« Cristo vive in me » (Gal 2,20): Gesù Cristo ragione di vita per Paolo
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http://www.custodia.fr/IMG/pdf/ABT34_08Rossi.pdf
« Cristo vive in me » (Gal 2,20):
Gesù Cristo ragione di vita per Paolo (Benedetto Rossi)
Questo tema rientra in quella prospettiva teologica e antropologica chiamata mistica della fede. L’esperienza mistica costituisce la percezione vissuta e sperimentale del mistero di salvezza, una esperienza soprannaturale che è di fatto risposta alla triplice offerta di Dio, che si manifesta agli uomini, li ama, consegna loro il proprio Figlio, e si concretizza nella conoscenza, nell’amore e nell’unione in Cristo con la Trinità. Conoscenza mistica: non si tratta di una conoscenza concettuale, ma esistenziale e riferita ad una persona signi ca entrare in relazione di intimità ed affetto con essa. Quando nell’AT si dice che Dio conosce qualcuno signi ca che Egli si china verso quest’essere con un amore preveniente, come verso un amico ed è grazie a questo amore che l’uomo riceve un cuore nuovo capace di conoscere in profondità. Questo vuoi dire, ad esempio che Dio parla con Mosé «faccia a faccia» (Es 33, 11; Nm 12,6), non che Mosé potesse vedere Dio, ma che ne potesse avere una conoscenza mistica, ovvero più profonda di tutti gli altri Israeliti. Ovviamente attraverso la mediazione di Cristo tale conoscenza acquista una profondità ancora più grande, perché è il Figlio, l’unico che può rivelare il Padre («Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre eccetto il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo» Mt 11,27; Gv 1, 18). Amore: Lo Spirito del Signore evoca l’idea di misteriosa intimità e di potenza travolgente che si impadronisce degli uomini con una forza irresistibile, causandone una misteriosa trasformazione nel loro intimo. Già nell’AT i profeti realizzano la loro missione guidati dallo Spirito che, si impossessa della loro volontà e sostenendo la loro fragilità umana, investe del fuoco di amore tutto il loro essere. Nella pienezza dei tempi, poi, attraverso la morte e risurrezione del suo Figlio, Dio travolge ed invade del suo amore tutta l’umanità. Attraverso Cristo, dunque, il palpito di amore divino che vivifca il seno della Trinità penetra nei credenti, mediante il dono dello Spirito, per mezzo del quale i cristiani amano Dio e amano i fratelli. Quando questo amore divino irrompe nel credente con tutta la veemenza, senza trovare resistenze, diventa sperimentale, può giungere no al supremo dono di sé nell’amore e, comunque, trova la sua autentica espressione in un reciproco scambio amoroso. Quanto più Dio trova un’anima desiderosa di donarsi a Lui e di amarlo, tanto più Egli infonde in essa il suo amore e la sua grazia e tanto più diventa prepotente ed incontenibile l’amore, tanto più il cristiano anela verso il possesso e l’unione totale con il suo Signore, che si può avere in pienezza e sazietà solo al di là della morte. Unione in Cristo con la Trinità: L’anima diventa così partecipe di una realtà esistenziale non più distinta da essa, ma che diviene la vita stessa dell’anima. Nell’esperienza della comunione con Cristo glori cato, l’anima sperimenta di essere il tralcio della Vite che è Cristo, sperimenta di essere unita al Padre, di essere essa stessa nel Padre per mezzo di Cristo. Una tale esperienza non può essere riscontrata nell’AT, perché in esso non esiste ancora una realtà oggettiva. Sono Paolo e Giovanni, i grandi apostoli mistici, a rivelare all’umanità che i credenti sono una cosa sola in Cristo e tra loro, come il Padre è in Lui e Lui nel Padre. Normalmente il cristiano conosce solo per fede questa trasformazione nell’essere e nella vita di Cristo e ne prende coscienza soltanto quando ha raggiunto il vertice della esperienza mistica. E ciò si raggiunge attraverso un cammino spirituale per cui il progredire nella fede provoca un intensicarsi della trasformazione esistenziale che a sua volta accresce l’unione con Cristo e la partecipazione alla vita trinitaria. L’intensi carsi della trasformazione sul piano esistenziale nisce così per illuminare e approfondire la fede, accrescendone la luce no a renderla sperimentale.
Centro della mistica paolina
Nella mistica di san Paolo uno dei temi fondamentali è quello dell’unione con Cristo, come confermano vari testi del suo epistolario.Tale unione viene espressa attraverso varie immagini ed espressioni.
« Cristo vive in me » (Gal 2,20): Gesù Cristo ragione di vita per Paolo (B. Rossi) Essere in Cristo: tale formula « in Cristo » o « in Cristo Gesù, o « nel Signore » pare attestata 164 volte negli scritti paolini ed esprime indubbiamente uno dei temi fondamentali dell’insegnamento di San Paolo, quello appunto della intima unione tra Cristo e il cristiano 1Ts 1,1: Paolo, Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi in Dio Padre e NEL SIGNORE GESÙ CRISTO. Cristo appare come l’ambiente vitale dei cristiani che, inseriti in Lui, sono partecipi della vita che dal Padre si diffonde nel Figlio. 1Cor 1,4: Ringrazio continuamente per voi il mio Dio, a motivo della grazia di Dio a voi concessa IN CRISTO GESÙ Attraverso la mediazione di Cristo, Dio ci ha donato la salvezza attuale, cioè la giusti cazione, che comporta la vita in Cristo. E’ Dio, che ha inserito il cristiano in Cristo, rendendolo partecipe dell’essere e della vita di Lui: è per mezzo di Lui – il Padre – che voi siete in Cristo Gesù, il quale da parte di Dio è diventato per noi sapienza e giustizia e santi cazione e redenzione (1Cor 1,30). Attraverso l’unione con Cristo, l’uomo ha riconquistato la posizione di dominatore del cosmo, perduta da Adamo a causa del peccato, ma può conservarla solo se, inserito in Cristo, si consegna a Dio: Tutto appartiene a voi tutto è vostro; ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio (1Cor 3,22-23). Essere inseriti in Cristo equivale ad essere creati nuovamente, essere una nuova creatura e, come tali, riconciliati con il Padre, cioè partecipi della vita divina: Di modo che se uno è in Cristo, egli è una creatura nuova … Tutto però è da Dio, che ci ha riconciliati con se stesso per mezzo di Cristo … Colui che non conobbe peccato, Egli lo ha fatto diventare peccato per noi, af nché noi diventassimo giustizia di Dio in lui (2Cor 5,17.18.21).Ma è la fede che dona al cristiano il palpito della vita di Cristo: Che se vivo ora in carne, vivo in fede del Figlio di Dio (Gal 2,19-20).
Rivestirsi di Cristo: E’ questa un’altra metafora usata da Paolo per signi care la partecipazione all’essere di Cristo, compiuta con un atto creativo di Dio, ma che va approfondito mediante l’impegno del cristianoQuanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (Gal 3,27); Vi siete spogliati dell’uomo vecchio e delle sue azioni, e vi siete rivestiti dell’uomo nuovo che si va rinnovando … conformandosi all’immagine di Colui che l’ha creato (Col 3,9-10). L’uomo nuovo, l’uomo tras gurato in Cristo, deve trasformarsi progressivamente, assimilandosi all’immagine di Cristo glorioso. L’essere nel Signore, il rivestirsi di Lui non possono trovare ostacolo in nessuna vicenda della vita, neanche in quella decisiva della morte. Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso; perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo moriamo per il Signore. Dunque, sia che si viva, sia che si muoia siamo del Signore (Rm 14,79). Paolo stesso testimonia nelle sue lettere di aver fatto esperienza di questa intima unione con Cristo no al punto di poter dire di essere croci sso con Lui e di essere risuscitato con Lui.
Crocifsso insieme con Cristo: Paolo è, al pari dei Dodici, un testimone della risurrezione di Cristo, tanto da potersene definire un mistico e proprio per questo ha sperimentato in sé l’abissale realtà della morte di Cristo, conseguenza e prezzo del peccato. Per Paolo la morte e la risurrezione di Cristo sono due aspetti dell’unico mistero che è la redenzione dell’uomo. Se per i primi cristiani era difficile comprendere il signi cato della morte ignominiosa di Gesù, scandalo dei Giudei (1Cor 1,23), per Paolo la croce diventa il motivo centrale del piano della salvezza ed è il primo a penetrarne il mistero. La realtà così atroce e sconvolgente della morte di Cristo lo sconvolge, perché ne fa una esperienza mistica. Egli, infatti, nella misura in cui si sente partecipe della vita di Cristo, si sente anche immerso nella sua morte e ne rivive in se stesso il mistero di salvezza. Paolo ha contemplato e sperimentato in sé la morte di Cristo come tributo pagato al peccato e ce lo presenta sia nell’aspetto più personale in quanto prezzo della propria conversione a Cristo,sia nell’aspetto comunitario, in quanto partecipazione del cristiano alla morte di Cristo per contribuire alla salvezza dell’umanità. Paolo ribadisce con forza il fatto di essere stato del tutto immeritevole dell’amore misericordioso di Cristo,
« Cristo vive in me » (Gal 2,20): Gesù Cristo ragione di vita per Paolo (B. Rossi) lui che si sente il primo dei peccatori (1 Tm 1,15: è cosa certa e degna di essere accettata da tutti, che Cristo Gesù è venuto in questo mondo a salvare i peccatori, dei quali il primo sono io). Ma quasi si compiace di questa sua condizione di peccatore perché questa fa risplendere ancor di più la misericordia e l’amore di Cristo: Vivo in fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha sacri cato se stesso per me (Gal 2,20). Paolo ha sperimentato nella propria anima la morte di Cristo e la reale capacità di questa di donare la vita; egli sente che la morte di Cristo gli appartiene come cosa sua personale. In Cristo e con Cristo Paolo è stato tra tto, colpito, croci sso, seppellito. Proprio per questa unione esistenziale Paolo è sicuro che la morte del Signore gli sarà « computata a giustizia » (Rm 4,22), ed essendo croci sso con Lui, che « ha dato se stesso per i suoi peccati » (cf Gal 1,4), può essere sicuro della sua salvezza. La fede in Cristo che ha sacri cato se stesso per lui fa penetrare Paolo nel santuario della carità di Cristo, nella conoscenza del suo amore in nito per l’esperienza del quale l’apostolo non cessa di manifestare il suo stupore e la sua gratitudine di fronte ad un dono così immenso (Ef 2,3-5.7).Il fatto che Paolo si senta invaso dall’ammirazione della croce, simbolo della morte più ignominiosa, è un dono mistico per eccellenza, perché è nel più assoluto contrasto con la natura umana, intrisa di orgoglio. Per Paolo questa croce è motivo di gloria, è l’oggetto del più ardente desiderio, perché su di essa Cristo si è immolato e per questo non c’è altro di cui egli si possa gloriare (Gal 4,14). La croce di Gesù deve essere l’orgoglio del cristiano perché è la sua unica speranza, la sua salvezza e la sua vita, anche se questa creare un abisso insormontabile con il mondo. Paolo dimostra che per appartenere a Cristo si deve morire con Lui e inchiodare sulla croce la carne con i suoi desideri. Io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo (Gal 6,5), afferma l’apostolo, considerando stigmate di Cristo le cicatrici ricevute nelle persecuzioni, nelle lapidazioni e agellazioni. Trasformato nel Cristo croci sso, Paolo ri ette e comunica agli altri la realtà di questa morte. Egli è morto della morte di Cristo e continua a morire di questa morte, portando continuamente nel corpo lo stato di Gesù morente (2Cor 4,10), le sue sofferenze sono quelle del croci sso (2 Cor 1,5). San Paolo ha dunque avuto l’esperienza della propria trasformazione nel Croci sso: la sua è una testimonianza della mistica essenziale della croce.
Risuscitato con Cristo: La risurrezione di Cristo è per Paolo l’opera di potenza e di gloria per antonomasia e pur essendo un fatto di storia, rimane permanente attualità nel corpo mistico. Dio che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza (1Cor 6,14). Nella risurrezione di Cristo abbiamo la speranza certa anche della nostra futura risurrezione, ma la potenza della risurrezione di Cristo è già operante in noi. Tale potenza non è solo un dinamismo comunitario che agisce nella totalità della Chiesa, ma è comunicata ad ogni singolo cristiano. Essa è uno stimolo continuo verso la salvezza, verso la santità, verso il cielo; nutre l’anelito e lo sforzo che tende alla pienezza della vita spirituale, no a farla traboccare in esperienza. Di tale esperienza parla Paolo quando afferma Considero tutto una perdita di fronte alla superna cognizione di Cristo Gesù mio Signore … per conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione (Fil 3,8-10).Occorre sottolineare che la potenza della risurrezione investe soltanto coloro che già sono uniti a Cristo: bisogna essere connaturati con Lui, formare un essere con Lui, essere innestati in Lui, vivere la stessa vita di Lui per essere resi partecipi della potenza della risurrezione. Ma il fondamento dell’unione con Cristo è sempre la fede, da essa scaturisce poi l’esperienza mistica. San Paolo è consapevole di quanto sia preziosa l’esperienza mistica della potenza divina e divinizzante della risurrezione; quindi anela con tutto il suo essere a conoscere, a sperimentare la potenza della risurrezione. Tutto ho stimato come immondizie, allo scopo di… ritrovarmi in Lui, non con la mia giustizia…, ma con quella che si ottiene con la fede in Cristo, giustizia che viene da Dio e riposa sulla fede, per conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione (Fil 3,8-10).
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