Archive pour juin, 2010

PACE : Lettera ai Filippesi 4,4-9

dal sito:

http://www.sanbiagio.org/lectio/libri_storici/tobia_1_lectio.htm

PACE

Lettera ai Filippesi 4,4-9

4Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto  ancora, rallegratevi. 5La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! 6Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; 7e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. 8In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. 9Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!

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È un brano molto significativo all’interno di quella lettera agli abitanti di Filippi (Macedonia) considerata la più personale tra quelle scritte da S.Paolo. L’Apostolo scrive dalla prigione (forse a Efeso); eppure è lieto ed esorta a quella pace che nasce dal sapersi con Cristo, dentro il progetto del Padre che è sempre Amore Pace e Salvezza, da quella pace che non è prodotto nostro ma « frutto dello Spirito ».
Immediatamente prima di questa pericope la lettera esorta due donne: Evodia e Sintiche a « essere del medesimo sentimento nel Signore » (4,2) cioè a superare una lite, con la pace di Cristo. Dopo questa nostra pericope, la lettera vibra delle note toccanti della riconoscenza di S.Paolo per tutto quello che i Filippesi gli hanno mandato in dono. La sua è un’espressione di gratitudine per ciò che è stato donato a lui ma che è anche « profumo di soave odore, sacrificio accetto e gradito a Dio » (v. 18), un’opera, potremmo dire, di grande concordia e di pace.
vv. 4-5a « State sempre lieti nel Signore; ve lo ripeto: state sempre lieti. La vostra affabilità si renda a tutti manifesta »
L’invito alla letizia va di pari passo con quello alla pace. Anzi lo precede. Perché un cuore contento non si adira facilmente, non è incline ad essere distruttivo della propria e dell’altrui gioia con litigi e discordie che rendono impossibile la pace. La manifestazione di questa interiore contentezza e concordia è « affabilità » verso tutti. Si tratta di una calda luce interiore che irradia intorno. E in che consiste questa calda luce? Paolo era stato esplicito nel sottolineare ciò a cui bisogna tendere: « avere lo stesso pensare, la stessa carità, un solo animo, un solo sentire ». E aveva anche stigmatizzato ciò che è assolutamente da evitare: « Non fate nulla per spirito di parte, né per vanagloria, ma ciascuno con umiltà stimi gli altri come superiori a sé, e abbia a cuore non il proprio interesse, ma quello degli altri » (Fil 2,2-4).
v. 5b Il Signore è vicino.
La comunità cristiana primitiva era entrata nella persuasione che la fine di questo mondo sarebbe avvenuta molto presto. Di qui quel suo tipico terminare sempre la preghiera con MARANATHA che significa « Vieni, Signore! ». Oggi è per molti rivisitata a mo’ di preghiera del cuore. Infatti vivere non significa forse attendere la venuta del Signore? Egli sì, è vicino. Non dice forse il salmista che la vita dell’uomo è come « un soffio, come un fiore dell’erba » (Sl 103,15)? Beati noi se viviamo percependo che il nostro Dio, in Gesù, è un Dio che viene. Ci viene incontro. E ci salva.
v. 6a Non vi affannate per nulla.
Questa raccomandazione è davvero « mirata ». E quanto attuale! Dentro le mille cosa « da fare », l’uomo d’oggi si affanna. Se ne va il sonno, l’armonia, la pace. La sua e quella dell’ambiente familiare o comunitario in cui vive. Gesù aveva detto e ripetuto più volte: « Non affannatevi » (Mt 6,25,32,34) e aveva rimproverato Marta: « Tu ti preoccupi e ti affanni per troppe cose » (Lc 10,41). L’affanno è la malattia dell’ « essere » e del « fare ». Una malattia endemica oggi: distruttiva e mortale!
v. 6b Invece, in ogni necessità, esponete a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
Il vivere e il dover affrontare le difficoltà del vivere ci espone di continuo a varie « necessità » che riguardano il bene nostro personale e quello delle persone di cui siamo responsabili: all’interno della famiglia, della comunità, della società. Spesso queste « necessità » sono urgenze tali che rischiano di turbarci, di far saltare equilibri serenità di consuetudini fraterne ecc. Sono come il lampeggiare, a volte, di un fulmine nel temporale. Il segreto per non perdere la pace? La preghiera. L’Apostolo esplicita come devono essere le nostre richieste a Dio:
- con « preghiere », cioè con lo sguardo del cuore rivolto fiduciosamente a Dio,
- con « suppliche », cioè con quel crescendo dell’impetrare grazia che s’appoggia alla certezza della sua Parola: « Cercate e troverete, chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto » (Lc 11,9)
- con « ringraziamenti » Siamo talmente certi che il Signore risponde al nostro pregare, che ringraziamo in anticipo! Gesù ce ne dà l’esempio: « Ti ringrazio, o Padre – dice prima di risuscitare Lazzaro – perché so che sempre mi dai ascolto » (Gv 11,42).
v. 7 e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e i vostri pensieri, in Cristo Gesù.
Ecco: la pace di Dio è salvezza. Più alta e più profonda di quello che noi possiamo concettualmente argomentare, consiste in un dono del Signore in cui si integrano le nostre sagge scelte di vita.
Interessante notare che alcuni manoscritti di questo testo hanno: « custodisca i vostri cuori e i vostri corpi ». Di fatto, l’uomo e la donna di pace sono tali anche a livello psicosomatico. Le persone invece in preda all’ansia e all’angoscia vengono somatizzando queste forze negative anche nella loro corporeità. La pace di Dio custodisce la mente e il corpo, soprattutto le profondità del cuore dentro una rete di accettazione di noi stessi, e degli altri, nell’abbandono di tutta la nostra realtà a Dio. È questo il segreto della pace!
In Cristo Gesù
È importante! La nostra è pace in Cristo Gesù, perché ce l’ha ottenuta Lui: col suo mistero pasquale « Pace a voi! » disse più volte manifestandosi ai suoi, dopo la Resurrezione. Anzi: possiamo dire con S.Paolo: « Egli è la nostra pace » (Ef 2,14).
v. 8b E il Dio della pace sarà con voi.
Non dice « la pace », punto e basta! Qui non dice neppure la « pace di Dio », ma il Dio della pace. La chiave di tutto.infatti è la fede. Verità, bontà, giustizia e altro possono esserci anche in chi non crede. Ma qui il salto di qualità è enorme: perché Dio stesso, per la potenza di Gesù crocifisso e risorto, si prende cura di custodirci nella pace.
È per la forza dello Spirito di Dio che il cristiano può « fruttificare » pace e costruire pace attorno a sé.
Per pace (« shalom ») la Bibbia intende un po’ la sintesi di ogni bene umano e divino. Il suo contrario è ansia, agitazione, angoscia che sono tanto presenti nella società contemporanea. È vero: queste realtà non possono mai del tutto essere eliminate. Fin che vivremo quaggiù, potremo provarle, esserne a volte come sommersi. Ma se, come abbiamo visto nel brano, stiamo uniti al Signore con perseverante preghiera e con lieta apertura ai valori dell’esistenza; se siamo decisi a dare scacco matto all’affannarsi agitato (di cui anche noi siamo tentati) « il Dio della pace sarà con noi ». Si tratta allora di fare spazio alla Parola di Gesù: « Abbiate sale in voi e pace tra di voi » (Mc 9,50). Le due cose sono intimamente correlate. Che cosa significa avere « sale »? Vuol dire anzitutto semplificare la vita, pazientare, prendere persone e cose per il loro verso. « Passa la scena di questo mondo » (1 Cor 7,31). E dunque perché drammatizzare, essere pesantemente « seriosi » anche nel fare il bene?
« Sale » è sapienza evangelica che, dentro le relazioni, ti fa scegliere ciò che mette l’altro a suo agio; ti fa essere flessibile e tollerante, con una certa sana morbidezza di tratto.
Riassumerei così la fisionomia dell’operatore di pace:
- Sorride alla vita, a se stesso, agli altri. Perché si percepisce amato da Dio.
- Sdrammatizza, lascia cadere ciò che divide ad ogni costo.
- Smussa le angolosità.
- Tace quando sente che la parola sarebbe spada o spillo. Parla quando sente che la sua parola sarà luce di verità e sole di comprensione.
- Prende in mano le tensioni, le conflittualità, i dispareri e non permette che diventino litigiosità endemica; fa invece in modo che, attraverso rapidi ma continui contatti con Dio che lo abita e gli dà forza, siano occasione di un confronto pacifico che rasserena e allarga l’orizzonte.
- Come si coniugano in me preghiera perseverante e pace?
- In famiglia, dove studio o lavoro, dentro la realtà ecclesiale o civile, sono operatore di pace, cercando ad ogni costo ciò che unisce, dandomi da fare perché il giusto e il vero siano sì ricercati, ma ad ogni costo nella pace?
- Nelle conversazioni, so essere responsabile perché il contenuto e il tono non scadano nella banalità, nel pettegolezzo, nei frizzi offensivi, nel litigio?
- Getto nero fumo di pessimismo su rancori e spirito di vendetta o cerco, con l’aiuto dello Spirito Santo, di rasserenarmi e rasserenare nell’esercizio costante del « perdono facile »?
In un angolo silenzioso, lascio emergere sentimenti di non pace verso me verso Dio e verso il prossimo. Invoco lo Spirito Santo perché è da Lui, non da me che posso « fruttificare » pace: per me e per l’ambiente in cui vivo e per questa società che rischia di essere distrutta da invadenti violenze. E poi ritmo in cuore l’invocazione: « Gesù, mia pace! ».

Publié dans:Lettera ai Filippesi |on 9 juin, 2010 |Pas de commentaires »

TURCHIA: LA BATTAGLIA DI MONS. PADOVESE PER LA CHIESA SAN PAOLO A TARSO

dal sito:

http://www.asca.it/news-TURCHIA__LA_BATTAGLIA_DI_MONS__PADOVESE_PER_LA_CHIESA_SAN_PAOLO_A_TARSO-921160-ORA-.html

03-06-10 

TURCHIA: LA BATTAGLIA DI MONS. PADOVESE PER LA CHIESA SAN PAOLO A TARSO 
 
(ASCA) – Citta’ del Vaticano, 3 giu – Una lunga battaglia combattuta con le armi della diplomazia, della pazienza e della determinazione: e’ quella combattuta per anni da mons.
Luigi Padovese – il vicario apostolico in Turchia, ucciso oggi dal suo autista – perche’ fosse restituita al culto cristiano la chiesa di San Paolo a Tarso, l’unica della citta’ dove ebbe i natali l’Apostolo delle Genti. Trasformata in un museo dalle autorita’ turche, dove i cristiani potevano entrare solo pagando il biglietto ed era loro permesso di celebrare la messa solo prenotando con giorni d’anticipo, grazie alla mediazione del presule la chiesa stava venendo lentamente restituita al culto dei pellegrini che negli ultimi anni sempre piu’ numerosi arrivavano nella piccola cittadina turchi, soprattutto dopo l’Anno Paolino voluto da papa Benedetto XVI.

E’ di poco piu’ di una settimana fa la notizia che le autorita’ turche avevano tolto l’obbligo di pagare il biglietto per i pellegrini che volevano pregare nella chiesa e rimosso l’obbligo di prenotazione per le messe all’interno della chiesa-museo.  »Ora – aveva detto mons. Padovese in un’intervista al Servizio di Informazione Religiosa della Cei – si puo’ celebrare tranquillamente senza alcun preavviso, quando prima era richiesta una prenotazione previa di almeno tre giorni, portati poi addirittura a dieci con inevitabili problemi organizzativi. Il consiglio ai pellegrini, tuttavia, resta sempre quello di avvisare dell’arrivo per permettere alle suore di allestire la chiesa al meglio ». Le istituzioni turche avevano anche annunciato, seppure solo verbalmente , senza un formale impegno scritto, di volerla destinare a luogo permanente di culto.  »Siamo ancora a livello di trattativa – aveva spiegato mons. Padovese – la situazione non e’ pienamente risolta. Cio’ che di fatto ci interessa non e’ tanto la proprieta’ della chiesa o che questa venga data in gestione alla chiesa cattolica o alla comunita’ ortodossa.

Ci interessa soprattutto la possibilita’ di celebrare liberamente e con tranquillita’ cosicche’ tutti i pellegrini possano andare a Tarso sapendo che possono pregare senza essere disturbati e senza nessuna limitazione ». Questo fatto, aggiungeva,  »assume grande importanza per il fatto che con l’Anno Paolino, Tarso e’ diventata una meta di pellegrinaggio continuo. Abbiamo gruppi che arrivano quasi quotidianamente e prevedo un sensibile aumento nei prossimi mesi. Tarso, con Antiochia e la Cappadocia, e’ rientrata nei grandi percorsi di pellegrinaggio e questo e’ un bene anche per la Chiesa che e’ in Turchia ».

La piccola comunita’ delle suore  »Figlie della Chiesa » che vive e opera a Tarso, prestando servizio ai pellegrini che arrivano nella chiesa-museo di san Paolo, non a caso stenta a credere alla morte di mons. Padovese.  »Siamo sotto shock – dichiarano -. Non abbiamo perso solo un vescovo, ma un padre, un amico, un sostegno materiale e spirituale. Siamo addolorate non riusciamo ancora a credere che si successa una cosa simile. In questi posti si vive alla giornata, e’ imprevedibile ».

 »Viviamo una grande tristezza, siamo sotto shock – aggiungono, interpellate dal Servizio di Informazione Religiosa della Cei – e’ un dolore per tutta la chiesa di Anatolia e turca. Si e’ tanto prodigato perche’ le autorita’ turche concedessero la chiesa-museo di san Paolo di Tarso come luogo permanente di culto, ottenendo che i pellegrini potessero celebrare tranquillamente senza una lunga prassi di prenotazione. Lui stesso, poi, ci aiutava nell’accoglienza dei pellegrini che arrivavano e continuano ad arrivare da tutto il mondo. La nostra chiesa oggi piange un padre ».

asp/mcc/ss

Benedetto XVI traccia un bilancio del suo recente viaggio a Cipro

dal sito:

http://www.zenit.org/article-22790?l=italian

Benedetto XVI traccia un bilancio del suo recente viaggio a Cipro

(un pensiero per Padre Padovese)

Intervento in occasione dell’Udienza generale del mercoledì

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 9 giugno 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo dell’intervento pronunciato da Papa Benedetto XVI questo mercoledì durante l’Udienza generale in Piazza San Pietro, incontrando insieme gruppi di pellegrini e di fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul suo recente Viaggio Apostolico a Cipro.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

Quest’oggi desidero soffermarmi sul mio viaggio apostolico a Cipro, che per molti aspetti si è posto in continuità con quelli precedenti in Terra Santa e a Malta. Grazie a Dio, questa visita pastorale è andata molto bene, poiché ha felicemente conseguito i suoi scopi. Già di per sé essa costituiva un evento storico; infatti, mai prima d’ora il Vescovo di Roma si era recato in quella terra benedetta dal lavoro apostolico di san Paolo e san Barnaba e tradizionalmente considerata parte della Terra Santa. Sulle orme dell’Apostolo delle genti mi sono fatto pellegrino del Vangelo, anzitutto per rinsaldare la fede delle comunità cattoliche, piccola ma vivace minoranza nell’Isola, incoraggiandole anche a proseguire il cammino verso la piena unità tra i cristiani, specialmente con i fratelli ortodossi. Al tempo stesso, ho voluto idealmente abbracciare tutte le popolazioni mediorientali e benedirle nel nome del Signore, invocando da Dio il dono della pace. Ho sperimentato una cordiale accoglienza, che mi è stata riservata dappertutto, e colgo volentieri questa occasione per esprimere nuovamente la mia viva gratitudine in primo luogo all’Arcivescovo di Cipro dei Maroniti, Mons. Joseph Soueif, e a Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal, unitamente ai collaboratori, rinnovando a ciascuno il mio apprezzamento per la loro azione apostolica. La mia sentita riconoscenza va poi al Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Cipro, segnatamente a Sua Beatitudine Chrysostomos II, Arcivescovo di Nea Giustiniana e di tutta Cipro, che ho avuto la gioia di abbracciare con affetto fraterno, come pure al Presidente della Repubblica, a tutte le Autorità civili e a quanti in vario modo si sono lodevolmente prodigati per la riuscita di questa mia visita pastorale.
Essa è iniziata il 4 giugno nell’antica città di Paphos, dove mi sono sentito avvolto in un’atmosfera che sembrava quasi la sintesi percepibile di duemila anni di storia cristiana. I reperti archeologici ivi presenti sono il segno di un’antica e gloriosa eredità spirituale, che ancora oggi mantiene un forte impatto sulla vita del Paese. Presso la chiesa di Santa Ciriaca Chrysopolitissa, luogo di culto ortodosso aperto anche ai cattolici e agli anglicani ubicato all’interno del sito archeologico, si è svolta una toccante celebrazione ecumenica. Con l’Arcivescovo ortodosso Chrysostomos II e i rappresentanti delle Comunità armena, luterana e anglicana, abbiamo fraternamente rinnovato il reciproco e irreversibile impegno ecumenico. Tali sentimenti ho manifestato successivamente a Sua Beatitudine Chrysostomos II nel cordiale incontro presso la sua residenza, durante il quale ho pure constatato quanto la Chiesa ortodossa di Cipro sia legata alle sorti di quel popolo, conservando devota e grata memoria dell’Arcivescovo Macario III, comunemente considerato padre e benefattore della Nazione, al quale ho voluto anch’io rendere omaggio sostando brevemente presso il monumento che lo raffigura. Questo radicamento nella tradizione non impedisce alla Comunità ortodossa di essere impegnata con decisione nel dialogo ecumenico unitamente alla Comunità cattolica, animate entrambe dal sincero desiderio di ricomporre la piena e visibile comunione tra le Chiese dell’Oriente e dell’Occidente.
Il 5 giugno, a Nicosia, capitale dell’Isola, ho iniziato la seconda tappa del viaggio recandomi in visita al Presidente della Repubblica, che mi ha accolto con grande cortesia. Nell’incontrare le Autorità civili e il Corpo diplomatico, ho ribadito l’importanza di fondare la legge positiva sui principi etici della legge naturale, al fine di promuovere la verità morale nella vita pubblica. E’ stato un appello alla ragione, basato sui principi etici e carico di implicazioni esigenti per la società di oggi, che spesso non riconosce più la tradizione culturale su cui è fondata.
La Liturgia della Parola, celebrata presso la scuola elementare san Marone, ha rappresentato uno dei momenti più suggestivi dell’incontro con la Comunità cattolica di Cipro, nelle sue componenti maronita e latina, e mi ha permesso di conoscere da vicino il fervore apostolico dei cattolici ciprioti. Esso si esprime anche mediante l’attività educativa e assistenziale con decine di strutture, che si pongono al servizio della collettività e sono apprezzati dalle autorità governative come pure dall’intera popolazione. E’ stato un momento gioioso e di festa, animato dall’entusiasmo di numerosi bambini, ragazzi e giovani. Non è mancato l’aspetto della memoria, che ha reso percepibile in modo commovente l’anima della Chiesa maronita, la quale proprio quest’anno celebra i 1600 anni della morte del Fondatore san Marone. A tale riguardo, è stata particolarmente significativa la presenza di alcuni cattolici maroniti originari di quattro villaggi dell’Isola dove i cristiani sono popolo che soffre e spera; ad essi ho voluto manifestare la mia paterna comprensione per le loro aspirazioni e difficoltà.
In quella stessa celebrazione ho potuto ammirare l’impegno apostolico della comunità latina, guidata dalla sollecitudine del Patriarca latino di Gerusalemme e dallo zelo pastorale dei Frati Minori di Terra Santa, che si pongono al servizio della gente con perseverante generosità. I cattolici di rito latino, molto attivi nell’ambito caritativo, riservano un’attenzione speciale verso i lavoratori e i più bisognosi. A tutti, latini e maroniti ho assicurato il mio ricordo nella preghiera, incoraggiandoli a testimoniare il Vangelo anche mediante un paziente lavoro di reciproca fiducia fra cristiani e non cristiani, per costruire una pace durevole ed un’armonia fra i popoli.
Ho voluto ripetere l’invito alla fiducia e alla speranza nel corso della Santa Messa, celebrata nella parrocchia di Santa Croce alla presenza dei sacerdoti, delle persone consacrate, dei diaconi, dei catechisti e degli esponenti di associazioni e movimenti laicali dell’Isola. Partendo dalla riflessione sul mistero della Croce, ho rivolto poi un accorato appello a tutti i cattolici del Medio Oriente affinché, nonostante le grandi prove e le ben note difficoltà, non cedano allo sconforto e alla tentazione di emigrare, in quanto la loro presenza nella regione costituisce un insostituibile segno di speranza. Ho garantito loro, e specialmente ai sacerdoti e ai religiosi, l’affettuosa e intensa solidarietà di tutta la Chiesa, come pure l’incessante preghiera affinché il Signore li aiuti ad essere sempre presenza vivace e pacificante.
Sicuramente il momento culminate del viaggio apostolico è stato la consegna dell’Instrumentum laboris dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Tale atto è avvenuto domenica 6 giugno nel Palazzo dello sport di Nicosia, al termine della solenne Celebrazione eucaristica, alla quale hanno preso parte i Patriarchi e i Vescovi delle varie comunità ecclesiali del Medio Oriente. Corale è stata la partecipazione del Popolo di Dio, « tra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa », come dice il Salmo (42,5). Ne abbiamo fatto concreta esperienza, anche grazie alla presenza dei tanti immigrati, che formano un significativo gruppo nella popolazione cattolica dell’Isola, dove si sono integrati senza difficoltà. Insieme abbiamo pregato per l’anima del compianto Vescovo Mons. Luigi Padovese, Presidente della Conferenza Episcopale Turca, la cui improvvisa e tragica morte ci ha lasciati addolorati e sgomenti.
Il tema dell’Assemblea sinodale per il Medio Oriente, che si svolgerà a Roma nel prossimo mese di ottobre, parla di comunione e di apertura alla speranza: « La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza ». L’importante evento si configura infatti come un convenire della cristianità cattolica di quell’area, nei suoi diversi  riti, ma al tempo stesso quale ricerca rinnovata di dialogo e di coraggio per il futuro. Pertanto, sarà accompagnato dall’affetto orante di tutta la Chiesa, nel cui cuore il Medio Oriente occupa un posto speciale, in quanto è proprio lì che Dio si è fatto conoscere ai nostri padri nella fede. Non mancherà, tuttavia, l’attenzione di altri soggetti della società mondiale, segnatamente dei protagonisti della vita pubblica, chiamati ad operare con costante impegno affinché quella regione possa superare le situazioni di sofferenza e di conflitto che ancora l’affliggono e ritrovare finalmente la pace nella giustizia.
Prima di congedarmi da Cipro ho voluto visitare la Cattedrale Maronita di Nicosia – dove era presente anche il Cardinale Pierre Nasrallah Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti. Ho rinnovato la mia sincera vicinanza e la mia fervida comprensione ad ogni comunità dell’antica Chiesa maronita sparsa nell’Isola, sulle cui rive i Maroniti giunsero in vari periodi e furono spesso duramente provati per rimanere fedeli alla loro specifica eredità cristiana, le cui memorie storiche e artistiche costituiscono un patrimonio culturale per l’intera umanità.
Cari fratelli e sorelle, sono tornato in Vaticano con l’animo colmo di gratitudine verso Dio e con sentimenti di sincero affetto e stima per gli abitanti di Cipro, dai quali mi sono sentito accolto e compreso. Nella nobile terra cipriota ho potuto vedere l’opera apostolica delle diverse tradizioni dell’unica Chiesa di Cristo e ho potuto quasi sentire tanti cuori pulsare all’unisono. Proprio come affermava il tema del Viaggio: « Un cuore, un’anima ». La Comunità cattolica cipriota, nelle sue articolazioni maronita, armena e latina, si sforza incessantemente di essere un cuore solo e un’anima sola, tanto al proprio interno quanto nei rapporti cordiali e costruttivi con i fratelli ortodossi e con le altre espressioni cristiane. Possano il popolo cipriota e le altre nazioni del Medio Oriente, con i loro governanti e i rappresentanti delle diverse religioni, costruire insieme un futuro di pace, di amicizia e di fraterna collaborazione. E preghiamo affinché, per intercessione di Maria Santissima, lo Spirito Santo renda fecondo questo viaggio apostolico, e animi nel mondo intero la missione della Chiesa, istituita da Cristo per annunciare a tutti i popoli il Vangelo della verità, dell’amore e della pace.

Omelia (09-06-2010) sulla prima lettura 1Re 18,20-39

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18671.html

Omelia (09-06-2010) 
Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!

Come vivere questa Parola?
Elia, il profeta di Dio, è in conflitto col suo popolo infatuato delle false divinità che vengono onorate con forme di culto superstizioso e ridicolo. Egli vive un’ora difficile della sua avventura esistenziale, ma quel che è bello costatare riguarda proprio il suo modo di pregare.
« Oggi si sappia – dice al Signore – che tu sei Dio e che io sono tuo servo ». Non c’è nessuna piagnucolosa attenzione a se stesso, ma l’ardore di un cuore a cui importa soprattutto la gloria del Dio vivo. Che Egli sia riconosciuto nella sua maestà, che lui, Elia, non abbia altra denominazione, altro vanto che di essere il suo servo. Come risplende in queste parole l’identità di Elia, quello che è stato e che sempre dovrebbe essere un vero profeta.
Contattando le profondità del mio cuore, considero la grandezza del mio battesimo: ha reso anche me profeta! È grande dunque la mia dignità. Essa però risplende solo se riconosco e vivo il primato di Dio nelle mie giornate e m’impegno, con gioia, a servire amando.

Nella mia pausa contemplativa considero come Elia abbia prefigurato Gesù: il suo vivere solo per rivelare e magnificare il Padre, stando in mezzo a noi « come colui che serve ».

Ti prego, Signore, fa’ che tutto in me sia polarizzato a quel Dio che per amore mi ha creato e che, per amore, mi vuole suo servo.

La voce di un padre della Chiesa
Proprio questo, cioè l’amicizia con Dio, rende l’uomo glorioso e supplisce a ciò che gli manca; nulla invece dà a Dio, perché egli non ha bisogno dell’amore dell’uomo. Invece l’uomo ha bisogno della gloria di Dio e non può ottenerla se non con il servizio a lui prestato.
Ireneo 

Omelia (09-06-2010) : Il compimento della legge

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18665.html

Omelia (09-06-2010) 
Monaci Benedettini Silvestrini

Il compimento della legge

« Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento ». San Paolo in una delle sue lettere aggiunge: « compimento della legge è l’amore ». Poi, per farci meglio comprendere come sia avvenuto il compimento lo stesso apostolo afferma: « la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito ». È evidente l’alternativa: o camminare secondo la carne o lasciarsi guidare dallo Spirito. È la via nuova tracciata da Cristo, che incarnandosi in Maria per opera dello Spirito Santo, ha assunto ed elevato la nostra natura umana, imprimendo in essa il sigillo della divinità. La legge calata nella carnalità dell’uomo era solo causa di peccato e ne definiva l’entità. Ora santificati in Cristo, irrorati dallo Spirito, siamo capaci di comprendere la legge non più come capestro che schiavizza, ma come luce e lampada ai nostri passi. Solo nell’Amore siamo capaci di convincerci che quanto il buon Dio ci comanda è la cosa migliore che si possa pensare per noi. Ecco perché Gesù, pur rinnovando la legge, facendola diventare il comandamento nuovo, asserisce: « In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto ». Egli stesso, nella sua persona, nella sua missione, nella sua morte e risurrezione, sarà il compimento della legge. Lo dichiarerà esplicitamente dall’alto della croce, prime di esalare l’ultimo respiro: « Tutto è compiuto ». In quel compiuto Egli ha poi inserito tutti noi, la sua Chiesa, sparsa nel mondo, dandoci il mandato di amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra mente e con tutte le nostre forze e il nostro prossimo come noi stessi. Così la legge, che all’inizio era solo causa di morte spirituale, non viene abolita, ma completata nell’amore a Dio e al prossimo e diventa così strumento di santificazione e via di salvezza. 

Catechismo della Chiesa Cattolica: L’adempimento della Legge

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100609

Mercoledì della X settimana delle ferie delle ferie del Tempo Ordinario : Mt 5,17-19
Meditazione del giorno
Catechismo della Chiesa Cattolica – Copyright © Libreria Editrice Vaticana
§ 577-581

L’adempimento della Legge

        Gesù ha fatto una solenne precisazione all’inizio del discorso della montagna, quando ha presentato, alla luce della grazia della Nuova Alleanza, la Legge data da Dio sul Sinai al momento della prima Alleanza: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento»…

        Gesù, il Messia d’Israele, il più grande quindi nel regno dei cieli, aveva il dovere di osservare la Legge, praticandola nella sua integralità fin nei minimi precetti, secondo le sue stesse parole. Ed è anche il solo che l’abbia potuto fare perfettamente… L’adempimento perfetto della Legge poteva essere soltanto opera del divino Legislatore nato sotto la Legge (Gal 4,4) nella Persona del Figlio. Con Gesù, la Legge non appare più incisa su tavole di pietra ma scritta « nell’animo » e nel « cuore » (Ger 31,33) del Servo che, proclamando « il diritto con fermezza » (Is 42,3), diventa l’« alleanza del popolo » (Is 42,6). Gesù compie la Legge fino a prendere su di sé « la maledizione della Legge » (Gal 3,13), in cui erano incorsi coloro che non erano rimasti fedeli « a tutte le cose scritte nel libro della Legge »(Gal 3,13); infatti la morte di Cristo intervenne « per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima Alleanza » (Eb 9,15).

        Gesù « insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi » (Mt 7,29). In lui, è la Parola stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a Mosè la Legge scritta, a farsi di nuovo sentire sul monte delle beatitudini. Questa Parola non abolisce la Legge, ma la porta a compimento dandone in maniera divina l’interpretazione definitiva : «Avete inteso che fu detto agli antichi …; ma io vi dico » (Mt 5,33-34). Con questa stessa autorità divina, Gesù sconfessa certe « tradizioni degli uomini » ai farisei i quali « annullano la parola di Dio» (Mc 7,8.13).

sant’Efrem, 9 giugno (mf)

sant'Efrem, 9 giugno (mf) dans immagini sacre

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Publié dans:immagini sacre |on 8 juin, 2010 |Pas de commentaires »
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