo sia la donna che ha osato il gesto tanto ardito di entrare in casa sua per spandere olio profumato sul capo di Gesù, sia Gesù stesso che si è lasciato fare tutto questo da una donna notoriamente peccatrice.
Eppure la vivissima luce che si sprigiona da questa scena evangelica è tutta nel gesto di lei e ancora più nello sguardo di Gesù che ne comprende fino in fondo la motivazione. E’ una donna che, ancor prima delle parole che Gesù le dirà, già si sa perdonata. E’ una donna a cui, ora, non interessa più altro che esprimere un adorante amore di riconoscenza per Lui, il Signore. Ecco il senso di quel trepido e coraggioso versare lacrime fino a lavargli i piedi, quello stupendo gesto di asciugarli coi suoi capelli, quel versare l’olio profumato sul capo. Si tratta di un atteggiamento del tutto antitetico a quello di Simone. Egli è l’uomo dabbene, consapevole di essere tale e cortesemente freddo e tutto chiuso in sé e nella sua presunzione di giudicare chi è diverso da lui. La donna invece è consapevole del suo peccato e ancor più della forza rigeneratrice del perdono che le viene da Gesù. Il suo « aver molto amato » sta proprio in questo: nel sapersi del tutto perdonata, del tutto resa nuovamente capace di amare ma a un livello tanto diverso di come prima aveva amato.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi espongo tutta interiormente a Gesù, senza coperture delle mie mancanze, senza razionalizzare orgoglio ed egoismo che mi abitano. Mi espongo ma guardando più a Gesù che al mio peccato, più alla forza del suo perdono che alla mia debolezza.

Signore, afferrami nel profondo perché diventi mio stile di vita guardare a Te, percepirmi perdonato da Te. Tu suscita in me quel trasporto, quella piena fiducia, quella dedizione d’amore che unifica la mia persona, mentre mi unisco a te con tutto il cuore, l’anima e le forze.

La voce di una contemplativa
Se anche avessi sulla coscienza tutti crimini che si possa commettere, io non perderei affatto la mia fiducia; andrei a gettarmi tra le braccia del mio Salvatore. Io so che tutta questa moltitudine di offese s’inabisserà subito come una goccia d’acqua gettata in un braciere ardente.
S. Teresa di Lisieux

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 15 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

Un autore siriaco anonimo del VI secolo : « Le sono perdonati i suoi molti peccati »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100916

Giovedì della XXIV settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Lc 7,36-50
Meditazione del giorno
Un autore siriaco anonimo del 6o secolo
Omelie anonime sulla peccatrice, 1, 4.5.19.26.28

« Le sono perdonati i suoi molti peccati »

        L’amore di Dio, uscito in cerca dei peccatori, ci viene proclamato da una donna peccatrice. Perché chiamando lei, Cristo chiamava all’amore la nostra razza tutta intera ; e nella sua persona, attirava al suo perdono tutti i peccatori. Parlava a lei, ma invitava alla sua grazia la creazione tutta intera…

        Chi non potrebbe essere raggiunto dalla misericordia di Cristo, se lui, per salvare una peccatrice, accettò l’invito di un fariseo ? A causa di quella donna affamata di perdono, vuole in prima persona avere fame della mensa di Simone il fariseo, mentre sotto le apparenze di una mensa di pane, aveva preparato, per la peccatrice, la mensa del pentimento…

        Affinché tu possa partecipare alla stessa mensa, divieni consapevole che il tuo peccato è grande ; però disperare del perdono perché il tuo peccato ti sembra troppo grande, è bestemmiare contro Dio e fa torto a te stesso. Perché se Dio ha promesso di perdonare i tuoi peccati per quanto numerosi fossero, gli dirai forse che non puoi crederlo dichiarandogli : « Il mio peccato è troppo grande perché tu lo perdoni. Non puoi guarirmi dalle mie malattie » ? Smettila e grida con il profeta : « Ho peccato contro di te, Signore » (2 Sam 12, 13). Subito ti risponderà : « Io ho perdonato il tuo peccato ; tu non morirai ». A lui sia la gloria, da noi tutti per i secoli. Amen.

Beata Vergine Maria Adolorata – 15 settembre

Beata Vergine Maria Adolorata - 15 settembre dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 15 septembre, 2010 |Pas de commentaires »
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