Archive pour juin, 2010

St. John the Baptist – El Greco

St. John the Baptist - El Greco dans immagini sacre st-john-baptist-greco

http://frmarkdwhite.wordpress.com/2008/12/page/2/

Publié dans:immagini sacre |on 24 juin, 2010 |Pas de commentaires »

La scuola ‘separata’ dei discepoli del Battista

è un stralcio, mi sembra interessante anche se non mi sento in grado di giudicare il testo, dal sito:

http://gruppodipreghierapadrepio.forumfree.it/?t=17971803

Giovanni il Battista

La scuola ‘separata’ dei discepoli del Battista

La polemica tra discepoli del Battista e di Gesù (Marco 2,18) , è un leit motiv dei vangeli, dai quali traspare che lo stesso Battista, convinto del carisma profetico di Gesù, non rimase altrettanto convinto della sua messianicità definitiva, tanto da mandargli alcuni dei suoi più fidati discepoli a domandargli per suo conto ‘Se è Lui quello che deve venire (il Messiah) o se si dovesse aspettare che venisse un’altro Messia ancora’ (Matteo11,2). Il Battista dopo aver visto la manifestazione dello Spirito (Matteo 3,16) su Gesù e avere udito la Voce del Padre che parlava di Gesù come dell’eletto (Matteo 3,17) , non decide di sciogliere la sua scuola e di seguire Gesù come uno dei suo discepoli! Sceglie invece di andare a predicare (Marco 6,18) il rispetto della Torah a un reuccio la cui autorità, tutt’altro che biblica, era tenuta in assai poco conto dalle varie scuole spirituali dell’epoca. Il Battista paga con la vita la sua scelta, il suo coraggioso e coerente amore della verità, ma lascia ai lettori dei Vangeli un grosso dubbio: fu un martire della fede Cristiana o solo della Torah? E’ a lui che allude Gesù quando, dopo aver ribadito la sua messianicità con il richiamo ad Isaia (Matteo 11,5), dichiara beato chi non si scandalizza di Lui? E’ per questo comportamento che Gesù lo definisce, pur essendo il più grande tra i nati di donna (in quanto a carismi ricevuti dall’infanzia (Luca 1,44) fino al Battesimo sul Giordano) ‘il minimo nel regno’ (Matteo 11,11)? A testimonianza della grande importanza storica di quest’episodio, la precedente sentenza di Gesù su Giovanni Battista, anche se distorta in chiave gnostica, è riportata dal vangelo copto di Tomaso, nella maniera seguente: Vangelo di Didimo Thoma[46] Gesù disse: « Da Adamo a Giovanni Battista nessun nato da donna fu più grande di Giovanni Battista, sì che (davanti a lui) egli debba abbassare gli occhi. Tuttavia vi dissi: Tra di voi chiunque sarà piccolo conoscerà il Regno e sarà più grande di Giovanni ».

Missione Eliatica
Forse, più che a Paolo_di_Tarso e ai contrasti con la comunità gerosolomita guidata da Giacomo, è proprio a Giovanni Battista che bisogna guardare per capire perchè il cristianesimo e l’ebraismo hanno percorso nella storia due cammini diversi. Paolo in fondo, affermando la superiorità della grazia sulla legge, voleva solo liberare il messaggio cristiano dall’obbligo di seguire la cultura da cui era venuto. Il Battista invece, tralasciando di seguire il Cristo che pur aveva additato come ‘Agnello di Dio’, venne meno alla sua missione eliatica (vedi anche Elia) di riconciliare il cuore dei padri con quello dei figli (Malachia 3,1-24) – (Matteo 17,10-12).

La storia non è fatta di ‘se’ e di ‘ma’, pur tuttavia viene spontaneo domandarsi se il gruppo delle cosidette colombe, che appartenevano al Sinedrio, come Nicodemo (Giovanni 3,1-36) e Giuseppe d’Arimatea, avesse potuto annoverare il Battista come uno dei grandi sostenitori di Gesù, … come sarebbero andate le cose dopo la resurrezione di Gesù?

Il Vangelo di Giovanni Battista: Questioni irrisolte (stralcio)

interessante anche se non sono in grado di giudicare il testo, dal sito:

http://www.homolaicus.com/nt/vangeli/battista.htm

IL VANGELO DI GIOVANNI BATTISTA

Questioni irrisolte

La cosa più singolare dell’inizio del vangelo di Giovanni è che, da un lato, si parla di Giovanni Battista come del primo discepolo di Gesù, poiché viene fatto passare come il primo che lo ha riconosciuto come messia (Gv 1,26) e addirittura (ma qui si entra nella leggenda) come « Figlio di Dio »(Gv 1,34). Dall’altro invece, pur essendo stato l’apostolo Giovanni un discepolo diretto del Battista, non si fa alcun riferimento al battesimo di Gesù, di cui parlano con enfasi i Sinottici.

Non solo, ma il Battista non appare mai, in alcun vangelo, come un seguace del movimento nazareno. Anzi, in quelli di Matteo (11,3) e di Luca (7,19), egli fa sapere, mentre è incarcerato a causa del re Erode, che nutre dei dubbi sulla effettiva messianicità di Gesù.

Insomma, nei quattro vangeli canonici, nonostante che la storia del movimento nazareno abbia inizio col distacco dal movimento battista, Giovanni Battista viene considerato come il principale consapevole anticipatore della venuta del Cristo.

Ipotesi interpretative

Si può ipotizzare che Giovanni Battista sia stato il « maestro di giustizia » di cui parlano i rotoli di Qumran o comunque sia stato un importante leader della comunità monastica essena, nata nel 130 a.C. e distrutta dai romani nel 70 d.C.

E’ probabile che al tempo di Giovanni la comunità fosse arrivata a un bivio: o uscire allo scoperto, attenuando le rigidità del proprio stile di vita ma auspicando un’esplicita lotta di liberazione contro la corruzione della casta sacerdotale del Tempio; oppure continuare a vivere al di fuori della società, in polemica coi sommi sacerdoti ma rischiando l’estinzione proprio per l’incapacità di attecchire socialmente. Giovanni, col suo battesimo di penitenza lungo il fiume Giordano, scelse la prima strada.

I battisti costituiscono un’evoluzione verso una maggiore consapevolezza politica della missione contestativa (prevalentemente antiecclesiastica) che gli esseni s’erano promessi di realizzare.

Il movimento nazareno del Cristo nasce come « costola politico-rivoluzionaria » dell’essenismo del Battista. Forse l’epurazione del Tempio fu voluta e compiuta anche da molti battisti, insieme ai primi nazareni, oppure da quella parte di battisti che lasciò la guida di Giovanni e che divenne nazarena. L’epurazione però fallì perché il Battista, coi suoi seguaci, non volle parteciparvi, temendo conseguenze spiacevoli per le masse sul piano religioso: se l’avesse fatto tutto l’essenismo probabilmente gli sarebbe andato dietro. E così quella prima rivoluzione fallì per mancanza di determinazione da parte dei battisti. Gesù, i fratelli Zebedeo e altri ancora furono costretti a espatriare in Galilea.

Quasi certamente dopo il fallimento politico del movimento nazareno, vi fu tra i cristiani dell’ideologia petro-paolina e i battisti un riavvicinamento su basi ideologiche diverse: gli uni accettavano regole di vita monastica, riti di purificazione etico-religiosa, gli altri invece ammettevano di riconoscere Gesù risorto come figlio di dio.

Il Manifesto del Battista

Come noto, il Battista (detto anche il Precursore) predicava l’ascesi morale, la giustizia sociale e l’attesa di un messia che liberasse Israele dall’oppressione romana (Gv 1,23). Probabilmente si era separato dalla comunità essena di Qumran, che viveva in maniera monastica nel deserto, per poter iniziare un’attività più vicina alle masse: suo luogo privilegiato era il fiume Giordano, ove praticava un battesimo di conversione o di penitenza, ritenendo più che legittimo il desiderio di un’imminente venuta del messia liberatore.

Il manifesto etico-politico di Giovanni è ben descritto nel vangelo di Luca. In Lc 3,7-9 Giovanni contesta la posizione di chi riteneva di potersi sottrarre al peso delle contraddizioni di quel tempo, facendo leva su determinati privilegi, ereditati dalle generazioni passate (« Abbiamo Abramo per padre »): privilegi che, per Giovanni, altro non erano che false sicurezze, a livello ideale, morale e materiale.

Egli afferma che chi vuole affrontare con coraggio la crisi del suo tempo (« albero dai buoni frutti »), potrà svolgere un ruolo progressivo (« figli di Abramo »), anche se è di condizione umile o povera (« pietre »). Detto altrimenti: la liberazione del popolo ebraico sarà opera anche delle classi oppresse, emarginate, sfruttate dall’imperialismo romano; ciò ovviamente nell’ambito di una pura e semplice idea di messia restauratore dell’antico regno davidico.

In Lc 3,10-14 viene descritto il programma vero e proprio:

giustizia economico-sociale: comunione dei beni nel mangiare e nel vestire (appello rivolto alle folle giudaiche);
giustizia legale-impositiva: rispetto del diritto, giustizia etico-distributiva nella riscossione dei tributi (appello rivolto ai pubblicani, che operavano nell’interesse di Roma);
giustizia esecutiva-militare: no agli abusi determinati dal possesso della forza (estorsione, violenza), no all’insubordinazione motivata da ragioni economiche (mercenarismo). L’appello era probabilmente rivolto alla guardia sacerdotale di Gerusalemme.
Come si può notare, manca in questo programma un progetto rivoluzionario vero e proprio. Si tratta di una sorta di « socialismo utopistico » ante litteram.

La popolarità del Battista

Che cosa aveva reso il Battista così popolare? Anzitutto il suo austero stile di vita. Marco dice che « si nutriva di cavallette e miele selvatico » ed « era vestito di pelo di cammello, con una cintura di cuoio intorno ai fianchi », per il digiuno (1,6). Non dimentichiamo che, essendo figlio di un importante sacerdote sadduceo e di una donna discendente di Aronne, Giovanni avrebbe potuto tranquillamente aspirare a una brillante carriera ecclesiastica.

Oltre a ciò, Giovanni era stimato anche per la sua capacità di criticare il sistema dominante (religioso e filoromano), restando nell’ambito delle leggi vigenti.

Tuttavia, il motivo fondamentale che lo aveva reso così popolare era stato il fatto di essere riuscito a trasformare le rituali oblazioni purificatorie in un vero e proprio atto di conversione interiore. Egli infatti sperava che con un gesto simbolico o evocativo, la gente potesse riflettere su se stessa, cambiare vita e lottare più energicamente contro gli abusi del potere costituito.

Il battesimo di Giovanni aveva queste tre caratteristiche peculiari, che lo differenziavano da qualunque altro:

si poneva come una purificazione morale interiore (e non solo rituale-formale);
voleva essere un’iniziativa per intraprendere una missione riformatrice (quindi non si ripeteva);
aveva un valore pre-politico, in quanto messo in relazione all’esigenza di una liberazione nazionale.
Il Battista era diventato così famoso da suscitare l’interesse anche dei farisei, che cercavano alleanze politiche per fronteggiare il principale partito avversario: quello sadduceo (Gv 1,24). Tuttavia, egli rifiutò sempre le « etichette » che i farisei gli volevano applicare (Gv 1,25), anche per non essere costretto ad accettare di contestare il sistema solo alle loro condizioni. I farisei, infatti, volevano sì liberarsi dei romani, ma per conservare vecchie tradizioni.

Il battesimo di Gesù

Stando a Lc 1,36 (ma la cosa è poco probabile, poiché è solo qui che se ne parla), Giovanni Battista e Gesù Cristo si conoscevano perché erano imparentati. Questo, di per sé, non può ovviamente significare che Gesù fosse un « seguace » del Battista. Il battesimo di Gesù nelle acque del Giordano può anche essere stato inventato dai Sinottici (al pari dei quaranta giorni di digiuno nel deserto), per avvicinare cristiani e battisti in un comune impegno religioso (post-pasquale).

Sul piano storico, se anche ammettessimo che Giovanni sapeva che Gesù era un uomo intenzionato a impegnarsi attivamente in politica, proprio per questa ragione si dovrebbe escludere una particolare intesa tra i due. Del vangelo di Gesù, Giovanni rappresenta soltanto il momento « pre-politico » o, se vogliamo, il momento politico « pre-rivoluzionario ».

La questione del battesimo di Gesù non è comunque di poco conto, poiché se esso fosse veramente avvenuto, sarebbe evidente la dipendenza del « vangelo » di Gesù da quello del Battista, almeno nella prima fase di costituzione del movimento nazareno.

E tuttavia, proprio su questo aspetto il quarto vangelo sostiene il contrario, e cioè che l’ideologia politica del Battista non era così rivoluzionaria come quella del Cristo, in quanto su almeno due punti: il rispetto della legge mosaica e il valore religioso del tempio, la differenza tra i due era netta. Il Battista, in sostanza, voleva una rivoluzione che salvaguardasse le due istituzioni fondamentali della civiltà ebraica.

Il vangelo di Giovanni inoltre precisa, nel racconto della cacciata dei mercanti, che Gesù « non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza sull’uomo »(2,25). Infatti, nella sua prima disputa coi farisei, a proposito della purificazione del tempio (Gv 3,1ss.), Gesù non si è mai servito della testimonianza, a suo favore, del Battista, che era sicuramente più autorevole della sua, in quel momento.

E, successivamente, in un’altra disputa coi farisei, egli, per dimostrare la verità del proprio vangelo, sostiene di non aver bisogno di alcuna testimonianza a suo favore: « Quand’anche io testimoni di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove son venuto e dove vado »(Gv 8,14). Gesù insomma non si è mai servito di Giovanni come di un « trampolino di lancio ». (Da notare peraltro che Luca parla del battesimo di Gesù solo « dopo » l’arresto del Battista, in 3,19ss.).

Al massimo egli si è servito del trattamento che il potere politico-religioso aveva riservato al Battista per un confronto con quello che lo stesso potere avrebbe potuto riservare a lui e che in parte già gli stava riservando (cfr Mc 9,13; 11,30ss; Mt 11,18ss.), per quanto sia difficile credere che il Cristo potesse convincere qualcuno a seguirlo prospettandogli un esito politico della sua missione non molto diverso da quello del leader dei battisti.

Battisti e Nazareni

Se accettiamo l’ipotesi che Gesù abbia frequentato il movimento battista, dobbiamo anche ammettere che la sua adesione durò molto poco, poiché i suoi primi due discepoli: Giovanni Zebedeo e Andrea, fratello di Simon Pietro, cominciarono a seguirlo subito dopo essersi staccati dal Battista (1,35ss.).

In altre parole, se consideriamo vera la tesi secondo cui la prima comunità nazarena sia nata separandosi da quella battista, dobbiamo altresì considerare del tutto inverosimile che -come appare nel vangelo di Giovanni (1,35ss.)- la rottura sia addirittura stata favorita dal Battista, il quale invitò Giovanni e Andrea a seguire Gesù. I discepoli del Battista, infatti, si consideravano rivali dei nazareni (specie quando anche costoro cominciarono a battezzare) e lo resteranno almeno sino alla morte del Cristo (cfr Lc 7,22ss; Mc 2,18ss.).

E’ probabile quindi che non il Battista, bensì Andrea e Giovanni Zebedeo si siano accorti per primi che il messaggio di Gesù era politicamente più impegnativo di quello del Battista, poiché non limitava la lotta antiromana alla pura e semplice « metànoia ».

In questo senso si può tranquillamente affermare che Gesù non iniziò a predicare -come dicono i Sinottici- dopo l’arresto di Giovanni. Lo stesso quarto vangelo lo esclude, in almeno tre punti:

il Battista dice chiaramente che Gesù « già » operava tra le folle giudaiche: « Tra di voi è presente uno che voi non conoscete »(Gv 1,26) – nel senso che non sanno o non vogliono « riconoscerlo » come messia;
quando Andrea, Giovanni Zebedeo, Simon Pietro chiedono d’incontrarsi con Gesù, lo fanno con la speranza di trovare il « messia »(Gv 1,41);
i discepoli di Gesù battezzavano e facevano più proseliti del Battista, prima ancora che questi fosse incarcerato da Erode (Gv 3,22-24; 4,1s.).
Le debolezze del Battista

Il Battista si rendeva conto di non avere la forza sufficiente per poter svolgere il ruolo di « messia ». Sentiva di non averne le capacità (Gv 1,20), anche se la folla che lo seguiva non avrebbe esitato a considerarlo come un « liberatore nazionale »(Lc 3,15).

Giovanni rifiutava esplicitamente non solo il titolo di « messia » (Gv 1,20), ma anche altri titoli (« Elia » e « il profeta ») che la tradizione escatologica associava alla venuta del messia (Gv 1,21).

Da un lato egli declinava ogni offerta d’investitura politica; dall’altro però non voleva avvalorare mistiche credenze che gli apparivano decisamente superate. Giovanni voleva che l’impegno di modificare il presente fosse assunto responsabilmente da ogni individuo: « raddrizzate la via del Signore, come ha detto il profeta Isaia »(Gv 1,23). Su questo non ci poteva essere contrasto tra lui e Gesù. [Da notare che Gv 1,29-34 è stato aggiunto in un secondo momento.]

Mt 11,11ss. spiega bene (senza neanche rendersene conto) le debolezze del Battista: « Dai giorni di Giovanni Battista fino a ora, il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono »(v.12); « tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni »(v.13).

In altre parole, la violenza diventa inevitabile quando il potere costituito non vuole accettare l’idea della democrazia. Giovanni esercitò la violenza su di sé, e in questo fu grande, poiché rifiutò consapevolmente la possibilità di una carriera politico-ecclesiastica. Tuttavia, « il minimo nel regno dei cieli è più grande di lui »(v.11).

Qui è sufficiente sostituire la parola « cieli » con la parola « terra » per capire che in origine i « minimi » o gli « ultimi » dovevano semplicemente essere quegli oppressi convintisi ad usare la « forza » contro la violenza del potere costituito: ciò che appunto il Battista non era riuscito a comprendere.

Lo scontro sulla purificazione del Tempio

La dottrina del Battista era semplice e convincente: prima di cambiare (politicamente) la società, dobbiamo cambiare (umanamente) gli individui. Una dottrina vera, ma parziale; infatti escludeva la contemporaneità del mutamento umano e politico.

Ecco perché Gesù e Giovanni si scontrarono sull’idea di « ripulire », con un gesto simbolico ma significativo, il tempio di Gerusalemme dai mercanti e cambiavalute quotidiani. Gesù voleva far capire ch’era venuto il momento di attaccare direttamente le basi finanziarie del potere politico sacerdotale. Questa presa di posizione non venne condivisa dai battisti, per la semplice ragione ch’essi non volevano fare politica che in maniera indiretta, a partire cioè da un discorso prevalentemente etico.

Probabilmente i seguaci di Giovanni che si unirono a Gesù: Andrea e Pietro, Giovanni Zebedeo (e forse anche il fratello Giacomo), Filippo e Natanaele, rappresentano solo gli esponenti più significativi della rottura politica avvenuta all’interno del movimento battista.

In tal senso il racconto marciano della vocazione dei primi discepoli di Gesù (1,16ss.), descrive una situazione successiva a quella dei primi capitoli del vangelo di Giovanni. Lo stesso Marco lo dice: « Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Galilea a predicare il vangelo »(1,14). Questa « seconda chiamata » delle due coppie di fratelli: Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni, fu quella decisiva, dopo un breve momento d’incertezza a causa dell’arresto del Battista.

Indubbiamente i primi discepoli di Gesù pensavano ad un’azione più risoluta nei confronti delle autorità giudaiche, ritenute troppo remissive se non addirittura colluse col potere romano. Un’azione che il Battista non aveva avuto il coraggio d’intraprendere, perché forse temeva che senza un punto di riferimento oggettivo, istituzionale, per quanto corrotto fosse in taluni suoi rappresentanti, si sarebbe indotto il popolo a sbandarsi ulteriormente. Il Battista capiva la necessità di « epurare » il tempio, ma gli apparivano troppo radicali i metodi che Gesù voleva adottare.

Tuttavia, dopo la purificazione del tempio, che Giovanni colloca nel contesto della « prima pasqua », contraddicendo apertamente i Sinottici, il Battista si decise a dare alla propria popolarità un risvolto più politico di quello che le poteva conferire la pratica del battesimo. Anche perché questa pratica si stava già scontrando con una certa concorrenza da parte di alcuni suoi ex-discepoli, passati tra le fila del movimento nazareno (Gv 4,1ss.).

L’inizio del declino del Battista

La purificazione del tempio costituì uno spartiacque non solo per il movimento nazareno, ma anche per quello battista, che, infatti, a partire da quel momento, nella persona del suo leader principale, Giovanni, iniziò a svolgere un attacco più diretto alle istituzioni di potere. Quanto, in questa decisione, egli fosse stato influenzato dalle defezioni di molti seguaci, passati nelle fila del movimento nazareno, è facile immaginarlo. Questi transfughi si misero a fare, seguendo Gesù, ciò che prima facevano insieme al Battista.

Il quarto evangelista afferma che Gesù non battezzava mai (4,2), ma permetteva ai suoi neo-adepti di farlo tranquillamente. Questo forse sta a significare che se da un lato Gesù non credeva in un particolare valore politico della prassi battesimale, dall’altro però la riteneva, in quel momento, una modalità ancora utile per avvicinare le masse. O forse la tollerava in quei discepoli che l’avevano praticata prima di seguirlo.

Fu appunto allora che « nacque -dice l’evangelista Giovanni- una discussione tra i discepoli di Giovanni e un giudeo riguardo la purificazione »(3,25). Tale discussione non viene riportata, ma è evidente ch’essa si riferisce ai due diversi modi d’intendere la « purificazione »: morale, quella dei battisti, attraverso la pratica battesimale; politica, quella dei nazareni, attraverso la cacciata dei mercanti. Dietro quell’anonimo « giudeo » si può facilmente scorgere qualche rappresentante del movimento nazareno, che cominciava ad avvertire la possibilità di affermare un’identità diversa, politicamente più incisiva, rispetto alla moderata opposizione dei farisei e alla relativa opposizione dei battisti.

Giovanni cercò di recuperare credibilità agli occhi del popolo, alzando il tiro delle sue critiche etico-politiche al sistema. Purtroppo, non essendo abituato alla lotta politica vera e propria, la sua tattica risultò subito perdente.

Non dobbiamo infatti dimenticare che il Battista scelse dapprima il deserto e successivamente il fiume Giordano come luogo privilegiato della sua missione: non era lui che andava in mezzo al popolo, ma era il popolo che andava da lui a confessare le proprie debolezze.

In sostanza, si può dire che il Battista se non fu per Gesù la ricerca politica di una soluzione operativa per abbattere il potere istituzionale (ebraico-collaborazionista e romano), fu comunque la voce dell’intellighenzia più illuminata che urlava contro la corruzione dei potenti.

Giovanni scelse di morire appellandosi alla legge (contro il matrimonio illegittimo di Erode), cioè scelse un motivo etico-giuridico per opporsi al sistema. Non criticò mai Erode dal punto di vista politico, quale « collaborazionista » di Roma, oppure, se lo fece -ciò che nei vangeli non appare- è probabile ch’egli abbia sperato, in virtù del proprio carisma, in una metànoia anche da parte di Erode, il quale riteneva Giovanni -come dice, con enfasi, Mc 6,20- un « uomo giusto e santo ».

Il dubbio del Battista

Ai messi che il Battista incarcerato inviò per chiedere a Gesù il motivo per cui il regno tardava a venire, Gesù rispose che la liberazione non potrà essere il prodotto della sola volontà del messia (« Beato chiunque non si scandalizzerà di me » – Lc 7,23 -, cioè beato chi non si meraviglierà della volontà democratica del messia). Questo perché la liberazione politico-nazionale poteva essere solo il frutto di una volontà autenticamente popolare (« Ai poveri è annunciata la buona novella » – Lc 7,22 – e non ai potenti magnanimi e benevoli).

La liberazione -spiega qui Gesù- non è ancora avvenuta a causa dell’immaturità delle masse, che si sono lasciate fuorviare da « scribi e farisei »(Lc 7,50), che invece di allearsi col Battista, dicevano che, siccome egli digiunava al di là dello stretto necessario, aveva « un demonio »(Lc 7,33). Oggi quelle stesse masse, influenzate dai farisei, credono in un’altra diceria, quella secondo cui il Cristo, siccome frequenta « pubblicani e peccatori », è esattamente come uno di loro (Lc 7,34).

Il compromesso tra cristiani e battisti

Il fatto che nei vangeli canonici non esista alcun vero « dissenso » tra Gesù e Giovanni, va attribuito alla progressiva spiritualizzazione della figura di Gesù, che ha trasformato quest’ultimo in una sorta di « fratello maggiore » del Battista.

Il cristianesimo post-pasquale ha recuperato la figura del Battista dopo aver tradito il vangelo di Cristo: quanto più forte è stato il tradimento, tanto più forte è stata l’esigenza del recupero.

Quando, con la svolta paolina, la divinizzazione del Cristo fu un fatto acquisito, le due comunità, cristiana e battista, si riavvicinarono. La comunità cristiana, nata da una rottura in seno alla comunità nazarena, si servì di quella battista per spoliticizzare ulteriormente il vangelo di Gesù.

Potremmo naturalmente pensare che l’apologetica cristiana si sia indebitamente appropriata della tradizione profetica del Battista, senza tener conto della reale diversità di posizioni. Ma, poiché nei Sinottici non viene nascosta la differenza di atteggiamento da tenere nei confronti di argomenti come la purezza dei cibi e soprattutto il digiuno (Mc 2,18ss.), preferiamo pensare che tra le due comunità, ad un certo punto, si sia venuti ad una sorta di compromesso, come d’altra parte appare negli stessi Atti degli apostoli, allorché Apollo di Alessandria, dopo aver predicato ad Efeso il battesimo di Giovanni, decise di diventare cristiano e, con lui, alcuni suoi seguaci (At 18,25 e 19,1ss.). Negli Atti l’unica differenza che divide battisti e cristiani è la fede nella resurrezione di Gesù.

Il compromesso deve essersi basato sui seguenti presupposti: i cristiani rinunciavano alla politica ed erano disposti a considerare il Battista il principale precursore del Cristo; i battisti, dal canto loro, accettarono queste condizioni solo quando anch’essi passarono definitivamente dalle tradizioni politico-progressiste del mondo ebraico a quelle spiritualiste del cristianesimo paolino. A quel punto fu facile per i battisti accettare l’idea che il Battista fosse stato un semplice « precursore » dell’uomo Gesù: in cambio avevano ottenuto che il Battista venisse considerato come l’unico vero precursore del Cristo Figlio di Dio.

All’espressione, più volte ripetuta nei Sinottici (Mt 3,11; Mc 1,7; Lc 3,16), del Battista: « Viene dopo di me uno più forte di me », il quarto vangelo aggiungerà le parole mistiche: « perché era prima di me »(1,30), motivando che la « forza » proveniva da una precedenza di ordine « divino » (ontoteologico, diremmo oggi). Col che il vangelo di Giovanni sembra risolvere radicalmente l’antinomia che caratterizzava la coscienza del Battista, in quanto da un lato gli si chiedeva di diventare il « messia » e dall’altro egli non aveva il coraggio di diventarlo.

Sul piano più strettamente formale, la comunità cristiana primitiva si limitò a integrare il significato del battesimo di « acqua » con quello del battesimo di « spirito » (e « fuoco », aggiungono Luca 3,16 e Matteo 3,11). Lo stesso quarto evangelista (o il suo manipolatore) ha accettato questa interpretazione delle cose, benché proprio nel suo vangelo il Battista ad un certo punto dica che il « battesimo di acqua » è nulla a confronto di quanto Gesù avrebbe saputo fare (1,26s.).

In coerenza con questa deviazione spiritualistica del rapporto politico tra Gesù e Giovanni, fu formulata, col tempo, la leggenda dell’insolita nascita del Precursore, che doveva fare da pendant al racconto, non meno mitologico, della nascita miracolosa del Cristo.

Benedictus e Magnificat

Più interessanti da esaminare sono le differenze di contenuto politico-sociale fra il Benedictus di Zaccaria, che riflette molto probabilmente la sensibilità e le aspirazioni dell’ambiente battista, e il Magnificat di Maria, che riflette invece la sensibilità e le aspirazioni dell’ambiente cristiano post-pasquale.

La differenza principale sta nel fatto che mentre per il sacerdote Zaccaria il figlio Giovanni avrebbe dovuto limitarsi a dare « al popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati »(Lc 1,77); per la popolana Maria invece Gesù avrebbe dovuto fare molto di più, poiché Dio, nel passato, aveva « rovesciato i potenti dai troni, innalzato gli umili, ricolmato di beni gli affamati, rimandato i ricchi a mani vuote »(Lc 1,52s.).

A dire il vero nel Magnificat non è esplicito che Gesù dovesse assolvere un compito di tipo « politico » (Maria si riferisce a « Dio »): ma la cosa può essere spiegata considerando che quando il Magnificat fu redatto, Gesù era già morto e la sua missione era fallita, poiché gli apostoli non avevano saputo proseguirla.

La differenza tuttavia resta, e la si nota anche laddove, in luogo di una semplice richiesta di « liberazione dai nemici »(romani), fatta nel Benedictus (vv. 71 e 74), Maria chiede la liberazione dai nemici interni ed esterni, da tutti i potenti e tutti i ricchi, romani ed ebrei collaborazionisti (Lc 1,51-54).

Il Benedictus è inferiore al Magnificat, proprio perché circoscrive il metodo della liberazione dai nemici alla mera « remissione dei peccati », senza peraltro specificare a quale classe sociale appartengano questi « peccati ».

D’altra parte anche il Magnificat contiene un messaggio rivoluzionario solo apparentemente: il desiderio emancipativo dei cristiani di origine umile è qui già consapevole del fallimento del messianismo politico di Gesù, per cui nel testo si è costretti a idealizzare la realizzazione di tale messianismo riproponendo, in maniera ancora più illusoria, il mitico regno d’Israele (Lc 1,54s.).

In pratica il Magnificat si limita a far convergere il desiderio di una liberazione politica verso una prassi che assomiglia molto da vicino a quella prospettata dal Benedictus. Il futuro del Magnificat è la medesima « remissione dei peccati », proprio perché il presente viene cancellato nella rievocazione nostalgica del passato.

La differenza sta semplicemente nel fatto che la remissione dei peccati per i cristiani è cosa già avvenuta, una volta per tutte, sul Golgota, per cui non resta che attendere la parusia del redentore. L’esigenza di liberazione espressa dal Cristo era così alta che i cristiani, per poterla rimuovere senza ricadere nell’ebraismo, sono stati costretti a togliere all’uomo qualsiasi possibilità di realizzarla, facendo del Cristo l’unica vera divinità.

Omelia per la solennità dii San Giovanni Battista: L’apostolo Paolo e San Giovanni Battista

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/15609.html

Omelia (24-06-2009) 
don Daniele Muraro

L’apostolo Paolo e San Giovanni Battista

Nella solennità del nostro santo Patrono e in conclusione dell’Anno Paolino consideriamo somiglianze e differenze tra la figura di san Giovanni Battista e quella di san Paolo Apostolo.
Non ci nascondiamo che Giovanni e Saulo furono molto diversi fra loro: Giovanni cugino del Signore ottenne la remissione del peccato originale fin dal seno di sua madre, Paolo persecutore della Chiesa di Dio fu fatto oggetto di misericordia da parte dal Signore ormai da adulto come esempio per quelli che in seguito avrebbero creduto.
Noi li onoriamo insieme nelle nostre chiesa, anche se molto difficilmente essi hanno potuto incontrarsi di persona nel corso delle loro vite. Giovanni muore decapitato al principio della missione di Gesù. La vocazione di san Paolo risale a qualche mese dopo la Pentecoste.
Se mai si fossero visti ciò sarebbe dovuto avvenire quando Giovanni non era ancora prigioniero di Erode e predicava liberamente sulle sponde del fiume Giordano. Ma allora Saulo di Tarso era uno studente rabbinico di belle speranze e sicuramente in cuor suo disprezzava quel profeta vestito di peli di cammello famoso, ma ignorante.
Non sapeva ancora Saulo che anch’egli affrontato la stessa morte del Battista, decapitato di spada e addirittura per gli stessi motivi, ossia la testimonianza resa a Gesù Cristo.
Un giorno Gesù se ne usci con questa esclamazione: “In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.”. Il rapporto tra il Battista e san Paolo si gioca all’interno di queste considerazioni.
Giovanni è grande perché egli porta a compimento l’Antico Testamento: “Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni.” Egli è “quell’Elia che deve venire.” Giovanni aveva una missione ed essa consisteva nel preparare la strada al Messia Salvatore.
Anche per san Paolo le strade sono importanti, ma non si tratta più delle vie interne alla coscienza, bensì delle concrete strade di comunicazione dell’Impero Romano. Egli le percorre instancabilmente per diffondere l’annuncio del Vangelo tra i pagani.
In questo senso egli è davvero un minimo nel Regno dei cieli che diventa grande. Minimo perché inizia la sua missione senza credenziali precedenti, anzi con dei trascorsi pesanti.
Minimo si considerava lui stesso Paolo in quanto aggregato al collegio degli Apostoli in un secondo tempo e quasi a viva forza. A riguardo delle apparizioni del Signore Paolo dichiara che prima “apparve a Cefa e quindi ai Dodici… Ultimo fra tutti apparve anche a me…”
Le differenze non finiscono qui. Fino alla discesa in campo di Gesù Giovanni Battista era da solo: predicava e battezzava. San Paolo invece non fu mai da solo: una Chiesa già strutturata fatta di persone molto diverse tra di loro lo sostenne fin dal principio. Barnaba lo introduce nella comunità di Gerusalemme e ancora prima i fratelli di notte lo calano giù dalle mura di Damasco per sottrarlo alla vendetta dei Giudei.
In una chiesa già ricca di ministeri e carismi Paolo riserva a sé il compito della predicazione e lascia ad altri l’amministrazione dei sacramenti. “Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo” scrive infatti ai Corinti.
Se un tratto in comune possiamo ravvisare tra le personalità di Paolo e Giovanni Battista, questo è senz’altro il piglio deciso e la mancanza di esitazioni. Ad entrambi il coraggio non fa difetto anche quando devono dire cose spiacevoli, Giovanni Battista nel caso di Erodiade e san Paolo correggendo vari episodi di immoralità all’interno delle comunità da lui fondate, soprattutto quella di Corinto.
A questo proposito torna utile citare lo scambio epistolare fra Seneca, il famoso scrittore romano e precettore di Nerone, e san Paolo. Ritenute per lungo tempo leggendarie ultimamente queste lettere sono state rivalutate come verosimili. Pur non contenendo insegnamenti dottrinali, esse gettano una luce nuova sugli ultimi mesi di vita di san Paolo, quelli trascorsi a Roma.
Seneca si interessa della nuova dottrina e scrive all’Apostolo: “Desidero farti sapere che abbiamo letto e ci siamo nutriti del tuo scritto, una delle tante lettere da te indirizzate ad una città o capitale di provincia, che con dolcezza esorta a disprezzare la vita mortale. Non credo che quelle espressioni siano state dette da te, ma per mezzo di te…”
Paolo risponde: “Con piacere, ho ricevuto ieri le tue lettere. Avrei risposto subito, se avessi avuto a disposizione il giovane da mandarti. Tu sai, infatti, quando, da chi, in che tempo ed a chi si debba dare e affidare…” (Era il tempo delle persecuzioni.)
“Sono felice che le mie lettere, scritte a diversi, vi siano state gradite e che sia favorevole il giudizio di un uomo così grande. Né tu infatti, critico, filosofo e maestro di un principe così grande, ed anche di tutti, diresti questo se proprio non lo credessi. Ti auguro di vivere a lungo e bene.”
A questo punto Seneca legge qualche passaggio delle lettere di Paolo a Nerone e poi glielo riferisce: “E per non celarti nulla, o fratello, e non volendo essere in debito verso la mia coscienza, ti confesso che Augusto si è commosso alle tue espressioni…” .
C’erano già dei cristiani alla corte dell’Imperatore, ma la madre di Nerone Poppea aveva simpatie per la parte giudaica, avversa ai cristiani. San Paolo lo sapeva, tanto più che la donna non era un modello di virtù e infatti risponde: “So che il nostro Cesare ama le cose degne di ammirazione, e quando manca permette che lo si avverta, ma non permette che lo si offenda… Siccome egli venera gli dèi dei pagani, non comprendo come mai ti sia passato per la mente di volergli far conoscere questo: penso che tu l’abbia fatto per troppo amore verso di me. In futuro, te ne prego, non farlo più. Volendomi bene, ti devi guardare dal compiere qualcosa di offensivo verso la signora (la madre di Nerone)… In quanto regina non si indignerà, ma in quanto donna ne sarà offesa. Sta proprio bene!”
Anche il Battista ebbe a che fare con una regina (la moglie di Erode) e ne conosciamo le conseguenze. In ogni modo qualsiasi sia stato il motivo contingente della esecuzione capitale di Paolo, entrambi sia il Battista che l’Apostolo Paolo sono morti per Gesù, per dare testimonianza a Lui e da Lui aspettandosi il premio per il loro sacrificio.
Ed è per questo motivo che stasera noi li abbiamo ricordati insieme, uniti anche noi nella stessa fede e nel medesimo amore per il Signore

Omelia per la solennità dii San Giovanni Battista

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13041.html

Omelia (24-06-2008) 
a cura dei Carmelitani
Nascita del Precursore del Signore

1. Raccogliamoci in preghiera – Statio

Preghiera del Card. Mercier allo Spirito Santo

O Dio, che hai istruito i tuoi fedeli, illuminando i loro cuori con la luce dello Spirito Santo, concedi a noi di avere nello stesso Spirito il gusto del bene e di godere sempre del suo conforto.
Gloria, adorazione, amore, benedizione a te eterno divino Spirito, che ci hai portato sulla terra il Salvatore delle anime nostre. E gloria e onore al Suo adorabilissimo cuore che ci ama di infinito amore.
O Spirito Santo, anima dell’anima mia, io Ti adoro: illuminami, guidami, fortificami, consolami, insegnami ciò che devo fare, dammi i tuoi ordini.
Ti prometto di sottomettermi a tutto ciò che permetterai mi accada: fammi solo conoscere la tua Volontà.

2. Lettura orante della Parola – Lectio

Dal Vangelo secondo Luca (1, 57-66. 80)
57Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. 59All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. 60Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». 61Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». 62Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. 64In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. 65Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
80Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

3. Ruminare la Parola – Meditatio

3.1. Chiave di lettura
Questo brano del vangelo fa parte dei così detti racconti dell’infanzia di Gesù. In modo particolare questo testo segue la scena della visitazione di Maria « nella casa di Zaccaria » (Lc 1, 40) dopo l’evento dell’annunciazione dell’angelo messaggero della nuova creazione. L’annunciazione infatti inaugura gioiosamente il compimento delle promesse di Dio al suo popolo (Lc 1, 26-38). La gioia dei tempi nuovi, che ha riempito Maria, inonda adesso il cuore di Elisabetta. Essa gioisce dell’annuncio portato da Maria (Lc 1, 41). Maria d’altronde « magnifica il Signore » (Lc 1, 46) perché ha operato in lei grandi cose, come ha operato grandi prodigi per il suo popolo bisognoso di salvezza.
L’espressione « si compì il tempo » ci ricorda che questa realtà non colpisce soltanto Elisabetta partoriente, ma rivela anche qualcosa del progetto di Dio. San Paolo infatti ci dice che quando il tempo fu compiuto, Dio mandò il suo Unigenito « nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli » di Dio (Gal 4, 4).
Nel vangelo Gesù parla infatti del compimento dei tempi, specialmente nel vangelo di Giovanni. Due di questi istanti sono le nozze di Cana (Gv 2, 1-12) e l’agonia sulla croce dove Gesù proclama che « tutto è compiuto » (Gv 19, 30). Nel compimento dei tempi Gesù inaugura un’era di salvezza. La nascita di Giovanni Battista inaugura questo tempo di salvezza. Egli, infatti, all’arrivo del Messia esulta e sussulta di gioia nel grembo di Elisabetta sua madre (Lc 1, 44). Più tardi egli definirà se stesso come l’amico dello sposo (Gesù) che esulta e gioisce per l’avvenimento delle nozze con la sua sposa, la Chiesa (Gv 3, 29).
Il figlio non si chiamerà per suo padre Zaccaria ma Giovanni. Zaccaria ci ricorda che Dio non dimentica il suo popolo. Il suo nome infatti significa « Dio ricorda ». Suo figlio, adesso non potrà essere chiamato « Dio ricorda », perché le promesse di Dio stavano compiendosi. La missione profetica di Giovanni deve indicare la misericordia di Dio. Egli infatti si chiamerà Johanan, cioè « Dio è misericordia ». Questa misericordia si manifesta nella visita al popolo, proprio « come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti di un tempo » (Lc 1, 67-70). Il nome indica perciò l’identità e la missione del nascituro. Zaccaria scriverà il nome di suo figlio su una tavoletta perché tutti potessero vedere con meraviglia (Lc 1, 63). Questa tavola fa eco ad un’altra iscrizione, scritta da Pilato per essere appesa alla croce di Gesù. Questa iscrizione rivelava l’identità e la missione del crocifisso: « Gesù nazareno re dei Giudei » (Gv 19, 19). Anche questa scritta provocò la meraviglia di coloro che stavano a Gerusalemme per la festa.
In tutto Giovanni è precursore di Cristo. Già dalla sua nascita e infanzia egli punta a Cristo. « Chi sarà mai questo bambino? » Egli è « la voce che grida nel deserto » (Gv 1, 23), incitando tutti a preparare le vie del Signore. Non è lui il Messia (Gv 1, 20), ma lo indica con la sua predicazione e soprattutto con il suo stile di vita di ascesi nel deserto. Egli intanto « cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele » (Lc 1, 80).

3.1.1 Domande per orientare la meditazione e l’attualizzazione
? Cosa ti ha colpito in questo brano e nella riflessione?
? Giovanni si identifica come l’amico dello sposo. Secondo te, che significato ha questa immagine?
? La chiesa ha sempre visto in Giovanni Battista il suo tipo. Egli è colui che prepara la strada del Signore. Ha questo una rilevanza per la nostra vita quotidiana?

4. Oratio

Benediciamo il Signore con Zaccaria (Lc 1, 68-79)

«Benedetto il Signore Dio d’Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo:
salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell’ombra della morte
e dirigere i nostri passi sulla via della pace».

5. Contemplatio

Adoriamo insieme la misericordia e la bontà di Dio ripetendo in silenzio:
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen. 

Origene: « Il Signore dal seno materno mi ha chiamato » (Is 49,1)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100624

Natività di San Giovanni Battista, solennità : Lc 1,57-66#Lc 1,80-80
Meditazione del giorno
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Discorsi sul Vangelo di Luca,  4, 4-6 ; SC 87, 133

« Il Signore dal seno materno mi ha chiamato » (Is 49,1)

        La nascita di Giovanni il Battista è piena di miracoli. Un arcangelo aveva annunciato la nascita del nostro Signore e Salvatore Gesù ; così, un arcangelo annuncia la nascita di Giovanni (Lc 1,13) e dice : « Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua mandre ». Il popolo giudeo non vedeva che il nostro Signore compiva « miracoli e prodigi » e guariva le loro malattie, invece Giovanni esulta di gioia mentre è ancora nel seno materno. Non si può trattenerlo e, appena arrivata la madre di Gesù, il bambino cerca di uscire dal seno di Elisabetta. « Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo » (Lc 1,44). Ancora nel seno di sua madre, Giovanni aveva già ricevuto lo Spirito Santo…

        La Scrittura dice poi che « ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio » (Lc 1,16). Giovanni ne ha ricondotto « molti » ; il Signore, non molti, bensì tutti. Questa infatti è la sua opera : ricondurre tutti gli uomini a Dio Padre…

        Per parte mia, ritengo che il mistero di Giovanni si compie nel mondo fino a oggi. Chiunque è destinato a credere in Cristo Gesù, bisogna che prima lo spirito e la forza di Giovanni vengano nel suo animo per « preparare al Signore un popolo ben disposto » (Lc 1,17) e, nelle asperità del cuore, « spianare i luoghi impervi e raddrizzare i passi tortuosi » (Lc 3,5). Non soltanto in quel tempo le vie furono spianate e i sentieri raddrizzati, ma ancora oggi lo spirito e la forza di Giovanni precedono la venuta del Signore Salvatore. O grandezza del mistero del Signore e del suo disegno sul mondo !

San Giovanni Battista

San Giovanni Battista dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 23 juin, 2010 |Pas de commentaires »
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