PACE : Lettera ai Filippesi 4,4-9
dal sito:
http://www.sanbiagio.org/lectio/libri_storici/tobia_1_lectio.htm
PACE
Lettera ai Filippesi 4,4-9
4Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. 5La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! 6Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; 7e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. 8In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. 9Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!
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È un brano molto significativo all’interno di quella lettera agli abitanti di Filippi (Macedonia) considerata la più personale tra quelle scritte da S.Paolo. L’Apostolo scrive dalla prigione (forse a Efeso); eppure è lieto ed esorta a quella pace che nasce dal sapersi con Cristo, dentro il progetto del Padre che è sempre Amore Pace e Salvezza, da quella pace che non è prodotto nostro ma « frutto dello Spirito ».
Immediatamente prima di questa pericope la lettera esorta due donne: Evodia e Sintiche a « essere del medesimo sentimento nel Signore » (4,2) cioè a superare una lite, con la pace di Cristo. Dopo questa nostra pericope, la lettera vibra delle note toccanti della riconoscenza di S.Paolo per tutto quello che i Filippesi gli hanno mandato in dono. La sua è un’espressione di gratitudine per ciò che è stato donato a lui ma che è anche « profumo di soave odore, sacrificio accetto e gradito a Dio » (v. 18), un’opera, potremmo dire, di grande concordia e di pace.
vv. 4-5a « State sempre lieti nel Signore; ve lo ripeto: state sempre lieti. La vostra affabilità si renda a tutti manifesta »
L’invito alla letizia va di pari passo con quello alla pace. Anzi lo precede. Perché un cuore contento non si adira facilmente, non è incline ad essere distruttivo della propria e dell’altrui gioia con litigi e discordie che rendono impossibile la pace. La manifestazione di questa interiore contentezza e concordia è « affabilità » verso tutti. Si tratta di una calda luce interiore che irradia intorno. E in che consiste questa calda luce? Paolo era stato esplicito nel sottolineare ciò a cui bisogna tendere: « avere lo stesso pensare, la stessa carità, un solo animo, un solo sentire ». E aveva anche stigmatizzato ciò che è assolutamente da evitare: « Non fate nulla per spirito di parte, né per vanagloria, ma ciascuno con umiltà stimi gli altri come superiori a sé, e abbia a cuore non il proprio interesse, ma quello degli altri » (Fil 2,2-4).
v. 5b Il Signore è vicino.
La comunità cristiana primitiva era entrata nella persuasione che la fine di questo mondo sarebbe avvenuta molto presto. Di qui quel suo tipico terminare sempre la preghiera con MARANATHA che significa « Vieni, Signore! ». Oggi è per molti rivisitata a mo’ di preghiera del cuore. Infatti vivere non significa forse attendere la venuta del Signore? Egli sì, è vicino. Non dice forse il salmista che la vita dell’uomo è come « un soffio, come un fiore dell’erba » (Sl 103,15)? Beati noi se viviamo percependo che il nostro Dio, in Gesù, è un Dio che viene. Ci viene incontro. E ci salva.
v. 6a Non vi affannate per nulla.
Questa raccomandazione è davvero « mirata ». E quanto attuale! Dentro le mille cosa « da fare », l’uomo d’oggi si affanna. Se ne va il sonno, l’armonia, la pace. La sua e quella dell’ambiente familiare o comunitario in cui vive. Gesù aveva detto e ripetuto più volte: « Non affannatevi » (Mt 6,25,32,34) e aveva rimproverato Marta: « Tu ti preoccupi e ti affanni per troppe cose » (Lc 10,41). L’affanno è la malattia dell’ « essere » e del « fare ». Una malattia endemica oggi: distruttiva e mortale!
v. 6b Invece, in ogni necessità, esponete a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
Il vivere e il dover affrontare le difficoltà del vivere ci espone di continuo a varie « necessità » che riguardano il bene nostro personale e quello delle persone di cui siamo responsabili: all’interno della famiglia, della comunità, della società. Spesso queste « necessità » sono urgenze tali che rischiano di turbarci, di far saltare equilibri serenità di consuetudini fraterne ecc. Sono come il lampeggiare, a volte, di un fulmine nel temporale. Il segreto per non perdere la pace? La preghiera. L’Apostolo esplicita come devono essere le nostre richieste a Dio:
- con « preghiere », cioè con lo sguardo del cuore rivolto fiduciosamente a Dio,
- con « suppliche », cioè con quel crescendo dell’impetrare grazia che s’appoggia alla certezza della sua Parola: « Cercate e troverete, chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto » (Lc 11,9)
- con « ringraziamenti » Siamo talmente certi che il Signore risponde al nostro pregare, che ringraziamo in anticipo! Gesù ce ne dà l’esempio: « Ti ringrazio, o Padre – dice prima di risuscitare Lazzaro – perché so che sempre mi dai ascolto » (Gv 11,42).
v. 7 e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e i vostri pensieri, in Cristo Gesù.
Ecco: la pace di Dio è salvezza. Più alta e più profonda di quello che noi possiamo concettualmente argomentare, consiste in un dono del Signore in cui si integrano le nostre sagge scelte di vita.
Interessante notare che alcuni manoscritti di questo testo hanno: « custodisca i vostri cuori e i vostri corpi ». Di fatto, l’uomo e la donna di pace sono tali anche a livello psicosomatico. Le persone invece in preda all’ansia e all’angoscia vengono somatizzando queste forze negative anche nella loro corporeità. La pace di Dio custodisce la mente e il corpo, soprattutto le profondità del cuore dentro una rete di accettazione di noi stessi, e degli altri, nell’abbandono di tutta la nostra realtà a Dio. È questo il segreto della pace!
In Cristo Gesù
È importante! La nostra è pace in Cristo Gesù, perché ce l’ha ottenuta Lui: col suo mistero pasquale « Pace a voi! » disse più volte manifestandosi ai suoi, dopo la Resurrezione. Anzi: possiamo dire con S.Paolo: « Egli è la nostra pace » (Ef 2,14).
v. 8b E il Dio della pace sarà con voi.
Non dice « la pace », punto e basta! Qui non dice neppure la « pace di Dio », ma il Dio della pace. La chiave di tutto.infatti è la fede. Verità, bontà, giustizia e altro possono esserci anche in chi non crede. Ma qui il salto di qualità è enorme: perché Dio stesso, per la potenza di Gesù crocifisso e risorto, si prende cura di custodirci nella pace.
È per la forza dello Spirito di Dio che il cristiano può « fruttificare » pace e costruire pace attorno a sé.
Per pace (« shalom ») la Bibbia intende un po’ la sintesi di ogni bene umano e divino. Il suo contrario è ansia, agitazione, angoscia che sono tanto presenti nella società contemporanea. È vero: queste realtà non possono mai del tutto essere eliminate. Fin che vivremo quaggiù, potremo provarle, esserne a volte come sommersi. Ma se, come abbiamo visto nel brano, stiamo uniti al Signore con perseverante preghiera e con lieta apertura ai valori dell’esistenza; se siamo decisi a dare scacco matto all’affannarsi agitato (di cui anche noi siamo tentati) « il Dio della pace sarà con noi ». Si tratta allora di fare spazio alla Parola di Gesù: « Abbiate sale in voi e pace tra di voi » (Mc 9,50). Le due cose sono intimamente correlate. Che cosa significa avere « sale »? Vuol dire anzitutto semplificare la vita, pazientare, prendere persone e cose per il loro verso. « Passa la scena di questo mondo » (1 Cor 7,31). E dunque perché drammatizzare, essere pesantemente « seriosi » anche nel fare il bene?
« Sale » è sapienza evangelica che, dentro le relazioni, ti fa scegliere ciò che mette l’altro a suo agio; ti fa essere flessibile e tollerante, con una certa sana morbidezza di tratto.
Riassumerei così la fisionomia dell’operatore di pace:
- Sorride alla vita, a se stesso, agli altri. Perché si percepisce amato da Dio.
- Sdrammatizza, lascia cadere ciò che divide ad ogni costo.
- Smussa le angolosità.
- Tace quando sente che la parola sarebbe spada o spillo. Parla quando sente che la sua parola sarà luce di verità e sole di comprensione.
- Prende in mano le tensioni, le conflittualità, i dispareri e non permette che diventino litigiosità endemica; fa invece in modo che, attraverso rapidi ma continui contatti con Dio che lo abita e gli dà forza, siano occasione di un confronto pacifico che rasserena e allarga l’orizzonte.
- Come si coniugano in me preghiera perseverante e pace?
- In famiglia, dove studio o lavoro, dentro la realtà ecclesiale o civile, sono operatore di pace, cercando ad ogni costo ciò che unisce, dandomi da fare perché il giusto e il vero siano sì ricercati, ma ad ogni costo nella pace?
- Nelle conversazioni, so essere responsabile perché il contenuto e il tono non scadano nella banalità, nel pettegolezzo, nei frizzi offensivi, nel litigio?
- Getto nero fumo di pessimismo su rancori e spirito di vendetta o cerco, con l’aiuto dello Spirito Santo, di rasserenarmi e rasserenare nell’esercizio costante del « perdono facile »?
In un angolo silenzioso, lascio emergere sentimenti di non pace verso me verso Dio e verso il prossimo. Invoco lo Spirito Santo perché è da Lui, non da me che posso « fruttificare » pace: per me e per l’ambiente in cui vivo e per questa società che rischia di essere distrutta da invadenti violenze. E poi ritmo in cuore l’invocazione: « Gesù, mia pace! ».